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"Chanson de la plus haute tour"
Ah la gioventù che se la mena,
la gioventù che sa solo annuire!
Quanti "compermesso" per poi languire
sulla soglia... Vuoi mettere una bella
porta sbattuta in faccia?
Molla tutto, mi son detto, e sparisci;
e non sperare che sia uno sballo.
Se cammini per davvero
non puoi arrivare da nessuna parte.
A forza di portar pazienza non
rammento più per che cosa;
ansie e patemi sono ascesi al cielo.
Peccato questo verme che mi rode
e mi fa pallido il sangue...
E via per praterie (si fa per dire)
fiorite di incenso e di zizzania,
fra sciami di merdosi parassiti...
E l'anima, poverina... Pensate:
un lutto dietro l'altro, e come unica
risorsa un santino della madonna.
Per farci che? Pregarla? La Madonna?
Ah la gioventù che se la mena,
la gioventù che sa solo annuire!
Quanti "compermesso" per poi languire
sulla soglia... Vuoi mettere una bella
porta sbattuta in faccia?
Traduzione del
critico letterario
Marco Cavalli di una composizione di Rimbaud, per la presentazione
(ottobre 2005).
Si tratta di una composizione
ispirata all’esistenza del poeta francese Rimbaud. Non già alle sue
opere, direttamente, ma a quella particolare e disperata opera che fu la
sua vita. Il mondo di Rimbaud in musica ed immagini; quasi rock’n’roll,
come per un Jim Morrison qualsiasi.
eroma:
Federica Gonzato
(basso e voce)
Giulio Pastorello (chitarra elettrica e Korg Electribe)
Massimo Fontana (chitarra elettrica e voce)
Fabio Ferrando e Manuel Baldini (immagini)
Introduce:
Marco Cavalli
Struttura del brano
1) PRELUDIO (Marsiglia, 1875.
Lontano da Verlaine)
Rimbaud, dopo la separazione da Verlaine (che un paio
d’anni prima gli aveva sparato contro un colpo di pistola, ferendolo
alla mano), viaggia: Londra, Stoccarda, Parigi, Milan), Marsiglia (dove
si arruola nell’esercito).
2) PRIMO SVILUPPO (Charlville,
1875. Studio e famiglia)
Trascorre l’inverno in famiglia, a Charleville, e
studia lingue moderne ed arabo.
3) INTERLUDIO (Marsiglia,
1879. Malattia)
Dopo essersi arruolato nella legione straniera
olandese, viaggiato per l’Europa, attraversato il San Gottardo a piedi,
ed esser stato assunto come capocantiere a Cipro, Rimbaud si ammala di
tifo ed è costretto a ritornare a casa.
4) SECONDO SVILUPPO (Harar,
1880. Cavalcata nel deserto)
Lavora a Cipro in un cantiere inglese, ma si dimette
dopo poco; inizia a commerciare pellame e caffè per una ditta francese
che lo invia ad Harar; Rimbaud compie una lunga cavalcata solitaria di
venti giorni, nel deserto somalo, per giungere a destinazione il 13
dicembre del 1880.
5) INTERLUDIO (Marsiglia,
1891. Fine)
Continua a lavorare per la ditta Dardey, ma
contemporaneamente progetta e compie spedizioni archeologiche e,
successivamente, si dedica al traffico d’armi. Inizia ad avvertire il
dolore al ginocchio. Affetto da carcinoma maligno liquida i suoi affari
e torna in Europa. Il 9 luglio del 1891 è a Marsiglia, all’ospedale
della Conception, ove subisce l’amputazione della gamba destra.
6) TERZO SVILUPPO (Isabelle)
Rimbaud tenta il
ritorno a casa, ma il dolore è forte (ed il male non più curabile):
ritorna all’ospedale di Marsiglia dove viene riospedalizzato. La sorella
Isabelle lo accompagna, assistendolo sino alla morte, sopraggiunta il 10
novembre del 1891.
Appunti
di viaggio
Vivo come se nulla fosse: di malattia in malattia, di porto in porto, di
stazione in stazione; come se a ritornare sui miei passi non fossi io ma
l’immagine che ho simulato per te.
Non leggere le mie parole, osserva i movimenti, ti porteranno più
lontano.
Ho attraversato mari, oceani, immense distese d’acqua che parevano non
avere fine. Ho masticato sabbia nel deserto e sudato freddo, nel terrore
di ritrovare un motivo per esserci ancora.
Voglio una terra dove non ci sia carta, non ci sia penna, non ci siano
parole. Voglio spacciare parti di me, in modo che di nulla resti un
centro.
Il sole diserta queste sponde e l’acqua di queste onde ghiacciate scuote
il cervello, portandovi buio.
Non salvarmi Isabelle, lasciami marcire.
La mia nave sta partendo.
Massimo
Perché ancora Rimbaud.
Sembra si sia aperto un varco sull’abisso che neanche il povero Rimbaud,
a cavallo, nel deserto, deve aver vissuto sino in fondo. Arthur Rimbaud,
con la sua esistenza, ben più che con le sue parole, conservò le
stimmate del poeta maledetto, ma smarrì presto le chiavi d’accesso al
santuario dell’arte, al tempio che anche Baudelaire aveva scorto. In
questo senso, e solo in questo, le sue parole giungono a noi prive di
significato: un involucro vuoto, un’antica mummia egizia che si aggira
senza pace. Ma la scrittura mummificata di Rimbaud non incute più il
minimo terrore, nessun brivido dietro la schiena. I suoi versi sono lì,
di fronte a noi, come vecchi libri polverosi conservati in qualche
noiosa biblioteca.
C’è dunque ancora traccia dell’inquietudine
del giovane Arthur? Si direbbe di no; o, almeno, questa deve essersi
smarrita da qualche parte là, nelle buie notti africane.
Per questo noi abbiamo chiesto al grande Rimbaud di tacere. Volevamo
mano libera, licenza di indagare, un mandato di perquisizione: l’abbiamo
avuto e ciò che sondiamo è la profondità del mare, la vastità del
deserto e, persino nelle vecchie foto di gruppo, non troviamo traccia
del poeta maledetto.
Eppure un segno l’aveva concesso, smettendo di scrivere in giovane età
(laddove Socrate non smise di cianciare di galli e divinità neanche a
pochi istanti dalla fine).
Silenzio.
Dove sta allora Rimbaud? Dove i suoi versi?
Da nessuna parte, ora è chiaro, perché proprio lì dovevano stare.
Arthur Rimbaud, l’eretico, l’omosessuale, il senza dio, il solitario
cittadino di distese sconfinate, l’archeologo, il senza patria, il
trafficante d’armi è di gran moda: come mai prima d’ora.
Sembra si sia aperto un
varco sull’abisso che neanche il povero Rimbaud, a cavallo, nel deserto,
deve aver vissuto sino in fondo. Qualcosa che ognuno di noi può scorgere
a fianco, ma le parole per dirlo non sono state scritte.
Massimo
DVD
2005
Federica Gonzato: basso e voce
Giulio Pastorello: chitarra elettrica e Korg Electribe.
Fabio Ferrando: montaggio video e immagini.
Manuel Baldini: immagini.
Massimo Fontana: chitarra elettrica.
Nicola Frigo: registrazione e mixaggio audio.
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Vicenza. Domani sera si terrà un evento del tutto particolare dedicato
ad una delle più singolari e affascinanti personalità della letteratura
europea, Arthur Rimbaud. Lo spettacolo, intitolato Le soleil quitte
ces bords (il sole diserta queste sponde), ruota attorno ad una
composizione in musica ed immagini ispirata alla biografia del celebre
poeta francese nato nel 1854 e morto nel 1891, artefice di una breve e
intensa produzione poetica concentrata tutta fra il 1870 e il 1878. Il
lavoro nasce dalla collaborazione tra i musicisti del gruppo eroma e gli
artisti Fabio Ferrando e Manuel Baldini. eroma, band formatasi nel 1997
e che al proprio attivo ha tre album autoprodotti, un’importante
produzione Wallace Records e una costante attività live, è formato da
Federica Gonzato (baso e voce), Giulio Pastorello (chitarra elettrica e
Korg electribe) e Massimo Fontana (chitarra). Per l’occasione eroma darà
vita ad un’esibizione a metà strada fra rock, noise e psichedelia,
dialogando con il materiale video ispirato alla vita di Rimbaud a firma
di Fabio Ferrando e Manuel Baldini. Realizzato in occasione della
partecipazione al festival torinese “Blog on Rimbaud” tenutosi nel magio
scorso, Le soleil quitte ces bords viene proposto in anteprima a
Vicenza, nel Capannus, uno spazio per “accadimenti contemporanei” che,
dopo i recenti eventi (…) si apre nuovamente al pubblico con questo
primo appuntamento autunnale. La performance sarà introdotta dalla voce
di Marco Cavalli.
Il giornale di
Vicenza di venerdì 28 ottobre 2005
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EROMA
La maschera mancina.
Nascosti come un burattinaio dove i fili sono le corde degli strumenti.
Eroma, anche il nome è travisato, quasi il pudore di leggerlo dalla
parte giusta. Nel 1997 Federica Gonzato, Ilaria Ellero e Massimo
Fontana, nella tipica formazione basso batteria chitarra elettrica,
spengono La Macchina Di Werther, un mezzo ormai obsoleto, per avviare
Eroma. Una ricerca anomala la loro, come camminare a lato della strada
dove l’asfalto finisce. Quindi brani con una linea melodica definita, ma
privi di ritornello: in questa maniera c’è la possibilità di incastri
sonori e intrecci fra voce e strumenti che non tornano mai due volte,
quindi afferrati subito o lasciati cadere. Una ricerca anomala e
tutt’altro che appariscente. Laddove la posa atteggiante, l’ostentazione
di testosterone, lo sfoggio di strumentazione firmata fa parte del
bagaglio del rocker, gli Eroma imprimono al loro cammino il passo
discreto della donna. Il materiale è lo stesso, un tappeto sonoro
granitico, tuttavia reso fragile dalle melodie e dalle voci che non
emergono mai sopra le onde dei brani, ma sono esse stesse onde.
Aggiungiamoci una propensione all’arte e un certo gusto per la
letteratura decadente, il risultato è di gran lunga diverso dalla
giocosa cattiveria adolescente, è il rock stesso. Giusto per
incorniciarli, immaginiamo che i Velvet Underground invitano nel salotto
di Andy Warhol i Joy Division mentre alla tivù sta scorrendo un film di
fantascienza interpretato dai Sonic Youth. Con queste coordinate
sviluppano i tre primi albums autoprodotti, “Blue Sound”, “L’ Atomo è
Quasi Vuoto” e “Baal Zebub”. L’etichetta bolognese Acqued8 inserisce tre
loro brani in due differenti raccolte di gruppi emergenti, infine nel
2003 entrano con cinque brani nel vol. 4 delle famose raccolte PO BOX
52, curate dalla Wallace Records di Mirko Spino, un faro per il
movimento sotterraneo italiano. Xabier Iriondo (ex Afterhours) il
produttore. Il gruppo si avvale di collaborazioni occasionali, una sorta
di progetto aperto, ecco allora Gi Gasparin, Nicola Frigo, Giulio
Pastorello. Quest’ultimo, con il suo chitarrismo liquido ed abissale,
darà vita alla seconda fase Eroma. 2004, Ilaria lascia il gruppo e con
lei se ne va la batteria. Contemporaneamente, gli Eroma iniziano la
collaborazione con Fabio Ferrando e Manuel Baldini, manipolatori e
creatori di immagini. La stampa specializzata a differenza di quella
locale coccola gli Eroma. Il mensile Blow Up li invita nel maggio 2005
ad un evento multimediale dedicato ad Arthur Rimbaud presso il castello
di Rivara (To).
Nasce “Le
soleil quitte ces bords”.
E questo è presente.
Un dvd in edizione limitata (e ti sfido… confezione in stoffa cucita a
mano) che tralascia l’opera letteraria concentrandosi sulla fuga del
poeta maledetto seguendo i suoi deliri umani alla ricerca disperata di
un qualcosa che alla fine, amputato nel corpo e nell’anima, troverà
dentro di sé: una parola non pronunciabile. Le immagini sgranate e la
tensione che cresce nei 42 minuti che guidano le sei situazioni di
viaggio dell’artista, accompagnate da una mutazione sonora tra
psichedelia, post rock, noise e space rock, con la definitiva scomparsa
dei musicisti, ci conducono ad un concetto di arte che esula dalla mera
esecuzione materiale. Tre strumenti a corda, sempre più fili per il
burattinaio che li muove in una direzione ben precisa. Riuscire a
pronunciare una parola con una mente mancina. Ci si maschera per gioco.
A volte per pudore. Altre volte per essere migliori. O, più
semplicemente, per essere noi stessi. Eroma. Amore.
Corrado Randon, Kyos, febbraio 2006,
numero 52 |
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Gli eroma sono stati tra gli audaci che hanno aderito a Blog
on Rimbaud, evento di passioni dissestate, contrattempi,
contraddizioni e bellezza (…) C’erano anche gli eroma, dunque
eccovi altro nettare all’assenzio. Torniamo sul luogo del delitto con un
DVD d’impressionante bellezza che sposa la nostra idea, risponde a
quanto già noi ci siamo chiesto qui e là e sempre abbiamo pensato di
Rimbaud. Lucida l’analisi di Massimo Fontana. C’è dunque ancora
traccia dell’inquietudine del giovane Arthur? Si direbbe di no; o,
almeno, questa deve essersi smarrita da qualche parte là, nelle buie
notti africane. Dal deserto, dall’allontanamento, dal silenzio del
poeta (ri)partono gli eroma insieme a Fabio Ferrando e
Manuel Baldini che hanno curato la parte “immagine”. Ed è
suono-immagine centripeta. Psichedelia lenta, sfibrata, iterativa nei
suoi tratti più rock (Velvet Underground, Pink Floyd e Windsor
For the Derby) e ciò che vedete incanta e inquieta. Riprese di
riprese. Sembianze in bianco e nero fino alla solarizzazione
cromatografia, immagini di fluidi (vulcano?) tra il coagularsi di sangue
malato e il fluidificarsi, fondersi degli acrilici di Richter.
Primissimi piani di volti. Un’inversione dei colori e i lapilli
d’un’eruzione notturna diventano neri insetti guizzanti in un lattice
bianco-giallognolo. Al principio un ectoplasma catodico, una nave,
appare sullo schermo. Si parte. Il poeta aveva già fatto silenzio. Se
quello è il principio, gli eroma proseguono oltre la fine.
Scriveva “Rimbaud”: Il sole diserta queste sponde e l’acqua di
queste onde ghiacciate scuote il cervello, portandovi buio. Non salvarmi
Isabelle, lasciami marcire. La mia nave sta partendo. Sono i primi tre
quarti d’ora di quel viaggio. Eternità fittizia. (voto: 8)
Blow Up, aprile 2006, Dionisio Capuano.
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