PELLEGRINO ARTUSI

STORIA DELLA CUCINA

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La vita; 

I luoghi; 

I personaggi; 

La cultura (i testi letterari)

....E PRIMA DELL'ARTUSI?

L'Artusi raccolse il meglio dei vecchi ricettari, li rielaborò, li cromatizzò con una nuova ed allegra fraseologia inserendovi la tradizione culinaria regionale

-Il primo referente in ordine cronologico (Roma imperiale) è certamente Apicio col suo De re coquinaria.  

SCHEMA SUI  GRANDI GASTRONOMI 

....DAL 1400 AL 1800  

 

LA CUCINA ROMANA

LA CUCINA ETRUSCA

LA CUCINA CELTICA

LA CUCINA DEL MEDIOEVO  

LA CUCINA DEL RINASCIMENTO  

MASTRO MARTINO 

E BARTOLOMEO SACCHI 

DETTO IL PLATINA  

-Bartolomeo Sacchi detto il Platina

-Mastro Martino

-Berni

-Teofilo Folengo

-Cristoforo Messisburgo

-Domenico Romoli detto il Panunto

-Baldassarre Pisanelli

-Ugo Benzi

-Michele Savonarola (1348-1462 circa)

-Bartolomeo Scappi  

MICHELE SAVONAROLA (1348-1462 circa) L'opera di questo medico Padovano titolata "Libreto" circolò dapprima in copie manoscritte e successivamente fu dato alle stampe da Simone Luere, a Venezia nel 1508.   UGO BENZI (1376-1439) Pubblicò Le regole della sanità... Le regole della sanità di questo medico senese, dopo aver circolato manoscritte, comparvero per la prima volta nel testo latino presso gli eredi di Ottaviano Scoto, Venezia 1518.  

L'AGLIO DI CATERINA

CURIOSO FU L'INCONTRO FRA CATERINA E NOSTRADAMUS.......

LEONARDO... .appassionato gastronomo?  

 

-Giovanni Rosselli ; -Vincenzo Tanara; -Bartolomeo Stefani; -Antonio Latini

-Ottaviano Rabasco; -Matteo Molinari; -F.F.Frugoni; -Cesare Evitascandolo

-Vincenzo Corrado; -Francesco Leonardi; -Antonio Cocchi

-Vincenzo Agnoletti; -Gianfelice Luraschi; -Ippolito Cavalcanti

-Nel settecento è ancora la Francia a imporre le proprie regole in cucina e sulla tavola che sono l'originalità e la delicatezza: ne è protagonista La Chapelle col suo Cousinier moderne..... All'inizio dell'ottocento Brillat-Savarin con la sua Fisiologia del gusto fa diventare la cucina come la chimica il cui formulario necessita di maggior intelletto e meno gusto.

L'Artusi pur non spegnendo la presenza della ragione riesce a rimettere in gioco il palato da quello popolare a quello borghese.

Dalla fine del XVIII secolo i numerosi testi di cucina regionale pur continuando a confrontarsi col modello francese ritrovano una certa individualità e indipendenza. Destinatarie di questa letteratura minore sono soprattutto le donne di casa: possiamo citare fra gli altri "La cuciniera piemontese (Vercelli 1771), la Cuoca Cremonese (Cremona 1794), Il Cuoco maceratese di Antonio Nebbia (Macerata 1781), il Cuoco Galante di Vincenzo Corrado (Napoli 1773)*e l'Apicio moderno, ossia l'arte di apprestare ogni sorta di vivande del romano Francesco Leonardi (Roma 1790/sei tomi):quest'opera, col suo tentativo di unificare le cucine regionali italiane, fa del Leonardi il più diretto precursore dell'Artusi.

LA RISPOSTA LA DA' LO STESSO ARTUSI QUANDO RICORDA CHE IL SUO LIBRO TRATTA DI "COMPANATICO" E CHE SI RIVOLGE ALLE CLASSI AGIATE:

"S'intende bene che io in questo scritto parlo alle classi agiate, chè i diseredati dalla fortuna sono costretti, loro malgrado, a fare di necessità virtù e consolarsi riflettendo che la vita attiva e frugale contribuisce alla robustezza del corpo e alla conservazione della salute"..... e per le classi agiate la piada altro non era che una gradevole variante del pane.

GIANNI QUONDAMATTEO, IMPAREGGIABILE STUDIOSO DEL COSTUME ROMAGNOLO, NEL SUO GRANDE DIZIONARIO E RICETTARIO DELLA CUCINA ROMAGNOLA" ALLA VOCE PIADA RIFERISCE INNANZITUTTO LE DIFFERENTI DENOMINAZIONI DIALETTALI: a Ravenna, Faenza e Forlì si dice "PJE", nella sola Ravenna anche "PJI"" e "PJIDA", a Cesena e Rimini "PIDA", a Rimini città come in Valmarecchia "PIEDA".

LA PIADA DIVENTA, PER I POETI ROMAGNOLI DEI PRIMI DECENNI DEL SECOLO, IL SIMBOLO DELLA CASA E DELLA TERRA NATALE ED E' LEGATA AL TEMA RICORRENTE DELLA NOSTALGIA. (Uno dei testi più cari ai romagnoli, e sintesi di questa poetica, è sicuramente "La Piè " del poeta romagnolo Aldo Spallicci, musicata da F. Balilla Pratella.  

GIOVANNI PASCOLI E LA PIADA

NELLA NOTA AL POEMETTO APPARSO SU "VITA INTERNAZIONALE" NEL 1900 IL PASCOLI SCRISSE: " PIADA, PIEDA, PIDA, PIE', SI CHIAMA DAI ROMAGNOLI LA SPIANATA DI GRANO O DI GRANOTURCO O MISTA, CHE è IL CIBO QUOTIDIANO DELLA POVERA GENTE; E SI INTRIDE SENZA LIEVITO; E SI CUOCE IN UNA TEGLIA DI ARGILLA, CHE SI CHIAMA TESTO, SOPRA IL FOCOLARE CHE SI CHIAMA L'AROLA. E' LO STESSO PANE AZZIMO DEGLI EBREI. E' LO STESSO CHE I PROFUGHI DI ILIO MANGIARONO LA PRIMA VOLTA SUL SUOLO ITALICO, QUANDO IL PICCOLO IULO, VEDENDO CHE SI ANDAVANO RODENDO ANCHE LE QUADRAE SU CUI OGNUNO AVEVA MESSO IL SUO COMPANATICO, ESCLAMO': "OH MANGIAMO ANCHE LE MENSE!". NELL'EDIZIONE DEL 1909 DEI NUOVI POEMETTI" SI  LEGGE INOLTRE:" E NON E' BELLO SOSTITUIRE A PIADA QUELLA CARA PIZZA CHE I NAPOLETANI SI MERAVIGLIEREBBERO MOLTO SE SAPESSERO CHE I NOSTRI CONTADINI LA MANGIANO A DESINARE E A CENA. PIADA DUNQUE COTTA SUL TESTO". E' UNA TERRA CHE TENDE A DIVENTARE MITO E CHE IN UNA POESIA DEL 1907 DAL TITOLO APPUNTO "ROMAGNA", IN FORMA DI PERSONA RIAFFERMA: "LE QUATTRO QUADRE MANGIO ANCOR DEL PANE/RUDE DI ROMA".

 

PRIMA DELL'AVVENTO DEL TURISMO DI MASSA SULLA COSTA ROMAGNOLA, LA PIDA ERA ALIMENTO CASALINGO DI TALE UMILTA' DA NON TROVARE CITAZIONE SIA NE "L'ARTE DI UTILIZZARE GLI AVANZI DELLA MENSA" DI OLINDO GUERRINI CHE NE "LA SCIENZA IN CUCINA E L'ARTE DI MANGIAR BENE" DI PELLEGRINO ARTUSI, EPPURE I DUE AUTORI ERANO ROMAGNOLI E LA DOVEVANO CONOSCERE BENE. QUALI SONO I MOTIVI?  

 

 

LE SUE ORIGINI STORICHE

La sua origine va ricercata in tempi molto lontani ricollegando questo cibo alla millenaria produzione di focacce e di pani "azzimi" che precede la produzione del pane propriamente detto e l'uso quindi dei fermenti per la lievitazione dell'impasto di acqua e farina. L'invenzione del pane lievitato non soppiantò l'uso dei pani azzimi e schiacciati, in quanto la loro cottura non necessita di una tecnologia complessa e di un considerevole consumo energetico come per il forno ma è sufficiente una piastra di cottura. Rimase quindi l'uso di queste focacce tra le popolazioni nomadi e si mantenne in tutte quelle situazioni in cui necessitava una rapida confezione dei cibi e la loro conservazione per un consumo in momenti di particolare difficoltà. La letteratura classica Greca e Latina, nonchè la Bibbia, è assai ricca di testimonianze riguardo a queste focacce: dai pani azzimi della tradizione Ebraico-Cristiana alle varie focacce rituali usate nelle offerte propiziatorie agli dei. Una di queste testimonianze, in particolare, ci sembra interessante per capire la tendenza della cultura Romagnola, a cavallo tra otto e novecento a ricollegarsi alla classicità Greco-Romana.  

NEL SETTIMO LIBRO DELL'ENEIDE, ENEA SCORGE, DURANTE LA SUA NAVIGAZIONE, UN GRANDE BOSCO ATTRAVERSO IL QUALE UN FIUME, IL TEVERE, SI GETTA IN MARE E QUI DECIDE DI FERMARSI. STANCHI ED AFFAMATI I NAVIGANTI APPRESTANO UN FRUGALE BANCHETTO STENDENDO SULL'ERBA DELLE FOCACCE: "Et cereale solum pomis agrestibus augent" .......CHE LETTERALMENTE SIGNIFICA:" E il cereale vassoio di frutte selvatiche colmano"; (intendendo che queste focacce venivano usate come veri e propri piatti sui quali appoggiare i cibi da consumare. Terminato il pasto frugale la fame spinge i troiani a mangiare anche il PIATTO: " ET VIOLARE MANU MALISQUE AUDACIBUS ORBEM FATALIS CRUSTI, PATULIS NEC PARCERE QUADRIS" ( a violare con la mano, col dente audace, le tonde/focacce fatali, a non risparmiare larghi quadri).A QUESTO PUNTO ENEA RICORDA CHE IL PADRE ANCHISE GLI AVEVA PREDETTO CHE QUANDO LA FAME AVESSE SPINTO GLI ESULI A DIVORARE ANCHE LE MENSE, IN QUEL POSTO, ALLORA, AVREBBERO POTUTO FONDARE LA NUOVA CITTÀ'. PER I ROMAGNOLI NOSTRI AVI, NON VI E' DUBBIO: ENEA E I TROIANI MANGIARONO PIADE. (Tratto da "PIADA", 1991/Romagna città Futura/ Assoc. Culturale)  

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