alla finestra e vidi
passare tanti camion con tanti soldati a piedi e una
motovedetta che portava
gli ordini.
Nelle notti seguenti, i
soldati si sistemarono nei sacchi a pelo disposti lungo
gli argini del Po e,
parte di loro, sui fienili e nelle stalle del paese.
I Comandanti della Divisione
si stabilirono proprio vicino a casa mia, dove
abitava un negoziante
di bestiame che aveva due figlie.
Queste mi tenevano
sempre con loro e, in quell’occasione, mi fecero cantare
davanti agli Ufficiali
le canzoni: “Giornale in mano”, “La sigaretta”, “Noi all’assalto
alla baionetta”,“Come
le mosche ci tocca morire e gli imboscati stanno a divertire”.
C’era anche un Generale
dalla grossa pancia, baffoni e barba folta che,
come premio, mi regalò
una moneta da cinquanta centesimi d’argento.
La musica mi conquistò
sin da piccolo.
Iniziai ad apprezzarla
proprio grazie a mia madre.
La adorava così tanto
che, nel 1920, sistemò nel cortile di casa un padiglione
in legno coperto da
tendoni e illuminato con fanali a carburo.
Si ballava tutte le
domeniche con vari musicisti che arrivavano dai paesi vicini
e io stavo ore e ore ad
ascoltarli.
Fra loro suonavano pure
i padri di Gorni Kramer e Wolmer Beltrami.
Fu così che mi
appassionai alla fisarmonica e cominciai a prendere lezioni
dal maestro Baruffaldi
che abitava a S. Matteo (a 6 Km da Bellaguarda).
Spesso dovevo andarci a
piedi perché non possedevo nemmeno una bicicletta.
Erano tempi di povertà,
a volte il maestro non aveva neanche la carta da musica!
Studiavo con impegno ma
ero costretto ad allenarmi su una piccola “fisa” scassata,
mezza stonata che aveva
solo tre file di bottoni e faceva aria da tutte le parti.
Mio padre l’aveva
comprata da un Maresciallo di Viadana in pensione.
Dopo 3 anni in quelle
condizioni ero sul punto di abbandonare quando,
il mio nuovo maestro,
il pianista Favari di Viadana, mi vendette la sua fisarmonica.
Mio padre per pagarla
dovette vendere una mucca.
Nel 1925 già
strimpellavo qualche brano, in voga allora, come “Valencia”.
Mi invitarono a suonare
a Meletole di Reggio Emilia dove si ballava anche
al mattino.Feci tre
servizi in una sola giornata.
Mi esibivo nelle feste
private eseguendo numerose canzoni, in una notte ne
cantavo più di cento e
appena arrivavo a casa in bicicletta, sfinito,
mia madre mi frugava
nelle tasche in cerca di soldi, perché c’era molto bisogno.
Nel contempo gli amici
mi portavano a vedere le operette che imparai quasi
tutte a memoria.
Nel 1938 nel padiglione
del signor Rovatti, durante la fiera del paese, chiamarono
cinque orchestre tutte
in un giorno e c’ero anch’io, con la mia orchestra Principe,
vinsi il primo premio.
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