EURO PIUS
questo è il mio sito web speciale
e questo sono io, Euro Pius
Queste sono le cose che voglio raccontare
Parte PRIMA - La realizzazione del primo EURO nel 1963-64 clicca qui
Parte SECONDA - Le Strisce di Euro Pius clicca qui
Parte TERZA - Appunti e Riflessioni di Cultura e Politica clicca qui
Parte QUARTA - Scritti clicca qui
---------------------------------------------------------------------------
Alcuni Dati Personali sull'Autore
G.Carlo Cassoli
Nato a Bologna l'11 Settembre
1942
Adesione al Movimento Federalista Europeo nel 1960 Adesione al Partito Repubblicano Italiano nel 1975 Autore di Strisce con il personaggio di EURO PIUS dal 1967 Realizzazione dell'Euro, prima moneta europea, nel 1963-64 Creazione del Centro Studi "SCENARI INTERNAZIONALI" Attività Professionale come Ingegnere Libero Professionista Autore di scritti diversi, articoli e libri tecnici, libri di storia locale, racconti e lavori di narrativa, di fantapolitica, scritti politici |
---------------------------------------------------------------------------
Parte PRIMA - La realizzazione del primo EURO
COME E QUANDO E' NATA LA PRIMA MONETA EUROPEA DI NOME EURO
La prima moneta europea, per giunta proprio con il nome EURO, fu realizzata a Bologna quaranta anni addietro, nel 1963-1964, da quattro giovani dirigenti della sezione di Bologna del Movimento Federalista Europeo (MFE). Io ero uno di loro. E fui io a proporre il nome Euro.
I
quattro dirigenti federalisti bolognesi erano Maurizio Rosa, Jacopo Di Cocco, G.Carlo Cassoli e Dino Buzzetti. A quell'epoca eravamo giovanissimi studenti: io ero il più giovane ed avevo ventuno anni, Di Cocco e Buzzetti ventidue, Maurizio Rosa, appena laureato, ne aveva ventiquattro.L’iniziativa ebbe inizio nel 1963 ed ebbe una durata di undici o dodici anni.
LE PREMESSE
Noi avevamo la fortuna di essere allievi di Altiero Spinelli e l’onore di considerarci suoi amici. Spinelli è stato uno dei più grandi europeisti e federalisti di tutti i tempi, uno dei "Padri dell'Europa" e all'ideale della unità federale del continente europeo ed alla realizzazione pratica di quella idea ha dedicato tutta la vita. Fu autore negli anni Quaranta del Manifesto del Federalismo Europeo quando era ancora confinato nell'isola di Ventotene per attività contro il fascismo. Appena liberato, nell'agosto del 1943 fondò a milano il Movimento Federalista Europeo. E' stato membro del Parlamento Europeo e della Commissione Europea e fu l'iniziatore di quella operazione che ha poi portato al trattato di Maastricht ed alla decisione dell'unificazione monetaria.
All'inizio degli anni Sessanta Spinelli insegnava, due giorni alla settimana, presso il Centro di Bologna della Johns Hopkins University ed era membro della redazione della rivista "Il Mulino". La sera in cui Spinelli era a Bologna, il giovedì, c'era riunione della redazione del Mulino sui temi della politica estera, allargata ad alcuni amici e noi giovani federalisti vi partecipavamo. Lui arrivava da Roma in treno e io e Di Cocco andavamo a prenderlo alla stazione con la mia cinquecento e lo accompagnavamo prima alla Johns Hopkins, dove spesso ci fermavamo ad ascoltare le sue lezioni, e poi lo accompagnavamo alla sede del Mulino, che allora era in Via Galliera.
Due giorni alla settimana avevamo quindi l'occasione ed il piacere di incontrarlo e discutere a lungo con lui, particolarmente io e Di Cocco. Spinelli era una persona straordinaria e le conversazioni con lui erano lezioni indimenticabili. Poi l'incontro, alla sera, con Spinelli e con gli altri della redazione del Mulino era un evento sempre straordinariamente avvincente, atteso con rinnovata emozione ogni settimana. E certo la frequentazione settimanale con Spinelli per un certo numero di anni ha costituito l'evento formativo più importante della nostra vita.
Eravamo entrati nel MFE tra la fine degli anni Cinquanta (Rosa e Di Cocco) ed i primi Sessanta (nel 1960 io e nel 1962 Buzzetti). Eravamo tutti giovanissimi: io ero il più giovane ed avevo, nel 1963, ventuno anni; Di Cocco e Buzzetti un anno di più, mentre Rosa, venticinque anni allora, era da poco laureato. Negli anni Sessanta ci siamo poi tutti avvicendati nella carica di Segretario della sezione di Bologna del MFE. Jacopo era la miglior mente politica del MFE in regione e seppe radunare attorno a sè un gruppetto di federalisti bolognesi, allora giovani ed entusiasti, costituito, oltre che da noi quattro, anche da altri, come Francesco Landi, Giampaolo Catelli, Carlo Maria Frediani, Paolo Gasperini, Angelo Varni, oltre che da altri che in quel periodo straordinario frequentavano la sede del MFE bolognese in via Indipendenza 62, come il meno giovane ma insostituibile factotum Dino Guastaroba. E tutti si adoperarono in vario modo per la diffusione della moneta.
Il rapporto mio e di Di Cocco con Spinelli era splendido e amichevole, ma pur sempre da allievo a maestro, anche se, soprattutto tra lui e Di Cocco, si stabilì un rapporto di profonda amicizia e quasi di familiarità. Spinelli aveva una grande considerazione di Di Cocco, che era la vera anima politica del MFE a livello regionale e che ho sempre ritenuto il suo vero continuatore ed erede politico. E sono convinto che anche Altiero la pensava così. Ma non era solo per questi motivi personali che la sezione di Bologna del MFE era forse la sezione più "spinelliana" del MFE in Italia, più della stessa Roma di cui facevano parte lo stesso Spinelli e Riccardo Perissich (che poi lo seguì a Bruxelles e fu un alto dirigente della CEE) e delle altre sezioni "spinelliane" che pure contavano uomini di notevole valore, come la sezione di Firenze di Umberto Giovine e Riccardo Petrella, e quella di Torino di Gianni e Cesare Merlini, l'uno poi direttore dell'Istituto Affari Internazionali, fondato dallo stesso Spinelli, l'altro Presidente della Fondazione del Banco San Paolo..
Rileggendo anche ora gli scritti di Spinelli si rimane colpiti, oltre che dalla semplicità e chiarezza di esposizione, dall'acume e dalla straordinaria capacità di vedere lontano, anche e soprattutto dal rigore del ragionamento politico, supportato da una eccezionale capacità di analisi approfondita delle vicende ed una altrettanto eccezionale capacità di sintesi delle implicazioni e delle conseguenze. Cosa che, in parte, riuscì a trasmettere anche a qualcuno di noi.
PERCHE' L'EURO
Il Movimento Federalista Europeo aveva come scopo di operare per la realizzazione della unificazione politica dell'Europa con un ordinamento federale, che fosse quindi rispettoso delle caratteristiche proprie di tutti i popoli che avessero fatto parte della futura federazione degli stati europei. In quel periodo, come membri del MFE, eravamo sempre alla ricerca di strumenti di pressione politica e di informazione e formazione dell’opinione pubblica sulla opportunità e sulla necessità dell'Unione Federale dell'Europa che fossero efficaci ed incisivi.
Si era in una fase avanzata del Mercato Comune per cui ci pareva assurdo continuare a pensare ad una economia che andava integrandosi ma mantenendo tante monete diverse. Perché non pensare ad una sola moneta, la stessa per tutti i paesi? Idea semplice, forse, ma allora quasi rivoluzionaria. Impensabile! Ma noi la pensammo. E la realizzammo! Cercavamo così anche dei mezzi di autofinanziamento perché le varie iniziative, i bollettini di informazione, i manifestini, ecc. costavano. Più delle nostre scarse risorse economiche personali.
In quegli anni su diversi aspetti della politica internazionale vi era un profondo contrasto tra gli Stati Uniti ed alcuni paesi europei, con in testa la Francia di De Gaulle, che vedevano con crescente insofferenza la leadership americana che a molti appariva meno benevola e assai più interessata di quanto si affermava da parte statunitense. Mentre la Francia rivendicava per sé e per l'Europa un ruolo più autonomo ed in economia voleva che venisse abbandonato il dollaro come moneta internazionale di scambio e minacciava il ritorno all’oro. Una moneta comune europea sarebbe venuta quindi a porsi come elemento di stabilità ed anche come possibile alternativa al dollaro.
L’iniziativa dell’Euro tuttavia non fu una iniziativa del MFE, dalla direzione centrale di Milano fu anzi un poco ignorata, e neppure partì da Altiero Spinelli, né fu ispirata da lui. Anzi Spinelli personalmente non se ne interessò, anche se, una volta avviata, la approvò. Si trattò soprattutto di una iniziativa personale, ideata e portata avanti dai quattro giovanissimi dirigenti federalisti bolognesi suddetti, cioè Maurizio Rosa, Jacopo Di Cocco, G.Carlo Cassoli e Dino Buzzetti, che ne furono i promotori e che seppero, soprattutto Di Cocco, radunare attorno a sé un gruppetto di alcuni federalisti bolognesi, allora giovani ed entusiasti, come Francesco Landi, Giampaolo Catelli, Carlo Maria Frediani, Paolo Gasperini, Angelo Varni, oltre che degli altri che in quel periodo frequentavano la sede del MFE bolognese in Via Indipendenza 62, come lo straordinario, meno giovane ma insostituibile Dino Guastaroba.
Quindi noi quattro giovani federalisti bolognesi, che ci siamo poi tutti avvicendati nella carica di segretario della sezione di Bologna del MFE, pensammo di sollevare l'attenzione su tali problemi e di farlo realizzando una moneta europea simbolica. La moneta inoltre era una delle forme in cui sempre si era espressa la sovranità di uno stato. Proporre una moneta unica europea aveva, a nostro parere, una notevole importanza politica, perché significava proporre implicitamente, o evocare ed auspicare, una autorità statale europea, che ancora non c’era, alla quale trasferire le prerogative di sovranità degli stati nazionali sulla politica monetaria.
Ritenevamo certamente molto importante tale iniziativa, assai più delle altre che già avevamo condotto o conducevamo in quegli anni, assieme alle altre sezioni del MFE in Europa, come quella di premere perchè si arrivasse alla elezione diretta a suffragio universale dei membri del Parlamento Europeo, allora semplicemente designati dalle autorità o dai parlamenti degli stati membri.
I contatti con l'opinione pubblica avvenivano a volte in occasione di manifestazioni per strada, con banchetti come quelli che ora vengono utilizzati per le raccolte di firme per i referendum ed in effetti in quelle occasioni chiedevamo spesso firme su appelli e petizioni al Parlamento. Parlavamo alla gente di qualcosa di così lontano come una federazione europea, qualcosa che dicevamo assomigliare al paradiso ma che aveva, per allora e per molti decenni, ancor meno influenza sulla loro vita di quanto ne avesse il paradiso.
Cercavamo di ottenere il loro sostegno alle nostre iniziative di propaganda e di pressione sui politici nazionali ed anche di averne un piccolo aiuto economico alla nostra attività. Dovevamo perciò mostrare loro qualcosa di tangibile, dovevamo dare loro qualcosa in cambio. Eravamo degli idealisti ma proprio per questo sapevamo che di solito gli altri avevano bisogno di simboli forti.
COME NACQUE L'EURO
Una volta presa la decisione ci trovammo di fronte alla scelta se fare della cartamoneta, come avevamo pensato fino ad allora, qualcosa che riprendesse l'esempio mazziniano, oppure realizzare delle monete di metallo, che ci sembrava però una impresa assai impegnativa e troppo onerosa per le nostre forze. Poi risultò invece che proprio la cartamoneta presentava difficoltà non semplici da superare ed anche possibili complicazioni e sorprese, anche sul piano legale, che invece non sembravano sussistere con la moneta in metallo. Ci orientammo quindi verso la moneta metallica.
Anche per il nome la scelta non fu semplice. Furono presi in esame i nomi di varie monete già esistenti e quelli di alcune antiche e gloriose monete di stati italiani. Esaminammo, valutammo ed escludemmo via via dollaro, franco, marco, scellino, ducato, fiorino, scudo. A parte i ricordi nazionalistici o campanilistici uno dei difetti di tali nomi era che esistevano da tempo delle traduzioni nelle diverse lingue e quindi sulle monete emesse e circolanti nei diversi stati della futura federazione sarebbero apparsi nomi diversi, spesso incomprensibili per una parte dei cittadini europei e talvolta anche avversati. Avevamo anche l’esempio di monete bolognesi come bolognino, carlino, baiocco. In particolare bolognino ci piaceva, non solo per ragioni campanilistiche, ma perché richiamava immediatamente lo stato da cui era emesso. Quindi dovevamo trovare qualcosa di simile, che richiamasse immediatamente l’idea del futuro stato federale europeo. Però europino o europio, oltre che sembrarci incredibilmente brutti e poco incisivi, avrebbero richieste sempre delle traduzioni.
Era chiaro che il nome della moneta comune doveva essere lo stesso in tutte le lingue, non doveva essere necessaria alcuna traduzione. Ci sarebbero state solamente, inevitabili, le differenze di pronuncia. Era infatti impensabile stampare banconote e monete con tanti nomi che avrebbero rimarcato ancora di più la divisione dell'Europa. E poi quante lingue sarebbero state necessarie? Quante lingue parlavano quelli che sarebbero stati i cittadini della futura federazione europea? Quanto grande avrebbe dovuto essere una moneta per contenere il nome in tutte le lingue? Lo stesso valeva per il plurale perchè ovviamente sarebbe stato legato alle diverse declinazioni nelle singole lingue degli Stati nazionali "precedenti" l'unificazione.
Era quindi preferibile trovare un nome diverso, nuovo, che fosse uguale in tutte le lingue ed indeclinabile, così che si presentasse, rassicurante e neutrale, allo stesso modo per tutti. E ciascun paese, ciascun cittadino europeo doveva poter sentire la nuova moneta come propria.
Fui io a suggerire per primo il nome Euro: il fratello di un amico d'infanzia, Mauro Pozzi, aveva quel nome e la cosa mi aveva sempre colpito, tantopiù in una famiglia che aveva dovuto lasciare la propria città, Fiume, diventata straniera. Quel nome mi era sembrato quasi un richiamo ad una sorta di identità europea, una sorta di invocazione ed affermazione insieme. E ne avevo sempre avvertito la forza. Il nome Euro, anche se era piuttosto il nome poetico di un vento, era corto, facile ed immediato e richiamava immediatamente l’idea dell’unità europea, che era poi lo scopo fondamentale per cui volevamo realizzare la moneta. In fondo si trattava di togliere dalla parola "europeo" la parte declinabile e conservare la radice invariabile.
Quindi tale nome sarebbe stato indeclinabile, come doveva essere il nome della futura moneta, uguale in tutte le lingue sia al singolare che al plurale, così che non vi fossero degli Euri, degli Euren, degli Euros.
Più che un nome in una qualunque preesistente lingua europea sarebbe stato il primo vocabolo di una futura, e tutta da costruire, lingua comune del futuro stato federale europeo.
Dopo qualche iniziale perplessità di qualcuno, legata piuttosto al fatto che sembrava trattarsi di un nome troppo generico ed incompleto, tali argomentazioni fugarono ogni dubbio e la scelta fu unanime. La decisione della indeclinabilità fu quindi praticamente contemporanea alla adozione del nome.
Costituimmo quello che chiamammo EURO-COMITATO FEDERALE EUROPEO, proprietario e titolare dell’iniziativa e del quale noi quattro eravamo i soci. Furono previste quattro cariche a vita: Governatore, Cassiere, Vice Governatore e Vice Cassiere. Alle prime due nominammo rispettivamente Maurizio Rosa e Jacopo Di Cocco. Alle altre due andammo io e Dino Buzzetti.. Ci interessammo anche delle possibilità di protezione legale e di brevetto della nostra iniziativa.
L’iniziativa comunque divenne possibile solo perché un imprenditore bolognese, anche lui europeista e federalista, Giancarlo Monti, mise a disposizione la somma di denaro necessario all’acquisto dell’argento, allo studio dei bozzetti ed alla realizzazione dei conii per cui si poté arrivare alla emissione delle prime monete. Poi l’iniziativa crebbe e divenne autosufficiente. Fu suggerita da Monti anche la ditta milanese che realizzò le monete, la Lorioli Fratelli, che allora aveva sede in via Bronzetti ed i cui artisti elaborarono insieme a Rosa i bozzetti delle prime tre monete. .
Verso la fine del 1963 cominciammo a lavorare alla moneta e nel giro di qualche tempo coniammo il pezzo da 1 Euro in argento. Avevamo stabilito che il valore di 1 Euro (11,5 g di argento 800/1000) fosse pari ad un grammo di oro fino, che allora era di poco più di settecento lire. Quello era allora anche il valore di un dollaro e quindi fummo profeti anche per quanto riguarda la quotazione della futura moneta.
Inizialmente vendemmo il pezzo da 1 Euro a 750 lire, poi per avere un utile per finanziare e pubblicizzare l’iniziativa e le altre azioni politiche e di propaganda europeista connesse, portammo il prezzo di vendita a 1000 lire. In seguito, negli ultimi tempi, vi furono ulteriori evoluzioni di prezzi secondo l'evoluzione del costo dell’argento.
Seguirono poi la moneta da 10 Euro in oro (10 g di oro 900/1000), quella da 5 Euro in oro (4 g di oro 900/1000). In seguito, agli inizi degli anni 70, la serie fu completata con i pezzi da 2 Euro in argento (25 g di argento 800/1000) e da 20 Euro in oro (20 g di oro 900/1000).
Maurizio Rosa fu il principale artefice dell'iniziativa, cui si dedicò completamente. I bozzetti delle monete da 1 Euro, da 5 e da 10 Euro furono ideati da Rosa e studiati con uno dei bozzettisti abituali della ditta milanese Fratelli Lorioli che realizzò poi le monete. La faccia della prima moneta risulta semplice: la cifra ed il nome della moneta campeggiano in grande per dare più forza all'idea della nuova moneta. Anche la dimensione della moneta fu scelta con quello scopo, assai più grande di quelle che poi furono scelte quasi quaranta anni dopo dalla Banca Comune Europea per l'euro messo in circolazione. E certo risultò assai più indovinata la nostra scelta di allora. Il motto venne ideato sull'esempio di "E PLURIBUS UNUM" e la scelta del latino risultò ovvia, in quanto lingua universale e prima vera lingua europea. In quel periodo si faceva sentire in tutta la sua evidenza e con tutte le conseguenze che ne derivavano la debolezza dell'Europa in confronto ai colossi americano e russo. Quindi fu scelto l'accenno alla forza, soprattutto alla forza morale, che deriva dalla unificazione: "IN UNITATE ROBUR". La sigla "MFE" per Movimento Federalista Europeo e "B" per Bologna completano la prima faccia.
Il motivo del retro, la ghirlanda di braccia e di mani che si stringono circondando la "E" allungata, simbolo del Movimento Federalista Europeo, rappresenta la fratellanza di tutti gli uomini e i popoli d'Europa.
Sul pezzo da 10 Euro il "ratto d'Europa" da parte di Giove trasformatosi in toro risultò quasi scontato. Per il pezzo da 5 Euro invece fu scelta l'immagine di Giano bifronte per simboleggiare le due facce che avrebbe dovuto avere l'Europa unita e federalista, l'una forte e sicura verso l'esterno, l'altra all'interno attenta alle esigenze di tutte le sue popolazioni.
Nei successivi "pezzi" da 2 Euro in argento e da 20 Euro in oro il bozzetto è invece opera di un ceramista di Faenza, Matteucci. Aveva partecipato con alcune idee al bozzetto anche il pittore bolognese Paolo Gasperini, anche lui iscritto al MFE. Tutti questi aspetti furono curati e trattati direttamente da Maurizio Rosa, senza dubbio il principale motore dell'iniziativa dell'Euro bolognese. Era lui che teneva i rapporti con la ditta Lorioli che stampava le monete, dopo che Buzzetti ebbe perfezionato i contatti iniziali, e che elaborava e studiava i vari aspetti, le innovazioni nella distribuzione, a volte moderato da Di Cocco. E in tanti finirono per chiamarlo il "dott. Euro".
LO SVILUPPO, LA CONCLUSIONE, GLI EFFETTI
Verso la metà del 1965 aderì al MFE di Bologna l'onorevole Giovanni Bersani, che era il Presidente del Comitato Provinciale per l'Europa del Movimento Europeo, quindi l'europeista più autorevole della provincia e della regione, allora deputato al Parlamento italiano, poi senatore e quindi membro del Parlamento Europeo. Era entusiasta dell'iniziativa dell'Euro e creammo appositamente per lui una carica di Presidente.
Verso la fine dello stesso 1965 si tenne a Cannes un congresso straordinario del Movimento Europeo e vi parteciparono lo stesso Bersani, Rosa e Di Cocco, che portarono con sé una valigetta piena delle nostre monete e le presentarono ufficialmente e le distribuirono in tale occasione a congressisti di tutta Europa, pur tra le difficoltà che si avevano allora a diffondere tali oggetti nella Francia di De Gaulle, dove erano stati vietati gli adesivi "EU" (Europa Unita) da attaccare accanto alla targa dell'auto e che si stavano diffondendo sempre più.
Le occasioni di diffusione della nostra moneta erano molteplici. Di Cocco, Buzzetti ed io eravamo impegnati anche in politica universitaria. Di Cocco era il Presidente del Congresso dell'O.R.U.B., cioè dell'Organismo Rappresentativo Universitario, che era una specie di Parlamento studentesco, Buzzetti era il Presidente della associazione di cui facevamo parte tutti, mentre io, che ero l'Incaricato Esteri della Giunta Studentesca, ero una sorta di Ministro degli Esteri degli studenti e per tale ragione avevo stabilito contatti con molte Università europee, come Francoforte, la Sorbona, Lovanio, Heidelberg ed altre ed avevo quindi buone possibilità di muovermi in giro per l' Europa ed incontrare sia i rappresentanti degli studenti e spesso anche i Rettori di quelle Università, così come avevo frequenti incontri con il Rettore di Bologna. Erano tutte altrettante occasioni per mostrare e "distribuire", cioè "vendere", l'euro.
In realtà quelle occasioni avvenivano perchè io cercavo di portare avanti una mia idea che propagandai almeno quanto l'euro e che incontrò molto interesse proprio nelle sedi universitarie sopracitate. L'idea era di consentire agli studenti di compiere cicli formativi e corsi di studi in diverse università, come facevano un tempo i chierici vaganti. Io naturalmente poi non potei continuare ad occuparmene via via che il seme che avevo gettato cominciava a germogliare, non avendo seguito una carriera universitaria, ma molti anni dopo quell'idea diede origine a quella splendida iniziativa che è nota come ERASMUS, lanciata in occasione del nono centenario dell'Università di Bologna.
Nel periodo precedente la Pasqua del 1966 ci fu un grande convegno a Brighton, in Inghilterra, sul tema "What kind of Europe", dei cui organizzatori i Professori Mancini e Matteucci del Mulino erano una sorta di corrispondente italiano ed i cui partecipanti provenivano da tutte le parti del mondo. Vi partecipammo anche io e Jacopo Di Cocco guidando la delegazione di Bologna. in quell'occasione portammo con noi alcune decine di monete che mostrammo e distribuimmo. Ne conservammo alcune, per poterle mostrare e distribuire alcuni giorni dopo, proprio nella settimana di Pasqua, in Austria nel corso di un incontro fra federalisti italiani, austriaci e tedeschi che si tenne nel castello di Neumarkt, in Stiria. Poi ci fu il congresso dell'associazione Europea degli Insegnanti e poichè molti insegnanti erano europeisti e federalisti iscritti al MFE vi fu una notevole diffusione di euro.
Così in questo modo la moneta da noi ideata aveva cominciato a diffondersi in Europa e con essa il forte messaggio politico che le avevamo attribuito. Si sviluppò inoltre una rete di fiduciari e distributori in tutta Europa, di solito iscritti del MFE o di qualche altra organizzazione europeista e federalista, che provvedevano a vendere ovunque la nostra moneta.
Negli anni settanta, con l’enorme aumento dei costi delle materie prime ed in particolare dei metalli preziosi, non fu più possibile continuare e la iniziativa si esaurì. I costi avrebbero portato a prezzi di vendita troppo elevati le singole monete ed inoltre la crisi economica faceva diradare, se non scomparire, i possibili compratori. Inoltre distribuire una moneta simbolica europea a prezzi altissimi era controproducente sul piano politico.
Erano stati coniati fino ad allora oltre diecimila pezzi, che erano stati distribuiti in vari paesi europei attraverso le associazioni europeiste ed i loro congressi ed in qualche punto vendute direttamente al pubblico con dei banchetti nelle piazze, in manifestazioni apposite, come quelle cui partecipai io stesso a Bologna e Firenze. Ad esempio, per quel che ricordo e fino a che seguii personalmente l’iniziativa, a Bologna furono "vendute" circa 700 o 800 monete, a Firenze 400 circa, in tutta la Francia circa 2000 pezzi.
Si può dire che in tutta Europa circa diecimila europeisti hanno avuto in tasca o in un cassetto la nostra moneta. E tra essi anche diversi funzionari degli organismi comunitari, giornalisti o politici. Io stesso avevo continuamente in tasca una moneta da 1 Euro racchiusa in una bustina per poterla mostrare e venderne altre. Da allora l'ho sempre avuta con me, in ogni momento, e sono sicuramente l'unico cittadino europeo che ha in tasca un Euro da oltre quaranta anni.
Il successo dell’iniziativa consentì di istituire un gruppo di studio costituito da degli economisti e presieduto dal prof. Majocchi, dell’Università di Pavia, che elaborò studi e documenti sulla moneta comune che furono poi sottoposti alla Commissione europea verso la fine del 1969. Dall'inizio del 1970 divenne Commissario della CEE Altiero Spinelli che si portò a Bruxelles come capo di Gabinetto Riccardo Perissich. Poco dopo la commissione affidò al primo ministro lussemburghese Werner la presidenza della commissione di studio sulla moneta unica che elaborò il famoso "Rapporto Werner" che è alla base dei processi di unificazione monetaria successivi. Per cui è difficile non vedere un nesso tra la nostra iniziativa e quella ufficiale. Anche se poi per arrivare alla realizzazione della moneta unica circolante ci vollero altri trenta anni.
Perché dalla nascita del nostro primo Euro si arrivasse a quello attuale sono stati necessari circa trentacinque anni. Ma da quando la nostra iniziativa si esaurì, a metà degli anni settanta, alle prime risoluzioni su una moneta unica, l’ECU, passarono solo alcuni mesi. Non posso quindi affermarlo con certezza assoluta ma mi sembra piuttosto evidente, e ne sono convinto, che fu la nostra scelta di allora per il nome della moneta, oltre alla presenza tangibile dei nostri Euro nelle tasche o nei cassetti ed alla presenza non tangibile ma efficace nelle menti di molti, a influire anche sulla scelta finale del nome da parte delle autorità monetarie europee.
Le immagini mostrano i pezzi da 1 Euro e da 10 Euro. Si tratta di emissioni del 1965 che possiedo personalmente. Non sono mai arrivato a permettermi il pezzo da 5 Euro. Io stesso, infatti, non ero in grado di comprare le monete per me e potei permettermi solamente qualche moneta da 1 Euro (all’epoca ero uno studente di Ingegneria attratto dalla politica internazionale ed un Euro costava l’equivalente di quindicimila lire, circa sette euro attuali, ma ben diversa era la disponibilità economica di quei tempi) e potei averne delle altre solo quando, in seguito al successo dell’iniziativa, decidemmo di compensare con una moneta da un Euro i fiduciari o distributori che ne vendessero almeno venti o venticinque. Io ne avevo vendute circa cento fino a quel momento e dopo di allora ne vendetti personalmente oltre quattrocento in tutta Europa. Che mi consentirono di conquistare un pezzo da 10 euro e dieci da 1 Euro. Ma quando fui in grado di comprare il pezzo da 5 Euro, di tali monete non ce n’erano più. E non ne ho mai più avuti. Lo stesso fu per i pezzi da 2 Euro in argento e da 20 Euro in oro, che furono venduti solo come parti di una serie completa di tutti cinque i pezzi, cioè quelli da 1 Euro e 2 Euro in argento e quelli da 5 Euro, 10 Euro e 20 Euro in oro. Tale serie, detta celebrativa, era allora irraggiungibile economicamente per me.
Non condivisi, infatti, e non mi piacque tanto, l’idea di una emissione, che fu definita celebrativa o commemorativa, in scatola, in serie numerata, quasi per numismatici, decisa da Rosa e Di Cocco su richiesta di diversi distributori. Mi sembrava che svilisse l’iniziativa ad operazione commerciale e che le facesse perdere l’importanza politica e di promozione dell’idea. Inoltre il prezzo elevato avrebbe assai limitato il numero di possibili acquirenti. Infatti io ne ho solamente avute alcune confezioni per le mani, per brevissimo tempo, per distribuirle.
CONSIDERAZIONI ATTUALi - VALORE - LE MONETE ATTUALI DELLA BCE ORA IN CIRCOLAZIONE
A solo titolo di curiosità su quale possa essere il valore economico attuale di una di tali monete che naturalmente dipenderà di volta in volta dal mercato, mi risulta che nell'autunno del 1999 furono battute in asta in Francia due delle nostre monete da 1 Euro per un controvalore, ciascuna, di circa 5.000 Euro attuali. Recentemente in Italia una moneta è stata ceduta per 6.000 Euro, mentre una associazione ed un ente che ne cercavano una per farne dono ad una personalità ospite non sono riuscite ad acquisirne pur offrendo 7.500 Euro.
Nello scorso anno è stata consegnata una moneta al Presidente Ciampi, mentre io stesso nella primavera del 2003 ne ho consegnata una, assieme all'amico Jacopo Di Cocco, al Presidente dell'Unione Europea Romano Prodi.
Una considerazione attuale circa la scelta delle monete in circolazione emesse dalla BCE e sulla discussione se sia tra le cause dell'aumento di molti prezzi. E' fuori di dubbio che l'ingresso dell'Italia nel gruppo dei paesi che per primi hanno adottato l'Euro sia stata estremamente positiva per il nostro paese in un periodo come questo. E' anche indubbio che coloro che hanno deciso e realizzato i tagli della moneta e le sue caratteristiche realizzative o sono stati quantomeno degli sprovveduti o sono stati irresponsabili. La scelta di realizzare monete da 1 euro e da 2 euro senza anche le banconote, la scelta di non prolungare di almeno cinque anni la circolazione parallela delle monete nazionali, ma soprattutto la realizzazione delle monetine rosse ed anche di quelle gialle, così ridicolmente piccole rispetto al loro valore, toglie ai cittadini la percezione del valore della moneta. L'eguaglianza "1 Euro = Mille Lire" ormai radicata in tutti è un errore di cui dobbiamo ringraziare la BCE senza alcun dubbio.
La moneta che realizzammo noi quaranta anni addietro aveva ben altra dimensione e ben altra percezione del valore da parte dei cittadini.
Da Bologna, città natale dell'Euro
Parte SECONDA - Le strisce di Euro Pius
Il personaggio di Euro Pius tra le mie creazioni artistiche e culturali è quella più amata ed è stato il protagonista di una fortunata serie di strisce di satira politica che furono disegnate negli anni dal 1966 al 1973.
Le strisce che ho disegnato in quel periodo appartenevano a tre serie: Euro Pius, riferite ad aspetti della politica europea, caratterizzate dalla presenza di un solo personaggio, disegnato in modo estremamente scarno, ispirato inizialmente al personaggio di Eta Beta, ma soprattutto influenzato dalle strisce di Sordello, il personaggio ideato da Carlo Santachiara, anche se ben diversa è la qualità del disegno. In quei sette anni furono disegnate duecentoquaranta strisce di cui circa centosessanta furono pubblicate in buona parte su Europa Foederata e su diversi altri giornali e giornaletti europeisti e federalisti sia in Italia che all'estero. Alcune delle strisce infatti furono eseguite in più lingue.
L'ultima striscia della vecchia serie è dedicata alla Grecia, allora sotto il regime dittatoriale dei colonnelli.
In anni recenti il personaggio è stato ripreso con strisce diverse inviati a più fogli e giornali e saltuariamente pubblicati. E' in preparazione un libro sulla storia dei tentativi di unificazione europea raccontata da Euro Pius.
Altre serie di strisce furono quelle di Stardust, polvere di stelle, ancora più scarna di Euro Pius. E Res Pubblica, che è caratterizzata da due gruppi di personaggi piuttosto elaborati, con disegno assai più elaborato. Res Pubblica non ha avuto seguito in tempi recenti, mentre di polvere di stelle sono state eseguite una diecina di strisce negli ultimi anni.
In questo sito saranno periodicamente pubblicate alcune delle vecchie strisce ed alcune di quelle recenti o nuove.
(da completare)
Parte TERZA - Appunti e Riflessioni di Cultura e Politica
(in preparazione)
Parte QUARTA - Scritti
(in preparazione)
Per necessità o curiosità di ulteriori notizie contattare: 051.6491444 / 051.6491476 fax . L'indirizzo di posta elettronica è ccassoli@tin.it.
Da Bologna, città natale dell’Euro