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IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA STRADA IN GIARRE

Il santuario di Santa Maria della Strada sorge a settentrione di Giarre, lungo la strada statale 114, nell'ambito dell'omonima frazione.
Una leggenda lega l'origine della costruzione della chiesa e del pozzo (noto come "Pozzo di Ruggero", sito in posizione antistante all'edificio sacro, dall'altro lato della strada) al Gran Conte Ruggero.
La leggenda narra che, intorno al 1080-81, in vicinanza del sito ove oggi sorge il santuario, i saraceni delle vicine torri di Malogrado e di Mascali tesero un'imboscata a Ruggero e ai suoi cavalieri che transitavano lungo l'antica via militare. Nell'imminenza del pericolo, il conte Ruggero invocò l'aiuto della Vergine, facendo voto di erigere in quel luogo un santuario in suo onore. Sempre secondo la tradizione, Ruggero fece scavare anche un pozzo, per andare incontro alle esigenze dei fedeli e nella previsione che lì sarebbe sorto un villaggio.
Il toponimo, sia nella sua forma intera (Santa Maria la Strada), sia nella sua versione abbreviata (Strada, come è ancora in uso nel dialetto giarrese), rimanda chiaramente alla presenza in loco di un'antica strada di collegamento. Da Santa Maria la Strada e da Giarre transitava infatti la via Valeria, fatta costruire dai romani. E' probabile, dunque, che il toponimo derivi dal latino strata, cioè "strada lastricata", come appunto si ritiene che fosse anche la via Valeria. Ma "Strada" potrebbe anche significare "via resa libera", con riferimento alla vittoria riportata da Ruggero sui musulmani. La penetrazione del cristianesimo nelle sue prime fasi aveva già conosciuto il fenomeno della chiese costruite lungo le strade tracciate dai romani, per cui non deve stupire che in tale luogo Ruggero I avesse fatto erigere un edificio di culto, come segno di devozione per l'aiuto divino ricevuto. Inoltre, è probabile che quella zona non fosse al tempo completamente disabitata: se il Gran Conte vi fece costruire un pozzo, esso doveva pur servire a qualcuno. Si può supporre, dunque, l'esistenza, nei pressi del santuario, di un nucleo abitato, anzi è probabile che la chiesa e il pozzo fossero funzionali al vicinissimo Fondaco delle Giarre.
L'originario edificio, che doveva con molta probabilità presentarsi come una piccola cappella rurale con portale ogivale dall'aspetto non appariscente, è stato purtroppo, nel corso dei secoli, ampiamente rimaneggiato. Il risultato è che oggi la chiesa non rivela affatto l'architettura della sua origine normanna, avendo subito varie trasformazioni e, fra le altre, la più grave, quella dello spostamento dell'abside da occidente a oriente per effetto di una nuova sistemazione del torrente e delle strade vicine. Sembra probabile, tuttavia, che, nonostante le profonde modifiche dell'aspetto esteriore, siano state mantenute inalterate le strutture portanti laterali e, forse, anche alcune finestre ed una porta, che però oggi risulterebbero murate. E' stata così formulata l'ipotesi che dietro gli attuali rivestimenti barocchi e neoclassici si conservino ancora gli antichi elementi architettonici dell'epoca normanna. In tal senso è stato proposto in passato un restauro di ripristino e di liberazione che restituisca al monumento gli originari valori estetici e architettonici. Ma un tale intervento è oggi da ritenere una violenza alla vicenda storico-artistica dell'edificio stesso. Altre forme di intervento sarebbero invece utili per la ricostruzione delle fasi più antiche del santuario avvolte tuttora nel mistero, come degli scavi nel sottosuolo della chiesa, simili a quelli già condotti nella chiesa della Madonna della Sacra Lettera di Riposto, scavi che consentirebbero di recuperare le antiche cripte.
Tra il XVI e il XVIII secolo le terre, da sempre fertilissime, che oggi fanno parte del comprensorio di Santa Maria la Strada, furono concesse in enfiteusi dai Vescovi Conti di Catania; giunsero così in questi luoghi le famiglie della borghesia benestante acese Calì Costa, Raiti, Continella, Pennisi (Favazza), Scudero Mirone, Leonardi, Greco, Carbonaro, Scionti, Pietro e Ignazio Lisi, Citelli. Grazie all'avvio di una fiorente attività vinicola, la zona attirò un gran numero di lavoratori. In questo contesto, il piccolo edificio di culto legato al passaggio dei normanni cominciò ad assumere un'importanza sempre maggiore come centro di riunione per l'ascolto della parola di Dio e per l'amministrazione dei sacramenti. Sensibile alle esigenze religiose dei suoi contadini e nella volontà di legarli sempre più alla terra, la borghesia si impegnò nella richiesta dell'elevazione della piccola chiesa a sacramentale, che avvenne nel 1854. I cappellani dal 1854 al 1922, anno dell'elevazione della chiesa a parrocchia, furono scrupolosamente assicurati dagli Arcipreti di Giarre. Una delle figure più rappresentative di cappellani fu Leonardo Grassi Gentile. E' durante la sua cappellania che il piccolo villaggio della Strada raggiunse un dei momenti di massimo splendore, con l'istituzione del "Laboratorio" e la ristrutturazione e la decorazione della chiesa. Nel primo caso si trattò di un istituto educativo femminile, una sorta di scuola professionale specializzata nel ricamo, ma in cui il lavoro doveva fondersi con l'insegnamento della religione. Artefice del laboratorio fu li barone Cherubino Calì Costa, che prese in affitto dal signor Mariano Zappalà alcune case da destinare alle attività del pio istituto. Al 1907 risale l'atto della definitiva costituzione del laboratorio, quando le case, precedentemente prese in affitto, furono acquistate grazie a dei fondi messi insieme dai parrocchiani. Da questo laboratorio uscirono pregevoli opere di ricamo, che alcune famiglie della ricca borghesia acese ancora oggi custodiscono, mentre altre si possono ammirare nei paramenti della chiesa stessa. Protagoniste della vita religiosa e sociale di quegli anni furono la signora Anna Maugeri vedova Finocchiaro, le sorelle Zappalà e l'infaticabile artigiana di fiori di carta, la signorina Concetta Pistorio, grandi donne la cui attività fu strettamente legata al laboratorio femminile. Della ristrutturazione e della decorazione della chiesa si occupò in particolare Francesco Continella Patanè (stabilitosi a Santa Maria la Strada nella casa che ancora oggi appartiene ai Continella), che, come ci ricorda l'epigrafe posta sul pavimento del sagrato, nel 1908 volle la realizzazione del pavimento in mosaico, degli stucchi, del pergamo e di altre eccelse opere, come segno di riconoscenza per la guarigione concessagli dalla Madonna della Strada.
I tempi erano ormai maturi perché la piccola chiesa sacramentale del 1854 fosse elevata a parrocchia. Ciò accadde nel 1922. Il primo parroco fu don Salvatore Penturo, a cui si attribuiscono opere meritorie in campo religioso e sociale come la promozione dei vari rami dell'azione cattolica, la cura del laboratorio e la pubblicazione di un bollettino parrocchiale, "La voce di Maria Santissima della Strada". A don Rosario Maccarrone, parroco a partire dal 1937, va invece il merito di avere conservato il tesoro della chiesa durante gli eventi bellici, poiché non volle mai abbandonare la sua canonica, anche quando un plotone di artiglieria tedesca andò a bivaccare all'interno della chiesa, istituendo un osservatorio sul campanile, dal quale venivano inviate istruzioni ad una batteria di campagna che operava sul ponte del torrente di S. M. la Strada. Dal 1959 la parrocchia fu guidata da padre Giuseppe Grillo, che riversò nella sua attività la grinta e la l'entusiasmo giovanili. A lui successe nel 1981 padre Rosario Di Bella, accolto con gioia dai parrocchiani, in quanto figlio della loro stessa terra.
L'interno della chiesa, ad un'unica navata con copertura a botte, presenta strutture classicheggianti alle quali si sovrappone una ricca decorazione in stile liberty. Sulle pareti laterali si aprono otto archi con quattro altari e altrettante cappelle. Sull'altare maggiore, i coniugi Salvatore De Salvo e Rosa De Pasquale da Messina fecero costruire, nel 1873, una graziosa cappella in marmi di levante, giallo antico e rosso macchiettato di bianco.In questa cappella, fiancheggiata da due svelti piastrini di ordine corinzio, un tempo era collocata la tela raffigurante la Madonna della Strada. Il dipinto, di pregevole fattura, mostra una maestosa Vergine, assisa su una nube e circondata da una corona di angeli, mentre regge il Bambino nell'atto di benedire con la destra e di reggere un globo con l'altra mano (il globo oggi non compare più: è probabile un ritocco proprio a questa mano compiuto in un'epoca non ben precisata); ai loro piedi, in basso a destra, è collocato il Battista che accenna al Signore. Molto si è discusso sull'attribuzione del dipinto. Manca infatti una qualunque iscrizione che possa riferirsi all'autore, per essere stata la tela forse ritagliata ai margini in modo da adattarla ad una cornice più piccola. La tradizione ha sempre voluto ritenere il quadro un dono di Ruggero, ma è chiaro che esso non può risalire a quell'epoca per la tecnica utilizzata (ci saremmo aspettati, ad esempio, una tavola dipinta e non un quadro a olio), ma anche per l'assenza degli stilemi tipici bizantini (nimbo, posizione frontale, ecc.). L'ipotesi più ricorrente è che la tela provenga dalla scuola di Antonello da Messina o comunque risalga alla seconda metà del XV secolo. Sembra tuttavia improponibile una tale datazione del quadro, che mostra invece di risalire ad un'epoca più recente (XVII secolo).


BIBLIOGRAFIA:
NICOTRA RIZZO A., Il santuario di S. Maria della Strada nei pressi di Giarre, atti del VII congresso nazionale di Storia dell'Architettura, Palermo, 1950; FRESTA S., Santa Maria la Strada nella storia di Giarre, in "Memorie e rendiconti", Acc. degli Zelanti e dei Dafnici, serie III, Vol. II, 1982; SIDRO BARBAGALLO, Da Giarre aTaormina. La storia attraverso i toponimi, Catania, 1995

 

 

Testi: Laura Cuzzubbo; fotografie: Giuseppe Tropea

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