Dalla Valtellina al Kossovo

Diario di Guerra del Prof Luigi Livieri

 

Il diario del Prof Luigi Livieri mi è stato affidato per la trascrizione

dalla Signora Ada Livieri

alla quale sono dedicate queste pagine.

 

Ernesto Tito Di Blasi

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80072/IXA

 

Appunti ed altre cose dal 13 maggio 1943.

S.Ten. Luigi Livieri ex 80072/IXA

1° Regg. Cacciatori d'Albania PEC PM 12

 

dal 31- V -'43 Cp. com I Rgt Korata

dal 5 -VII -' 43 8~ Cp. III Rgt Istruzione

dal 9- IX -'43 6~ Cp. Il Rgt 72° Ftr Prizren

dal 27- IX -'43 Baracca 30 e 21 Ziegenheim (Kassel)

dal 7- X- '43 Baracca 21 Przjenysl325

dal 15- I -'44 Baracca 49/19 Kiistrin IIIC.

dal 8 -VIII -'44 Baracca 25/ A Sandbostel X :E

dal 4- Il- '45 Baracca 58 Fallingbostel XI B

dal 15- Il- '45 Baracca 52/1 Fallingbostel Lager "Q", da dove sono stato liberato il 16-4-1945 e rimpatriato il 7-9-1945.

 

Giovedì 13 maggio -Deposito del 25° Ftr. di Cervignano. In un giorno molte cose sono cambiate: ieri si stava facendo l'inventario del materiale della mensa del Rgt. Blarasim, in vista del trasferimento a Pisino. Alle 17 arriva un piantone: si va in Albania. Questa mattina presto a Trieste per la visita medica, che non si farà; alle 20.15 prendiamo la tradotta diretta a Mestre; alle 0.20 sono a Padova; la mamma non ci crede: dice che esagero coi permessi. Ho già telefonato alI' Ada, ma a Padova non c' è ancora; ho poche ore a disposizione e spero poco per domani mattina. Fausto Sartini è già partito martedì per Pesaro; io, Luciano Pasquinelli, Renzo Tosi e Mario Lascianca partiamo a due giorni di distanza, ci accordiamo per ritrovarci a Bari o in treno.

 

 

Venerdì 14 maggio -La tentazione di aspettare l' Ada è grande. So io quando mai potrò rivederla? E' già incinta e provo il rimorso di indurla a mettersi in treno. Alle 9.30 parto per Bologna: è disumano e cretino il senso di dovere che mi spinge a partire, ma le stellette hanno il sopravvento. L' Ada non è arrivata ed è 1 'unica cosa che mi sta a cuore, tutto ciò che potrà capitare non mi preoccupa molto. A Bologna incontro Pasquinelli che è corso a Modena. Ci raggiunge De Maria, traffichiamo con valige e cassette e alle 17 ci imbarchiamo per Bari, in uno scompartimento riservato: al comando militare abbiamo fatto la commedia di ufficiali convalescenti per farcelo assegnare e non sentiamo alcun rimorso, quasi ci pare un diritto, a compensarci della brutta noia che ci aspetta. A Pesaro sale Fausto: è più triste di noi perché ha appena abbracciato la fidanzata; noi invece abbiamo già bevuto un fiasco.

 

Sabato 15 maggio- Arriviamo a Bari alle Il. Fa caldo e ci presentiamo al comando tappa.

Ci dividono e con Luciano sono assegnato alla 2~ C p dell'VI11 Rgt., Fausto è a un'altra e De Maria si arrangia per rientrare a Cervignano: è stato mandato qui per errore; la cosa non ci stupisce, perché ne abbiamo viste ormai tante. Prendiamo alloggio al "Leon d'oro" e la stazione vicina ci fa pensare alle incursioni aeree. Comincerà il traffico di telegrammi ed espressi per sentire come va a casa.

Domenica 16 maggio -La truppa in attesa di imbarco è accatastata al policlinico o meglio nell'enorme complesso di edifici che avrebbe dovuto diventare il policlinico: ci sono soltanto i muri e le scale e molta polvere. Perché i soldati non si annoino, li mandano in reparti di 500, chiamati compagnia per modo di dire, a fare lavori nei dintorni della città. Lavoro da negri eri per due soli ufficiali. Fa caldo, sudiamo, non abbiamo neppure il tempo di comprarci una divisa di tela. Gli uomini che ci hanno assegnato oggi attendono d'imbarcarsi per il Montenegro.

 

 

Mercoledì 26 maggio -Invece siamo partiti oggi. Si dice con un'aria di finto mistero che la colpa è dei sottomarini inglesi che vanno a spasso per il canale d'Otranto e che qualche volta sono avvistati in tempo. Alle 20.30 il "Città di Milano" lascia il porto, la cabina che mi è assegnata è un forno, vicina alle macchine. Risalgo in coperta a respirare, anche perché all'aria aperta è meno opprimente la cintura di salvataggio che siamo obbligati a indossare. A prua un artigliere mi presta per un quarto d'ora il suo violino: non credo che darò mai un concerto cosi importante; come sempre quando improvviso, ho suonato in minore. Questa volta almeno la tonalità era giustificata dal momento. Intorno a me la gente taceva, non so se per il miracolo della musica o perché questa costituiva per tutti un dignitoso alibi per mascherare la tristezza. Ho dormito sul ponte fino a quando ho avuto freddo; alle quattro sono sceso in cabina. Il viaggio, cintura a parte, è stato ottimo e alle nove arriviamo a Durazzo.

 

 

Giovedì 27 maggio -Comincia l'indigestione del puzzo di benzina. Per mezzogiorno circa siamo a Tirana, povera capitale di un povero paese. Emozione del pane bianco e del pranzo senza tessera. Finalmente riesco a comperare la divisa di tela tanto sospirata nel sudore barese. Altra novità: il caffè puro e alla turca, in piazza Scanderberg, una specie di isola moderna (e brutta) nel villaggio di Tirana, le cui costruzioni più recenti sono le modeste villette che costituivano la reggia e ora ospitano il comando supremo d' Albania. Qui mi assegnano allo cacciatori che è nel Kossovo. In attesa della partenza fissata per il mattino seguente, andiamo a dormire in una lurida caserma. C' è la paglia, abbiamo le lenzuola e pensiamo che siano uno degli ultimi lussi.

Venerdì 28 maggio- Attraversiamo in autocarro tutta I' Albania; la terra pare bella, buona non so; le strade sono pessime. A Scutari trovo modo di spendere i primi franchi dei duecento che mi hanno dato a Tirana; compro una grammatica albanese. Alcuni miei amici vanno al casino, dove ci sono delle patetiche ragazze italiane sottoposte a un super lavoro massacrante, ma patriottico. La branda al comando-tappa è scassata, meglio la paglia; abbiamo mangiato in qualche modo, perché il nostro arrivo era imprevisto.

Sabato 29 maggio -Duecento chilometri da Scutari a Prijzem, dieci minuti soli di sosta a Kiikes nel cuore delle brulle alpi albanesi, ci conciano come animali. All'arrivo, in una caserma della divisione "Puglie" de172° Ftr, trovo un mucchio di veneti. Guardano con una punta di compassione quelli destinati ai reparti indigeni. Dormo ancora con le lenzuola, auguri per il futuro.

Domenica 30 maggio -Dopo una sosta a Giakova, arrivo a Pec alle II. I luoghi sono belli, la piana del Kossovo è verde e riposante, le montagne che la chiudono a ovest e che danno accesso al Montenegro sembrano, in piccolo, quèlle della Valtellina, tanto più che proprio alle spalle di Pec si apre una valle incassata che mi ricorda quella del Mallero; naturalmente la fantasia modifica la geografia con linee nostalgiche. E' la terza domenica che salto la messa, ma vicino al ginnasio ( anche qui ricorda nelle sue linee quello di Sondrio ed è solo più grande) vedo una chiesa. Al ginnasio c' è un comando di reggimento e il colonnello ci riceve con un piglio burbero e duro che proprio non sentiamo di meritarci. Facciamo sconci scongiuri quando lo sentiamo lamentarsi di pochi morti tra i suoi ufficiali; rinuncio a trovare la motivazione di un simile discorso. Comunque qui oggi fa fresco, abbiamo sonno e siamo stanchi dopo tanta strada fatta in camion: ci sembrava ormai che tutto i mondo rotolasse awolto nella polvere e purtroppo, in metafora, è vero.

Lunedì 31 maggio -Sono assegnato alla compagnia comando del Battaglione Korata alloggiato in baracche a duecento metri dal ginnasio; cerco di sistemarmi alla meglio. Un n friulano, veterinario della divisione Puglie, costretta a girovagare da un reparto all'altro del Kossovo, mi ospita nella sua stanzetta; c'è la radio, la fisarmonica e un robinsoniano impianto di doccia: vera cuccagna.

Martedì 1 giugno -Arriva Paviani in visita ufficiale; sfilata, festa in paese. Il colore locale non mi impressiona né mi attrae; mi sembra di essere qui da un anno. Nel pomeriggio leggo e aggiusto calze: ottima maniera per star solo coi miei pensieri; l'Ada e mia madre siedono vicino a me.

Mercoledì 2 giugno -Esco per la prima volta con la compagnia ai tiri. Fanno spesso centro questi cacciatori. Basta lasciarli disporre come vogliono, non da soldati regolari, ma da bracconieri e da cecchini. Mi guardano con un certo rispetto, perché con la mia vecchia Astra 7.65 non sono da meno di loro. Tornati indietro, i colleghi fanno il pokerino; un modo come un altro per sciupare soldi quando si è annoiàti. Mi ci hanno preso un giorno, ma ormai rifiuto cortesemente, anche perché mi fanno rimpiangere gli epici poker con Giovanni Contarello, Raffaele Bonino, Totò Petronelli e Gianni Manara; notti intere con debiti e crediti segnati su un foglio interminabile, e risate e motti di spirito che valevano più di una scala reale. Chissà dove saranno i miei amici.

Giovedì 3 giugno -Ascensione -Giornata calma, scrivo, leggo, suono: il mondo sembra non esistere intorno. Ho quasi rimorso di non essermi alzato presto per andare a messa, ma dormivo tanto di gusto che non sentivo neppure le tavole sotto il pagliericcio. Monto di giornata in compagnia, facendo un servizio che nei reparti italiani è riservato ai sergenti.

Venerdì 5 -sabato 6 giugno -Ho un soldato della mia compagnia che mi fa da attendente. Nok Uka, cattolico, uno dei pochi in mezzo a tanti mussulmani. E' un buon diavolo, che mi viene a svegliare troppo presto e ansima come un mantice, tutto preoccupato di far le cose bene, ma è sempre deluso perché non gli do niente da fare e non capisce perché mi rifiuti tanto decisamente di farmi pulire gli scarponi. Dice che sono troppo buono e si vede che mi vuoI bene; ma io non sono buono, sono soltanto un povero diavolo come lui, che aspetta di tornare a casa e non se la sente di rendere più complicata la vita già tanto complicata. Oggi e domani siamo a riposo per 1'iniezione che, come altre volte, mi risparmia la febbre. Ricordo con nostalgia dolcissima che a Como, in un’occasione simile, sono scappato dalla caserma per incontrarmi con l'Ada, che era venuta a trovarmi e invidiavamo il mio compagno Sapio Verdirame e la giovanissima moglie Matelda, perché potevano andare a letto insieme. Sono tanto attaccato alla mia solitudine, che rimando da un giorno all'altro una visita al paese per comperare alcune cose. Non mi interessa. Fa caldo, fa fresco, non si sa che stagione sia; che sia proprio fuori dal tempo e dal mondo? Sono qui da una settimana e ancora niente posta.

 

 

8 giugno -Fatto anche il picchetto: era un pezzo che non stavo in piedi per tante ore e che non mi stancavo tanto. Come al solito, pur sapendo che molte cose potevo fingere di farle, le ho fatte scrupolosamente. Prendo tutto ciò come una scuola di carattere: so bene che quello che facciamo è stupido e idiota, facciamolo bene in modo che diventi ancor più evidente l'imbecillità nostra e della nostra guerra; forse, dopo, cercheremo di non farne più (..!). Accendo la radio per collegamenti col mondo civile, ma che cos'è il mondo civile?

9 giugno- Finalmente posta; sei lettere dell'Ada e una della mamma; avevo già fatto posto nella mia cassetta militare, l'unica cosa privata della mia esistenza qui, con i libri e le fotografie. Ho materialmente un po' del suo paese in questi fogli. Alle 16 rapporto dal generale della "Puglie", la divisione se ne va, resta il 1° cacciatori, un reparto della G .AF .e un centro radio. In caso di allarme non disporremo che di un centinaio di uomini sicuri, perché non contano certamente i soldati dei reparti albanesi. Auguri che tutto vada bene. Sera: rileggo per la quinta volta le mie lettere, ci farei sopra una bevuta per festeggiarle, ma il vino è schifoso.

10 giugno -Comincia il quarto anno di guerra; non sento quasi più i bollettini perché ci vuoI poco a capire che va male. Dopo il disastro di questo inverno quando ho visto coi miei occhi i resti della divisione Vicenza rientrare dalla Russia, che cosa posso attendermi? Neanche trecento spettri in tutto e sfottuti per giunta. Ho arrischiato volentieri la guerra quando, come ufficiale di picchetto, ho schierato la guardia per il generale che arrivava in visita alla caserma di Cervignano. Quei poveri cristi in attesa della licenza, erano al nostro deposito ed erano tenuti a prestare servizio, quindi, facevano anche la guardia oltre alle varie "corvees", pardon, "comandate" solo che per salutare il Signor Generale, il colonnello avrebbe voluto tirar fuori gli scritturali dagli uffici, rosei ed eleganti, veri soldati italiani, e invece ha schierato quei poveri pidocchiosi. Il signor colonnello e il sig. generale si sono scandalizzati, ma alla fine i pidocchiosi hanno avuto scarpe e vestiti nuovi. E adesso spiego l'alfabeto Morse in albanese a questi altri che hanno scarpe e vestiti nuovi, ma che hanno i pidocchi, perché nessuno ha mai insegnato loro a tenersi puliti. Non ne hanno colpa loro, la colpa è anche mia, invece, oltre che di altri, che insegno il codice telegrafico agente che non sa leggere. E faccio la figura della persona istruita, tanto che il mio capitano mi chiama signor tenente ( zotì non togher oggi fa caldo). Il veterinario se n'è andato, portandosi via le sue preziose cose: tutto da rifare, ma almeno ho una stanza sempre tutta per me. Sono dovuto andare per forza in paese per certe compere, imposte dalla partenza del friulano, un acquisto extra è quello di un paio di zoccoli da usare al posto degli eterni scarponi nei momenti di riposo: zoccoli curiosi, con due striscette sotto la pianta, che mi danno l' aria da geisha. E' arrivato un telegramma e la novità mi ha fatto paura; invece era un pensiero gentile dell' Ada; la posta non saprei come continua a camminare. I colleghi continuano la bisca; si sta meglio soli. Al fianco del letto, sulla parete di legno, ho la madonna del soldato e l' Ada che mi guardano. Più su c' è un bambino che dorme in carrozzella. Tutta la mia vita è qui. Dovrei scrivere tante cose. Fissando gli atti materiali della giornata spero di ricordarmi anche gli stati d'animo. Il morale è alto, non credevo proprio.

 

12 giugno -Marcia e acqua, poi caldo. Ho sempre sofferto il caldo, pur non arrivando mai al punto di sentirmi svogliato. In fin dei conti, quello padano era altrettanto fastidioso in agosto quando lavoravo alla pesa negli zuccherifici. Altro che corso allievi ufficiali per diventare resistenti alle fatiche di guerra! Qualche anno fa, per un mese, escluse per fortuna le domeniche, ho fatto cento chilometri al giorno, perché avevo il turno spezzato e non volevo spendere le quatto ore dalle 10 alle 2 e le quattro lire del pranzo. Perciò tornavo da Pontelongo a Padova, anche perché avevo una lezione, anch'essa da quattro lire. Il caldo comunque questa mattina mi ha asciugato la giacca. Andando verso Hitrovtzi le montagne sembrano davvero quelle di Valtellina. Sono qui solo materialmente.

 

13 giugno, Sant'Antonio -Il cappellano del 71° Ftr è di Bassano. E' venuto nella mia stanzetta a confessarmi. Messa al campo, comunione, mi sforzo di ricordare le campane del Santo, il suo organo e il coro. Alle parole del cappellano dopo il vangelo, mi commuovo; non misticismo languoroso, ma odore di famiglia lontana, di via S.Francesco, della mia povera casa da farci sentire le sue campane nelle stanze, anche a finestre chiuse. Chiedo scusa ai frati che spesso ho maledetto, perché con l'impianto elettrico facevano poca fatica a far tanto rumore col loro continuo scampanio. Oggi più che mai mi faccio compagnia da solo, come in tanti momenti della mia naia o della mia vita. Sono con i miei e quando rivedo i colleghi vorrei continuare a tacere. E' conveniente del resto, con tante fesserie che sento sempre dire. Non sono un buon cristiano, sono un presuntuoso, ma in giro per il mondo incontro troppi poveri di spirito; dubito che vadano proprio tutti nel regno dei cieli.

 

 

14 giugno -Si vive aspettando; si vive anche aspettando la posta. Un coro di soldati, questa sera, di fronte alla mia baracca, sta esaurendo tutto un repertorio di canti locali; dovrebbero interessarmi, invece mi fanno star giù l'anima. Non mi sento in vena di filologia, anche se in queste nenie antichissime par di sentire qualche cosa di omerico, di un mondo pastorale stranamente giunto fino a noi. Con Fausto ho deciso di mettere un po' d' ordine in compagnia, ce la faremo. Un mese fa a quest' ora Fausto saliva a Pesaro e si ricongiungeva con noi, tirando un respiro di sollievo, malgrado il magone per avere appena lasciato la morosa. Quando si è con amici le fregature sembra che divertano (beh, non esageriamo, si sopportano meglio ).

 

15 giugno - Tengo fuori le ultime lettere arrivate fino a quando giungono quelle nuove: una specie di scongiuro o di richiamo. Come facciano a giungere fin quaggiù, non so, con la interruzione del traffico via terra e con quella altrettanto imprevedibile via mare. Pare che un trasporto di truppe sia stato silurato nel canale d'Otranto. Era quello che seguiva di alcuni giorni il nostro: almeno un premio alla mia maledetta puntualità che mi ha impedito di salutare mia moglie. Forse l'avrei salutata, ma per sempre. Nok è andato in prigione perché è scappato a casa: ha tanta paura che finisco per esserne contento, cosi eviterà di andare sotto processo se non scapperà più. In compagnia c'è una grande confusione, ma quasi mi fa piacere, perché le ore passano più presto nel tentativo di ordinare la caotica contabilità.

 

16 giugno -Data storica: la prima rimessa di denaro a casa. E' buffo, e un po' avvilente, pensare che ho deciso di fare 1 'ufficiale anche per avere un po' di soldi, caro assillo della mia vita. Andando al banco di Napoli ho fatto una sudata d'inferno, ma poi Luciano, ufficiale al mantenimento, mi ha regalato una bella doccia calda. Evviva la posta: l' Ada sta sempre bene e ormai mi ha creato la convinzione che tutto andrà per il meglio. Spero di dormire senza interruzione, questa notte. La notte scorsa c' è stata una sparatoria e un principio di incendio. Non può che trattarsi di attività di guerriglia. Ci deve essere un mucchio di gente sui monti e in contatto con gli inglesi. Alle dieci del mattino possiamo regolare l'orologio al passaggio puntuale di un ricognitore. Nel Montenegro ci deve essere stato l'inferno giorni fa. Abbiamo visto passare fortissimi reparti tedeschi con gli uomini dalle facce di bandito soddisfatti. Se pensiamo alla situazione esplosiva, manca il respiro. Un'autocolonna diretta a Scutari è di ritorno da quel centro, non arriva mai intatta; a volte è ridotta a metà. Guerra e morte; non finisce mai e la posta è la vita.

 

19 giugno -Pioggia e freddo. Non so come si possa star bene. La mia misera stanza diventa sempre più accogliente. Ho il ritratto di un bambino, ritagliato da tempo; "nato in guerra" dice la didascalia. Me lo guardo come se dovessi farlo io; amore di terra lontana; ma non mi duole il cuore come a Jufre Rudel; e non penso neppure un istante di morire. A pensarci bene, dèvo ancora cominciare a vivere.

 

20 giugno -Che predica questa mattina in chiesa! Ho ammirato la quantità di consonanti dell'albanese. Posta alla sera e scrittura fino a mezzanotte.

 

21 giugno -Lo squadrario che sto facendo in compagnia, mi renderà celebre per il mio genio organizzatore. Come fanno a non capire che è uno dei tanti pretesti per passare altri giorni quieti in fureria? Disturbi di digestione. Ho cominciato la cura dello jogurt, o koss, come dice Nok Uka; ci vorrebbe quella golosa dell' Ada.

 

22 giugno -Sono stato invitato dagli ufficiali albanesi alla serata musicale che avevano organizzato nella sala della mensa. Il capitano Ded Miri, nero, faccia da brigante intelligente, mi dà del professore. Questa mattina il mio capitano ha speso ben 44 lek (il cambio è a 1.25) per offrirmi una birra prima della prova della parata. Va a sapere perché riesco simpatico a questa gente; forse perché mi comporto normalmente con loro, senza inutili cortesie e senza far sentire che appartengo al paese che li ha conquistati. Perché dovrei farlo? Rischiamo di diventare più poveri diavoli di loro e i tedeschi sono già da un pezzo nostri padroni.

 

23 giugno -E' il Corpus Domini, quindi ancora festa, ma rapporto dal colonnello: lavoro in vista. Sta serpeggiando la malaria e siamo convinti che i fiaschi di vino servano a combatterla. A volte le delusioni degli uomini sono dovute a piccole cose: avevamo in programma gnocchi di patate, ma sono sfumati. Siamo in guerra da tanto tempo, siamo spesso preoccupati e puntiamo sui gnocchi come se fossero la felicità. Se non altro si dirà che ci accontentiamo di poco, o che abbiamo perso la capacità di dare una dimensione alle cose. Deve essere cosi.

 

26 giugno -Marcia, caldo, sudore, ma bagno finale. Mi chiedo ingenuamente perche, con tanti ribelli in giro, che fanno fuori carabinieri e militi fascisti nei presidi vicini, noi non ne incontriamo mai. Rispondo altrettanto ingenuamente, ma forse c' è anche del cinismo, che reparti come i nostri sono innocui perche sono fatti di paesani dei ribelli. Tutt'al più potremmo andarci di mezzo noi subalterni italiani, ma finora non è capitato.

 

 

 

27 giugno -Pochi bellicosi ufficiali italiani, me compreso, hanno lavorato tre ore per i sognati gnocchi, che patriotticamente volevamo fare assaggiare ai nostri commensali albanesi. Abbiamo riportato un brillante successo, ma li abbiamo fatti sparire in cinque minuti, valeva la pena? I gnocchi sono stati il sabato del villaggio. Sono però serviti a rabbonire il capitano Miri, che questa mattina era infuriato perche i pochi cattolici della sua compagnia avevano perso la messa e dava la colpa a noi, comandanti di plotone, poco zelanti cattolici. Forse vuole che diventiamo missionari. Che orchestra questa sera dal veterinario, che è qui di passaggio e porta la fisarmonica sempre con sé.

 

 

 

29 giugno -Dicevo ieri che il mese di giugno è bellissimo perché ha un mucchio di feste è il Norlej del cavallo di Troia, tradotto da Pavese, avrebbe delle varianti da aggiungere al suo romanzo cosi spassoso, ma il picchetto capitatomi a tradimento mi ha fatto ricredere in parte. Tuttavia, pur con la sciarpa azzurra, mi sono ritrovato nel clima della guerra di Troia sentita da pacifista americano, stando un paio d' ore dal capitano farmacista, degno rivale di fisarmonica, del veterinario. Ho tessuto tutta una rete di approccio diplomatici per farmi prestare da una famiglia che sta qui vicino un violino che è meraviglioso e ci sono riuscito, ma provo già il dispiacere di doverlo restituire. Ho fatto un nuovo giro, dopo la musica, e di nuovo sono piombato in mezzo al romanzo che mi è venuto in mente: che cosa contempla il regolamento di disciplina per soldati che si portano parenti in prigione?

 

30 giugno -Un mese fa si arrivava ed oggi mi pare di non essere mai stato in altro posto, tanto è irreale la vita qui. Purtroppo per il violino avevo ragione. L 'hanno reclamato indietro e qualcuno è andato dal colonnello a protestare perché di notte la musica disturba quelli che stanno nelle case vicine alle nostre baracche. Sfido il codice militare scavalcando una siepe, ma per andare dal capitano farmacista che è alloggiato all'ospedale. Questa è una casa in muratura, chiudiamo le finestre e la fisarmonica suona di contrabbando. Sto diventando di bocca buona, perché mi accontento anche di musica da ballo.

 

1 Luglio -Questa notte ispezione. Alla sussistenza avrebbero potuto rubare un mucchio di cose con le sentinelle addormentate. Al buio converrebbe andare in giro con la Turni, la lupa fedele che lo notte dell'incendio è venuta a svegliarmi; ma se mi addentasse qualche soldato, mentre sta urlando il "chi va là"? Per non metterli nelle grane, mentre mi avvicino, cerco di far rumore perché si accorgano che arriva l'ispezione. Il guaio è che non capiscono subito e si mettono a gridare come se fosse il nemico. Nel pomeriggio Uka mi ha spinto al peccato e ci siamo scolati un litro di vino al "caffè" Savoia. Fortunatamente non ci ha visto il signor colonnello. Questa mattina era inverno, ora si suda.

 

2 luglio - I servizi non vengono mai da soli; la vigilanza in "città" è venuta dopo l'ispezione ed è peggio di una marcia. Vinco la noia ascoltando il caporale (tetar) Rescket Naredmi, ex marinaio iugoslavo che ha curiose teorie sulle donne mussulmane, sue correligionarie.

 

3 luglio -Oggi in compenso tutto il lavoro è consistito in una passeggiata al presidio per dare le novità. I colleghi invece hanno camminato fino alle sei di sera. Attendo un veneto della squadra di sanità,. aggregato al nostro battaglione, per sapere se il capitano della fisarmonica ha voglia di suonare. Yak Huzi, un ragazzo buono e intelligente, che lavora in fureria, mi ha recuperato il violino facendosene garante.

 

4 luglio -Questa notte abbiamo invaso la camera del medico dell'ospedale e abbiamo fatto mattina: c'è in tutti una specie di rabbia segreta; non ce la confidiamo quasi più e ci illudiamo di farcela passare cantando e suonando insieme, come se l'allegria forzata dovesse tenere indietro le cattive notizie.

 

5 luglio- Giornata idillica: questa mattina pigliavo il sole sulle panche vicino all ' ospedale, scrivevo a casa e Fausto studiava le sue amate dispense di diritto. Ormai sono abituato ad attendere cambiamenti quando mi pare di stare discretamente bene. Ci si accontenterebbe di poco in questo tempo tribolato e si è maledettamente irritati, nel nostro egoismo, quando ci sono novità. Insomma, da domani cambio reparto perché sono assegnato all'8° Cp. istruzione.

 

6.7 luglio -Reclute, pidocchi, giornate di contabilità, caldo infernale, la calma per

qualche tempo è finita. Il capitano Khemal Fallaka è un buon uomo, sopportabile il .

tenente Zef Martini, simpatico il collega Monaco già conosciuto al caposaldo n. 10 a Bari.

Mi hanno fatto fare lo scritturale fino a mezzanotte, nomi difficili da scrivere e da leggere, difficoltà d'intenderci, ma me la cavo. Avevo posta fin dal mattino, ma ho dovuto aspettare la mensa per poterla leggere.

 

8 luglio -Fortuna o sfortuna? Non si sa mai come va a finire con i colpi di naia. Improvvisamente è stata racimolata una compagnia dai due striminziti battaglioni Gramnos e Korata, rimasti senza uomini dopo il congedo del 17° e il mio capitano col tenente sono partiti a rastrellare: un solo italiano, Peraino. Ma che cosa andranno a rastrellare ? Pare incredibile che i comandi superiori credano all ' efficenza e alla sicurezza delle truppe indigene da opporre ai loro compatrioti. In caso di disastro non faranno causa comune coi ribelli? E di noi cosa sarebbe? Facciamo finta di non pensarci, perché una situazione come la nostra è pazzesca, a dir poco.

 

9 luglio -Parlano di cinque prigionieri già catturati; e come? senza combattimento? Quelli sono d'accordo. Oggi piove e la fureria, sistemata in tenda, è stata battezzata. Le reclute cominciano bene: su 128 questa sera ne mancavano cinque. L' Ada e la mamma scrivono sempre, che Dio le benedica.

10 luglio -Leggiamo i giornali quando capita, saltiamo la radio molto spesso, le cose vanno male. Siamo tanto indifferenti che fingiamo di non saperlo. pare di essere sull'orlo di una frana immensa. Dopo la Russia, l'Africa, e ci voleva ben poco a prevederlo, e la Sicilia ormai vulnerabile. Casa nostra è lontana: un sogno. Non abbiamo la minima idea di come ce la caveremo. Tristi notizie dalla radio a mensa; gli ufficiali albanesi non fanno commenti, ci rispettano, sono abbastanza intelligenti da capire che noi siamo al massimo dei poveri diavoli che hanno ben poco dei sopraffattori. Si trova ancora la forza di ridere quando il capitano Ded Miri scambia per pazzo il sergente di sanità, lo spassosissimo Poli, che è solo un po' ubriaco. La colpa non è sua, ma del treno speciale, che ha portato alle truppe della penisola balcanica, i cosiddetti generi di conforto, in mezzo a tanto sconforto. Il vino e il cognac, vietati ai mussulmani dei nostri reparti, sono a disposizione dei non osservanti in misura pericolosa ed esplosiva; una sbornia a volte è inevitabile.

 

13 luglio -Ancora brutte notizie dalla Sicilia, ma noi che cosa facciamo qui a perder tempo in una terra che non è nostra, fra gente che appena ci sopporta? Dio protegga il nostro paese. Noi che siamo fuori daremmo tutto perché le nostre famiglie siano lasciate stare. L'ho scritto all'Ada, non è retorica, è verità: daremmo tutto per difendere la nazione esaurita da anni di guerra impossibile e cavarla fuori a tutti costi da un'alleanza micidiale voluta dal megalomane. Forse è troppo tardi e c'è da impazzire a pensare che già si sarebbe dovuto agire per far cessare tanti dolorosi e inutili sacrifici.

 

 

14 luglio -Strana cosa l'esistenza: nella lettera dell'8 luglio la vita e la morte. Lo zio Gabriele, il buon patriarcale zio Gabriele se ne' andato; il bimbo, che l' Ada porta, ha cominciato a farsi sentire. Non voglio pensare alI' Ada vestita di nero.

 

15 luglio -Che cosa vogliono da noi, annoiati ufficiali di complemento? Non pare che si abbia la minima idea di ciò che si debba fare qui: due colleghi vanno alla compagnia lavoratori (serbi, montenegrini e macedoni), altri vanno alle bande da opporre ai ribelli. Si fa appena in tempo a sistemarci in qualche modo, si è contenti di farci compagnia quando non si è di servizio, poi ci sparpagliamo senza che ne vediamo la necessità, così, tanto per fare un po' di burocrazia dell'occupazione. Siamo ormai tanto frastornati che neppure la musica serve molto. Mi fa molto bene la vicinanza di Fausto, un ragazzo sodo e serio, dai nervi a posto e dal cuore d'oro. Adesso è con me a dormire ed è un coinquilino ideale, ci rispettiamo a vicenda i nostri silenzi e ci uniamo nella lotta contro le cimici, elemento insopprimibile del colore locale.

 

251uglio -Alle 22.50 sentiamo dalla radio della mensa che Mussolini è caduto e che, per Badoglio, la guerra continua, una bevuta di cognac è stata inevitabile, ma non condivido l'entusiasmo dei miei compatrioti. Dio protegga il nostro paese. Il fascismo è caduto, ma per opera di alcuni suoi rappresentanti nel gran consiglio; uscendo di scena Mussolini, non credo che di colpo si perda la mentalità che ci ha portato fin qui. Si inneggia al re, ma è stato fascista quando gli è convenuto e Badoglio pure. Si parla di farla finita con la guerra ed è naturale, perché nessuno l'ha voluta, tuttavia l'abbiamo subita e, a stare a Badoglio, dobbiamo continuare a subirla: con chi? contro quali nemici?

 

26 luglio -Come dovevasi dimostrare; Luciano Pasquinelli, direttore di mensa al comando, aveva fatto levare la fotografia di Mussolini dalla parete della sala. Il colonnello l'ha rimproverato perche al riguardo non ci sono ancora disposizioni. Vado di picchetto alla contumacia, e sono molto stanco, anche di pensare.

 

27/311uglio- La tenda continua ad arrostirmi il cervello, da qualche giorno ho la febbre. Forse per questo sono interminabili i conti che devo fare per la paga dei soldati della compagnia.

 

1 agosto -Compleanno piuttosto scassato, continua la febbriciattola e nelle condizioni in cui vivo non può andarsene in fretta. Ho chiesto visita; Caruso, molto gentile, è venuto a vedermi e sospetta una colite.

 

2 agosto -E' venuto il capitano medico e dice che sto benissimo; che ci sia la febbre in continuazione non lo preoccupa. Ho capito che devo aspettare che passi da sola.

Pessimismo generale. I ribelli si muovono e i servizi di guardia sono raddoppiati. L'altra sera in piazza c'è stata l'ennesima sparatoria; la cosa più sicura è una sola: qui siamo in trappola. La posta non arriverà neppure oggi, se l' ex cacciatori, annientato, continua a bloccare la strada da Tirana a Scutari.

 

7/10 agosto -Vita calma, troppo calma. Da tre giorni ho lasciato il canile del Korata e mi trovo con Fausto al ginnasio. Un altro fattaccio in centro: un albanese è stato infilzato a baionettate, mentre puntava la pistola contro un carabiniere che doveva arrestarlo. La situazione è confusa perché alla nuova incertezza, provocata dal cambiamento di governo, rimangono inevitabilmente collegate le vecchie incertezze, dovute all'equivoca occupazione di questo Kossovo che è serbo da sempre. Gli indigeni si sentono offesi della doppia presenza italiana e albanese, come se non ne avessero già abbastanza degli antichi contrasti etnici e religiosi. Quando si fa qualche scavo per postazioni è facile che saltino fuori ossa umane di cinquecento anni fa, quando ci fu l'epico scontro tra le forze dell'Europa cattolica e quella dei turchi, che risalivano a rullo compressore la penisola balcanica. Dal giorno 61' Albania è zona di operazioni con coprifuoco e altre amenità. I reparti della milizia fascista sono diventati reparti regolari dell'esercito, facilissimo, al posto dei fasci, sul bavero sono state messe le stellette. Troviamo ancora la forza di ridere venendo a sapere che all'ospedale quattro mussulmani hanno rubato il cadavere di un loro compaesano, per seppellirlo a loro modo. Dei quattro e del morto non si sa niente; è terribilmente difficile stabilire la somma da addebitare all'ufficiale di picchetto, perche nel regolamento il caso non è affatto contemplato.

 

10/31 agosto -Come se niente fosse successo, continua regolarmente l'istruzione delle

reclute del Kossovo. Sono ora, sempre con Fausto, alla caserma Puglia, in muratura, ma .

per modo di dire, perché l'edilizia locale tira su le cantinelle con i graticci e su questi

stende l'intonaco. La conseguenza è questa: dalle crepe e dai buchi delle pareti le cimici vengono fuori di notte a miliardi. Dormiamo in una stanzetta vicina alla mensa su due brandine che hanno i piedini infilati in quattro bussolotti pieni di petrolio; per andare a letto tranquilli ci infiliamo i calzini in cui entrano i pantaloni del pigiama e sopra il cuscino abbiamo una lampada da 100 candele. Ci consoliamo con la mensa, dove abbiamo come cucinieri nientemeno che il cuoco del Ritz di Belgrado, fin che dura. Siamo con la caserma ai bordi del paese, piuttosto lontani dal comando, e ciò sembra sollecitare gli ufficiali albanesi a manifestare una certa libertà di giudizio. Due capitani sono palesemente avversi all'occupazione italiana e specialmente al fascismo. Polusto Asta e Hyoni Rudi non hanno peli sulla lingua e parlano molto male anche del colonnello, rigido a autoritario. Il mio capitano Klenial Sallakur è un po' una sfinge, ma riesco a farlo parlare e la pensa alla stessa maniera. Ha molto ascendente su tutti; chi tiene i collegamenti fra tutti gli ufficiali albanesi è il capitano Niazi Byolli ed è lui che comunica i notiziari di radio Londra e di radio Ankara. Un nostro collega del comando, tutto sommato un volgare ruffiano, viene spesso di sera in cerca di notizie sul contegno degli ufficiali del battaglione. E' chiaro che agisce su incarico del colonnello, ma questo sbaglia e rende ogni cosa molto equivoca perché spia noi subalterni italiani come gli ufficiali albanesi. Occorrerebbe un'altra politica e invece si finge che tutto proceda come in un normale reparto italiano. Dopo il 25 luglio, in modo particolare, la situazione qui dovrebbe essere vista nella sua concretezza e realisticamente. Gli albanesi, pur di opporsi ai serbi e ai macedoni per. recuperare la loro piena autonomia dopo l' occupazione italiana, sono più che disposti a starsene con i tedeschi. D'altra parte non so come abbiano cominciato a giudicare nel 1939 quando siamo venuti ad occupare il loro paese e ne11940-41 quando abbiamo vinto la guerra con la Grecia solo perché il grande reich ad un certo momento si è deciso a vincerla per noi. Gli ufficiali che conosco sono, chi più chi meno, dei grandi proprietari; appartengono alle poche ricche famiglie che si fanno guerra e si alleano tra loro come nel nostro medio-evo. Finora hanno avuto interesse a stare con noi per salvare le loro posizioni e, a onor del vero, da quello che ho capito si sono comportati onestamente, sdebitandosi con il nostro paese per quello che hanno avuto, istruzione militare compresa, per i più intelligenti, conseguita nelle accademie italiane. Ora che noi siamo a terra, è logico che cerchino di fare il loro interesse in altro modo. Tutte queste mi sembrano considerazioni piuttosto elementari, ma dubito che i nostri comandi siano capaci di farle. Burocrazia e retorica continuano a imperversare come prima, anche se tutto sta cambiando. Facciamo ancora la parte dei magnanimi conquistatori, apportatori di civiltà e pieni di generosa comprensione, fino al ridicolo. Da domani, per esempio, comincia il digiuno del Ramadan mussulmano ed è stato deciso, chi sa dove, che la truppa, mussulmana al 90% e più, abbia il primo rancio al calar del sole e il secondo alle due di notte, con le preghiere del muerzim alle ventuno e trenta e turni di visite alla moschea il venerdì. Ogni commento è superfluo; annoto soltanto che qualcuno prevede che succeda qualcosa di grosso durante il Ramadan.

 

 

7 settembre -Ho finito un pesantissimo picchetto. Finora tutto sembra procedere normalmente, anche se è buffo vedere i soldati digiunare di giorno e mangiare come maiali di notte. La batteria si è esibita nei tiri, meritando gli elogi del colonnello, ma chi c'e stato mi ha detto che i pezzi sparavano alla meno peggio.

8 settembre -Alle 18le radio straniere avevano già diffuso la notizia del nostro armistizio provocando subito fermento in caserma e in paese. Alle 20 ufficialmente la radio italiana comunicava la cessazione delle ostilità nei confronti degli anglo-americani e il proclama di Badoglio. Per prima cosa abbiamo pensato al problema della resistenza ai tedeschi nella nostra particolare situazione. Distanti come siamo dal comando, chiediamo come dobbiamo comportarci, invidiando segretamente tutti quelli che si trovano in reparti italiani, perche più facilmente possono organizzarsi. Alle 22.30 arriva la risposta del comando: situazione immutata. Non c'è niente da fare. A mezzanotte il maggiore Vangiel Leogori, che comanda il battaglione, ma in realtà è per noi "il maggiore della paglia", perché è l'unica cosa di cui sa tenere la contabilità, è convocato dal colonnello e al ritorno annuncia quello che sapevamo già. Fa chiamare anche gli ufficiali che abitano fuori della caserma, e si prende un caffè alla mensa, guardandoci in faccia. Noi italiani siamo automaticamente in disparte. Arriva per ultimo Pelush Asta con un moschetto a tracolla e disposto al molleggio. Gli albanesi parlano fitto tra loro e non riesco a capire ciò che si dicono. .

 

9 settembre -Oggi capisco fin troppo bene: non c' è nessun ufficiale albanese che creda opportuno far resistenza ai tedeschi. Alle sette arriva invece l' ordine di armare anche le reclute e di metterle in assetto di guerra. Alle otto un altro ordine: la truppa si vesta in panno e affardelli gli zaini. Prepariamo anche noi italiani gli zaini, chiedendoci quali azioni potremmo condurre con gente che individualmente spara bene, ma non ha mai fatto esercitazioni di combattimento e che, soprattutto attraverso i propri compaesani ufficiali, non si sogna neppure di affrontare i tedeschi. La confusione è enorme e durante la distribuzione delle munizioni e del materiale, salta fuori roba di cui nessuno sapeva l'esistenza. Ogni tanto facciamo una puntata al centro raccolta notizie, uno sparuto gruppetto di soldati della Puglie comandato da un tenente veneziano, Zennaro, col quale ci siamo fatti buona compagnia da quando siamo alloggiati qui. Fin da ieri sera, Zennaro ha chiesto notizie a Prizren e a Tirana e soprattutto istruzioni, ma ancora attende risposta. Alle undici io e Bonetti, che non abbiamo ancora ritirato lo stipendio di agosto, otteniamo dal maggiore il permesso di andare al comando. Il paese sembra morto, ma dietro i portoni delle case c'è un sordo rimescolio. Non dimentichiamo che Pec è serba ed è occupata doppiamente da italiani e albanesi. Al comando c'è nervosismo; il colonnello è attaccato al telefono, ma il comando di divisione, a Prizren, non risponde: vorremmo far presente che con ogni probabilità i fili sono già stati tagliati, ma chi riesce a parlare col colonnello? Pare che i tedeschi siano a un'ora e mezza da qui, sulla strada di Nikaviza e ancora non si sa quello che si deve fare. Sul piazzale si stanno scaricando quattro autocarri caricati durante la mattinata. Serviranno per noi? Pare che dei confidenti montenegrini abbiamo fatto sapere che la via per Plava è libera per un eventuale movimento che ci faccia sganciare dai tedeschi. Torniamo in caserma, dove le reclute sono eccitate e fanno un fracasso infernale. Nel ripostiglio della mia compagnia mi faccio dare un moschetto, ma il capitano non intende darmi munizioni. Vado alla mensa dove, dopo il cuoco del Ritz, lavora De Bellis del C.R.N. per assicurarci dei pasti decenti, visto che le reclute più che riso e montone non saprebbero cucinare. Sono a metà del risotto quando entra il medico del nostro battaglione, Torrini, che mi dice di far presto. Non riesco a capire; ma lo seguo prendendo lo zaino e il moschetto dalla mia stanza che è di fronte alla mensa. Ho anche un paio di bombe a mano che mi ficco in tasca. Do un sguardo alla cassetta d'ordinanza che contiene i mie tesori, i libri, molte sigarette, una coperta di agnellino che intendevo portare in regalo alI' Ada alla prossima licenza. La cassetta è un cimelio perché è quella del papà dell' Ada, che ha fatto tutta la guerra del '15 come capitano degli Alpini. Mi trovo coi colleghi in cortile e Crescitelli, appena tornato dal Comando, ci dice che là stanno bruciando tutto e si dispongono a partire per Prizren con le macchine reperibili. Tonini e Zennaro, che stanno andando anch ' essi al comando, 1 'hanno incontrato e sono tornati con loro. Ci troviamo all 'ingresso della caserma io, Bonetti, Sartini, Tonini, Cecchini, Travaglia e Mariotti, il sovrintendente. Gli altri pochi sono andati a prendere gli zaini. La caserma è all'uscita del paese, sulla strada per Giakova e perciò vediamo passare autocarri del G.A.F. di carabinieri, e di operai civili dell'impresa Simoncini. Alcuni soldati di Zennaro se ne vanno subito saltando su questi primi camion. AlI 'interno della caserma la truppa è ormai scatenata, scoppia una bomba a mano. Il capitano Rudi è fermo con noi ad attendere i supposti autocarri del comando. Ci saluta continuamente, ci stringe la mano, sembra che si stia congedando da ospiti personali. Forse è il suo contegno calmo che riesce a evitare il peggio. Non è più possibile rimanere lì. Alcuni nostri compagni già si avviavano verso il posto di blocco sulla strada di Giakova. lo e Fausto ancora attendiamo nella speranza di una staffetta miracolosa, ma ormai il pericolo è grande perche Zennaro ha fracassato la stazione radio e il telefono, gli albanesi se ne sono accorti e può andare a finire male. Corriamo il rischio di farci disarmare, nella migliore delle ipotesi. Passano alcuni autocarri di carabinieri seguiti dalla macchina del capitano Misurata che dovrebbe riconoscerci; ma probabilmente vede le nostre mostrine invece delle nostre facce. Più avanti riconosce il medico Torrini, fa marcia indietro, ma sentendo alcune fucilate riprende la marcia per raggiungere i suoi. lo e Fausto ci buttiamo fuori strada stesi a terra e guardiamo indietro. Cerca di puntarsi sui gomiti, per rialzarsi, un tenente napoletano, Natale, che ci seguiva a poca distanza. L 'hanno colpito e penso velocissimamente che sia una vendetta, perché il povero Natale era un tipo piuttosto duro e brusco. Un sergente albanese lo finisce da pochi metri e un camion della G.A.F., sopraggiunto, rallenta per raccogliere il morto, ma ormai dalla caserma sparano sempre più fitto. Per un attimo io e Fausto pensiamo di tagliare per i campi e portarci all'imboccatura della valle che va in Montenegro; la distanza sarebbe poca, ma facciamo presto a convincerci che l'awentura è pazzesca in due soltanto. Rischieremmo di stare sulle montagne del Montenegro fino alla fine del mondo o di crepare subito per l'assoluta ignoranza dei luoghi e delle distanze. Siamo noi due soli a conservare lo zaino. Mi accorgerò tra poco che proprio lo zaino sulle spalle mi ha forse salvato da una fucilata definitiva, perché una pallottola è stata deviata da una tasca esterna che è rimasta stracciata. Finalmente due camion della Guardia Alla Frontiera, seguiti dal colonnello Montironi, si fermano a raccoglierci. Avevamo i moschetti spianati, risalendo dai campi sulla strada durante una tregua delle fucilate, inconsciamente decisi a tutto pur di fermarli. Così possono salire anche gli altri un po' più avanti. Quando arriviamo vicino a Giakova il colonnello fa fermare la misera colonna, ci fa scendere e ci chiede se abbiamo regolare documenti da viaggio! ...Meno male che dall'abitato cominciano a sparare e il colonnello decide di riprendere la marcia accontentandosi di annotare i nostri nomi. Attraversiamo il paese di volata, tutte le case sono sbarrate e poco più in là vediamo il terzo Btg del 71° Ftr col tenente-colonnello Zanotti in testa che procede in direzione di Prizren. In coda riconosciamo Criscuolo, che era a Giakova assegnato con Nigido alle "bande" antiribelli. Sapremo a Prizren che Zanotti è stato ucciso a tradimento da un parlamentare dei ribelli che volevano le armi del battaglione. Dopo qualche chilometro c'è la gomma di un camion da riparare e ad ogni buon conto saltiamo giù tutti mettendoci tutti intorno, pronti a respingere un eventuale attacco. Ci raggiungono due autocarri di operai della Simoncini e con gli operai ci sono due ufficiali del genio, Pischiutto e Del Vecchio, che erano rimasti tagliati fuori, praticamente dimenticati. Poco prima di Prizren incontriamo tre carri armati tedeschi. In un primo tempo pensiamo che ci sia da combattere in una situazione disperata, ma i tedeschi non fanno fuoco. Ci dicono di scendere e di raggiungere le caserme della divisione Puglie che si è arresa. E noi credevamo di raggiungere gente decisa a resistere! Siamo avviliti e rabbiosi. Una divisione avrebbe pur potuto muoversi fino a Scutari per tentare di raggiungere a scaglioni l'Italia meridionale. Sapremo più tardi che i comandanti hanno perso la testa, e soprattutto del tempo prezioso, attendendo ordini che non sarebbero mai venuti. Sapremo che un generale se ne è andato con le casse dei reggimenti, con la scusa di precedere il grosso. Ci distribuiscono fra le varie mense del 72°. lo, Fausto e Bonetti capitiamo a12° Btg. Accoglienza cordiale da parte di ufficiali e soldati che sono quasi tutti veneti. Ho l'incredibile sensazione di essere rimpatriato, dopo . i mesi di esilio passati fra gli albanesi dello cacciatori.

 

10 settembre -Siamo soprattutto preoccupati di non passare per vili o disertori, ne vale per la nostra coscienza il fatto che nell'ambiente in cui eravamo il rimanere sarebbe stato un suicidio. Perciò ci mettiamo a rapporto dal col. Bensi del 72° Ftr e dal gen. Clerici, che ci confortano constatando che non potevamo fare altrimenti. Più tranquilli, sorridiamo dei nostri scrupoli eccessivi pensando che prigionieri qui o a Pec è in fin dei conti la stessa cosa. Qui dove siamo c' è ormai un campo di concentramento o quasi, ma continua esteriormente e per forza d'inerzia l'esigenza dell'ordine dei reparti,così che siamo distribuiti un po' dappertutto. Torrini è all'artiglieria, Travaglia e Cecchini sono assegnati alla reggimentale; mi presento con Fausto e Bonetti al capitano Ferrante, un padovano che comanda il 2° Btg del 72°; vado alla 6~ Cp. mentre i compagni sono rispettivamente alla 5~ e alla 7~. Ho dei colleghi che mi accolgono fraternamente, Pollion di San Donà di Piave, Lucchi di Modena, Grandi di Bologna e Leone di Avellino. Ritrovo Augusto Zanetto che era stato assegnato alle bande, e generosamente mi regala una cassetta d'ordinanza e un po' di roba, fra cui un pigiama di seta e tre coperte militari. Sono tanto matto che racimolo anche qualche libro. Mi pare già una gran cosa trovarmi tra italiani. Da Pec nessuna notizia.

 

II settembre -Circolano le voci più pazzesche che fanno venire il mal di testa. Ribelli e tedeschi scorrazzano per l' Albania e per il Kossovo. 113° Btg ritorna da Kiikes in pessime condizioni; anche il battaglione di Zanotti raggiunge Prizren malconcio; è avvilito e triste per la pietosa fine del suo buon comandante. Gli albanesi fanno causa comune con i tedeschi e ci danno addosso come possono; se tutte le maledizioni che vengono scagliate contro di loro andassero a segno, l' Albania sarebbe presto un deserto. In parte se le meritano perché da noi sono stati trattati fin troppo bene, ma alloro posto, vedendo gli invasori in difficoltà, che cosa faremmo? Intanto ci disarmano. Conservo la pistola, ma cui sono venuto da Pec, i caricatori (rubati) e le bombe a mano (pure rubate ), devo consegnarli. E' un brutto momento anche per un soldato poco bellicoso come me. Il col. Bensi, fra tanti comandanti che hanno perso la testa ed hanno pensato soltanto per sè, praticamente ha preso il comando di tutta la babilonia. Si è spinto addirittura fino a Scutari per sapere qualcosa di preciso, ma anche laggiù tutto si è sfasciato. Se non altro ci tiene insieme sperando, come noi, che con un po' di pazienza si possa rimpatriare via mare o risalendo la Jugoslavia.

 

16 settembre -Rivediamo il col. Rumoldo e due ufficiali superiori provenienti da Pec. Con noi si lamenta solo perché siamo arrivati prima di lui, ma non spiega come mai altri subalterni italiani siano rimasti là. Pare che il maggiore Leogori abbia preso il comando del reggimento rimasto armato e passato ai tedeschi. La parentesi del 1° cacciatori d' Albania finisce così.

 

 

17 settembre- Da oggi finisce la mensa, si mangerà in qualche modo d'ora in poi. Già oggi sono stati macellati alcuni animali per poter rimediare un po' di rancio per tutti; si dovranno prendere le tradotte della linea Scoplje-Belgrado a 70 Km. da qui. Parte un primo scaglione degli ottomila uomini qui concentrati e con esso vanno Zennaro, Travaglio, Cecchini e Mariotti.

 

18 settembre -Si muovono da Prizren anche il 2° e il 3° scaglione al comando di Bensi e di Rumbolo. Ci riarmano per arrivare a Urosevac, non sapendo come si comporteranno le bande lungo il percorso. Abbiamo un mitragliatore ogni cento uomini con duecento colpi, e un moschetto a testa con due caricatori. Ogni ufficiale comanda un reparto di cento uomini e risponde personalmente delle armi eventualmente perdute: fino all'arrivo alla ferrovia c'è da stare allegri. A mezzogiorno finisce la prima tappa a Suvareka, dove ci attendiamo alla meglio in mezzo ai campi. Un frutteto fa una brutta fine e riempio il sacco di mele, che penso utili. Meno male che, se non altro, è bel tempo e fa caldo.

 

19 settembre -Dalle 4 alle 13 abbiamo fatto una seconda tappa. Durissima per me e i miei soldati destinati a fiancheggiare sulla sinistra la colonna che procede a fondovalle. Sono tanto stanco che non ho idea dei chilometri fatti in più salendo e scendendo dalle colline. Si arriva comunque a Stirnlic dove mi concedo il lusso di un bagno in un limpido ruscello. Si mangia come si può e non c' è ne tempo ne voglia di pensare.

 

 

 

20 settembre - C'è la sveglia all'una e alle sei siamo a Urosevac, un altro campo di smistamento. Altra vista di materiale distrutto o in rovina: vengono fuori adesso le scarpe, le camicie di flanella, i pastrani di pelliccia che non c'erano durante la campagna di Grecia. Riconsegnamo le armi; con nostro sollievo ci sono tutte. Noi ufficiali dobbiamo consegnare anche le rivoltelle. Alla mia faccio in tempo a rovinare il percussore,un graduato tedesco se ne accorge e vorrebbe farmi fuori, ma poi smette. I tedeschi però sono molto corretti perche per ogni arma personale ci rilasciano una regolare ricevuta. Mi danno ancora una gavetta di riso del nostro esercito, ed è l'ultima. Alle 18 siamo tutti sui carri bestiame. Il mio è piccolo e contiene solo 36 uomini. Abbiamo fatto scorta di uva e di frutta. Al momento della partenza un tedesco uccide a fucilate la lupa che prodigiosamente mi aveva raggiunto a Prizren arrivando tre giorni dopo di me e mi aveva seguito fin qui, senza che io facessi niente per farmela venire dietro. Ci diciamo l'un l'altro che partiamo per l'ltalia per aiutarci a sperare l'impossibile.

 

20/21 settembre -Il viaggio è lentissimo. I contadini serbi sono generosi e ci danno un

mucchio di roba da mangiare. Passiamo per Mitrovica e giungiamo a Kraljevo, dove si .

accoda alla nostra una tradotta che viene dalla Grecia.

 

 

22 settembre -Sostiamo nel parco binari della stazione di Belgrado. Abbiamo ancora molto denaro e lo spendiamo in pane, formaggio e altre cose. I biglietti di banca volano: quanto valgono? Nessuno lo sa più. Dopo tanto tempo sento la "delizia" di un attacco aereo notturno: chiusi nei carri c' è da impazzire sentendo le bombe cadere vicinissime.

 

22/23/24 Belgrado-Ujvidek -Trovo modo di dormire usando un telo da tenda come amaca. Anche gli ungheresi ci aiutano; si vedono circolare colossali pagnotte che sottolineano l'appetito che ormai si fa sentire. I viveri che i tedeschi ci danno sono insufficienti e ancor più scarsi sembrano a noi, che da mesi non abbiamo avuto problemi alimentari nella regione dove eravamo.

 

24/25 settembre -Sabaria (Semmbathely)-Nidombovar-Kaposvar-Zombrithely- Sopron-Wiener-Neustadt -Se fossimo in giro turistico avremmo da annotare cose meravigliose, come, per esempio, la monumentale Maria Teresiopoli ora Sabaria (Szambathely), ma l'unico assillante pensiero nello stordimento generale è la direzione del treno. C'è chi consulta la bussola dimenticando che non può assolutamente essere precisa in mezzo alla ferraglia e al movimento. E' un gesto simbolico che riassume tutta una situazione. Abbiamo fatto il giro dell'Ungheria e per due volte i posti di ristoro ungheresi ci danno del caffè quasi fossimo truppe regolari reduci da qualche fronte. Alla prima stazione austriaca un altro sintomo ci awerte invece che le cose sono diverse: i tedeschi fanno razzia degli occhiali che i soldati hanno ricavato dalla ridicola maschera antigas della nostra dotazione, dei cinturoni degli ufficiali e di paletti da tenda. A Wiener-Neustadt si mangia il primo rancio tedesco: immondo. Continuano le congetture sul vero termine del nostro viaggio e ancora si spera che si vada verso sud.

 

 

25/26/27 settembre -Ed ecco che la speranza è definitivamente delusa, dopo Linz, quando capiamo di essere diretti verso Norimberga. I contadini dei campi manifestano la loro ostilità insultandoci come "badogliani" e augurandoci a gesti il taglio della testa. Il paesaggio cambia: è bello e severo, ma per noi segna solo tristezza senza fine. Mangiamo in qualche modo fuori dalla stazione di Sizenach; adesso possiamo scendere perché la scorta è convinta che per noi è impossibile scappare nel cuore della Germania. Alle otto di sera del 27 siamo a Zieganheir- N ord. L 'ingresso alla luce dei riflettori sembra preso da un film americano girato a Sing-Sing. C'è ancora chi crede che gli ufficiali abbiano un trattamento di riguardo e brontola e fa l'offeso quando ci cacciano brutalmente col colonnello in testa nella bolgia della baracca 30.

 

27 sett./2 ottobre -Zieganhir-Nord -Prima perquisizione, piastrina col numero; sono il numero 80072/IXA. Francesi e serbi delle baracche di fronte, che sono qui da tre mesi, ci appaiono organizzatissimi e abituati a una vita che ancora non riusciamo ad accettare. Ironia, indifferenza, ma anche una certa umanità. Sembra che ci dicano: adesso proverete. Finiscono le ultime sigarette e, di colpo, dopo la fine della scorta dei viveri, siamo tutti awertiti che anche in questo senso la vita è cambiata. Insieme col mangiare, in Albania, il fumare non costituiva un problema; ora proviamo, moltiplicata all'infinito, la miseria dell'Europa fascista e nazista in guerra. Comincia un altro tormento: la richiesta di collaborare col grande reich e cominciano, ma non per me, le crisi di coscienza. I tedeschi mi sembrano mancanti di spirito, chiedendomi per prima cosa se voglio andare a servire la Germania nelle S.S. e rifiuto cortesemente ringraziando dell’onore che mi fanno. I primi soldati sono inviati al lavoro e partono da saggi, pensando che fuori potranno almeno arrangiarsi per mangiare un po' di più. Dopo due giorni d'inferno alla baracca 30, gli ufficiali vanno alla 21, dove rivedo ufficiali de125° Ftr, venuti qui con marinai e truppe di Pola, Ceravolo, Manduzio e Cortecci. Dunque anche in Italia si sono fatti prendere e la rovina è completa. Partiremo per un campo destinato a soli ufficiali, migliore di questo, dicono. Ho i miei dubbi.

 

2- 7 ottobre -Ziegenheim-Gastengen-Eisenach-Erfurt-Lipsia- Torgau-Wothy-Liegnitz (Lignica) -Breslavia -Oppelen ( Opol e) -Odeney -Sedordof -Dzedietz- Auschwi tz-Cracovia -Tamov-Przemysl- Il viaggio delle pene: quattro mezze gavette di brodaglia in sei giorni. Ho masticato una bustina di tè che avevo, non so come, in un taschino della giacca. Una notte d'incubo alla stazione di Auschvitz, dove la nostra tradotta coi vagoni piombati ( ma quasi di lusso, per che sono carrozze di terza classe, dove siamo in sedici per scompartimento) sosta tra due tradotte piene di ebrei stivati in carri bestiame. Alcuni cantano nenie tristissime, i più si lamentano stancamente, su tutti si alzano pianti di bambini e strilli disperati di donne. E' una prima paurosa conferma dell'esistenza di campi speciali, che la nostra coscienza finora ha respinto come frutto di immaginazione malata. Non abbiamo quasi il coraggio di parlarne e con bestiale egoismo ci sentiamo sollevati quando il treno al mattino riprende la marcia verso Est. A Tarnov, scendendo per il rancio, ci tremano le gambe e sentiamo tutte le ossa rotte. Ore dieci del sette ottobre, siamo nella baracca 21, ex teatrino, c'è il parquet, ma i castelli a tre piani sono terribili per la polvere. I gabinetti a trenta metri dalla baracca, l' acqua (non potabile) è più lontana. L'interprete, all'ingresso del campo, ci ha avvertiti di tenerci puliti: l'anno scorso sono morti a migliaia i prigionieri russi, presi dal tifo petecchiale. I1lager 325 è costituito da una vecchia caserma austriaca della 1 ~ guerra mondiale. Siamo al fondo di una specie di catino; verso ovest spunta il campanile della chiesetta di Pikulice, un sobborgo di Przemysl. Oltre i dossi erbosi che ci circondano non c'è che cielo. Le immense foreste che abbiamo attraversato sono subito un ricordo lontano e noi siamo davvero fuori dal mondo. Un'altra perquisizione ai miseri bagagli e in più siamo invitati a consegnare tutto il danaro. Firmo, come se me li dessero, una ricevuta per 2000 lek e 500 dinari.

 

7-14 Ott – Prima settimana - C'è qui il cappellano del Tirano del 5° alpini. Ha visto morire il Peppo, l'ultimo giorno della ritirata in Russia. L'otto settembre Don Crosare, un cappuccino di Vicenza, era a casa,ma si è presentato a Merano per stare coi suoi alpini e li ha seguiti in Germania. Mi consolo con lui come se avessi trovato un pezzo della mia famiglia. Ci sono quattro sottotenenti di prima nomina che, appena si sono presentati a Merano, sono stati imbarcati in treno e sono finiti qua. Sono tutti della provincia di Sondrio, uno di essi Nini Franzoni è di Primolo e conosce bene la zia Dina. C'è con loro, proveniente dalla Grecia, un maestro di Sondrio, Bradanini, che, pur essendo anziano, si comporta con grande serenità. Si sfoga parlando della storia della Valtellina e specialmente della vita dell'alta valle; è un po' il nostro papà. Nella mia baracca rimaniamo per ora in 84, perché gli ufficiali superiori ci lasciano. Capo baracca è BottegaI, un tranquillo capitano degli alpini. Con me, dei vecchi compagni d' Albania, sono rimasti Fausto e Bonetti: ormai siamo abituati ad essere rimescolati. E' stato distribuito del tabacco polacco, tutto nervature di foglie, una porcheria. Ma non abbiamo cartine e ci industriamo a fabbricarci una pipa. Da un pezzo di mattone ne ho ricavata una che ha la linea di una GBD, mi è riuscita subito anche la cannuccia. Ho ripetuto la prova e la seconda pipa l'ho rivenduta per due sigarette. Non sono portato ai traffici, tuttavia qui invece occorrerebbe un po' di spirito commerciale. C'è un romano che ha cominciato i baratti più disparati fin dal primo campo. Ora lavora coi soldati russi, addetto alla pulizia del campo, e continua anche dopo che i tedeschi hanno stretto la sorveglianza e li hanno trasferiti in un recinto oltre il nostro reticolato. A me è dispiaciuto perche avevano un violino e mi bastava sentirlo. Partiti gli ufficiali superiori, ne sono arrivati altri in baracca, sono subalterni della divisione Brennero. Siamo 117, un mucchio confuso e polveroso, ma in molti stiamo più caldi, tanto più che già accenna a nevicare. Dopo tante strampalate awenture, la vita sta assumendo un certo ritmo che, qualunque sia, sarà misurato, come prima, dalla posta. Il giorno otto ho già spedito alI' Ada una cartolina, l'undici una alla mamma, ed ora attendo che mi diano ancora da scrivere.

 

18 ottobre -Ieri ci hanno dato un modulo-pacco per ciascuno da spedire a casa: c'è un motivo in più per attendere gli arrivi. Gran lavoro in lavanderia questa mattina, per fare il bucato. Ci fanno un po' pena certi ufficiali anziani,che certamente fanno il bucato per la prima volta. N eppure noi siamo molto bravi, ed io, non sapendo se ci sarà dato sapone, mi ingegno a dosarlo nel lavare i miei quattro stracci. Ora sono sdraiato al sole di una splendida giornata autunnale e faccio la guardia alla biancheria che sta asciugando presto. Finora il tempo è buono con noi e il clima è asciutto.

 

31 ottobre -Quarta distribuzione di moduli per la corrispondenza; impianto un registro per poter meglio seguire i giri avventurosi che la posta dovrà fare per andare e tornare, attraversando mezza Europa.

1 novembre -E' arrivata altra gente che noi accogliamo come se fossimo qui da anni. Ci contano due volte al giorno in un recinto che dovrebbe essere il campo sportivo. Ci leggono i bollettini di guerra tedeschi, che quasi non sentiamo perché non corrispondono certamente al vero e non contengono quello che noi vorremmo sapere. Dopo la conta, in compagnia di Bradanini e degli alpini sondriesi, facciamo molti giri nel campo fino a quando siamo stanchi e per illuderci di essere ancora efficienti. Cominciamo ad aver fame e mi è venuta l'idea fissa di fare un po' di scorta per affrontare l'inverno; ma come? Respingo la tentazione di vendere il vecchio orologio, prudentemente, rimandando la cosa a tempi più brutti che senz'altro verranno. Ho fatto la comunione per il mio bambino che questo mese nascerà. li tempo passa, occorre naturalmente qualche cosa da fare. In una settimana ho intagliato i pezzi degli scacchi. I cavalli sono riusciti molto bene; ora ho i calli alle mani, a furia di adoperare il mio coltello da caccia. Cominciano ad arrivare le prime risposte da casa. Quando arriverà la mia volta? Nell'attesa mi isolo come al solito. Nella solitudine, che mi è come un guscio, il dolore si sente di più e di meno, ma cerco di conservare come posso un po' della mia dignità di uomo. Come al solito; costretto come sempre ad una vita non proprio facile, e contro la quale sarebbe facile protestare. Ma come? E a quale scopo? Con quali risultati?

 

 

4 novembre -Le varie proposte cominciate a Zegenhein credo che siano finite questa sera. Una commissione italo-tedesca ci ha detto che nel nord Italia si è costituito un governo fascista. Chi vuole aderire sarà arruolato nelle progettate quattro divisioni italiane che collaboreranno col reich, come prima dell'8 settembre, e dovunque. Così Mussolini è tornato al potere. Ma per modo di dire, io credo, perche ce l'hanno messo i tedeschi e il risultato sarà una doppia guerra, quella contro gli anglo-americani, che stanno risalendo la penisola, e quella civile tra italiani. Il discorso dei fascisti era uno schifoso ricatto. Ci parlano delle madri e delle spose che ci attendono oltre il reticolato. La scelta l'ho già fatta senza esitare e con me l'hanno fatta in moltissimi. Alcuni invece hanno aderito: è bastato un attimo e ci siamo trovati dolorosamente divisi. Ho notato quanto è imbarazzante parlare con gli optanti; questi hanno l'aria di chiedere scusa, ma noi non chiediamo scuse, siamo soltanto addolorati perche ormai tutti dovrebbero cominciare a capire che il fascismo è morto e non è mai stato l'Italia. Speriamo che dopo il nostro rifiuto i tedeschi si decidano a considerarci regolari prigionieri di guerra; potremmo avere almeno l'assistenza della croce rossa. Mettiamo comunque l'anima in pace e regoliamo la nostra vita sulle razioni di rancio molto liquido che ci vengono a trovare due volte al giorno. Il tempo è cambiato, ma per ora nevica per scherzo.

 

5 novembre- Oggi infatti la neve si scioglie e sta per uscire il sole. Penso al mio bambino prossimo a venire. A te Ada che certo avrai ricevuto le mie notizie, potrai avere la calma necessaria per affrontare la grande prova. Iddio ci guarda, ne sono sicuro, e ci riunirà presto. Non sento i disagi, penso che tutto sia necessario per meritarmi la gioia di tornare e di lavorare per la mia famiglia. Ho scoperto, da quando sono lontano e solo, una autentica fede. Fino a poco tempo fa ero un cristiano come tanti e cioè esteriormente in regola con i vari precetti. Quel poco di cultura che possiedo mi aveva fatto vedere le molte incrostazioni rituali e magiche che cristallizzano la pratica religiosa, ma, come molti giovani, sono rimasto piuttosto apatico di fronte ai problemi della fede. Non mi sono mai piaciuti i bigotti che del Paradiso credono di farsi un monopolio o un privilegio, né mi piacciono adesso quelli che credono di aprire un conto corrente col Padreterno: tante comunioni, tanti pacchi. Mi pare che il Cristianesimo si possa capirlo solo facendo esercizio continuo di controllo e di coscienza morale e pensando che l'amore da esso predicato sia valido per tutti, anche per chi non è cristiano, perche ne abbiamo tanto bisogno in questi tempi di odio e di obiezione.

9 novembre -Sono tra i primi ad avere posta. Mi è arrivata la risposta alla cartolina del giorno otto ottobre. Continuo a leggerla e non mi par vero. Siamo prossimi ad averti con noi, bambino mio.

 

17 novembre -Oggi siamo su di morale perché sono state distribuite le sigarette, che stanno diventando un narcotico contro la fame e i pensieri neri. Le sigarette sono "papirowski" per metà fatte di cartone che funge da bocchino. Con molta serietà l'amministratore ci ha detto che il loro conto ci verrà trattenuto sul nostro stipendio, che è fissato in 90 marchi come il vitto. Se tutte e 75 ce le fanno pagare 3 marchi il pacchetto, ci rimane ben poco e il sistema dell'addebito serve solo a non pagare affatto.

 

19 novembre -Ieri sera ho avuto la fortuna di trovare un violino e della musica. Questa mattina e questo pomeriggio ho passato due ore al freddo in una stanzaccia della baracca della truppa, senza porte e senza finestre; ma mi sono levato la voglia di suonare. Il mio bambino sarà nato e lo saprò di qui a un mese; la posta pare che abbia cessato di arrivare, ma spero di essere di nuovo fortunato. Piove da due giorni, ma non fa molto freddo. L'umidità però è grande e il fango delle strade del campo, sommerse dall'acqua, è fastidioso. Sento il peso della baracca 21; 117 persone costrette a star dentro, si danno per forza fastidio. Meno male che il sorridente Orazio mi tira fuori dai reticolati. I miei cari libri mi aspettano; quanti lavori dovrò fare per annullare l'ignoranza di tanto tempo di naia. E tu, piccolo Cesare, lascerai lavorare il papà, vero? Mamma Ada ti terrà buono e io poi vi coccolerò tutti e due. Buona notte; un altro giorno è finito.

20 novembre -Scrivo un'altra lettera alI'Ada, pregandola di andare al distretto militare, che, a quanto so, dovrebbe passarle una parte del mio stipendio. Da due ore attendiamo il rancio ed è l'una passata. Ci hanno proibito di chiamarlo sboba, per dignità. Preoccupazioni gastronomiche: col prossimo mese cesserà la distribuzione delle tre misere patate lessate che abbiamo avuto giornalmente finora. Ci pare una privazione insostenibile e il prossimo awenire si presenta più buio. E' sabato e il traffico di viveri in questo giorno della settimana è complicatissimo. Siccome danno i viveri anche per la domenica, occorrono recipienti supplementari. Ho il sale in un pacchetto di sigarette bulgare, la marmellata in un cucchiaio rotto, lo zucchero in una scatoletta che una volta ha contenuto carne, la ricotta e la margarina stanno larghe in una ex scatola di sardine. Un bussolotto di lamiera mi fa da gavettino per il caffè perché il gavettino contiene la riserva di rancio che doveva servire per le sette di sera, quando mi creo 1 'illusione di mangiare un po' di più. Ma la pellaccia tiene ancora e il tempo passa.

 

27 novembre -Questo quaderno raccoglie tutto fino a quando non avrò modo di avere altra carta. La traduzione delle satire di Orazio per adesso la tengo in testa. Ieri ho avuto fra le mani quattro discorsi di letteratura di Bontempelli e la tentazione di abbozzare qualcosa sul Verga è grande. Poi ci ripenso e concludo per il no, anche perche Verga dovrei rileggerlo e non c'è niente di lui in circolazione qui nel campo. Mi sorride l'idea di sottopormi a una cura di realismo verghiano da accostare a quella del realismo americano che Vittorini e Pavese mi hanno fatto scoprire qualche anno fa. Un ottimo antidoto per ripulirci il cervello da tanta letteratura accademica e inutile, a condizione che a sua volta non diventi retorica.

 

4 dicembre -Mi sto allenando a leggere e a studiare, ma non sempre riesco a concentrarmi. Faccio progressi, ma a volte mi avvilisco, perché la testa mi gira, e sentendo intorno a me un continuo parlare di mangiare ne sono suggestionato. Il rancio, i viveri distribuiti, sono il fatto più importante della giornata. Oggi al bagno ci siamo visti ancora dimagriti; credo che ormai siamo alla giusta taglia da prigionieri. Qualche ora passa facendo un po' di musica nelle varie camerate, ma tutti vogliono canzonette, mentre c'è un genovese che suona Bach sulla chitarra e nessuno 10 vuole sentire. Oggi il violino che avevo in consegna è partito, ma rimedierò andando a trovare un capitano di Pola, che è riuscito a sistemarsi in una stanzetta dell'infermeria. Mi lascerà suonare il suo e per di più starò un po' al caldo e in compagnia. Finora ho arrischiato il raffreddore suonando nella stanzaccia della baracca dei soldati; ma negli ultimi giorni era impossibile resistere. Ora c'è un po' di neve e la temperatura è molto bassa. Al mattino, quando ho finito di lavarmi, all'aperto, devo pigliare a calci la bacinella che per il gelo si salda a terra. Festeggio il decimo mese di matrimonio con una fumata extra. Mezza razione della schifosa margarina chiestami da un patito di cucina, mi ha fruttato, miracolosamente, cinque sigarette. Continuo ad astenermi dai piagnistei e dalle vedute nere, ma la tristezza a volte è infinita. Il mio bambino deve essere nato da due settimane circa e I'Ada me 10 dirà con la prossima lettera. Prego Dio che tutto sia andato per il meglio. Tra tre settimane è Natale e temo di farmi contagiare dall'ossessione dei miei compagni, che pensano da tempo al miglioramento del rancio per quel giorno. Ci mancherà l'affetto dei nostri cari, la cosa che più conta. Sogno il mio bambino di notte, e 10 penso di giorno. Lo penso anche mentre gioco a scacchi e così prendo delle batoste. Ada coraggio. Il piccolo nostro mi vedrà un buona volta, ti pare?

 

 

 

7 dicembre -Gli appunti dovrebbero riguardare di più lo spirito, ma lo stato nostro ci trae al contrario. Sono furioso dentro perché anch'io sono indotto a considerare il Natale un giorno con spiccato carattere alimentare. So che è stupido fare economia sulla poca roba che ci danno, per averne un po' di più per la festa tanto attesa: sto risparmiando un settimo di pane al giorno per illudermi di averne due razioni intere alla fine della settimana. Ciò mi fa sentire ricco al punto che oggi, avendo in teoria più pane degli altri, ho ceduto mezzo cucchiaino di zucchero per una nazionale: il solito narcotico. Continuo ad approfittare dell'ospitalità del capitano dell'infermeria e mi trovo bene col violino. Anche la giornata di oggi è passata. All'una sono andato in lavanderia, poi c'è stata una sosta paurosa di un'ora con molti gradi sotto zero, 20,30? , perche il capitano politico ha voluto perquisire le baracche. Ora siamo alla lettura del bollettino delle 17, ma non crediamo alle notizie. Non ci colpisce più niente, all'infuori del sensazionale. Domani è l'Immacolata e avremo un altarino fatto da alcuni di noi nella baracca 18. E fra poco è Natale; avanti.

 

 

16 dicembre -Continuo a pensare troppo alla pancia. Spinto dai famelici progetti dei compagni, giunti a forme ossessive, il cervello lavora progettando pranzi spettacolosi e ripieghi da prigionieri per avere surrogati di pranzi. Ieri notte, per esempio, mi lambiccavo per trovare la maniera e gli arnesi per cuocere la farina che dovrebbero darci in natura e accantonata, al posto di un ottavo di pagnotta, per il rancio speciale di Natale. Ora sono sorti altri problemi perche al posto delle patate (ridotte per fortuna, ma non soppresse) ci danno 500 grammi di pane in più alla settimana, in modo che dal mercoledi alla domenica abbiamo un pane in 5 anziché in 6. Ho fatto un sogno aritmetico: preoccupato del settimo di razione che sto accantonando, non sapevo conciliarlo col quinto in più. Ho fatto un mucchio di operazioni con le frazioni e mi pare di avere trovata la soluzione. Mettendo via un settimo più un quinto al giorno, e cioè dodici trentacinquesimi pari, per difetto, a un terzo, avrò due razioni alla domenica. Oggi fa freddo perché tira un vento indiavolato; sono irrequieto in modo insolito e faccio fatica a reprimere i nervi che vorrebbero scattare. Sono stato da Giuliani, e Maniarico mi straziava l'anima col violino, ma non volevo farlo smettere. D'altra parte era il prezzo per il calduccio della stanza. Ieri sera alla prima riunione per la novena, mi sono vergognato a pensare anche là al pane e alla pancia.

 

 

18 dicembre, ore 20.00- Rientro in camerata dopo essere stato come al solito da Giuliani e gli occhiali appannati quasi non mi fanno vedere le due lettere che sono arrivate e sono state appoggiate contro la cassetta militare ai piedi del mio posto letto che è al primo piano. Il caso vuole farmi leggere quella spedita dopo, il 24, che mi parla di Gabriella, che sta bene e di Ada che sta benone. Non ci sono parole per dire ciò che provo. Andando a letto non riesco a prendere sonno e mi sono alzato due volte per calmarmi, accendendo

e spegnendo la sigaretta accantonata anch'essa per Natale. Tanto è adesso Natale per me.

 

19 dicembre -Il sole viene a festeggiarmi papà. Ricevo altre due lettere dalla Croce Rossa, spedite dalla mamma; così ho la data fra cui posso mettere la nascita di Gabriella: 17-24 novembre. Provo sollievo leggendo che a Padova la vita procede abbastanza tranquilla. Il goffo e denutrito prigioniero, stupidamente crede di festeggiare il lieto evento anche arricchendo il suo pranzo; soffriggo un quarto di cipolla che mi è stato regalato per sbatterlo nella sboba. C' è tuttavia qualche cosa di più dignitoso: padre Crosara per Santo Stefano dedicherà una messa per tutti i bambini piccoli.

 

20 dicembre - Dato che si deve fare un po' di musica alla messa solenne di Natale, cerco di farmi venire in mente una pastorale che ho suonato dieci e più anni fa a Morbegno, accompagnato all'organo dal mio papà. Cominciava così: "Risplendon d'argento le stelle..." ...il sole è scomparso, era proprio venuto a festeggiarmi.

 

23 dicembre, ore 20.00- E' l'ora delle sorprese. Non volevo credere a Bresciani che, al mio rientro in baracca, mi dice che domani devo andare a ritirare un pacco al comando. Pare la prova della provvidenza.

 

24 dicembre -Ada mi ha ancora scritto di Gabriella, ora so che è nata il 19 e tutto è andato bene. Dio sia lodato. Il pacco è giunto in ordine; credo che più dei viveri siano, preziosi i mutandoni di lana che ho subito indossato, sentendomi subito più caldo. Dato che passerò il Natale da Giuliani con Maniarico, Dicherso, e Esopi, un buon musicista di Trieste, ho la grande gioia di fare assaggiare anche a loro un po' della mia roba. Sono un prigioniero fortunato, fornito di biscotti, pane tostato, miele, zucchero e latte condensato. Mi dispiace che pochi abbiano ricevuto roba da casa e mi sento un po' colpevole di fronte ai molti altri che ancora attendono. Il primo regalo è comunque per Fausto. A messa questa sera alle 20 dobbiamo suonare. Colli e Montanari non vanno molto d'accordo con le loro fisarmoniche; Enea fa un po' di difficoltà per prestare la sua, ma spero di convincerlo. Alla baracca 18 oltre all'altare c'è anche il presepe.

 

25 dicembre- Un gran traffico per gli strumenti, la musica, i leggii e il freddo che intorpidiva le dita. Ma tutto è andato bene con nostra grande soddisfazione. Avremmo voluto fare ancora di più per contribuire a creare un po' di atmosfera di casa nostra. Il "Sogno" di Schumann all'elevazione mi ha portato vicino alI' Ada e la "Pastorale", alla comunione, era per Gabriella. Don Crosara ha voluto il testo e l'ho dedicata alla mia Gabriella e a tutti i bambini che hanno il papà in prigionia. La cronaca gastronomica, dopo i furiosi progetti, è questa: pranza costituito da sboba di pasta, patate della sboba fatte a purè, con formaggio, pane abbrustolito con margarina; marmellata, miele e latte condensato. Ore 17 te e cognac (una lacrima) con tartine come sopra e in più tartine salate. Sera: sboba con pane, patate, cipolla e margarina, e pezzettini di salame. Pane bianco tostato, miele e biscotti con caffè zuccherato. Il tutto servito nella fumosa stanzetta dell'infermeria, con un lenzuolo tedesco per tovaglia e le coperte piegate sugli sgabelli.

 

26 dicembre- Affido a Diego Vanoni, che deve rientrare in Italia, una seconda lettera per l' Ada, in cui riassumo le cose dall'otto settembre a oggi. Questa mattina messa per i bambini; alla preghiera finale padre Crosara ci fa piangere di commozione. Alle 11 c'è un'adunata straordinaria per sentire le proposte del prefetto Vaccari e del ten. col. Sommariva: trita retorica per chiederci che cosa aspettiamo ancora per uscire dai reticolati. Rinfocolarsi di nuove voci e congetture pazzesche, idiote, assurde, ingenue e sporche la maggior parte. Ringrazio Dio di avermi dato la serenità dello spirito. Per ora la mia bandiera è la mia Gabriella.

 

27 dicembre -La posta è pazza come tutto: oggi leggo una lettera da Padova del due novembre.

 

28 dicembre -Alle 12.30 riceviamo l' ordine di andare dal comandante italiano del campo. Qualcuno è pallido e preoccupato, dopo aver sentito i discorsi della repubblica fascista. Quanti molluschi fra gli uomini. C'è invece l'ultima formalità per noi rinchiusi, molto onorevole: occorre mettere sulla nostra scheda personale l'impronta digitale, ecco tutto.

A me la fa apporre Bruno Gallarotti, vecchia conoscenza degli anni di scuola a Sondrio; è ufficiale effettivo di artiglieria alpina e addetto ora al comando del campo.

 

30 dicembre -Altre due lettere da casa. I miei vicini brontolano invidiosi per la mia fortuna. A me dispiace sentirmi un privilegiato e soprattutto provo pena per i compagni che hanno le famiglie al sud, sotto Badoglio, che non ricevono mai nulla. Questa mattina c'è stata la messa per i defunti dell'anno. Ho ricordato alla comunione lo zio Ino, lo zio Gabriele e il caro Peppo: hanno finito di patire e si ricorderanno di noi che siamo rimasti. Il col. Bensi, tanto bravo, a parte la mania della dignità affidata al termine "minestra" da usare al posto di sboba, rimane con noi, mentre tutti gli ufficiali superiori se ne vanno. Ci fa piacere perche è un galantuomo e contribuisce a tenerci insieme e a difendere come può i nostri pochi diritti presso il comando tedesco. Questo, adire il vero, non infierisce troppo, perche il più alto in grado è un pacifico notaio viennese. Domani finisce i1 1943, commenti non ne faccio e mi pare che queste note siano già troppo. Da poveri rinchiusi ci afferriamo infantilmente alle tradizioni che vogliono i festeggiamenti per San Silvestro come per Natale. Questa volta è Magnarin che agisce proponendo un dolce, la cui ricetta dovrebbe far inorridire una qualsiasi persona normale: una razione di pane, sbriciolato, impastato con quattro patate, quindici cucchiai di caffè, quattro cucchiaini di zucchero, sale e bicarbonato, da cuocere nel coperchio di una gavetta. Ci consoliamo inoltre con la notizia dell'arrivo di trecento pacchi e sperare non costa nulla. Pensiamo soprattutto che il 1944 sarà l'anno della liberazione e della pace familiare, che credo meritata da tutti coloro che, come noi, dopo anni di guerra sono ora ricompensati in questo modo. Gabriella è cresciuta quattro etti nelle prime settimane di dicembre, così compensa il papà calato di peso. Mamma Ada mi preparerà i suoi famosi pranzetti e a tavola ci sarà allora anche Gabriella.

 

1° gennaio 1944 -Auguri a Gabriella!

 

5 gennaio- La posta è buona facendomi arrivare un secondo pacco: mi levo la voglia di una polenta con la farina gialla che vi ho trovato. Sono efficiente e ne ho bisogno per preparare la messa dal capitano Dorigatti per due violini, io e Pancotti, e due fisarmoniche, Lattuada e Colli.

 

6 gennaio -La messa è riuscita bene, l'anno nuovo è cominciato degnamente, la musica Ci aiuta a mantenerci umani.

 

7 gennaio -Anche il soggiorno polacco finisce, Bensi ci lascia, ci sposteremo chissà dove. Certamente verso ovest e questo è un buon segno perché vuoI dire che i tedeschi mollano in Russia e in Polonia. .

8-10 gennaio -La solita ridda di voci in attesa della partenza. Ci precedono gli optanti. Con mille lire nascoste all'arrivo, compro una scatoletta di carne da uno di loro. E' un riccone e andrà a star bene, ma le mie mille lire gli fanno comodo; non voglio annotare il nome.

II gennaio -Faccio fuori ciò che mi rimane da cucinare del secondo pacco: oggi offro io. C' è addirittura un risotto col ragù, ma che disperazione cucinarlo. A metà mi mancava il combustibile e sono uscito sotto l'acqua, a rischio di beccarmi una fucilata dalla sentinella, per procurarmi alcune listerelle di legno, che ho tagliato dall'esterno della baracca della latrina. Ma c' era una nota di poesia; nel silenzio della sera, un gruppo di gente che usciva dalla chiesetta sulla collina cantava a tre voci un tema popolare che forse è stato caro a Chopin. Ero bagnato fradicio, ma non me ne accorgevo. Solo quando non ho sentito più niente sono rientrato e il riso ha ripreso a cuocere. Domani partiamo: dalle otto e trenta dovremo stare all'aperto.

 

20 gennaio -Si è chiuso un capitolo della prigionia e se ne apre un altro piuttosto triste. Il 12 gennaio sono partito da Pikulin. Meglio non ricordare il freddo e la neve davanti e dentro la baracca 39. Alla stazione di Prizemjsl una scena in bianco e nero da film sulle deportazioni naziste. Migliaia di russi si imbarcavano con noi, 40 per carro. Le operazioni non finivano mai, in ogni carro una stufetta con un blocco ridicolo e insultante di torba umida e una cassetta, con la sabbia, per defecare. Ciò significava carri piombati. Donne e ragazze polacche sfidavano le baionette della scorta per gettarci pezzi di pane e patate crude. Mischie crudeli per impadronirsi di quella misera roba. Sono stato tentato anch'io di buttarmi, ma mi consolava di più vedere quelle facce serie e amorose rivolte verso di noi, i capelli biondi di molte donne rischiaravano tutto. Dopo tante ore alI 'aperto siamo partiti alle 22.30. 1113/14/15 gennaio sono tre giorni che nella memoria di tutti rimarranno come i più vergognosi. Durante una sosta in mezzo a una foresta, il giorno 13 ci hanno permesso di scendere. Ho cercato di vuotare l'intestino, in bilico sul ghiaccio della scarpata, all'ombra di una baionetta urlante, senza riuscirci. Il carro era una bolgia. L'unico sollievo una sigaretta regalatami da Bresciani. Ho faticato molto a non farmi prendere dall'isterismo dei più. Due sole soste ancora per un po' di brodaglia calda a Cracovia e a Kramez. Sabato 15 siamo scesi incretiniti a Kustrin, dove nessuno ci attendeva e siamo finiti in un blocco del lager 3 C, da tempo disabitato. I primi due giorni abbiamo mendicato persino l'acqua dai vicini repubblicani e alcuni di essi la negavano. Siamo in baracche sconce, senza luce, ammassati in 34 per stanzetta. La notte comincia alle 5 e finisce alle 8 del mattino. Per vederci abbiamo fatto lumini da morto con residui di margarina. Si è tutti nervosi; i quattro polli di Renzo sono diventati centinaia e si beccano furiosamente. Il guscio della solitudine quasi non mi difende. Abbiamo fame e freddo. Il freddo si è impadronito di noi fino al midollo, aiutato da una terribile umidità. I trenta sotto zero della Polonia erano molto più sopportabili. Sorrido pensando alle elucubrazioni gastronomiche di prima e quasi me ne vergogno; e nel tempo stesso mi compiaccio perché sto semplificando l'esistenza. Oggi ho dato fondo al miserabile pezzo di pane (ma è pane?) in un quarto d'ora, e mi sento liberato dal pensiero di farlo durare e dall'illusione relativa. C'è sabbia dappertutto in questo posto piatto e fumoso. I reticolati sottolineano il deserto che c' è intorno. La sabbia fonda rende pesante il passo, di notte si dorme sul duro, perché i pagliericci pieni di cimici sono stati ritirati prima che noi venissimo divorati. Si cammina lungo i reticolati come animali affamati. Oggi un tedesco mi ha promesso del pane e della margarina per la stilografica. Ho un po' di rimorso perché è la penna che mi ha prestato mia sorella Vera e che non le ho più restituito. Però anche i tedeschi non sono puri e commerciano sulla nostra fame. Mi consolo pensando che se il mio cliente ha bisogno di una stilografica a casa sua non ne trova. Che il grande reich sia in crisi? E' ricco solo di sabbia fetida, mi pare di averla anche nel cervello oltre che nella sboba e nelle coperte. Ieri ho pensato alla mia Gabriella che ha compiuto due mesi. Tornerò, vedrete. Un po' magro, ma tornerò.

 

21 gennaio -Anche a Kiistrin si può ricevere posta, è una lettera della C.R.I., spedita dalla mamma, che mi dice che anche Serio dal 15 dicembre è sotto le armi. E' un colpo al cuore: a Padova sono rimaste la mamma e la Vera che ha appena 15 anni. Oggi sto poco bene per l'umidità che mi sta procurando un raffreddore, spero che passi presto. Questa notte c'era l'allarme e il cielo era rosso verso Berlino, che è a 90 km. Questa mattina è comparso il sole, ma è tisico. Ho le ossa rotte e aspetto la paglia come la manna. Sono appollaiato sul castello e sembro un santone affisso al muro.

 

22/23 gennaio -Qualche cosa si riesce ad organizzare. La posta, pensiero fisso, che vale più dell'ossessione del mangiare, riprende a funzionare. Ci danno da scrivere. Informo, tramite la mamma, due famiglie di Padova della presenza qui di due ufficiali miei concittadini. Loro fanno altrettanto per me e così aumentano le probabilità di dare e ricevere notizie. Oggi tre lettere normali da Sondrio: qualcuno della censura si sarà impietosito; le guardo e per un momento mi pare di tornare alla vita normale di quand'ero fidanzato e prendevo in giro l' Ada per il francobollo di sghimbescio e l'indirizzo enorme che riempiva tutta la busta. Continuasse così, dimenticherei i giramenti di testa che fanno di noi dei sonnambuli. Attendo ora una foto della Gabriella. Verrà?

 

25 gennaio -Completo le notizie a casa mandando ancora una cartolina a Padova e una lettera a Sondrio. Benedico la mia avversione alla retorica e la mia predilezione per la concisione. Qui occorre tutta, per dire molte cose sfruttando al massimo le righe regolamentari e per farsi capire più che si può sfuggendo alla censura. Il problema più grosso è quello di spiegare i miei motivi per non optare. Più facile dire alI'Ada dei miei amici valtellinesi, di padre Crosara, che ha già conosciuto i genitori del Peppo, nostro cugino, della mia preoccupazione di trovare subito lavoro, qualsiasi lavoro, quando tornerò. Forse esagero dicendole di pensare di ricuperarmi anche i libri lasciati in Albania; tutt'al più mi prenderò dell'idealista da quella ragazza meravigliosa e organizzatissima che è mia moglie.

 

2 febbraio -I bollettini di questi ultimi giorni fanno dire a tutti la frase che ripetiamo dal 9 settembre; la va a pochi. Per me c' è di sicuro il fatto che gennaio, il disastroso gennaio, se n'è andato. Continua la fame, ma sono più fachiro e fatalista. Ho mangiato la stilografica, trasformata al reticolato in mezza pagnotta e mezzo vasetto di marmellata. Ho mangiato il vecchio orologio, venduto pregando i santi che 10 facessero camminare mentre 10 consegnavo. C' era di mezzo il volo oltre il reticolato, ma è andata bene e sono . proprietario di sei chili di pane, gallette e biscotti, e mezzo chilo di margarina. Credev di avere l'artrite alle gambe, ma oggi è sparita; era solo fame. Oggi c'è stato il bagno sto meglio ancora, nonostante la legnata che mi sono preso col fucile di un cretino tedesco, che urlava perché ero l'ultimo a uscire dalla camerata per andare al bagno. I crucchi vogliono sempre essere i primi e forse non hanno imparato che dopo i primi ci sono gli ultimi. Auguro loro cordialmente di impararlo. Mi sono cavato la voglia di protestare in nome dei diritti dell'uomo e del prigioniero; e senza dir niente a nessuno, dopo la conta mi sono presentato all'ufficiale tedesco per mettermi a rapporto dal comandante e mi ha dato ragione. Gli costava poco, oppure non è tedesco del tutto. Che bello se ci fossero ancora in Germania tedeschi non nazisti. Mi sono fatto così un regalo per l'anniversario del mio matrimonio con due giorni d'anticipo. Trovo strano che, proprio ora che dovrei a ragione essere più depresso e abulico, qualcosa si sta svegliando m me.

 

4 febbraio- Niente frasi poetiche e alate. Oggi rivivo il giorno del mio matrimonio e sono a casa. Gabriella, prima o poi verrò, ti voglio tanto bene e ti penso sempre, tanto che non occorre più dirlo.

 

5 febbraio -Nuova distribuzione di moduli lettera e moduli pacco. Ci promettono uno stipendio in marchi-Iager, la birra, il tabacco, la distribuzione dei pacchi che sono già in stazione e dovrebbero arrivare domani, anzi "morgen". Maledetto morgen! E' di oggi invece un altro bollettino scricchiolante e se 10 dicono loro chissà che cosa è successo.

 

8 febbraio- Un infortunio gastrico: rape e pane sabato pomeriggio hanno fatto a pugni nel mio stomaco e ho rigettato tutto. Cosa strana di questi tempi dato che digeriremmo anche i sassi. Oggi ho superato la crisi quando mi sono trovato alle prese di nuovo con le rape. Mangiare poco è brutto, ma stare tre giorni senza mangiare è impossibile. La debolezza è stata comunque confortata dai pagliericci puliti che finalmente ci hanno dato. Questa notte uno specialista del traffico e del baratto mi ha cambiato tre nauseanti saponette albanesi con un pane, senza pretendere la provvigione e gli sono grato. Osservo la fame degli altri e ne sono spaventato. C'è chi rischia grosso. Sul davanti del nostro blocco, che è allineato con altri blocchi lager, corre 1 'unica strada selciata. Sarà lunga 500 metri ed è percorsa di notte da sentinelle che si danno il turno. Oltre la strada sono stati scoperti dei depositi di rape da foraggio, grosse come la testa di un bambino, interrate nella sabbia perchési conservino. Alcuni di noi aspettano che la sentinella sia arrivata in fondo alla strada e, prima che torni indietro, scavalcano i tre metri del reticolato semplice che ci rinchiude e si buttano pancia a terra in uno dei piccoli avvallamenti che ci sono tra un silos e l'altro, e dissotterrano alcune rape. Quando la sentinella è di nuovo lontana gettano le rape nel blocco e scavalcano di nuovo il reticolato. La vita di un uomo è ormai ridotta a valere quanto alcuni chili di roba destinata ai maiali e alle nostre zuppe. Una notte, una di queste rape è stata conquistata da un mio amico, me ne ha regalato una fetta e lui ha continuato a mangiarla a morsi, facendo la parodia del conte Ugolino. Nel silenzio della camerata il rumore dei denti che affondavano nella polpa gelida e dura era piuttosto sinistro e riempiva tutto.

9 febbraio -Ho scritto ancora a casa tanto alla mamma che alI'Ada; ora ho un ultimo modulo per febbraio, ma attendo che mi arrivi qualche notizia. Insisto nello sforzo di far capire ai miei che non ho nessuna intenzione di aderire alla repubblica fascista e che su di noi scrivono fandonie. C'è da ribollire di sdegno leggendo un immondo giornaletto stampato in Italia e fatto circolare qui. Si chiama "la voce della patria" ed è il più lurido prodotto della stampa fascista che mai si sia visto, pieno di esaltazioni del nazismo e del fascismo suo alleato, e di cretine profezie sull'immancabile vittoria che riceviamo e che non c' è. Abbiamo una denominazione che dice tutto: siamo I.M.I. e cioè internati militari italiani, dato che non siamo considerati regolari prigionieri di guerra.

 

20 febbraio -Ho deciso di dividere le prowiste con Bonetti, mettendo tutto in comune. Gli ultimi repubblicani se ne vanno. Corre voce che ci trasferiscono, ma speriamo che non sia vero. Ieri Gabriella ha compiuto tre mesi. Nuovo bombardamento su Berlino; oltre ai bagliori si sentivano i boati degli scoppi e sembrava incredibile.

 

28 febbraio -Scrivo a mio fratello Gian, al vecchio indirizzo polacco, senza molta .

speranza perché certamente anche il campo di Deblin è stato sgombrato. Da una

settimana mi duole la ferita provocata dall'estrazioni di un molare. Il medico, che generosamente si presta a fare da dentista, ha fatto del suo meglio e la colpa non è sua se nella gengiva è rimasto qualcosa. La prossima volta, quando sarà il mio turno, cercherò di procurarmi una fialetta di anestetico; padre Crosara me l'ha promesso.

 

8 marzo -La ferita va guarendo dopo un drenaggio piuttosto energico che ha eliminato alcune schegge. Per fortuna ho fatto l'anestesia; ma ora mi affligge una specie di paresi dovuta alla debolezza o più probabilmente a qualche nervo leso. Non parlo bene e mezza faccia è fredda; spero che passi perché il mio mestiere è quello di parlare in modo possibilmente chiaro. Mi è arrivato un pacco, ma la gioia era più di Bonetti che mia perché nel pacco ho trovato una foto della mia bambina e almeno per un po' nient'altro mi ha interessato. Ieri sera ho superato una specie di esame per poter essere assunto come disegnatore in un laboratorio del campo, vedremo le condizioni.

 

9 marzo -Anche Bonetti ha rotto il ghiaccio ricevendo un pacco da casa; ne abbiamo cinque o sei arretrati e ci consoliamo a vicenda. Corrono sempre voci; 1 'ultima riguarda l'armistizio della Finlandia e l'abbandono piuttosto dubbio della Bulgaria. Gli allarmi aerei si susseguono. Quando finirà tutta questa tragedia?

 

13 marzo- La vita è fatta di cose strane che a volte sembrerebbero impossibili. Oggi mi è stata consegnata un'altra foto della Gabriella evidentemente puntata a una lettera. Questa deve essere stata eliminata dalla censura, ma l'addetto ha avuto un momento di bontà per un povero prigioniero.

 

16 marzo -Anche gli zii di Milano sono riusciti a farmi arrivare un pacco. Col sole che comincia a scaldare e le calorie aumentate, le gambe non tremano quasi più. Sono contento per Bonetti che si sta rimettendo dopo una fame più nera della mia. L 'intorpidimento alla bocca e alla lingua sta passando e parlo quasi normalmente.

 

21 marzo -Primavera e neve. La posta, sempre la posta che ci tiene in vita. Oggi ho consegnato una lettera a un ufficiale che rientra in Italia e scrivo alla mamma ripetendole che il morale è inalterato.

 

28 marzo -Domenica 26 è stato in visita al campo monsignor Orsenigo, nunzio a Berlino. Quando si è messo a distribuire sigarette "caporal", per poco non è stato travolto. Noi gli abbiamo offerto di meglio cantando in coro musiche di Palestrina, di Carissimi e di Rossini. Per molti dei coristi le note lunghe costituiscono un problema particolare col poco fiato di cui dispongono. Pasqua si avvicina, ma la primavera è sempre più fredda in questa disgraziata terra e il sole, apparso per qualche giorno, ci sembra uno scherzo di cattivo gusto tipicamente tedesco.

 

 

 

2 aprile- Comincia un altro mese; quando verrà l'ultimo? Da domani funzionerà una biblioteca circolante. Faccio progressi con la testa perché a poco a poco mi sono esercitato a concentrarmi e a isolarmi mentre leggo e scrivo. Ora dispongo di un po' di carta oltre al prezioso quaderno su cui prendo le mie note. Orazio prende forma e ho buttato giù ormai le prime cinque satire. Ho fatto una sintesi della storia delle arti di Van Loor con tutte le riserve riguardanti certe sue bizzarre teorie: ho fame di testi, perché così non si può lavorare; ma è sempre meglio di niente.

 

5 aprile -Dall'altro giorno il vento di sud-est ho intiepidito l'aria. Questa notte infatti la temperatura non si è abbassata e perciò è piovuto. Oltre il reticolato, in fondo al campo, c'è già qualche cosa che assomiglia al verde e ho sentito i primi uccelli diversi dai passeri. Anche la moglie di Bonetti ha avuto una bambina e la festeggiamo in qualche modo fumando un po' di tabacco pestilenziale e muffito che è stato distribuito. Sarà meglio venderlo per avere qualche cosa da mangiare, anche se una fumata ogni tanto fa bene. Spesso combatte l'insonnia che ci prende. Ritorna in questa settimana santa l'atmosfera di famiglia che si era creata a Przemysl per Natale. Per sentirci insieme, accomunati da qualche cosa che non sia il solito discorso da denutriti, andiamo volentieri al rosario nella baracca-cappella. Pare di tornare ragazzi; quando andare in chiesa la sera era una festa di fine giornata esentiamo cantare le stesse canzoncine di allora. Padre Crosara recita alla fine la preghiera alla Madonna di Fatima e non c' è nessuno, tra chi sta a sentire, che non affidi le sue speranze ad un intervento miracoloso così infantilmente invocato. C'è da sperare che le promesse di bontà e di amicizia che ora facciamo, siano mantenute quando la vita ritornerà normale. Intanto la situazione sembra diventare favorevole. I russi investono Leopoli e sono oltre il Prut. sospettare una grossa attività navale presso la Norvegia. Voci filtrate chissà come dicono di una eventuale crisi politico-militare in seno al governo tedesco. Siamo assetati di notizie e cominciamo forse a capire tutti che grande cosa è la libertà di stampa e d'informazione. Occorreva toccare il fondo di tutte le falsità e di tutte le oppressioni per accorgercene. Mi prende sempre più frequente la smania di fare qualche cosa, di lavorare, di vivere perché l'inazione è insopportabile e avvilente. Sono ormai da tanto tempo lontano da casa che mi sento colpevole in modo imperdonabile e la sensazione è aggravata dal pensiero dei sacrifici che impongo ai miei chiedendo che mi mandino roba.

 

10 aprile -Pasqua è passata e meno peggio di quanto temevamo perché i pacchi, nostra

ossessione, sono stati distribuiti all'ultimo momento. Abbiamo fatto ancora un po' di .

musica con Palestrina, Rossini, Schubert e un ottimo gloria di Esopi. Amici pietosi hanno

invitato Bonetti e me alloro pranzetto perché noi due eravamo rimasti all'asciutto senza più scorte.

 

14 aprile -Ieri nuova prova per essere ammesso tra i disegnatori; ciò che mi daranno in più servirà anche a Bonetti che non ha tentato l'esame; mentre gli amici valtellinesi continuano a riceverla con una certa regolarità, a me non arriva, da un po', né la posta né altro. Settimana tirata col fiato ai denti e consolazione finale per me e il mio associato. Scopro che la posta vale di più, specialmente se si fa attendere parecchio, come in questi tempi. Mi rendo utile alla comunità dandomi ancora da fare con la musica. Ora abbiamo in cantiere una rivista ed io ho un violino tutto mio, regalato dai francesi di un blocco vicino al nostro. E' una povera cosa della C.R.F., con un vecchio astuccio di legno che mi ricorda il mio, ma è tutto per me.

 

22 aprile -Ecco il programma della rivista: 1 "Sogniamo insieme" (Colli fisarmonica, Orsolino chitarra, e violino) -2 "Romantica avventura" (idem) -3 "Dolce sogno" per tenore ( Gregori) - 4 Lattuada - 5 Sansoni: caratteristica, fa la radiocronaca del rancio - 6 "Tu, musica divina" ( Gregori) -8 Gallardeschi imita Greta Garbo -9 stornellate d'attualità -2° tempo -Ritorno all'alta orchestra; 2 assolo di chitarra -3 "Una furtiva lacrima" (Gregori) - 4 Sansonifa "Giggi erbullo"- 5 trio jazz (Gregori, Grossi e Ciccheri) -6 "Tutto passa e si scorda" per canto e orchestra. Successo buono anche dal fuori programma offerto dal Gallardeschi e Lattuada con una parodia della Traviata. Due ore buone per tutti; anche queste cosette miste davan spettacolo e servono a ridarci un po' di serenità. Ma ciò che più ci commuove di questi tempi è il canto di Lattuada che si accompagna con la fisarmonica: non finiremmo mai di sentire "O mia bela Madunina" all'aperto quando è bel tempo. Lattuada ha una voce potente e pastosa e si sente sostenuto dalla commozione di tutti quando intona specialmente la canzone che parla di Milano con tanta nostalgia. L' allusione finale ai meridionali che vengono al nord, non è notata da nessuno, perche Milano è qualsiasi paese al quale ciascuno di noi pensa di tornare. "Tiicc i dis' lontan de Napoli se moeur; e po vegnen chì a Milan, Terùn!" In altri tempi suonava offesa appunto per i terroni; qui non più. Sta a vedere che dopo la guerra diventiamo tutti italiani. Sarebbe ora.

 

 

25 aprile-29 aprile - 4/5 maggio -Il menage Bonetti-Livieri è bombardato di pacchi. Sono tanto euforico che non mi arrabbio neppure quando ne ricevo uno sfondato e un altro manomesso in partenza. Per questo ne avrei motivo perche farci depredare dai nazisti è un conto, ma vederci derubati dai nostri compatrioti è un'altra cosa. La posta però ritarda ancora e ne soffro.

 

6 maggio -Ieri sera Bonetti è venuto alla baracca del teatro dove stiamo provando un'altra rivista, con cinque lettere della mamma e cinque dell' Ada. Le ho lette tutte d'un fiato e sono tranquillo per la mamma che è a Torre e per l' Ada che si è sistemata a Colico fino al termine della scuola e riceve metà del mio stipendio. Resta da sapere se ho lo stipendio maggiorato dell' Albania. Sono contento anche della decisione dell' Ada di chiedere il trasferimento a Torre per il prossimo anno scolastico. Là potrà starsene tranquilla fino al termine di tutta questa cagnara.

 

7 maggio -11 maresciallo che mi ha consegnato il pacco manomesso arrivato oggi, quando l'ha aperto come al solito per ispezionare il contenuto, ha preso delicatamente una foto di Gabriella e sorridendo me l'ha fatta baciare. E' una delle rare volte che colgo un soldato tedesco fornito di umanità e di comprensione e sono contento che in questa terra sopravvivano questi sentimenti. Sette anni oggi moriva mio padre: quante cose da allora. .Ci ha lasciati troppo presto, ma gli sono stati risparmiati i dolori di questa orribile guerra che forse non avrebbe sopportato.

 

10 maggio -Dopo l'infernale fatica della contabilità di compagnia a Pec credevo di non doverne più tenere e invece Bonetti, troppo impulsivo amministratore dei nostri viveri preziosi, mi costringe a fare conti per evitare disordine e negligenza. Ho rivisto oggi, dopo otto mesi, il tenente del genio Del Vecchio, con cui ho rievocato gli ultimi giorni nel Kossovo, riaprendo per un pò quella dolorosa parentesi.

 

11 maggio -In fondo al blocco, oltre i tre reticolati, ho visto dei bambini giocare in un prato. Cara Gabriella, giocheremo anche noi. Bonetti è ottimista per l'arrivo di altra roba e mi invita a non andare a disegnare. Per prudenza io ci andrei ugualmente se mi chiamassero.

 

16 maggio -Oggi siamo già alla quarta rappresentazione della nuova rivista che ha pretese maggiori della precedente e un programma più vario. C' è Parigi con la danza del gigolò e della gigoletta, Holliwood, Brodaway, il tip-tap di Gregorio Lecetzov, un mimo con Sansoni, Zugari e Fanelli, che fanno gli spettatori del cinema muto e i viaggiatori in treno, e scene d'inferno ispirate a Taide, Brunetto e Ugolino. Grande successo della stornellata finale sul tema "Coi pacchi riusciamo a sollevare i tacchi". Un miscuglio orrendo a pensarci, in cui figurano indiani, fachiri, danze di odalische, la congiura contro Cesare. Nell'intermezzo buona musica di Orsolino con la chitarra e di una capitano di Rodi che è davvero un violinista. Avremmo fatto a meno degli ufficiali tedeschi, che gli organizzatori troppo deferenti hanno voluto invitare; ma in fondo ci piaceva vederli ridere come esseri umani. Mi occorre almeno una corda nuova perché altrimenti non posso più suonare. Ho già fatto miracoli legando col filo di ferro la cordiera, spaccata .dall'umidità, per tenerla insieme. Stasera mi accompagnava a teatro Nini Franzoni e sapeva di farmi piacere chiedendo notizie di mia figlia, tanto più che avevo ricevuto posta recentissima. E' un caro ragazzo, come Ennio Redaelli, Oscar Redaelli e l'angelico Amos Melazzini. Sono giovanissimi e fanno da benefattori a molti affamati. Dopo lo spettacolo mi invitano nella loro baracca e io contraccambio suonando per loro con Lattuada e Orsolino. Parte la luce, ma continuiamo al lume della margarina fino a mezzanotte. L'amicizia scalda il cuore. Vado a dormire e mi addormento pensando a casa mia, a casa mia! Mia sorella Vera si è trasferita col suo ufficio a Stresa con la mamma. Come si troverà? Oggi ho finito la satira di Orazio ed ora leggerò le opere retoriche di Cicerone. Ho già sotto mano le Odi di Orazio che mi attirano in modo particolare. Chissà come lavorerò bene nella pace di Valmalenco.

 

24 maggio -Leggo oggi che la mamma e la Vera sono a Baveno e vivono tranquille. Penso solo se il modesto stipendio della sorellina sarà sufficiente per pagare l'albergo e maledico il mio ammuffire qui dove non servo a niente. Ho il nuovo indirizzo di Gian, 72851A, VI C Bathorn; anche lui poveretto è sbalestrato da un punto all'altro di questa Europa cimiteriale.

 

11 giugno -Dal primo del mese vado a disegnare e mangio un po’ di più con beneficio per l'amministrazione dei viveri in comune con Bonetti. Le cose sembrano volgere al meglio: Roma è stata liberata, gli angloamericani sono sbarcati in Normandia; noi vorremmo che fossero già qui, ma la guerra non finisce solo coi desideri. Ho di nuovo denti guasti e spero che non mi succeda la brutta faccenda di qualche tempo fa. Sono egoista pensando che la guerra deve finire anche per evitarmi di perdere molti denti. Domenica scorsa, il quattro, i disegnatori sono stati portati a fare una passeggiata fuori dal campo, lungo l'Oder. Mi ha fatto più male che bene; prima di tutto perche mi vergogno di questo privilegio di fronte a chi rimane dentro e poi perché, al rientro, il lager aumenta di squallore. Altri due pacchi, manomessi in partenza da Colico, mi fanno di nuovo pensare che qualche impiegato mi sta facendo una vigliacca guerra personale. Mi consolano le notizie dei progressi di Gabriella che è un fiore.

 

14 giugno -Ci ho ripensato e a disegnare non vado più. Ieri sera mi sono confidato col capitano Ferrante, padovano e galantuomo, l'ultimo mio superiore nel Kossovo, quando mi ha accolto a Prizren nel suo battaglione, dopo la fortunosa partenza da Pec. Ho disegnato tutti questi giorni con l'animo turbato e ormai ero di fronte a un caso di coscienza. Anche una sola linea tracciata sui lucidi, può contribuire a far continuare la guerra ai tedeschi. Quando rientravo nel blocco mi sembrava che i compagni mi guardassero con disprezzo, anche se forse era soltanto invidia perche mangiavo di più.

Bisogna avere il coraggio di essere sinceri: ho sbagliato. Quando ho comunicato la mia decisione al capo tedesco del mio laboratorio, ho pensato per un momento che mi volesse fucilare, tanto feroce era la sua faccia. Ha fatto schierare in quadrato i miei ex colleghi disegnatori e mi ha fatto una tirata di un quarto d' ora. Ero sull’attenti, impassibile, anche perché capivo una parola su dieci, e mi sforzavo di immaginare il senso delle ingiurie atroci che mi sparava contro. E' inevitabile che faccia ancora un pò di cinghia, ma

~ quest'inverno andava peggio e tuttavia sono ancora in piedi. Sono di nuovo come moltissimi altri, uguale a loro, nella buona e nella cattiva sorte, e più sereno di prima.

 

17 giugno -Una piacevole novità. Alle undici una lezione di letteratura latina tenuta dal capitano Cazzaniga, dell'Università di Milano. Nostalgia degli anni di scuola. Occuparmi di letteratura e di storia per conto mio è diventata un'abitudine, ma scoprire che altri, e più agguerriti di me, hanno voglia di parlarne è una consolazione e quasi una stranezza.

Fin'ora mi sono sentito diverso, e non per superbia, dai miei compagni e molto solo; da oggi vedo che è possibile trovarmi con persone che hanno interessi affini ai miei e che credono ancora nella validità della cultura. Non devo tuttavia essere ingrato verso i miei compagni dell'orchestra, che già mi hanno dato tante occasioni per riempire molte ore disperatamente vuote e tristi, ma quella musica è più spesso un diversivo che un impegno dello spirito. Ciò che giornalmente mi amareggia è la poca voglia o la incapacità dei più di parlare di cose diverse da quelle che ogni ora ci assillano. Non credo che tutto dipenda dal particolare stato in cui siamo, ma dal mediocre livello culturale. Siamo tutti diplomati o laureati, ma è come se non lo fossimo. Non credo di essere particolarmente sfortunato per non avere incontrato, se non oggi, uomini di cultura solida e non superficiale, perché ho abbastanza esperienza da pensare che siano veramente pochi dopo che ho conosciuto tanta gente. Certamente mi piacerebbe essere in una camerata dove certi discorsi non apparissero strani o pretenziosi, ma normali esigenze di chi ha un cervello da far funzionare, ma temo che mi possa capitare una simile fortuna. Ben vengano quindi queste conversazioni che ci restituiscono un po’ di dignità vera e non esteriore. Ci sarà molto da fare nella scuola e nel paese quando la guerra sarà finita. C' è da sperare che tutti comprendano finalmente che la radice di tutti i mali è da rintracciare nella superficialità e nella vacuità di tanta cultura nostrana e nella incapacità di quasi tutti noi di pensare con la propria testa. Già da ora si sente parlare di libertà, ma occorrerà essere convinti che dobbiamo saperla usare con gli strumenti adatti.

 

18 giugno -Ho finalmente ricevuto posta di nuovo e oggi mi pare bella anche questa imminente estate tanta stentata e fredda. Deve essere veramente bella la mia Gabriella se l' Ada me la esalta tanto. Sono ancora più contento perché sono rientrato in orchestra. Ieri sera ho suonato più di tre ore e proprio di gusto. I violini sono diventati cinque e domani, ma qui si chiama "morgen" e non c'è perciò da fidarsi, dovrebbe entrare nel blocco anche un pianoforte insieme con una batteria. Affido ad un optante una lunga e minuziosa lettera per l'Ada in cui faccio il diario preciso della mia giornata, ma soprattutto mi scuso della prosaicità della posta normale dove la parte più estesa è occupata da notizie riguardanti la vicenda dei pacchi.

24 giugno -Onomastico di Gian, che ancora non risponde. Mercoledì ho festeggiato il mio in modo insolito. Era una giornata meravigliosa, con un sole quasi mediterraneo, e a mezzogiorno è cominciata un'incursione aerea su Berlino. Non avevamo mai visto tanti bombardieri in una sola volta. lo che sono miope ne ho contati millecinquecento a occhio nudo. Le scie di condensazione hanno presto occupato tutto il quadrante nord-ovest del nostro cielo e dopo un po' di tempo tutto era coperto. La nostra è una gioia feroce perché tante bombe significavano vite umane stroncate e non di soli nazisti in armi, ma di povera gente. Quanto sangue sarà ancora versato prima che questa schifosa guerra finisca?

L'animo nostro è spesso deformato. Mi sono accorto di aver detto che ho "festeggiato" l'onomastico con una pioggia di bombe. A volte mi sorprendo a considerare quale strano miscuglio di atteggiamenti e di sentimenti ha creato la guerra e la prigionia. Anche queste note ne sono uno specchio. Quale fatica sarà la nostra, dopo, quando bisognerà rimettere le cose nella loro giusta prospettiva? Ne saremo capaci? Osservo e sto a sentire i miei compagni; dando per scontato il gran parlare che fanno sulla impellente, fisica necessità della sopravvivenza, che altro dicono? I più, per fortuna, danno per morto il fascismo e il nazismo, ma alloro posto non vedo bene che cosa vogliono. Sento parlare di patria e di onore in senso vagamente liberale e risorgimentale e cioè letterario e scolastico. Ora parlano bene dei russi, ma distinguendo istintivamente i russi che danno spallate alla fortezza nazista (in questi giorni hanno attaccato Vitebsk) dal sistema politico che rappresentano. Non conosco personalmente nessun ufficiale che parli, per esempio, da socialista o da repubblicano. In attesa mi sento ancora legato alla monarchia per il giuramento che ho pronunciato e mi sforzo di credere nel sentimento dell’onore che un ufficiale deve avere, pure constatando che la monarchia è stata per vent'anni in convivenza col fascismo. Con tutta la cultura che ci vantiamo di possedere, ma che solo in parte possediamo, siamo praticamente analfabeti. Credo che ci sarà davvero da lavorare molto per dare al nostro paese un nuovo assetto e che ci vorranno parecchi anni. Dovremo credere in qualche cosa di effettivamente valido, dopo aver risalito la china dello scetticismo nel quale siamo scivolati dopo tante amare disillusioni. E si tratta dello scetticismo più pericoloso; perché è condito di quello spirito burlesco che è tipicamente italiano e che solo raramente è il disincantato italico di oraziana memoria. Nè può essere una testimonianza curiosa la trama della rivista che va in scena in questi giorni e che narra, con grande divertimento, le disavventure del professor Rodomonte, filosofo e giurista, banditore della nuova teoria in virtù della quale "il diritto è storto". E' più che naturale che vogliamo sfogarci così, protestando contro le storture delittuose che ci hanno ridotto al punto in cui siamo, ma la critica negativa la facevamo anche prima e costava poca fatica raccontare la barzelletta su Sarace e parlare negli ultimi tempi, della Petacci amante del duce. Insomma bisognerà fare politica e temo che faremo accademia e parleremo di grandi principi innamorandocene. Forse sono pessimista, ma dawero temo che tornando a casa ci si proponga di pensare esclusivamente al proprio "particulare" senza sentire l'esigenza di un comune interesse per la cosa pubblica. E sarà veramente morta, allora, la mentalità che ha permesso il fascismo? lo stesso, del resto, continuo a dirmi che dovrò pensare alla mia famiglia; mi auguro di avere la forza di pensare oltre che ad essa anche alla nuova società che nascerà dalle rovine della guerra e di essere capace di dare il mio contributo.

1luglio- La lunga lettera che dovevo spedire di contrabbando è ancora qui. Se mi rimane. Servirà anch'essa per queste note misere e stracche. Fa quasi freddo, Bonetti ha una specie di influenza e così pure Franzoni. Il tempo è matto e occorre stare attenti. Quando c'è il sole ne siamo affamati e approfitto per asciugare i cattivi umori che mi fanno scricchiolare le ossa. Ancora musica, questa volta seria, per San Pietro: un' Ave Maria di Franck, l'adagio della suite in re di Bach e un Santus Benedictus di Beethoven.

 

 

3 luglio -Accidenti ai pacchi manomessi e modesti. Con che cuore posso invitare i miei a mandare più roba? Ho già abbastanza rimorsi e nel tempo stesso non posso sopportare la faccia scura di Bonetti che non parla esplicitamente, ma mi fa capire che i suoi sono più ricchi.

 

13 luglio -Messa per la Madonna di Fatima, che 26 anni fa prediceva per la terza volta la fine della guerra scorsa. Quanto tempo ancora lontani da casa? Ancora piove e fa freddo da tre giorni.

 

15 luglio -Una novità imprevista: quel matto di Bonetti, sui cui nervi la prigionia ha influito, da un pezzo trascende e a niente sono valse tutte la mie prove di remissività. Ora ho fatto punto e basta per non essere sempre a diverbi incresciosi, il cui ricordo, sono sicuro, mi dispiacerà domani rientrando. Ognuno per i fatti suoi. Continua il mal tempo. Ho otturato un dente grazie al medico diventato dentista e che ora dispone di qualche strumento in più e di un curioso trapano a pedale. Ora è la volta di un molare da estrarre. Spero che la demolizione rallenti il ritmo. Comunque mi preoccupa di più la lettera ricevuta da Melazzini, che riguarda la situazione in Valtellina. Tutto pare crollare per i tedeschi, ma ancora non vogliono finirla. Abbi pazienza Gabriella.

 

18luglio- Dopo sei mesi dall'annuncio, sono giunti i viveri promessi dalla Repubblica Sociale Italiana. Riceviamo ciascuno cinque gallette e mezzo di quelle nostre costituenti i cosiddetti viveri a secco, e mezzo chilo di marmellata. E' un miracolo che fa pensare alla fine della guerra. Puzzano di fascismo, ma la denutrizione ci impedisce di essere schizzinosi. Abbiamo fatto in questi giorni la fotografia da applicare alla nostra scheda personale. Un fotografo borghese, molto serio e professionale, ci faceva posare come pericolosi criminali: all'altezza del petto reggevamo una lavagnetta col nostro numero di matricola scritto col gesso. Molti di noi, se ricupereranno alla fine la fotografia, si troveranno abbastanza tondi, ma ricorderanno certamente di essere stati gonfi, non grassi. Sono gli scherzi dell'avitaminosi: se affondiamo un dito in una guancia o in una caviglia, passa un bel po' prima che la pelle ritorni piana. Il pane di segale misto a segatura di legno e le rape frequenti provocano una dissenteria quasi cronica, ma la affrontiamo recitando un distico "Affinche il grande reich nulla perda ciò che ci dà in viveri restituiamo in merda". Le latrine sono i crocevia più frequentati dellager e le porte di esse sembrano quelle delle agenzie di affari. Sono costellate di cartelli che propongono i cambi più disparati, denunciando la vorticosa attività del baratto, tipica forma dell ' economia chiusa. La lettura delle inserzioni è la più interessante, sia sotto il profilo letterario che sotto il profilo merceologico e sociale. Si passa dallo stile fiorito a quello lapidario o intimidatorio e pare incredibile la varietà degli oggetti che si immettono sul mercato. Ho confezionato in due mesi, cucendola a mano, una camicia di flanella, ricavata da un taglio di roba che avevo dal tempo di Prizren. Ho esposto l'annuncio e ne ho ricavato 70 preziose gallettine americane dalle dimensioni di un pacchetto di sigarette. Il mese scorso, risparmiando fettina per fettina sulla razione di pane, ne ho messo insieme un chilo e, rispondendo ad un annuncio, mi sono procurato il dantino tascabile della Set, col commento del Pietrobono. Una divina commedia l'avevo chiesta fin dalla Polonia, ma non mi è mai arrivata.

 

 

21 luglio -Ieri per poco Hitler non ci libera. Siamo veramente sfortunati perché resiste anche agli attentati dinamitardi. Il fatto strano è che al mattino, per un'esercitazione di allarme in grande stile, tutto il lager sembrava privo di soldati tedeschi e ci siamo svegliati sperando follemente in una miracolosa liberazione. L'illusione è durata un' ora, poi, alla sera, abbiamo sentito il giubilante annuncio dello scampato pericolo di Hitler. Gian ha scritto da Post Larlen, finalmente; è più pellegrino di me.

 

4 agosto -Sono di nuovo in pellegrinaggio anch'io. Quando siamo arrivati qui credevamo di non resistere ed ora tiriamo moccoli perché ce ne andiamo. Non si tratta dell'oraziana incontentabilità umana, ma della prodigiosa legge fisiologica dell'adattamento all'ambiente. Ci consola il pensiero della difficoltà in cui si trovano i nostri amati ospiti: ogni spostamento di campo può ben significare aumento della pressione militare ormai concentrica. Andiamo di nuovo verso l'incerto. Dove finiremo? E pensare che dopo le riviste eravamo passati alla prosa; un anno fa mi lamentavo di passare malconcio il mio compleanno. E l'anno venturo? Gabriella aspettami; arriverò presto.

 

16 agosto -Il sette agosto siamo partiti da Kiistrin. Molti temevano di rimanere sotto i bombardamenti e invece il viaggio è stato miracolosamente veloce e quasi decente. In vetture di terza classe, un po' strettini, alle nove del mattino dell'otto agosto siamo arrivati a Grenervorde. Faceva ancora chiaro quando siamo passati, la sera, da Berlino e lo spettacolo delle rovine ci ha tolto il fiato. Sono stati duri piuttosto i dodici chilometri per arrivare al campo XB di Sanbostel, ma sono serviti a dimostrarmi che le gambe reggono bene. Siamo passati attraverso gli ultimi campi e le ultime fattorie, diretti verso una landa desolata e torbosa ancora più triste della regione di Kustrin. Per poco non svenivamo fiutando il profumo che usciva dal forno di una casa di campagna in cui si stava cuocendo il pane. Il giorno della partenza da Kustrin mi sono unito per il viaggio agli alpini di Sondrio e alloro "papà" Bradanini. Hanno voluto prepararsi lo stomaco e il morale con una pastasciutta, e con la solita generosità me ne hanno offerto una gavetta. La sfortuna ha voluto che mi sentissi male e rigettassi tutto. Avrò, finche vivo, il cocente rimorso di avere sciupato un pasto prezioso. Sono stato male, non tanto per la disavventura gastrica, fatalisticamente sopportata, quanto per l'involontaria ingratitudine dimostrata verso i miei benefattori, costernati come me per il sacrilego uso delle loro straordinarie tagliatelle.

L'8 e il9 abbiamo sostato nel precampo, il 10 abbiamo affrontato la disinfestazione e venerdì II dopo un energico trattamento antiparassitario siamo entrati nel blocco. Il russo che ci attendeva fuori dalla doccia aveva l'inesorabilità di un automa: seduto accanto all'uscita, mentre noi sfilavamo nudi uno per uno, ci faceva sostare davanti a lui e, dopo aver intinto il pennello in un secchio pieno di disinfettante di colore biancastro, ce lo sbatteva con estrema precisione alle ascelle, che porgevamo a braccia alzate, e sul pube e, dopo una nostra rotazione di 180 gradi, sul deretano, ovviamente al centro, con un colpo da sotto in su. Qui siamo in 6000, stretti, pigiati e blateranti, in alcune baracche dentro un recinto di 250 x 150 metri. Al centro di esso c'è un laghetto o meglio una depressione maleodorante, sabbiosa, con tutto il resto che verosimilmente si riempie d'acqua nella brutta stagione. Nella baracca in cui sono stato sbattuto insieme con Bradanini siamo in 257. Bradanini è infilato in un loculo al primo ripiano del castello, io sono al terzo ripiano, appena sotto il soffitto e dormo quassù con sei altri disgraziati. Non c'è pagliericcio, ma, avendo già fatto allenamento, conosco bene la geometria del mio corpo e so quali sono le superfici piane da offrire al tavolaccio. Se saremo qui quest'inverno ci sarà una scelta difficile da fare: le cinque coperte che possiedo mi dovranno coprire o mi proteggeranno dal puro legno del mio letto? Il vitto in compenso è più abbondante, il rancio caldo contiene per ora farina di segale; abbiamo sei etti di patate che come al solito mangiamo in due tempi; prima la buccia e poi la polpa; il pane invece è di meno: una pagnotta per otto persone. Ho trovato qui parecchia gente che conoscevo da prima della prigionia. Ho rivisto fra i primi Giovanni Cantarello uno dei miei cari amici dell'Università. Arnaldo Negri, capitano del 5° Alpini, ha fatto la Russia, era col povero Peppo; ora pare il fratello maggiore dei quattro alpini venuti con me da Kustrin. Ci sono parecchi altri valtellinesi, Filoni, Arn1anasco, Simonelli. C'è una rete di informazioni efficientissima, che fa capo ad una radio fantasma esistente nel campo. Le notizie vengono trasmesse a catena e ogni anello della catena conosce i suoi due contigui, ma nessuno sa dov'è la radio. Ieri, Ferragosto, è stato effettuato un nuovo sbarco fra Cannes e Marsiglia. Il fronte russo tra poco si rimetterà in movimento e così pure quello italiano. Tutto sembra promettere una fine vicina. Fra tre giorni Gabriella ha nove mesi. La vedrò per festeggiare il suo primo anno di vita?

 

27 agosto -Comincio a non temere più che il quaderno non mi basti per le mie note. Le previsioni si fanno sempre più rosee di giorno in giorno. Le truppe dislocate sulla Costa Azzurra son già a Lione e al confine italiano. La Francia è ormai in mano agli alleati grazie anche all'opera dei patrioti francesi. 1123 la Romania ha rivolto le armi contro i Tedeschi e cosi il Fronte Est; in tutto il settore meridionale è crisi. Il nostro grande pensiero è la situazione in Italia e vorremmo che le cose non volgessero sempre al male. Da parecchio gli anglo-americani sono sotto Pesaro e si spera che i Tedeschi si decidano a sganciarsi velocemente, per accorrere a casa loro, dove la morsa si sta stringendo. L 'Italia settentrionale si vedrebbe risparmiata le stragi con cui finora la penisola è stata arata, ma comprendiamo che stiamo sperando l'impossibile, conoscendo la cocciutaggine dei nazisti e l'ottusità bestiale dei loro subordinati repubblicani fascisti. In questo campo, in questa baracca la vita è una bolgia. A Dio piacendo non ho disturbi, mentre moltissimi soffrono di stomaco e di intestino e le latrine sono visitate processionalmente. E' stata sospesa la distribuzione dei moduli per i pacchi, ma speriamo di non averne bisogno per molto tempo ancora. Il martirio grande è questa vita a ridosso l'uno dell'altro che mi impedisce di isolarmi a sufficienza. Studio a sbalzi, quando capita, sebbene abbia un programma di lavoro ancora più nutrito da quando vi ho aggiunto il tedesco. Costantemente il pensiero corre a casa, alla mia Gabriella e a tutti i miei cari, al lavoro di dopo, al prossimo inverno. Forse i miei non sono i patimenti più gravi e mi rifiuto di considerarmi come molti un martire. Che cosa abbiamo fatto, in fin dei conti, in quest'ultimo anno? Abbiamo patito fame, freddo, caldo, cimici e altre cose, abbiamo soprattutto menato troppo la lingua, ma ogni cosa in un'atmosfera falsa e passiva. Sono giunti nel blocco vicino i giovani e le ragazze presi dopo la caduta di Varsavia. Essi hanno vissuto un anno di più di noi. La coscienza di un anno di vita giovane buttato via sarà forse il ricordo più triste e doloroso se soprawiveremo. Gli uomini messi alla prova si smarriscono per la maggior parte, anzi tutti sia pure in differente misura. E l'egoismo fa da despota purtroppo. Anche coloro che si battono il petto continuamente e chiedono a Dio la forza morale che non hanno, non sono migliori degli altri. So che è facile giudicare gli altri negativamente, ma cerco almeno di essere sincero con me stesso e di non perdere 1 'uso della ragione. L' ambiente nuovo in cui vivo, tanto diverso da quello che si era creato a Kustrin è irritante. Son in mezzo a ufficiali effettivi, che non parlano se non della carriera, che dimenticano spesso le norme più elementari della convivenza umana. Sono botoli ringhiosi, pronti a riprendersi l'un l'altro e ad imporre in modo intollerante il loro modo di pensare in tutte le manifestazioni di questa misera vita. Pare che non conoscano nessun libro all'infuori del regolamento di disciplina che non aiuta certamente a pensare con la propria testa. Noi nuovi venuti e ufficiali di complemento, a 20 giorni dall'arrivo, siamo ancora a metà storditi e ben poco edificati dal loro contegno. Anche i medicinali sono oggetto di commercio qui dentro. I giorni però passano uno legato all'altro dall'insopprimibile filo della speranza. Ci si incontra e ci si chiede all'infinito come va. Io immancabilmente rispondo che va bene, perché ogni giorno è un giorno di meno. C' è tuttavia da sopportare l'ostacolo che la logica oppone alle nostre deformate facoltà e di giudizio. Forse questa è la fatica più grande di tutte, perché siamo portati a travisare e a interpretare a nostro vantaggio tutte le notizie e le voce vere e false di cui siamo avidi. E' un'altra esperienza che spero mi possa servire per affrontare le inevitabili avversità dell'avvenire. Gabriella mia cercherò di mettere a profitto ogni cosa per prepararti una vita bella e dolce in seno alla nostra famiglia, che, dopo Dio, ti insegnerò ad amare sopra ogni cosa, ma senza farti dimenticare che occorre voler bene a tutti e che tutti si vogliano bene.

1° settembre 1944 -Fa un freddo poco simpatico in confronto della calura di una settimana fa. Quali eventi ci porterà il nuovo mese? In Italia gli alleati sono a Pesaro e Urbino; in Francia sono ad Amiens e oltre la Marna a 60 Km. dal Belgio e a 130 dalla Germania. I Russi sono fermi a nord e al centro sempre sulla Vistola, mentre, dopo la faccenda rumena a sud, premono sui Carpazi e sull'Ungheria. Anche la Cecoslovacchia è in fermento. Qui il nervosismo è sempre più esteso, perché ci pare che la fine si avvicini, ma quando sarà? Continuano intanto le dimostrazioni del buon cuore dei soldati tedeschi: il 28 agosto alle 10.10 una sentinella ha assassinato un nostro compagno, il tenente Romeo che era ancora a tre metri dal filo spinato proibito, e stava lavandosi con la poca acqua che fornisce, l'unica pompa, a tutti noi. Tremo per i nostri carcerieri che dovranno pagare tutto in una volta il grosso conto; che Dio li maledica!

 

8 settembre- Un anno domani, e si diceva "fra due mesi siamo a casa?". Dalla sera del 4 settembre siamo in quarantena: tutto chiuso, niente appelli, nessun genere di adunate, niente messe. Tifo petecchiale e l'incubo di crepare come mosche. L'hanno voluto i tedeschi, ammassandoci in questo modo sconcio e facendoci penare anche per la scarsità dell'acqua. Otto casi finora: due nostri compagni sono finiti all'ospedale perche il tifo è stato accertato anche sierologicamente. Gli altri sei sono ricoverati in una baracca isolata prontamente chiamata lazzaretto, dentro il nostro non ampio recinto. Unica difesa è un'autoclave da campo ridicola per la disinfestazione di 6000 pidocchiosi. I maledetti hanno immesso l'acqua per le lavanderie annesse alle varie baracche e facciamo docce più volte al giorno, pur col rischio di una polmonite perche naturalmente l'acqua è fredda, nè ci sogniamo di averla altrimenti; è già tanto che ci sia. Ossessionanti riviste agli abiti e alle coperte, occhi che lacrimano e bruciano nello sforzo di individuare i pidocchi. Grazie aDio in questi primi 4 giorni di isolamento non si sono avuti nuovi casi, ma è un problema lavare la nostra roba col poco e schifoso sapone che abbiamo. E non arrivano ancora nè posta nè pacchi da Kustrin. Ci sta riprendendo la ben nota debolezza di chi vive della pura razione giornaliera. Oggi Bradanini ha avuto pietà e mi ha regalato mezza gavetta di polenta condita con la margarina; il sangue scorre già meglio. Il Padreterno ci proteggerà. La fine sembra vicina, la Germania crolla o quasi, gli Anglo-americani sono alle frontiere occidentali. Quando verranno ci porteranno anche da fumare. Scommetto che se avessi qualche sigaretta sentirei meno la fame. Sogno casa mia, Gabriella mia, Ada mia, la mamma mia e i miei fratelli. L 'altra notte in sogno Gabriella era già grande e si stava mettendo al collo la povera medaglietta di stagno che ho con me dal 18 novembre. Un giorno prima che nascessi, me l'aveva regalata padre Crosara. Sii buona Gabriella e verrò. Non stare in pena per me; ormai sono un vecchio prigioniero che sa vivere di speranza perché ti pensa tanto.

 

17 settembre -Martedì scorso il 12, incidentalmente ho saputo che è morto Turini. Lo sospettavo da quando era stato portato all'ospedale. Il dolore nostro, di noi suoi compagni d' Albania, dello stesso battaglione, è grande. Oltre a soffrire fisicamente in questi lunghi mesi, ha sempre avuto il morale a terra il nostro caro amico. Ha cominciato a tormentarsi più di tutti noi subito dopo la nostra fortunosa partenza da Pec, quando si preoccupava eccessivamente delle proposte che i tedeschi ci avrebbero fatto in seguito. Anche dopo il nostro incontro col colonnello, a Prizren in cui avevamo spiegato i tragici motivi della nostra furiosa partenza dal battaglione, ha continuato a martoriarsi l'anima, addossandosi colpe e responsabilità che in quel tragico 9 settembre assolutamente non aveva. Noi tutti ne siamo testimoni. Ha cominciato a morire allora, sconvolto più di tutti per il disastro materiale e morale del nostro esercito e del nostro paese. Noi che abbiamo vissuto fino all'ultimo con lui l'esilio e le umiliazioni del reparto albanese, che abbiamo constatato con rabbia e con disperazione quanto fosse più difficile sottrarci alla cattura, abbiamo sofferto come lui nel nostro onore di soldati, che difeso fino in fondo avrebbe fatto di noi tanti suicidi. Freddamente ci siamo detti che non ne valeva la pena; questa freddezza nella sua sensibilità Turini non l'ha avuta. Abbiamo dato i nostri nomi a un cappellano salesiano, don Pasa, scherzosamente chiamato il papa di Sandbostel, nel caso che domani rientrando, la famiglia di Turini voglia un ricordo della nostra amicizia con lui in Albania e qui.

 

18 settembre -Il tempo continua a passare, il pericolo del tifo sembra attenuarsi; oggi sono due settimane dalla quarantena. A dir la verità si sta bene senza gli appelli e le perquisizioni improvvise. E' annunciato l'arrivo di altri ufficiali italiani, questa volta dai campi dei confini olandesi e forse è la volta che vedrò Gian che sto inseguendo per mezza Europa. E' arrivata posta vecchia di giugno, stanno arrivando pacchi. Sto dimagrendo, ma non dispero. Per ora ho solo calli e non piaghe di decubito. Le notizie militari sono buone; l'attacco finale sembra imminente, ma non mi faccio illusioni. Spero comunque che, se non per il compleanno della Gabriella, almeno per Natale il ballo possa essere finito. Finora sto bene e tiro avanti. Cerco di rimettermi a leggere qualche cosa, ma è . tanto difficile.

 

27 settembre -1123 sera sono entrati nel vorlanger gli ufficiali provenienti da Oberlangen e da Messen. Saranno in breve altre 3500 persone: staremo più caldi. Abbiamo rivisto con gioia Luciano Pasquinelli e Rivosecchi. Questi conosce Gian che era con lui. Ad Oberlangen hanno cacciato i più giovani a lavorare, Gian era fra q-uesti, ma spero che me lo rimandino qui. Ho visto parecchi fratelli incontrarsi: perche non mi può essere data questa gioia? la quarantena continua e forse sarà prolungata, perché ci sono due nuovi casi. Comincia a far freddo, ma la debolezza dei giorni scorsi pare diminuita: forse mi sono dawero abituato a questo genere di vita e perciò non mi lamento troppo che non sia arrivato, fra i tanti, qualche pacco per me da Kustrin. Attendiamo sempre impazienti grosse novità, ma bisogna essere ragionevoli. In Olanda si combatte forte e forse con risultati decisivi. Gabriella sii brava ancora un po'.

 

3 ottobre -Dopo un mese i maledetti hanno dato da scrivere. Spero di arrivare in tempo a dissuadere l' Ada dallo spedire abiti borghesi. I fascisti stano impazzendo, se pensano di concordare con i gloriosi camerati nazisti il nostro invio forzato al lavoro. In Italia hanno informato le nostre famiglie che così è stato deciso e che perciò ci occorrono vestiti da civili. L' Ada saprà presto che sarei disposto a qualsiasi lavoro, anche il più umile, ma non certo per la grandezza di Adolfo o di Benito. Gian mi ha scritto da Bonn in data 30 settembre, ma credo che anche da là sarà trasferito. E' finita la quarantena, ci siamo incontrati, senza lo schermo del filo spinato, coi nuovi arrivati. Ho incontrato con gioia il mio grande amico e vicino di casa, Mario Punzo, che mi dà notizie di Gian. Sono ricominciati gli appelli: per quanto ancora?

 

19 ottobre -Gabriella oggi ha II mesi. Qui la vita riprende dopo l'angoscioso periodo della caccia ai pidocchi. Per vita intendo dire l'attività complessiva del campo, trattenimenti compresi. La baracca 31 è sistemata a teatro. Il sipario è stato messo insieme, utilizzando gli involucri dei pacchi che riceviamo. E' già uno spettacolo quello del sipario chiuso, intensamente letto dagli spettatori in attesa, fissi con gli occhi ai variopinti indirizzi e sognanti viveri proibiti, a montagne. Ieri sera c'è stata una prima breve rappresentazione, accoppiata a un concorso letterario, a onor del vero, non molto interessante. Domani prova per la rivista ripresa da Kustrin. Aumentato il numero dei prigionieri, è aumentato in proporzione il numero dei collaboratori e degli artisti. Molto popolare è Guareschi, uno dei redattori del Bertoldo, fornito di molta comunicativa e di un certo spirito. Si svolge anche qui una specie di corso universitario e anche per questo è aumentato il numero di chi si offre di far lezione. Nota triste: quest'inverno non avremo cartone e siamo ancora più obbligati a sperare che tutto finisca presto. Ho un po' di fiacca addosso. So che cos'è, specialmente dopo i disturbi intestinali della settimana scorsa; ma mi sono serviti per seguire un'operazione interessante. Dispensato dal presentarmi all'appello, sempre lungo come la fame, mentre ero alla latrina, ho visto un mio compagno fotografare la Gestapo che stava perquisendo la gente di una baracca, in cerca di macchine fotografiche e dell'apparecchio radio-fantasma. Anzi, per le necessità di questa radio misteriosa, è successo anche che uno sconosciuto prigioniero è riuscito a rubare dalla bicicletta del maresciallo tedesco che viene a contarci, la dinamo che contiene del prezioso filo di rame.

 

25 ottobre - Ada, sono nove anni oggi dal giorno che ci siamo detti di volerci bene.

 

9 novembre -Un anno fa ricevevo la prima posta, oggi invece l'ho vista ricevere. Gian è a Witzendorf; chissà se ci riuniremo una buona volta. Mi trovo sempre con Mario Punzo che è come un fratello per me. Mi ha fatto partecipare alla festa per l'arrivo dei suoi pacchi ed avevo solo un po' di riso da mettere a disposizione. Non vedo l'ora di poter ricambiare. Intanto lavoro al teatro. E' già stata data la rivista di Kustrin, poi è stata la volta di una rivista messa insieme a Oberlaeger. Questa sera c' è stata la penultima replica del concerto Rovere: Idomeneo, Canzone araba, Carmen intermezzo del IV atto; assoli di chitarra con Bach, preludio in DO minore e Chopin preludio n. 4; Selmi suona una toccata di Frescobaldi e la tarantella di Popper col violoncello; l'orchestra chiude col preludio della Traviata, col minuetto di Boccherini e il Prometeo. Anche la prosa riprende; da ieri è in scena "Larga spugna" di Arnaldo Fraccaroli. Da questo Iato va bene e il tempo passa col calore della comunicazione, anche se l'orchestra è fatta quasi tutta di sospirosi violi, ma comincia il freddo e non abbiamo fuoco. La fame in questi giorni non è molta, perché finalmente mi è arrivata un po' di roba. Come artista, per giunta, mi sono guadagnato quattro gallette. Mi proibisco di pensare che tutto ciò è una goccia d'acqua in un gran deserto di appetito. Ringrazio mia madre che mi ha dato l'esempio della fede nella Provvidenza e mi ha allevato necessariamente alla spartana.

Scarseggiano per tutti le sigarette e nessuno saprà mai che cosa significa una sigaretta per un prigioniero; ne è la prova la borsa del lager che vede quotato un pacchetto di americane un grammo d'oro, o un chilo di pane tedesco, o mille lire ( che nessuno vuole ). Eppure il prezzo non dice ancora quant'è preziosa anche solo una boccata di fumo. E' un mese triste, piove sempre, non si può camminare nella sabbia tutta intrisa d'acqua. Mario ed io ci sosteniamo a vicenda, quando vogliamo fare quattro passi per andare a trovare Contarello e parlare un po' da cristiani. Sono sereno, riesco di nuovo a studiare, ho solo paura di non dormire di notte per colpa del freddo e delle pulci che ci dissanguano. E' troppo lungo il tempo al buio col pensiero rivolto a casa, all'Italia in pezzi. Ho uno struggente desiderio di sentire la voce fresca e giovanissima di mia figlia al posto della voce di questi vecchi dal cervello annacquato; qui anche i giovani sono vecchi.

18 novembre- Un anno fa padre Crosara mi dava la medaglietta per te, Gabriella mia, e tu l'indomani nascevi. Domani è festa grande per il tuo papà. C'è persino, in gradita coincidenza, una messa di Perosi e la celebrazione della festa di San Francesco rimandata per la quarantena. Si canterà "in prima esecuzione assoluta" il cantico delle creature musicato da Maggioli. Farò anche la comunione per te Gabriella. Mario mi terrà compagnia domani perché per me è Natale e voglio almeno una faccia amica vicina che mi ricordi i nostri luoghi e i nostri cari. Ci sono buoni presagi: sembra in atto un'ultima offensiva, che ci dovrebbe raggiungere per darci la vita libera. Di notte siamo spesso circondati da un cerchio di fuoco durante gli allarmi: sparano le contrae ree di Brema a ovest, di Arnburgo a est, di Hannover a sud; è l'inferno, le baracche tremano. I nervi sono tesi e lisi dopo 14 mesi, non si trascende più, ma il lavoro di inibizione è sempre gravoso. Auguri a te Gabriella mia d'oro e che la mamma non se ne abbia a male se parlo sempre di te. Con te c' è tutta lei e non potrebbe essere altrimenti e ci sono io sempre uniti anche se tanto e tanto lontani. L'albero di Natale non farò in tempo a fartelo. Mancano trentasette miseri giorni a Natale, ma verrò presto lo stesso e ti porterò un regalo, anche se non so quale e quanto grande, e tutte le mie forze per renderti la vita bella, felice e buona, specialmente buona, dopo che il tuo papà e la tua mamma hanno vissuto tanto tempo in mezzo alle cattiverie. Ti abbraccio Gabriella, e con te abbraccio la tua mamma, la nonna e tutti i nostri cari.

 

5 dicembre -Grazie a Dio è arrivato giusto in tempo un pacco. Troppo freddo avevo, e mi illudevo che non fosse la fame. Ho chiamato subito Mario a dividere la manna. L 'uovo trovato intatto e ben conservato in mezzo alla farina gialla, sembrava il frutto di un gioco di prestigio. Sbattendolo con lo zucchero ho dato spettacolo a tutta la camerata. Occhi allucinati, nel grande silenzio, fissavano l'irreale colore dorato dello zabaglione. Quasi piangevo per il rimorso di non poterlo fare assaggiare a tutti. Intanto, come l'anno scorso, accantoniamo una fettina di pane al giorno, dal 30 novembre, per avere qualcosa in più a Natale. Facciamo meno fatica di un anno fa, forse perche siamo in quattro e ci impegnamo a vicenda a mantener fede al progetto.

 

25 dicembre- Secondo e ultimo, in tutti i casi, Natale di prigionia. In tutti i casi, perché un terzo Natale dubito che riusciremmo a raggiungerlo. Ieri ho smesso di fare la doccia in lavanderia, dove non ci sono neppure le finestre, perché ormai ogni volta rischiavo un collasso. Ho continuato stoicamente dal tempo della quarantena e mi sembrava di essermi abituato. Mi laverò di meno e avrò più pulci addosso, oppure saranno le stesse di prima, perché forse mi sono soltanto illuso di averne di meno degli altri, facendo la doccia. Situazione politico-militare: voci, voci, voci, come sempre. L 'anno scorso i russi cominciavano l'offensiva, che fra l'altro ha provocato il nostro spostamento; anche quest'anno sono sulle mosse e ben più in qua. Si parla di dissidi anglo-russi per la Polonia e i Balcani, che sarebbero uno dei motivi del ritardo. Che i dissidi esistano è facile capirlo; io per esempio, annotando le notizie militari, parlo dei russi e degli altri come se fossero indipendenti nelle loro operazioni e solo occasionalmente impegnati contro il comune nemico. Arrischio anche una previsione tutta mia e improntata forse al pessimismo del prigioniero, e cioè che faranno a gara per accaparrarsi più che potranno il territorio del grande reich. Questo intanto, da una decina di giorni, ha sferrato una controffensiva dal Lussemburgo, ma pare già neutralizzata, anche per che gli anglo-americani attaccano più a sud, sul fronte occidentale. I russi premono sempre in Ungheria. Churchill sarebbe sostituito da Crepps, già ambasciatore a Mosca. Congetture strane e pessimistiche, ma intanto noto che, almeno tra i miei amici, parliamo di politica con minore insipienza e manifestiamo fiducia nella democrazia di domani e parliamo dei russi, non da fanatici denigratori quali ci aveva allevato il fascismo, ma considerando realisticamente la loro esistenza, anche se facciamo fatica a comprendere 1 'ideologia che essi rappresentano.

Situazione nostra. Freddo secco da due giorni, carbone quasi inesistente, gelo di notte per chi ha poche coperte. E' già tanto che non tiri il maledetto vento del mare del Nord. Una mattina il mondo sembrava ruotato di novanta gradi, perché la neve che cadeva, sotto il soffio del vento, invece che verticale era orizzontale e copriva non il tetto, ma le pareti esposte a nord delle baracche. Rape cinque volte la settimane e due volte crude. Meglio queste, comunque, dei tremendi cavoli cotti, senza sale e senza condimento, che per tutto un mese hanno tentato di farci vomitare ogni volta che li mangiavamo. Per Natale la Provvidenza ha mosso il S.A.I. (Servizio Assistenza Internati) a farci pervenire cinque gallette e tre quarti a testa. Riepilogo della famosa assistenza repubblicana continuamente esaltata dallo schifoso giornaletto intitolato la "Voce della Patria". A Kustrin un chilo di marmellata, un chilo di gallette, quattrocento grammi di riso e quattrocento di zucchero. Al XB 400 grammi di marmellata e venticinque di tonno del nunzio apostolico; in settembre un chilo e mezzo di riso, seicento grammi di gallette e 3/4 di scatola di latte condensato, 18 formaggini e 10 nazionali. In dicembre 395 grammi di gallette del consolato di Amburgo e, ultimo, un chilo e centocinquanta grammi di gallette del S.A.I.. E' la fame, anche se mi ripeto di continuo che è suggestione. Lavoro come al solito in orchestra e per le feste ancora di più. Bella la favola di Natale di Guareschi e Coppola. In ottobre siamo stati premiati con quattro gallette a testa e con la promessa di qualche cosa adesso. Mani e piedi sono la mia croce per il freddo, ma il morale è salvo.

II gennaio 1945- E' cominciato un altro anno. Non sono riuscito a fermare la spedizione del vestito e adesso ce l'ho; è quello marrone a doppio petto di sei o sette anni fa; lo vendo a Lanzillo che va non so dove. In sostanza è come se mi fosse arrivato un pacco. Mario Punzo parte oggi per Vietzendorf, pazienza. Fra poco andrò via anch'io, non certo a lavorare. C'è tutta un'aria di trasferimenti e di rotazioni; oggi sono arrivati nel blocco

vicino altri polacchi, tutti molto giovani, sembrano studenti più che operai o contadini. Ci sono anche delle ragazze, una che ho visto era bellissima. Da quanto tempo non vedevamo donne? Sembrava appartenere a un altro mondo, diverso da quello color grigio ferro, amaro e cattivo, nel quale siamo affondati. E più che alle donne pensiamo alle cuoche.

 

26 gennaio -Aumenta il ritmo delle partenze, ormai toccherà anche a me. Fa freddo e fatico a rimettermi a razione. Da tempo immemorabile non doso quel che mi capita in più, per non complicare le cose. Quello che c'è lo faccio fuori, quando non c'è più niente, mi rassegno. Risparmio da un pezzo anche la fatica di cucinare perché è una particolare forma di illusione quella di manipolare i viveri che ci danno. Molto spesso in pochi minuti e stando in piedi, trangugio quello che ho appena ritirato dalle meticolose e forsennate divisioni, così non ci penso più. Fortunatamente sto bene di stomaco e digerisco tutto.

Mi era rimasta da cuocere la farina gialla nel sacchetto che conteneva il famoso uovo. Data la difficoltà di fare fuoco, l'ho gustata mangiandola a cucchiaiate. Due o tre miei ricchi vicini mi hanno regalato un pò di pane biscottato ciascuno. A mangiarlo mi si escoriava il palato e il dolore mi guastava il piacere del dono. Pazienza, sempre pazienza. Oggi dico non che è caduta Breslavia, ma ormai cominciamo ad aver paura anche della speranza. Dopo Punzo se n'è andato anche Contarello ed ho perduto l'occasione di rimescolamento. Se ne è andato anche il caro Fausto, gli alpini sono destinati ad Amburgo. Sono i momenti in cui mi faccio compagnia con la mia solitudine, ma non vorrei essere più solo in mezzo a tanta gente incupita e senza molte risorse morali. Dovremmo sentirci più vicini gli uni agli altri, dovremmo avere più amici; dovremmo essere insieme anche dopo per ricostruire una vita più degna e occorrerà una reciproca fiducia e meno egoismo. Sogno sempre te, Gabriella, e te Ada cara. Tornerò da voi, su in gamba dunque!

 

30 gennaio -Partiamo domani o dopo. Un altro periodo si chiude. Sembra imminente la fine di tutto, ma non c'è da farsi illusioni sulle prossime peripezie complicate dall'offensiva del lavoro, al quale ci vogliono obbligare. Sto cambiando per pane o patate quel poco che ho, che è quasi niente, ma devo vincere il freddo e la fame. Si tratta di vincere un ultimo mese di questo schifoso inverno e voglio tornare a casa sano, se posso. Come festeggerò domenica il secondo anno di matrimonio? Ada e Gabriella aspettatemi.

 

5 febbraio -A Fallingbostel da ieri alle nove. Il trentuno disinfestazione al XB; mezz'ora nudi all'aperto in attesa dei nostri stracci passati in autoclave. Siamo sopravvissuti tutti. Il due febbraio, tra acqua e vento, uscita a Vorlager con relativa visita spietata ai nostri miseri bagagli, e giornata bestiale in una baracca spoglia di tutto e col pavimento marcio di umidità. Un paio di calzini tolti prima di sdraiarmi a dormire mi procura una razione di pane da parte di un cecoslovacco. Il tre, sabato, marcia fino a Bremerworder, attesa come un incubo per i noti dodici chilometri. Sono ancora in gamba. Ieri arrivo alI 'XIB di Fallingbostel. In una baracca vicina alla nostra ci sono degli ufficiali polacchi. Mi privo della matita automatica che fin'ora mi ha permesso di scrivere fitto e cioè economicamente. Era un regalo dell'Ada che l'aveva trovata non so come, ma si è trasformata in 3/4 di pagnotta tedesca e in due razioni di sanguinacci: mangio tutto subito, pentendomi di non aver mangiato di lena al pranzo di nozze di due anni fa. Mi stavo dimenticando che allora ero emozionato e giustamente, mentre ora non posso concedermi il lusso di troppa poesia. Questa mattina scappo dalla mia babilonica baracca, dove siamo in trecento e vado dai polacchi a chiacchierare. Ci sono due o tre ragazzi particolarmente in gamba, gentili e colti, studenti universitari, che parlano bene il francese. Uno di essi ha un meraviglioso violino e lo suona da concertista; suono con lui e mi sento una scarpa, ma mi fa tanto bene. Sono sistemati come signorini in stanzette calde, piene di roba della croce rossa americana. Il solo profumo del te e delle Camel fa girare la testa; senza avvilire la mia povertà mi offrono da fumare e da bere, ma, parlando, capisco che sono più disperati di me, perche il loro paese da cinque anni è metà russo e metà tedesco.

 

10 febbraio -I prigionieri russi del blocco vicino muoiono come mosche. Sono cinque giorni che siamo qui e sono cinque mattine che prima del loro appello una mezza dozzina di essi viene fuori dalle baracche portati in barella: morti durante la notte. La strana corvée la chiamiamo in modo macabro e impietoso, la "spesa morti", col linguaggio da caserma al quale siamo abituati da anni: spesa viveri, spesa vestiario, spesa foraggio, ed oggi spesa morti. I russi sono quelli che patiscono di più perché sono qui dal ‘41 e come noi non hanno assistenza e, peggio di noi, non hanno alcun pacco da casa in cui sperare. Continua in baracca la vita strampalata, ma pare che niente più turbi ormai; ho fatto il callo a tutto. Con fredda determinazione penso di mangiarmi il povero violino che mi sono trascinato fin qui; non è più tempo di concerti io credo. Miei occasionali compagni sono ora un tenente abruzzese, Zia, e un sottotenente lucano, De Pace, coi quali posso scambiare qualche parola. Temevo per il freddo e la salute, ma finora me la cavo. Vediamo le novità della prossima puntata.

 

14 febbraio -Siamo alla vigilia di un nuovo cambiamento, ma per fortuna rimarremo in questo sterminato XIB internazionale. Vediamo in un vicino recinto rosei prigionieri inglesi e atletici americani, che spaccano legna per sport; sembrano quasi in vacanza, poi pensiamo che sono chiusi anche loro. Sono stato al cinema, posti in piedi, a vedere un vecchio e nebbioso film francese, che mi ha fatto venire la nostalgia dei film di Jean Gabin e di Louis Jouvet così spesso amari, ma pieni di umanità. A distanza di anni mi appaiono nella loro accorata tristezza tanti segni premonitori del diluvio che si sarebbe scatenato in Europa e nel mondo. Domenica sono stato invitato dai 3 ragazzi polacchi a prendere il the. Disgraziatamente c'erano con me tre sottotenenti effettivi che si ingozzavano per mangiare quanto più potevano. Anch'io cercavo di approfittare, ma mi sforzavo di apparire anche ospite, oltre che affamato, e credo di esserci riuscito. Nella baracca vicina alla mia ci sono un centinaio di prigionieri indiani, presi in Africa nel ‘42; la latrina in comune è davvero internazionale.

 

20 febbraio -Dal 15 siamo in un recinto fuori dal campo centrale, una specie di zona contumaciale oltre la strada, che porta a un villaggio militare fatto di eleganti villette per ufficiali e vicino ad un arbeitkommando di francesi e di serbi. Dietro ci sono baracche di ucraini, internati e collaborazionisti che commerciano patate. C'è molta fame, ma, come sempre, chi ha sigarette e roba da vendere mangia. Penso sempre di trasformare in pane il mio violino. Un francese che viene nel nostro blocco a fare lavori di riparazione, mi ha promesso per venerdì del pane e un pollo. Il male è che oggi è appena martedì e proprio entro tre giorni scade una specie di ultimatum per il lavoro: o volontari con possibilità di scelta o a disposizione dell'ufficio di collocamento. Mussolini dopo averci rovinati, ci vende. Siamo ridotti in 900, anziano del campo è l' ex comandante della scuola di cavalleria di Tori di Quinto, il colonnello Guzzinati; nessuno pensa di aderire al lavoro. E' un miracolo, ma siamo tutti d'accordo e ciò mi fa piacere. Personalmente la cosa non mi turbava neppure prima; vorrei soltanto fare in tempo a procurarmi un pò di viveri extra. Attendo da ieri sera un soldato che lavora fuori e dovrebbe portarmi del pane per una maglia avuta dal S.A.I. in dicembre e mai messa. Ieri sera dieci delle sigarette che sono state miracolosamente distribuite, mi hanno fatto avere mezza pagnotta. Credevo che fosse soltanto avidità e nervosismo quello di questi giorni, ma scopro che è fame nera. I viveri della razione arrivano qui dal campo centrale tanto irregolarmente che certi giorni finisco il pane prima del poco companatico o viceversa. La mia stanzetta per fortuna è la meno affollata; siamo appena in 38; dormiamo a terra perché non ci sono castelli. Con ricetta medica io sono 1 'unico a dormire sollevato da terra per via delle ossa che scricchiolano, ma pago il privilegio del tavolo che uso con la mancanza di un posto fisso lungo le pareti, in cui sistemarmi durante il giorno. Il pagliericcio lo piego in due e lo caccio sotto il tavolo che è di tutti. Dormiamo per la prima volta sul pagliericcio di cui dall'agosto scorso avevamo dimenticato l'esistenza. Nonostante tutto ieri sera ho suonato. In un certo senso ha fatto un pò di festa per i 15 mesi di Gabriella e il19 febbraio è così passato positivamente. Mi rimangono 9 sigarette, quasi mezza pagnotta (ho dovuto restituire 3 etti che mi erano stati prestati) e la speranza di mangiare il violino. Vedremo. Sono sempre lo stesso non voglio mollare.

 

9 marzo -18 mesi di chiuso e altre note poco allegre. Al lavoro non andiamo, ci siamo ripetutamente rifiutati e pare che ci lascino in pace. In questo blocco speciale pare di essere prigionieri due volte, perché c'è poco spazio per muoversi. D'altra parte la forza per muoverci molto non c'è. Il giorno 24 il violino se n'è andato: una pagnotta. 1128 se n' è andata la vera matrimoniale. Faccio fatica a scriverlo; mi sono procurato una pagnotta e tre pacchetti di americane (Old Gold, Domino e Camel ) equivalenti ad altri 6 chili di pane. Per qualche giorno non ho avuto fame e così sono arrivato a marzo. Ora sono quasi al punto di prima, ma mi pare più facile guardare avanti. Non ho più niente da vendere, a meno che non trovi un miope come me a cui proporre gli occhiali di scorta, che ho sempre con me dal tempo della scuola allievi ufficiali. Tempi tristi e terribili; siamo deboli, facciamo fatica a camminare e a muoverci. Oggi la strada fino all'infermeria del campo centrale mi è parsa lunghissima ma dovevo andarci, perché da un orecchio non ci sentivo più. Era però solo un enorme tappo di cerume. Il capitano Bonetti, preside del magistrale di Brescia, mi ha procurato un Orazio completo e il mio amico poeta torna a farmi compagnia. Ormai l'ho tradotto quasi tutto, sia pure a pezzi e a bocconi. Due giorni fa ho avuto una lettera del 17 gennaio. I pacchi sono un lontano ricordo. Il morale è ancora buono, ma presto dovrebbe davvero finire tutto. Sono stanco di tante miserie e quasi sono stanco di tenere questo diario prevalentemente fisiologico. E ascrivere a casa ciò che proviamo, servirebbe a qualche cosa? La razione è ulteriormente ridotta, siamo a 250 grammi di pane e a 300 di patate, i miserabili companatici sono saltuari. Oltre alla fame vera, c'è la psicosi della fame. Prego Dio che mi tenga lontano da qualche brutta malattia da scontare anche dopo. Finora va bene o quasi bene ed è sollievo andare verso la buona stagione.

 

29 marzo -Giovedì santo. Pasqua è vicina e sembra vicino anche il grande giorno. Arrivano notizie buone anche se non più così fitte come quando avevamo la radio probabilmente emigrata da Sandbostel e Wietzendorf. Dal 24 è in corso l'offensiva al di qua del Reno, ormai parliamo spesso del ritorno a casa. Saremo delusi? Continua la lotta contro la fame, mi sono difeso a patate. Ci si rompe il cervello per vendere agli ucraini quello che ci pare vendibile. I serbi sono più esigenti. Sono ormai conciato alle sole ossa e a qualche straccio, ma finora ho tirato avanti. 20 giorni fa ho ceduto il glorioso pullover rosso per 4 chili di patate e una sboba di rape. Poi è stata la volta del pigiama di seta che mi aveva regalato Zanetti in Albania, e che mi ha fruttato altri due chili e mezzo di patate. Una misera catenina di ottone e un ammuffito sapone da barba me ne hanno procurato altri due chili. Una spazzola è diventata una gavetta e mezza di minestra di patate. L 'altro sabato ho venduto per 5 chili di patate un paio di pantaloni militari che avevo avuto la previdenza di procurarmi a Prizemil il giorno prima della partenza a piedi. Mi hanno riparato le gambe indossati sopra i miei pantaloni alla cavallerizza ormai a brandelli per due inverni. Questo sabato, il 24, ho avuto la fortuna di trovare il miope che cercavo e i miei lussuosi occhiali sono diventati tre chili di pane, due minestre e mezzo pacchetto di americane. la domenica delle palme ho fatto Pasqua i~ anticipo, perche una sentinella mi ha dato due uova per 5 sigarette e con due altre sigarette mi sono procurato un chilo di patate. Ieri sera una donna russa si è mossa a compassione e mi ha fatto avere una minestra di rape e patate per una panciera, che poi non ha voluto. Venerdì scorso una scatola di fiammiferi mi ha fatto mangiare una zuppa di crauti. Ora sono proprio al limite perché non ho proprio più niente. E' ulteriormente diminuita la razione giornaliera: in una settimana totalizziamo un chilo di pane, un etto di margarina, uno di zucchero e uno di salame, gommoso e indecifrabile, oltre il mestolo quotidiano di rape, cui fanno compagnia solo due volte la settimana alcuni piselli. Ho riportato le cifre con la meticolosità del farmacista; ci teniamo molto in grammi e ci esprimiamo in grammi invece che in etti perché ci paiono di più. Per esempio la razione ufficiale di pagnotta è di grammi 214, ma è sempre molto meno in realtà. Si attende la fine; è necessaria, ci vuole, devo tornare a casa sano per lavorare subito e non costituire un pericolo per la salute dei miei cari; ho un peso da mantenere. Ho l'incubo del sanatorio ogni tanto, ma è solo uno scherzo del cervello stonato, per ora. E intanto lavoro su Orazio e mi stupisco di esserne capace. In camerata siamo diventati più buoni, parliamo con calma, sappiamo anche essere spiritosi. Rappresentiamo tutte le armi, tutti i paesi d'Italia, tutte le professioni, ma andiamo miracolosamente d'accordo. Mi chiedo spesso, ma non ad alta voce, se proprio occorrono gli stenti attuali per trovare una specie di stato di grazia. Non siamo neppure più invidiosi di quei pochi fortunati che ancora hanno oggetti da vendere, anzi proviamo piacere se qualcuno ritorna dall'appostamento al reticolato con qualche preda. In una stanzetta vicina un nobile marchigiano ha fatto parlare di sè per una settimana vendendo l'anello col brillante per un piroscafo di roba e così un ufficiale di marina con un prezioso orologio. Di notte, da qualche settimana, in un'altra stanza vicino alla mia si fa dello spiritismo. L'antenata del medium comunica cose impressionanti, ma consolanti; ne siamo tutti un po' stregati e anche due cappellani, pur sentendosi a disagio, se ne interessano. E' toccato a me consolarne uno, dicendo con bella sicurezza che lo spiritismo qui non è peccato, ma uno surrogato della radio che non abbiamo più. La maggior fatica resta quella di combattere la psicosi del mangiare. Quale dispiacere il mio di non avere niente da offrire agli ammalati in ospedale, per il giorno di Pasqua.

 

31 marzo -E' venuto il comandante Brignole a chiedere l'obolo per gli ammalati: salto lo zucchero di Pasqua ma qualcosa devo dare anch'io a chi sta peggio di me. Avanti; la coda è dura ma è coda.

 

3 aprile -Anche Pasqua è passata, Torri mi ha prestato (ma sa che non posso rendergliele) 2 americane. Con una ho preso mezzo chilo di patate e l'altra l'ho fumata per sentire meno i profumi dei pranzi preparati in camerata. Dopo l'appello del pomeriggio resto appartato a rosicchiare un osso spugnoso e aggredibile, trovato miracolosamente nella minestra di mezzogiorno. E' un osso da ricordare in una prossima solennità che spero migliore. Continuano infatti le buone notizie. Sono state formate delle squadre di 24 ufficiali ciascuna che dovranno cooperare al mantenimento della disciplina e all'approvvigionamento del campo il giorno e l'ora X. Non so quanto saremo efficienti, ma è sempre bene essere ottimisti. C'è aria di liquidazione in giro: nel campo centrale i soldati italiani stanno sorteggiando dei pacchi rimasti senza destinatario. A noi non toccherà niente, perché siamo in castigo da quando abbiamo rifiutato il lavoro. I tedeschi continuano a recitare la parte dei custodi, rispettosi della forma e ancora oggi hanno distribuito due moduli postali. Ne scrivo uno a Gian a Wietzendorf e uno all' Ada: ma arriveranno? La primavera è solo sul calendario, fa freddo, è umido, il pantano che ci separa dalla latrina è tremendo.

 

9 aprile -Sembrano effettivamente gli ultimi giorni. Il 5 sera era venuto l'ordine di trasferimento per Wietzendorf, 17 chilometri, sabato 7 e poi 12, domenica 8. Fortunatamente la partenza è stata sospesa; forse i tedeschi stessi hanno capito che non ce l'avremmo fatta. Ieri domenica 8 in Albis, tramite il comandante Brignole, i nostri custodi con molta serietà ci hanno proposto di partire alloro seguito per trasferirci oltre 1 'Elba con marce di 30 chilometri al giorno, oppure di rimanere a nostro rischio in attesa degli anglo-americani. Inutile dire la nostra risposta e impossibile descrivere l' esplosione di gioia: tutto sembra finire. Alla gioia di ieri ha fatto seguito oggi la concreta apprensione per l'attuale nostra situazione. Siamo ormai in terra di nessuno affidati a noi stessi con la simbolica sorveglianza di alcuni vecchi territoriali comandati dal solito maresciallo e dal solito sergente che tuttavia sono evidentemente ammansiti. Siamo disorientati e perplessi per l' approvvigionamento, anche se disposti a qualche giorno di digiuno ancora, che non si farà sentire nell'attesa della liberazione imminente. Ieri sera credo di avere stipulato l'ultimo atto commerciale dando a un serbo un vecchio dentifricio per 12 sigarette tedesche. Con una ho comprato da un russo una gavetta di crauti che ho mangiato così com'erano. Lo stomaco regge a tutte le battaglie. Nell'incertezza della situazione stiamo ripiombando nella micidiale apatia di questi ultimi mesi e temiamo ancora che la liberazione sia differita. Il mese di aprile è cominciato con la Pasqua e Dio ci assisterà.

 

13 aprile -Davvero Dio ci assiste. Nel giro di due o tre giorni tutto è cambiato. Lunedì 9 le nostre squadre hanno cominciato a uscire in cerca di viveri. Correva voce che i magazzini fossero vuoti, ma ci siamo confortati trovandoli forniti di roba buona. Non c' è pane, ma le vicine cucine della Hitlerjugend lavorano in continuazione a cuocerci patate; è la fiera delle patate. I russi che hanno fatto scorte sono diventati generosi, non ci spogliano più in cambio di gavette di rancio caldo e denso che ci regalano. Si aggirano ancora dopo la partenza dei reparti dell'esercito squadre sparute e disperate delle SS.

Sono fatte di giovanissimi, com'erano quelle dei giorni scorsi, composte di ragazzini armati di panzerfaust che si avviavano cantando canzoni naziste verso il fronte, al macello sicuro dei carri armati. La Germania finisce in un clima di orrenda e pazzesca tragedia. L 'altro giorno ho visto una scena incredibile per chi non fosse presente. Ero fuori con una squadra a riempire di patate un carretto, quando due dannati SS. col mitra spianato si sono avvicinati urlando con la prete sta di farci smettere il carico. Un capitano di artiglieria alpina, armato come noi di un misero bastone, ha lasciato la sua arma a terra; era chinato sulle patate, s ' è rialzato con calma e con un pugno in faccia ha steso il più vicino. L 'altro è scappato senza sparare e anche quello abbattuto è sparito appena è rinvenuto, lasciandoci il mitra. Dopo un po' ci siamo detti che sarebbe stato proprio buffo crepare adesso che tutto finisce. Le gambe sono già più salde; già ieri scaricavo sacchi di patate con una certa disinvoltura e oggi vado a scavare paraschegge. Tutto in virtù delle stupende gavette piene di riso, fagioli e carne; non ci facciamo caso se tutto è ancora senza condimento; una cosa per volta. Intanto attendiamo; ronde di ogni nazionalità regolano l'afflusso ai magazzini. Adesso abbiamo il miraggio dei pacchi della Croce Rossa Internazionale sempre sognati da quando li abbiamo visti coi nostri occhi nel campo centrale. E' curioso che a distanza di soli 3 giorni non ci si ricordi più della miserabile razione tedesca. Molto mi è servito aver fede nella Provvidenza; ancora un po' e avremo la nostra dignità di uomini civili.

15 aprile -Continua l'attesa e intanto le condizioni fisiche di tutti stanno migliorando. Purtroppo c'è chi si butta a corpo perduto sui viveri e poi sta male; la dissenteria è all'ordine del giorno. C'è anche chi pretende di più e brontola contro il ragionevole razionamento dei viveri che le squadre hanno immagazzinato.

Ieri era una giornata magnifica, oggi il cielo è grigio, ma non piove più come questa mattina. Il rumore della battaglia si awicina; pare che i reparti che operano qui siano scozzesi; non so quale importanza possa avere questo particolare, ma siamo diventati tutti strateghi. A tutt' oggi la situazione è questa secondo la radio inglese: Brema assediata 160 km. di attestamento sull'Elba, Amburgo quasi investita da sud perche da Hannover gli anglo-americani sono a 20 km. oltre Celle. Anch'io ho la mia brava cartina geografica, ricavata su un pezzo di carta da lucido, e ombreggio giorno per giorno la zona che gli alleati vengono occupando. All'adunata pomeridiana il comandante del nostro gruppo mi dà l'idea di non essere capace di cambiare il tono dei suoi discorsi ancora infiorati di retorica. Più che darmi sui nervi mi fa un po' pena, perché sento che parla in buona fede e forse non si rende conto che i troppi luoghi comuni sulla patria, sull'onore degli ufficiali sono stati da sempre i veli che ci hanno tenuti lontani dalla realtà delle cose. Questo intermezzo di confuso autogoverno in mezzo alla battaglia definitiva, tra la prigionia e la libertà, sembra opportuno per disporci a cambiare, ma prevedo che sarà molto faticoso aggiornarci e conquistare effettiva dignità umana e consapevole contegno. Mi auguro di poter essere meno pessimista in seguito, ma non posso non preoccuparmi di come dovremo cambiare tutti in meglio, dopo avere sperimentato fino al limite estremo le conseguenze penose e mortificanti di una vita politica fatta di parole truculenti e roboanti sfociate in una tragedia di cui ho paura di conoscere le vere dimensioni.

 

18 aprile -Alle 8.10 del 16 aprile 1945 dalla parte delle baracche dei russi sono apparsi i primi carri armati alleati e la prigionia era finita. Solo qualche minuto prima un nostro compagno esprimeva il desiderio di avere il caffè (per modo di dire) del mattino con contorno di inglesi. AI rumore dei carri non sapevamo ancora se fossero tedeschi o inglesi, ma quando abbiamo visto le loro sagome non abbiamo più avuto dubbi e siamo impazziti di gioia. Molti di noi si sono trovati senza saperlo sui tetti delle baracche per vederli meglio. A due giorni di distanza le nostre miserie sembrano lontanissime. I carri hanno proseguito la loro marcia, solo uno si è fermato e dalla torretta è apparso un sotto-ufficiale inglese, impeccabile, con una borsa di cuoio giallo, tranquillo come se si recasse in ufficio. Ha fatto imbarcare su un camion la nostra sparuta guardia tedesca che se n'è andata senza che nessuno di noi pensasse di fare il minimo sgarbo. lo ho pensato che per quei poveri territoriali al di là dei 40 era pur finita la naja, anche se cominciava la prigionia. L'assalto ai grossi magazzini militari, grandi come transatlantici, è stato terribile. Torme scatenate di prigionieri di ogni nazionalità, ma specialmente dei più affamati e cioè russi e italiani, li hanno saccheggiati creando una confusione indescrivibile. Sono salito al secondo piano di uno di essi e credevo di camminare sul sale fino. Era invece zucchero a cumuli alti due metri. Da qualche sacco ho individuato la provenienza se non di tutto lo zucchero, almeno di una parte di esso: raffinerie italiane, le nostre del Veneto e dell'Emilia; forse ce n' è anche di quello pesato da me anni addietro quando lavoravo d'estate combattendo la guerra privata contro la povertà negli zuccherifici. Per mettermi in grado di portare in baracca il mio bottino, ho masticato tutti di seguito due pacchetti di dextrasport trovati in mezzo a mille altre cose. La rapina è durata due giorni. Ho visto i russi ubriacarsi con l'acqua di colonia Jean Marie Farina 4711, pur essa presente in quei fornitissimi magazzini. Oggi tutto è finito perché i grandi edifici svuotati di ogni cosa stanno bruciando per il fuoco appiccato da chi sa chi. Oggi la camerata è piena di roba anche inutile. Uno dei primi a fare bottino è stato un giovane ufficiale degli alpini che è rientrato da noi con uno scatolone di viveri che ha distribuito a tutti i più scassati perché si mettessero anch'essi in grado di scattare all'assalto. Mi sono procurato una stilografica e la uso appunto in questa occasione. Da un anno e più ho mangiato la mia. Siamo tranquilli finalmente per la nostra situazione giuridica: nel pessimismo e nell'incertezza degli ultimi tempi eravamo, oltre al resto, assillati dal pensiero che siamo stati per 3 anni alleati dei nazisti e mezza Italia è tutt'ora con loro. Dicono prossima la nostra partenza e freno la naturale impazienza considerando che la guerra deve ancora finire anche se è agli sgoccioli. Sono stordito dal cambiamento e dalle novità tanto ansiosamente attese. Ringrazio Dio della cui protezione senza molti piagnistei non ho mai dubitato e rivolgo il pensiero ai miei cari lontani, a Gabriella, Ada, mamma, Vera, Serio e Gian, forse già libero anche lui. Piove dopo due o tre bellissime giornate fatte apposta per la nostra gioia. E' cessato l'assillo della fame e abbiamo vissuto tanto animalescamente per tanto tempo che solo ora ci accorgiamo quanto cresca ogni giorno più forte la nostalgia di casa. Era inevitabile. Le sofferenze fisiche hanno spesso intorpidito i sentimenti e la coscienza forse provvidenzialmente per non farci impazzire ed ora la coscienza riaffiora e reclama i suoi diritti. Ricupero le forze giorno per giorno, il sangue circola bene, in certi momenti sento addirittura uno strano senso di pesantezza. Siamo ancora al primo stadio del ricupero e più che nutrirci divoriamo. D'altra parte vi siamo costretti dall'incredibile abbondanza di questi primi rifornimenti che sanno di provocazione e di tentazione. Il pane carrè, soffice e fragrante perché contenuto in scatole perfettamente sigillante, è da solo il segno della nostra favolosa ricchezza. Molti di noi questo pane inglese lo vedono per la prima volta. Ieri ho contato più di 16 companatici saltati fuori dalle cassette, le stesse destinate ai lanci col paracadute che dividiamo in 7: piselli, fagioli, cornbeuf, marmellata, latte condensato, pesce, cioccolato, salsiccia, the, formaggio, vaniglia, sottaceti, non li ricordo tutti. E regolarmente tabacco e sigarette. Questa mattina ho fatto colazione a letto cioè sul tavolo dove dormo tuttora in attesa di una migliore sistemazione e il letto ora è soffice perché ha due grandi cuscini di crine prelevato dalla stanza di un maggiore tedesco che se n'è andato da un pezzo. Doveva essere della mia statura, anche se un po' più grasso, perché un paio di pantaloni di tessuto a coste con il camoscio all'interno delle cosce mi fanno elegante. Era ora perché ormai i miei pantaloni si erano sbrindellati al punto che li avevo tagliati facendoli diventare corti; sotto comunque portavo le mutande di lana lunghe. Ma adesso non ho più freddo. Facciamo fatica a orientarci nella euforica confusione di questi giorni; la vita è irreale e sfasata. Ogni tanto qualche cosa ci avverte che siamo in un momento particolare e ancora pieno di pericoli. Ieri sera c' è stato 'uno spiacevole incidente quando alcune pattuglie americane e australiane intimavano con le armi spianate la rigorosa osservanza del coprifuoco. Alcuni di essi ci accusavano degli incendi e fortunatamente non hanno insistito, perché hanno capito che con tanta gente ubriaca di libertà è ben difficile trovare i responsabili. Bisognerebbe comunque che tutti gustassero la libertà in modo più dignitoso evitando atti di vandalismo insensati e inutili o cose ancora più gravi. poiché oltre alla luce continua a mancare l'acqua, usciamo a turno con un carro botte per il rifornimento fino a una casa di contadini poco lontano. L'altra sera, mentre facevamo la provvista, abbiamo visto cadere da una finestra del primo piano un armadio che appena a terra si è sfasciato e ne è uscito un vecchio malconcio. Dei russi che ci avevano preceduto erano entrati nella casa, avevano violentato l'unica donna e, poiché il vecchio cercava di opporsi, l'hanno picchiato, rinchiuso nell'armadio e buttato dalla finestra. Siamo rimasti senza fiato stentando a credere ai nostri occhi e a ciò che il poveretto si sforzava di spiegarci. La lunga prigionia ha incattivito molta gente; i russi hanno l'attenuante di aver sofferto più di tutti, ma fanno paura. Abbiamo visto portar fuori dei morti dalle baracche degli ucraini; è gente punita dai loro compatrioti perché ha lavorato coi tedeschi. Oggi c'è in visita nel campo centrale Montgomery in persona; anche il nostro colonnello è stato invitato e ciò ci conferma che finalmente siamo riconosciuti prigionieri come tutti gli altri e non dei mezzi fascisti.

 

25 aprile -Ho cominciato a fare un po' di ginnastica; buon segno. Due soldati padovani alloggiati in una baracca vicina mi hanno invitato a pranzo dove tutto era cucinato come a casa nostra, c'era con me anche Gallarotti. Mi fa piacere vedere che i soldati come sempre non sentono in me 1 'ufficiale soltanto, ma un loro simile che, sia pure in posizione diversa, divide con loro le pene della naja. Due ufficiali inglesi venuti ieri a visitare il nostro campo si sono meravigliati vedendo un gruppo di nostri compagni al lavoro per scavare una fossa per una nuova latrina. Hanno detto che avrebbero mandato del prigionieri tedeschi, ma non trovandone subito a disposizione hanno mandato 20 donne prelevate d'autorità. Stavo male per quelle poverette, poi ho saputo che erano delle ausiliarie e il trattamento mi è subito parso meno disumano. E' la guerra comunque e in fatto di atrocità non credo che si potrà uguagliare i nostri ex carcerieri. Giornali inglesi dell'altro giorno portavano fotografie delle fosse piene di cadaveri del campo di Bergen Belsen e notizie orribili anche del campo di Fallingbostel. C'è da augurarsi che le nostre famiglie non sappiano queste cose prima della notizia della nostra liberazione per non stare inutilmente in ansia per noi. I giorni si allungano visibilmente ma diventano sempre più lunghi specialmente per il crescente desiderio del ritorno. Dopo un po' di maltempo è tornato il sole. Si rinasce veramente e questa mattina facendo la doccia notavo che la pelle è già meno grinzosa e meno secca. E' tornata l'acqua, è tornata la luce eseguiamo gli avvenimenti attraverso una piccola radio che ci siamo procurati. Ora devo smettere perché sono arrivati i viveri e comincia la giostra festosa delle distribuzioni senza più le bilance da farmacista e l'ansia di perdere le briciole. Fra poco conto di finire le note gastronomiche e allora credo che comincerà la mia effettiva liberazione. Da due giorni dormo nella cameretta n. 4 della stessa baracca, ci siamo allargati ed ora siamo in 19. Molti hanno occupato le caserme adiacenti, ma per diverse ragioni trovo migliore l'alloggio qui. Sto diventando diffidente oltre che prudente. Ho tirato l'anima con i denti fino a 15 giorni fa, sono riuscito a venir fuori dall'inferno della guerra e sarebbe scemo rischiare adesso con la confusione che c' è. Meglio mantenere qualche cosa delle vecchie dimensioni a cui ci siamo abituati dentro i reticolati, un minimo di solidarietà e di organizzazione, piuttosto che improvvisare in mezzo a tanta gente scombinata e impazzita, disposta a tutte le avventure, che non si conosce e propende alla violenza. Continue trasmissioni radio annunciano la progressiva liberazione dell'ltalia settentrionale. Sempre di più sentiamo quanto è dolorosa la nostra assenza in questi momenti cruciali del nostro paese. Milano, Genova, Como, Mantova e altre città sono finalmente liberate per opera dei patrioti che hanno cacciato tedeschi e fascisti cercando di limitare al massimo le rovine predisposte dagli assassini in fuga. Sono stati catturati e giustiziati i maggiori responsabili delle nostre sventure. La Valtellina doveva essere l'ultimo baluardo dei repubblicani, ma anch'essa è stata liberata. Oggi si parla di combattimenti nelle vicinanze di Sondrio. Che cosa succederà ai miei cari? E Serio dove sarà, ora che anche Padova è stata liberata? Che finisca presto quest'ansia. Come prevedevo, cessate le preoccupazioni materiali, crescono le altre e sono ancora più ) angosciose e pressanti. I giorni passano intanto e ogni giorno crescono le forze. Non offrirò a casa lo spettacolo miserando dello scheletro deperito e senza fiato di qualche settimana fa. Domani è il 1° maggio, ci saranno feste dappertutto. I russi si sono fatti promotori di una grande manifestazione. Vivo tranquillo cercando di scompormi il meno possibile.

 

1 maggio -Dicevo ieri che ho bisogno di molta calma, la stessa calma che ho sempre cercato di avere e ne occorre parecchia di fronte alle stupide cose e alla meschinità che vedo in giro. Due ufficiali superiori, ad esempio, sono diventati nemici perché si contendono il comando del nostro campo e durante le ultime adunate si sono pubblicamente beccati. Sono ancora i nostri comandati fino a che porteranno le stellette e dovrebbero darci l'esempio di dignità e buon senso. Sono irritanti anche le manie di grandezza di altri ufficiali, che ancora non hanno capito che è passato il tempo delle arie gradasse. Cominciamo male dopo aver tanto spesso proclamato che i responsabili d'ora in poi dovranno essere seri e attenti al bene di tutti, senza più egoismi e soprattutto senza arrivismo. Finora ho creduto che fosse la prigionia la causa di tanti fatti disgustosi e meschini, ma ora che la prigionia è finita credo che non basteranno le misure draconiane che si stanno prendendo in Italia contro i molti furfanti. Chissà quanto occorrerà per cambiare la testa alla gente. Qui ce n'è troppa che si porterà a casa la testa di prima ora che la pancia non è più vuota ed è passata la paura di morire. Come saranno veramente le cose da noi? Possiamo credere a radio Londra? la situazione sarà migliore o peggiore di quella che ci viene presentata? Stanotte ho sognato che finalmente mi incontravo con Gian, che ho tanto seguito col pensiero sapendo che subiva la mia stessa sorte. Quale conforto sarebbe stato vivere insieme questi lunghissimi mesi di esilio. Lo troverò e sarà bello almeno rientrare insieme. Oggi 1° maggio le bandiere rosse con la falce e martello sono state innumerevoli, noi abbiamo ammirato il loro modo di sfilare in parata e loro hanno ammirato noi: prima ci ritenevamo reciprocamente cretini. Tuttavia i discorsi ispirati alla politica che sento fare non mi persuadono perché più frutto di sentimenti che di ragionamenti. Ho avuto piacere di non essere comandato a partecipare alla sfilata; ci sono andati prevalentemente gli ufficiali effettivi che evidentemente si ritengono isoli giustificati a rappresentare gli italiani, e ci sono andati con l'aria di chi vuoI far vedere a quale grande civiltà noi apparteniamo. Le solite balle. E così fin che porto le stellette del vecchio esercito mi faccio il preciso dovere di astenermi da simili atteggiamenti. Domani tornando alla vita civile mi guarderò bene intorno e certamente partecipando alla vita politica del mio paese farò ciò che la mia coscienza mi detterà. Ma occorrerà prepararci tutti per non essere stupide vittime di più propagande, dopo essere stati vittime di una sola che funziona ancora purtroppo. Sento parlare dei russi con tono di compatimento, moltissimi ridono di questi poveri cristi di prigionieri perché sono analfabeti e non sanno andare in bicicletta e per deduzione disprezzano anche il sistema politico che li rappresenta, naturalmente senza conoscerlo. E' un brutto preludio per il prossimo futuro che vedrà il nostro paese libero e perciò campo d'incontro e di confronto di idee politiche diverse. Vedremo. Intanto è cominciato il mese di maggio, che sia il mese del rientro? Festeggerei il compleanno della mia mammetta d'oro e l'anno e mezzo della mia Gabriella. Speriamo, ora che sperare è più facile di prima, se Dio vuole.

 

5 maggio- Due anni ieri che non vedo e non bacio te, Ada mia; ma per poco ancora. Oggi ti ho scritto per la prima volta da quando ci hanno liberato, ma temo che ti possa arrivare qualche cosa in questa delirante primavera. N ei giorni scorsi ho faticato non poco in due fastidiosi traslochi dovuti alla confusione generale e ai soliti ordini e contrordini del vecchio regio esercito. Mi hanno fatto sfollare dalla stanzetta abbastanza tranquilla in cui mi ero sistemato, assicurandomi che erano disponibili le belle villette degli ufficiali qui vicino. Con De Matteis e Sciglio, gli unici rimasti con me della vecchia camerata affamata, avevo occupato una stupenda stanza; per una sera e una notte abbiamo avuto l'anticipo della vita civile, pulita e silenziosa, di cui non ci ricordiamo quasi più, subito guastata dall'ordine di un nuovo trasloco in una stanza dell'ex baracca dei francesi, dove se non altro siamo in 12 e dove ho trovato qualche libro, fra cui un manuale della Kodak 24 x 36. Naturalmente ci siamo trovati con gente ancora una volta cambiata, ma portiamo pazienza perché ormai mi sono fatto l'idea che l'umanità sia composta di milioni di granelli continuamente fatti girare in un gigantesco macinino. L 'importante è non rimanere schiacciati. Oggi ho fatto una doccia calda: continuo ad ingrassare ed è tempo di far diventare elastici i muscoli. Si parla sempre di spostamenti in un campo di smistamento per il rimpatrio, ma i giorni passano. Potessi vedere Gian una buona volta.

 

7 maggio -Otto anni fa il papà ci lasciava. Questa mattina sono stato a messa per Lui. Col bene che ci voleva chissà quanto avrebbe patito ad averci lontano per tanto tempo. E di Gian non so ancora niente. Corrono anzi voci poco belle. Wietzendorf sarebbe stato preso, perso e ripreso dagli alleati, che avrebbero trovato nel campo solo un centinaio di ufficiali anziani mentre gli altri sarebbero stati avviati al lavoro più o meno volontariamente. I rimasti sarebbero stati lasciati senza viveri fino a ieri. Qui si parla ancora di partenza, ma per difendermi dalle delusioni riprendo un po' dello scetticismo degli ultimi tempi della prigionia. Pare che questa notte alle 2 sia stato firmato l'armistizio. Che sia la vera fine della guerra almeno in Europa?

 

10 maggio -Il quaderno è bastato giusto giusto fino al termine della guerra. Ieri infatti alle ore 0.1 sono finite le ostilità e alle ore 0.16 Keitel firmava la resa di Berlino. Di nuovo dicono che si parte da Fallingbostel per Wietzendorf perché qui stanno concentrando la bellezza di 85.000 prigionieri russi e russa sarebbe l'amministrazione. Questo fra l'altro è un sintomo di ciò che tempo fa sospettavo: la Germania a pezzetti spartiti tra le nazioni vincitrici. Sempre meglio comunque di una Germania unita e nazista che doveva durare mille anni e per nostra fortuna è durata 991 anni di meno. Sarebbe bello raggiungere Gian e Wietzendorf, sperando che davvero sia lì. Faremmo insieme ancora un po' di naja ma poi finirà del tutto. Ad ogni modo ogni giorno che passa è un passo verso casa mia, verso la mia famiglia tanto attesa, tanto sognata. Credo che non sia il caso di fissare ancora molte note di questo genere ora che è finita una triste avventura cominciata per me 24 mesi fa col trasferimento in Albania. Mi trovo indurito dopo una simile esperienza, ma è aumentato l'amore per la mia casa e spero di lavorare sereno e tranquillo in avvenire cercando di fare il mio dovere di cittadino di un paese libero. Ada mia, tu sai che non sono mai stato un baciapile; ringrazio Dio che mi ha aiutato e che certamente ha protetto tutti voi. La nostra preghiera l'ho detta sempre e la Provvidenza ci aiuterà ancora e aiuterà i nostri cari, di cui cercheremo sempre di meritarci l'affetto. Tu Gabriella sei stata la nostra gioia, la forza più grande e ci hai dato modo di superare questi tempi duri. Ti corro vicino e ti bacio stringendoti al petto insieme con te mia dolce Ada.

Dal maggio al settembre 1945 -Sulla base di altri appunti saltuari, intercalati da un mucchio di lavoro svolto quotidianamente per dare un certo ordine a quello già fatto nei mesi precedenti, può essere ricostruita 1 'ultima parte del soggiorno in Germania. A metà maggio del 1945 lasciai Fallingbostel per Munster di Soltan (?) con un trasferimento veloce su autocarri americani guidati con veloce disinvoltura da autisti spericolati. Fallingbostel, come già sapevamo, era destinato a riunire tutti i prigionieri russi della regione. Arrivammo quasi inaspettati in un villaggio militare costituito da casermette in muratura e ciò costituiva una promozione, ma il comando inglese del luogo ci scambiò in un primo turno per collaborazionisti trattandoci per qualche giorno piuttosto duramente. Tuttavia avevamo abbondanti scorte e al pane supplimmo con le onnipresenti patate, finche l'equivoco fu chiarito e ricevemmo anche le scuse accompagnate da un chiarimento che sorprese un po' tutti. Il trattamento speciale avuto a Fallingbostel, che sarebbe stato ripreso nel prossimo campo dove saremmo stati presto sistemati, era dovuto al fatto che le autorità inglesi negli uffici dell'amministrazione dell'XIB di Fallingbostel avevano scoperto che noi novecento renitenti al lavoro eravamo destinati a Bergen-Belsen per punizione. Fortunatamente i tedeschi si erano ritirati prima di poterci organizzare l'ultimo e definitivo viaggio. Dopo tre giorni prendemmo alloggio in buone baracche fornite di tutti i servizi che avevano ospitato lavoratori francesi, poste in mezzo a un bosco stupendo, ai limiti di una vastissima area fitta di conifere tutta cintata perché nel sottosuolo c'era un'intera fabbrica di prodotti chimici. Da sei anni in Germania non c' era stagione di caccia e la selvaggina della foresta era abbondantissima. I caprioli specialmente venivano catturati coi lacci; gli inglesi ci perquisirono per toglierci i fucili da caccia che ci eravamo procurati "visitando" il paese vicino provvisoriamente sgombrato dagli abitanti. Wietzendorf era a pochi chilometri di strada, oltre un bosco. Da un amico che subito all'arrivo si era spinto li per rintracciare dei colleghi, seppi che le notizie avute in precedenza sulla sorte di quel campo non erano vere e che Gian era li. n 19 maggio finalmente mi incontravo con mio fratello, dopo aver superato l'ultimo ostacolo costituito questa volta dalla burocrazia italiana dei comandi dei due campi. Era ancora molto magro perché non aveva avuto il trattamento speciale di cui avevo goduto io e le mie efficienti condizioni fisiche mi fecero un po' vergognare.

In quaranta giorni ero cresciuto venticinque chili! n 10 aprile infatti mi ero pesato nudo e la bilancia mi aveva dato l'allarmante responso di 49 chili. Rimarrà sempre un mistero quell'ingrasso privo di alcun disturbo. Portato Gian nel mio campo procedemmo al suo ingrasso e in un mese anch'egli si mise a posto. Ricordo che con l'appetito formidabile che 1 'ha sempre distinto dava spettacolo nei primi giorni quando lo pesavamo prima e dopo i pasti. La bilancia segnava sbalzi di quattro o cinque chili, tanto riusciva a ingurgitare, pur riuscendo anche lui ad assimilare bene e senza inconvenienti. Dovetti fare un sacrificio, effettivamente, andando con lui nei due lettini a castello trovati liberi in un'ampia stanza insieme con altre venti persone. Precedentemente infatti mi ero sistemato da nababbo in una stanzetta adiacente con altri tre amici e l'avevamo arredata lussuosamente; avevamo materassi, lenzuola, coperte, un forno elettrico costruito con un bidone di lamiera e due resistenze in alto e in basso, un fornello elettrico, un orologio cucù, un radiogoniometro modificato a radio a onde corte. n pasto del mattino era sibaritico; stando a letto prendevamo il te, che era fatto bollire nel fornello elettrico, che si accendeva all'ora fissata quando le lancette dell'orologio chiudevano il circuito accendendo anche la radio. Quando sentivamo gorgogliare l'acqua che bolliva immergevamo l'uovo forato contenente il te e questo veniva spillato da un tubo a sifone fornito di chiavetta. Sotto di questo erano posate le tazze sul vassoio predisposto la sera prima. Erano comodità che tutti ci invidiavano e noi, temendo qualche sabotaggio, quando eravamo fuori tutti e quattro applicavamo l'antifurto immettendo la corrente elettrica alla maniglia della porta. Un giorno per poco non rimaneva fulminato un colonnello. Un posto per una quinta persona non si poteva ricavare ma ho rinunciato volentieri a tanto lusso pur di stare con mio fratello. Festeggio cosi con uno della mia famiglia l'anno e mezzo di Gabriella. Ci accingiamo ad attendere il rimpatrio. Nella euforia della liberazione la gente sembrava del tutto cambiata, presa come era dalla voglia di rifarsi dopo tante privazioni. Mai stagione fu tanto matta come l'estate del 1945.

Per ingannare l'attesa del rientro, di cui ogni secondo giorno ricorreva l'annuncio, si facevano le cose più strampalate. Diventarono di moda scorribande con l'autostop verso località vicine e lontane, molti si diedero a fare dello sport e a lunghe marce nei boschi; i più si diedero a cercare ragazze e donne, approfittando anche delle lunghe astinenze delle donne tedesche, dovute all'assenza di tutti gli uomini validi rinchiusi allora nei campi già usati per noi, dalle truppe alleate. La frego la giunse al parossismo in luglio, tanto che Montgomerj dovette ordinare la "nofraternization" che naturalmente fu ben poco osservata. Era vistosissimo il rilassamento della morale in quella ubriacatura collettiva. In quella splendida e calda estate, dai giorni lunghissimi, io persi il sonno. Il pensiero di casa mia senza notizie com'ero, mi impediva di dormire più di un paio d'ore per notte e me la prendevo con mio fratello che, al contrario di me, era tranquillo e pacifico e dormiva a lungo e profondamente. poiché avevamo a disposizione davanti a ciascuna baracca certe stufette per fare da cucina, mi facevo i muscoli segando tronchetti di pini e di abeti, che poi spaccavo energicamente a colpi di scure. I cappellani erano disperati per i motivi contrari a quelli che li assillavano durante la prigionia: allora non sapevamo come fare per accontentare tutti i prigionieri che si mettevano in nota per servir messa, ora non trovavano più nessuno disposto a fare da chierico; un giorno servii messa a un benedettino, col patto che mi dicesse tutto ciò che dovevo dire e fare, e la messa durò un'ora, senza predica. Passavo le giornate scaldandomi al sole e le ossa non scricchiolavano più; leggevo e scrivevo per lunghe ore nella stanza deserta perché tutti erano fuori in cerca di avventure. Mi pareva di essere in un campeggio di borghesi. Non poteva mancare il desiderio di fare un po' di musica e riuscii a realizzarlo facendo amicizia con un buon uomo, pastore evangelico del paese. Parlavamo in un buffo latino pieno di neologismi perché io parlavo anche il tedesco e lui altrettanto male il francese. Un mio collega milanese suonava egregiamente l' organo, io trovai un buon violino e nel pomeriggio per settimane di seguito avemmo a disposizione la ricca biblioteca della chiesa. Un paesino di ottocento anime disponeva di un'orchestra di una ventina di elementi e di un coro di trenta per il servizio religioso della domenica e ciò mi faceva pensare alla cultura musicale del nostro paese tanto poco diffusa tra il popolo. Il pastore era un patito di Bach e sembrava soddisfatto quando lo suonavamo, ma un giorno, vincendo nobilmente il suo acceso nazionalismo di buon tedesco, ammirò con sincerità un largo di Vivaldi che eravamo riusciti a ricostruire a memoria. In coppia con mio fratello giocavo quasi ogni sera a poker con le sigarette inglesi, crafen e Marjlant di solito, al posto delle fishes. Eravamo formidabili imbroglioni e non siamo stati mai tanto ricchi di tabacco. Con quattro lattine da cinquanta riuscii a farmi mettere a posto i denti da un dentista di Mi.inster; ne avevo bisogno. Venne finalmente il giorno della partenza e ill ° settembre ci portarono a Brunsuich per prendere la tradotta. Il viaggio fu lunghissimo. In una sosta a Norimberga vedemmo il terribile potere di distruzione delle bombe al fosforo; interi quartieri avevano le case in piedi, ma tutte svuotate dal fuoco. Sembrava una strana Pompei tedesca, tutta annerita per giunta. I1 passaggio della tradotta sul ponte del Danubio, appena gettato dai pontieri francesi, avvenne a passo d'uomo. Molti temevano d'annegare per un crollo improvviso, mio fratello invece dormiva e brontolò quando lo svegliai. A Garmisch ci fu una sosta di un giorno e conoscemmo i prodigi del DDT per la disinfestazione. Fu penosa la discesa dal Brennero a Verona per la vista delle grandi distruzioni dei bombardamenti alleati e dei sabotaggi dei tedeschi in fuga negli ultimi giorni di guerra. A Pescantina mi separai da Gian che si avviò verso Padova. Per vincere la tristezza del momento avevo in animo di bermi mezzo litro di vino, ma quando lessi su un certo cartello appeso fuori da un'osteria che costava settanta lire al litro vi rinunciai perché il prezzo mi parve pazzesco. Ero fermo agli indici del 1943 e mi parevano una discreta sommetta le 400 lire ricevute al comando della stazione. Intendevo portarle intatte a casa tanto che giunto alla stazione centrale di Milano dopo una notte di tradotta, essendo rimasto senza sigarette, rinunciai anche a spendère le trenta lire necessarie per comprare un pacchetto da dieci, marca "Ambrosiano" se ben ricordo. E giunto a Sondrio il 7 settembre a mezzogiorno, neanche mi passò per la testa di prendere un taxi per giungere subito a Torre dove l' Ada e la Gabriella mi aspettavano ormai da troppo tempo e attesi la corriera della sera. Ne approfittai per andare al Provveditorato in cerca di una supplenza. Con molta serietà il Provveditore reggente disse che sarebbe stato difficile, perché i termini delle domande erano scaduti il31 agosto. C'era stata la guerra con tutte le sue rovine, ma per un povero diavolo che tornava pieno di voglia di lavorare e per tutti i suoi tribolati concittadini rimaneva ancora immutata la santa burocrazia, come se nulla fosse successo e se fosse tua la colpa del ritardo.

...l'importante è che non ci si deluda del tutto e che troviamo un senso per la nostra esistenza e, soprattutto, che ci si voglia bene…

                                                                                                                                              Luigi Livieri

 

 

 

Il diario del Prof Luigi Livieri mi è stato affidato per la trascrizione

dalla Signora Ada Livieri alla quale sono dedicate queste pagine.

    Ernesto Tito Di Blasi

 

 

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