Sistemazione del nucleo urbano
nell’ambito
metropolitano
di Paul Opperman, Direttore del
Dipartimento
di Urbanistica della Città e della Contea di San Francisco.
I - Urbanesimo mondiale -Un
fenomeno
dei nostri tempi.
Non è ancora stato
chiarito quali
tipi di città e di zone urbane la nostra civiltà deve
avere.
Esse si trovano ancora nel loro “divenire”. È chiaro in ogni
modo
che stiamo vivendo in tempi rivoluzionari e che l’urbanesimo mondiale
è
uno dei fatti più salienti di questi tempi. Ma non è
ancora
chiaro quali saranno le conseguenze di tale fatto. Noi dobbiamo fare
del
nostro meglio, sempre in termini umani, dal momento che le nostre
comunità
sono fatte per esseri umani e composte di esseri umani, per determinare
quali potrebbero o dovrebbero essere le città e la zona urbana.
Il mondo è in fermento. Molti di noi credono che abbia
già
avuto inizio una nuova epoca, un’epoca nel suo “essere”, di cui noi
sentiamo
il “divenire”. Non sappiamo che cosa essa sta diventando, o comunque,
come
si evolverà. Non abbiamo ancora pienamente assimilato, né
ci siamo ancora adattati ad una delle più importanti fasi della
rivoluzione tecnologica, che ci ha portati alla concentrazione urbana.
Ed ora su di noi incombe una fase forse di più vasta portata,
una
fase probabilmente definitiva, che potrebbe alterare o addirittura
invertire
alcuni dei procedimenti di questa evoluzione. Credo che sia compito del
Mondo Occidentale, del mondo che ci ha dato la rivoluzione industriale,
quello di aprire la via verso il consolidamento dei mutamenti che esso
ha operato, sfruttandone al massimo i benefici e limitandone e
controllandone
i pericoli. L’era atomica è anch’essa una creazione
dell’Occidente.
L’Occidente deve avere la capacità di guidare la comunità
mondiale verso l’acquisizione di una moralità atta ad affrontare
la potente sfida di queste forze rivoluzionarie. Noi urbanisti ci
troviamo
profondamente impegnati nell’assolvimento di questo compito comune.
II -Direttive di sviluppo ed
espansione
urbana.
L’ “American Institute of
Planners” nell’esposizione
delle sue linee programmatiche per il 1951, dichiarava:
“È condizione essenziale
per la
continua prosperità, benessere e sicurezza del paese, che quei
metodi
perfezionati di sviluppo e di riordinamento urbano che sono già
alla nostra portata e che vengono usati in alcune città, siano
generalizzati
nel loro uso, e che degli ulteriori perfezionamenti vengano progettati
e messi in atto non appena ne sia stata dimostrata la praticità.
La progettazione e la costruzione delle città non può
più
essere lasciata tanto indietro rispetto ai grandi progressi che si
verificano
negli altri campi della scienza e della tecnologia americana”.
Questa dichiarazione dell’Istituto
sosteneva
che la struttura della città ha mostrato in genere una tendenza
alla staticità, mentre le funzioni che ad essa si richiedono
stanno
attraversando un periodo di mutamento radicale, e che inoltre la
concentrazione
eccessiva in aree limitate ha fatto sì che i problemi si
moltiplicassero
ad un ritmo più veloce della scoperta delle relative soluzioni.
La dichiarazione dell’Istituto
continua:
“Questi due inconvenienti possono
essere
corretti o mitigati incanalando la crescita e lo sviluppo della
struttura
di una città in forme che possano soddisfare i bisogni del
momento
e impedire l’eccessiva concentrazione di popolazione. Tali forme si
riferiscono
a: 1) il riordinamento progressivo di grandi nuclei urbani in groppi di
comunità e zone residenziali, ciascuna delle quali sia stata
progettata
per una sua particolare funzione nello ambito della metropoli; 2)
l’oculata
trasformazione di villaggi e paesi esistenti in città di media
grandezza
che siano fisicamente e permanentemente separate dalle altre
città;
3) l’accurata progettazione di nuove città di dimensioni
limitate
in zone rurali e suburbane”.
Non mancano coloro che si
oppongono con
vigore a queste idee e che propongono altre soluzioni. Frank Lloyd
Wright,
per esempio, afferma in un suo recente saggio: “O l’uomo uscirà
dalla città, o salterà in aria con la città”.
Questa
è forse la forma di opposizione estrema alle città quali
esse sono nel momento attuale. Wright propone una soluzione più
spaziosa e meno congestionata di qualunque altra. Gli inglesi stanno
svolgendo
una coraggiosa azione pionieristica nel ridistribuire in nuove
comunità
lo sfogo della congestione che ha luogo negli agglomerati centrali. La
loro audacia viene ben ricompensata dalle esperienze che essi vengono
ad
acquisire. Meritano la nostra rispettosa attenzione e la nostra
gratitudine.
Questo sviluppo urbanistico su trame più aperte e più
spaziose,
con la dovuta considerazione per le necessità residenziali, di
lavoro
e di trasporto, rappresenta di per sé stesso una prova di
comprensione
del problema, e si può certamente sostenere che se ne trarranno
risultati e benefici concreti in tempo di pace e di guerra.
III - Obiettivi.
Gli obiettivi degli urbanisti
più
rinomati non sono troppo dissimili tra loro né lo sono i
concetti
cui essi aderiscono, per lo meno entro i limiti imposti dalle
realtà
concrete in cui essi operano. Nell’ambito della nostra competenza,
considerando
le differenze storiche e nazionali, noi cerchiamo di fare qualcosa di
simile
sia individualmente che collettivamente. Per allargare la nostra base
concettuale,
abbiamo bisogno di realizzare una più intima collaborazione con
gli altri specialisti, gli studiosi di scienze sociali, e con
professionisti
che operano nel campo delle scienze fisiche che oggi rivestono una
così
notevole importanza. Dobbiamo avere un’influenza più valida su
coloro
che esercitano funzioni di comando in altri campi di rilievo e
collaborare
con essi affinché le nostre opinioni abbiano peso presso i
pubblici
poteri fino ai gradi più elevati, nell’adozione di direttive che
concordino con gli obbiettivi comunitari che noi sosteniamo. Eliel
Saarinen
sostiene che “la prima metà del secolo è stata dedicata
alla
ricerca di qualcosa che doveva avvenire, mentre la seconda metà
vedrà i risultati dei primi esperimenti concretati in forme ed
espressioni
maturate nell’intero ventesimo secolo”. La prima fase rivoluzionaria
non
è ancora giunta al suo consolidamento e, insieme con una nuova
fase
rivoluzionaria con cui si è composta, sta forzando un nuovo
orientamento
delle condizioni nelle quali noi tutti viviamo. I concetti, le
tecniche,
i programmi degli urbanisti devono riflettere “fatti salienti dei
nostri
tempi” e basarsi su di essi.
IV – Riorientamento. Una
base concettuale
più vasta.
Il concetto di riorientamento,
cui mi sono
riferito, non è scopo esclusivo degli urbanisti. Per tutto
questo
nostro Occidente, in una comunità di nazioni per le quali
l’urbanesimo
è un fatto così significativo, l’integrazione di
città
e zone urbane entro gli stati e su un piano nazionale troverà la
sua estrinsecazione più chiara e più tangibile in
città
e comunità metropolitane, piccole o grandi ma sempre ben
ordinate
ed efficienti. Una giusta integrazione delle città e degli
agglomerati
urbani con quelle che sono le comunità rurali e le zone aventi
funzioni
specializzate, rappresenta un elemento di tale nuovo orientamento.
Dall’alto
della cosiddetta città nucleo centrale-zona metropolitana, posso
visualizzare delle “aree” urbanistico-funzionali, ove i legami di
interdipendenza
esistenti o in sviluppo richiedono chiaramente e impongono con urgenza
una migliore organizzazione per il raggiungimento dei comuni obbiettivi
nazionali, statali e locali. Queste “aree urbanistico-funzionali”
possono
essere divise nelle seguenti categorie generali:
l. L’area economico-finanziaria
2. L’area sociale-culturale
3. L ‘area fisico-funzionale
4. L’area politico-amministrativa
Agli scopi di questa nostra
discussione
queste quattro aree vanno concepite come gli elementi costitutivi della
comunità nel suo senso più lato, ossia come l’area totale
del pensiero o dell’azione. Questo concetto di comunità è
una “medaglia” con due facce. L’una faccia è interessata sotto
ogni
aspetto al cittadino, ossia alla parte privata di queste aree di
pensiero
e di azione, l’altra rappresenta il lato governativo o pubblico. Questa
ipotesi è implicita nelle considerazioni che verranno discusse
più
avanti.
l. L’area economico-fiscale.
Il libro “America’s Needs and
Resources”
(Necessità e Risorse dell’America) contiene una tabella
comparativa
delle spese dei vari governi, tabella che può servire da base
per
l’inizio della discussione. Essa fornisce cifre sul prodotto nazionale
lordo pro capite dei vari paesi occidentali, con le relative
percentuali
distributive in termini di tasse, spese governative, spese militari e
debito
pubblico. Fra i massimi e minimi di questi dati comparativi, esistono
ovviamente
differenze notevoli. Il prodotto lordo di ciascuna nazione, il modo con
cui esso è distribuito nelle suddette categorie, può dare
un’idea del tipo di economia di un paese, delle dimensioni della sua
industria,
della sua agricoltura, del numero e della qualità della sua
popolazione,
del genere di governo, e infine del carattere e dell’estensione delle
sue
città e delle sue zone urbane. Economicamente gli agglomerati
urbani
occupano la posizione centrale sulla scena di questi nostri paesi
occidentali.
È da essi che noi dipendiamo per gli alti livelli di produzione
e per la sua efficiente distribuzione. In tutti i paesi industriali
questi
sono i fattori determinanti del tenore di vita raggiunto dalla nazione
e dalle comunità locali che la compongono. La sicurezza e il
benessere
in tempo di pace, nonché la capacità di mantenere e
difendere
l’integrità della nazione in tempo di guerra, dipendono tutti da
questa produttività. I “livelli di produzione” determinano la
capacità
finanziaria, rappresentano la base dei programmi finanziari nazionali,
statali e locali per tutti gli scopi pubblici, regolati dalle direttive
politiche.
2. L’area sociale-culturale.
“L’uomo non vive di solo pane”. Le
città
sono i centri e i depositari della nostra eredità
sociale-culturale.
Esse contengono le istituzioni che ne sono l’espressione fisica. In
esse
si trovano le manifestazioni dell’arte, le chiese, le
università,
le scuole. Qualora questa vasta area di interessi umani non trovasse la
sua giusta integrazione nel nostro pensiero e nella nostra azione,
tutto
il resto diventerebbe sterile e senza significato.
3. L’area fisico-funzionale.
L’urbanista traccia lo sviluppo
delle
città in termini fisico-funzionali. Ma egli è anche
interessato
alle sue funzioni economico-finanziarie e a quelle sociali-culturali.
Egli
opera nello ambito dell’area politico-amministrativa e fa parte del suo
meccanismo. Dalla città nucleo centrale-zona metropolitana, i
rapporti
economico-finanziari e sociali-culturali si estendono in termini sia
concreti
che astratti ad abbracciare gli altri elementi costitutivi della
comunità
nazionale, e anche al di là della nazione, per inserirsi sul
piano
dei rapporti internazionali. La ripartizione dello spazio tra zona
urbana
e rurale, tra città e città; i vincoli tra la
città,
la zona urbana e le “aree” sociali, economiche e amministrative,
questioni
che trascendono la competenza dell’urbanista singolo nei rapporti
diretti
con il suo lavoro; i trasporti (tutte le forme), le zone industriali e
commerci ali o residenziali e ricreative, le reti dei servizi di
pubblica
utilità (tutti i tipi), l’integrale pianificazione della loro
dislocazione
ed estensione, una progettazione, una programmazione ed un
dimensionamento
ben coordinati, tutto questo costituisce la missione dell’urbanista,
questo
il suo compito. Il suo lavoro viene in ogni modo regolato dalle linee
programmatiche
stabilite in sede politica, sul piano nazionale, provinciale o locale.
4. L’ area
Politico-amministrativa.
“La politica è l’arte del
possibile”.
In questo senso la praticano tutti i cittadini, urbanisti inclusi: pur
tuttavia l’indirizzo e i metodi dei politici sono molto diversi da
quelli
degli urbanisti. Ovviamente nell’area amministrativa, in cui operano
gli
urbanisti, i metodi e i procedimenti tecnici sono di tipo non politico.
Le direttive stabilite in sede politica sono alte direttive. Nelle
nostre
democrazie ciò viene determinato dalla comunità, o, per
essere
più precisi, della maggioranza degli elettori votanti. Le
direttive,
comprese quelle riferentisi alla politica urbanistica vengono decise
dai
rappresentanti del popolo o l’effettiva pressione per una migliore o
una
peggiore politica urbanistica, durante questo o quello stadio della
politica
stessa, viene esercitata dalle comunità in genere. Sul piano
governativo
nazionale vengono stabilite le linee di azione. E qui siamo al momento
critico per le decisioni e i programmi. Nessuno stato, nessuna
amministrazione
locale devia radicalmente dalla linea d’azione desiderata dalla nazione
e promossa a mezzo di quegli strumenti di governo che sono i più
strategici e i più elevati.
Io credo che le risposte alle
domande
basilari, l’azione di leva da esercitarsi nella giusta direzione per
influenzare
la forma e la funzione delle città e delle zone urbane, allo
scopo
di renderle atte al conseguimento delle nostre mete attuali, possano
essere
concretizzate con maggiore prontezza e sicurezza a mezzo della
costituzione
di un Ente nazionale per l’Urbanistica in ciascun Paese. Un Istituto o
Dicastero nazionale per l’Urbanistica facente parte del potere
esecutivo
o amministrativo in ciascuno dei paesi occidentali, rappresenta una
necessità
imprescindibile, se vogliamo raccogliere la sfida costituita dal
fenomeno
dell’urbanesimo in questi momenti cruciali. L’Ente costituirebbe il
centro
per la formulazione e l’attuazione di una politica urbanistica, per
l’afflusso
e la divulgazione delle opinioni di coloro che esercitano un’azione di
guida in questo settore, per lo sviluppo e il coordinamento di studi
urbanistici,
per la raccolta e la distribuzione di dati urbanistici, per i servizi
urbanistici
di vario genere, che verrebbero sviluppati e organizzati al centro per
poi essere resi disponibili in periferia. Il personale del Dicastero
Nazionale
dell’Urbanistica dovrebbe essere scelto fra amministratori e tecnici di
prim’ordine. Tale Dicastero potrebbe esercitare le sue prerogative
trovando,
per esempio, un terreno d’intesa e di cooperazione tra i rappresentanti
dei vari settori collegati all’urbanistica, che oggi, per la maggior
parte,
operano isolatamente. L’allargamento della base concettuale troverebbe
una notevole spinta in avanti nel coordinamento associativo di tutte le
materie che si riferiscono a questioni urbanistiche, nella messa a
fuoco
di tutto quel contributo di esperienze, di tecniche specializzate che
tali
materie possono apportare. Le scienze sociali, e in particolare, le
scienze
fisiche sono quelle cui ci si riferisce in questo caso. I capi
amministrativi
e lo stato maggiore di questo Dicastero, dovrebbero essere organizzati
in modo da utilizzare a mezzo di comitati consultivi, di conferenze..
ecc.
tutte le possibili risorse reperibili nella classe dirigente, nel campo
professionale e civico, nel commercio, nell’industria e nelle
università.
V - Una nuova base di
energia.
L’urbanesimo si è
accompagnato ad
un immenso e strabiliante a aumento di produttività che si
è
tradotto in un costante aumento del tenore di vita in tutti i paesi
industriali.
Questo tenore di vita è stato proporzionale al progresso
tecnologico
nonché al progresso conseguito nel settore della direzione
aziendale.
Le macchine alimentate dalle diverse forme di energia oggi nibili,
hanno
largamente aumentato le possibilità di progresso materiale
dell’uomo.
Alcuni sostengono che la tensione dei tempi attuali è in massima
parte dovuta alla nostra incapacità di adattare le forme
tradizionali
della nostra vita comune alle sollecitazioni delle nuove
necessità
tecnologiche. Ma anche prima che questo obbiettivo venga raggiunto ci
troviamo
a dover affrontare dei problemi che scaturiscono dalle nuove e
migliorate
possibilità di espandere la base di energia su cui la nostra
società
si fonda; l’energia atomica; ci troviamo infatti a dover affrontare la
necessità di analizzare le possibili conseguenze. Ciò
rappresenta
la domanda senza risposta più importante per coloro che si
occupano
dell’urbanistica come di un problema umano. Non è necessario che
io faccia presente in questa sede quale opportunità di notevole
interesse ed importanza questo problema rappresenta. Esso costituisce
anche
un incitamento su cui noi dovremmo meditare profondamente.
VI -Popolazione mobile e
città
fluide.
Il quadro mondiale della nostra
età
contemporanea, è caratterizzato dai movimenti di grandi masse di
popolazione entro le nazioni, tra le nazioni e da un continente
all’altro.
Si tratta di una tendenza progressiva, basti ricordare per esempio gli
spostamenti di popolazione avvenuti nell’Europa e nell’Asia dopo la
seconda
guerra mondiale. Il paese dotato di maggiore mobilità interna
è
gli Stati Uniti, la cui colonizzazione in effetti ebbe inizio con la
“decolonizzazione”
dell’Europa. La nostra gente si è trovata in uno stato continuo
di fluidità e mutamento, in termini ecologici, dalle origini
della
nostra storia ai giorni presenti. Forse la differenza più
importante
fra noi nord-americani e voi europei risiede nell’intensità
dell’evoluzione
dinamica che influenza la forma e la struttura urbana, a causa della
nostra
eccezionale mobilità. Le nostre migrazioni, il cui andamento
è
forse fin troppo conosciuto perché se ne debba fare una
descrizione
in questa sede, hanno trovato uno stimolo eccezionale nell’uso
universale
dell’automobile. Una forza anche più grande di quanto possa
rappresentare
questo nuovo mezzo di trasporto flessibile e personale, oramai parte
integrante
del quadro che tutti si fanno dell’americano, è costituita dal
bisogno
di vivere in campagna, o per lo meno in un sobborgo di un nucleo urbano
centrale. Non vi è dubbio che l’automobile e in genere il
progresso
nel settore dei trasporti hanno avuto una influenza notevole
nell’evoluzione
urbana del Nord-America, come del resto sta succedendo in misura sempre
maggiore anche in Europa. Il decentramento industriale è la
terza
forza che stimola l’evoluzione della struttura urbana e metropolitana.
La combinazione di queste forze ha effetti visibili con conseguenze e
ripercussioni
sociali ed economiche per l’intero territorio degli Stati Uniti, per
parlare
di questo paese in particolare. Siamo stati costretti a ricostruire le
nostre comunità urbane, anche mentre continuavamo a servircene,
mentre lavoravamo e vivevamo entro i loro confini fisici, allo scopo di
affrontare le nuove condizioni. Questa mobilità, questo bisogno
umano di evitare la congestione e di godere gli spazi aperti, questi
nuovi
sviluppi nel settore dei trasporti, uniti a un fortissimo aumento della
popolazione, queste condizioni urbane, giustificano la tesi che le
nostre
possono essere denominate “città fluide”. Certamente tra la
nostra
e la vostra situazione esiste una differenza di grado, di misura. Ma vi
sono differenze basilari di principio? Questo interrogativo
verrà
discusso e troverà forse una risposta durante questi nostri
colloqui.
VII – Il nuovo alfabeto
della forma
urbana.
Le nostre città, le
nostre zone
metropolitane, le nostre regioni, i nostri stati e la nazione
considerata
come il loro insieme, sono tutti ricoperti da reti di comunicazione e
di
trasporto. Questi includono le strade, le ferrovie, le linee aeree, le
linee fluviali e marittime, i grandi condotti, le linee elettriche,
telefoniche
e telegrafiche, le reti televisive e radiofoniche, che racchiudono un
intero
paese in un coacervo di servizi moderni. Abbiamo vaste aree di sviluppo
edilizio, di tipo pubblico e privato. Questi includono gli edifici
pubblici
e privati, le zone industriali, i centri di acquisto o mercati di zona,
università, aree di sviluppo per progetti di sanità
pubblica
e per scuole pubbliche, centri governativi e civici, centri culturali e
gruppi edilizi per le attività di istituti specializzati
pubblici
e privati e di tipo integrato. Queste moderne arterie si estendono
sulle
città centrali e attraverso le zone metropolitane. Programmi di
sventramento di quartieri malsani sono stati completati o sono in corso
di esecuzione presso le comunità di molti stati. Due nuove
salienti
fasi di sviluppo urbano sono da notarsi per quanto riguarda i nuclei
delle
città da una parte, e per quanto riguarda il progressivo
espandersi
di un’urbanistica di tipo metropolitano, dall’altra. Nell’un caso si
tratta
della modernizzazione del centro delle città e nell’altro di un
sistema di comunicazioni rapide con la zona metropolitana. Questi sono
i principali elementi di un nuovo alfabeto di forma urbana,
unità
urbanistiche che fanno progredire i nostri programmi verso una chiara
espressione
funzionale e verso una esecuzione più rapida con l’impiego di
tecniche
e materiali di costruzione moderni.
VIII - Ridimensionamento
fiscale e problemi
della tassazione.
Il costo del governo
costituisce una delle
questioni politiche più importanti negli Stati Uniti per quanto
riguarda tutte le forme di governo, locale, statale e federale. La
nostra
grande produttività permette un alto livello di attrezzature e
servizi
pubblici, e il popolo li richiede. Il problema è quanto dovrebbe
costare questi servizi, se essi possano essere forniti in modo
più
efficiente e come debbano essere distribuiti i costi relativi
attraverso
il sistema fiscale. Le dimensioni dei nostri fabbisogni finanziari sono
enormi. Vi sono due tesi su quello che l’economia dovrebbe essere:
l’una
sostiene che una economia reale è rappresentata da una occulta
opera
di spesa e di investimento del pubblico denaro per tutto ciò che
possa fornire i servizi essenziali e nel contempo possa stimolare in
modo
salutare l’economia stessa; l’altra esprime riluttanza a mantenere le
tasse
agli attuali livelli già elevati ed in continuo aumento.
Voglio qui riassumere una proposta
fiscale
che ebbi occasione di presentare alla riunione annuale dello “American
Institute of Planners”.
La proposta è la seguente:
l) A
tutti gli edifici commerciali, industriali e residenziali, per esempio,
dovrebbe essere assegnato ufficialmente un termine di durata, in base
al
loro impiego e alla loro qualità. Allo scadere del periodo
assegnato
tutte le costruzioni antiquate dovrebbero essere sistematicamente
eliminate.
2) Un piano di premi e multe, applicato attraverso le imposte fondiarie
municipali, dovrebbe essere messo in atto dagli enti locali per
incoraggiare
l’adeguamento agli standards sia nel settore urbanistico che in quelli
ad esso collegati. 3) L’imposta fondiaria dovrebbe essere modificata
nei
suoi principi informatori, caricando proporzionalmente in misura
maggiore
il terreno rispetto alle opere di miglioramento. La proposta ha uno
scopo
molteplice: permettere una sistematica ed equa eliminazione di edifici
ormai superati e di utilizzazioni anacronistiche delle aree. Molte
proprietà
fondiarie verrebbero così ad essere disponibili per nuove
costruzioni
con standards migliori, con conseguente aumento del gettito fiscale che
ne deriva. Ciò inoltre fornirebbe un mezzo per una esecuzione
più
ordinata e più rapida dei piani regolatori ufficiali. Questa
proposta
è ovviamente intesa soltanto in parte come un passo verso la
soluzione
del problema fiscale. L’aumentata produttività che ne
deriverebbe
nel campo delle costruzioni e negli altri campi ad esso collegati,
creerebbe
maggiori fonti di ricchezza privata, le quali logicamente porterebbero
ad un aumento delle spese e degli investimenti pubblici.
IX - Nuova
spaziosità, nuovi
modi di vivere e nuove linee estetiche urbane.
Secondo una recente stima, gli
Stati Uniti
avrebbero avuto una popolazione di 168 milioni al primo gennaio 1955 e
avrebbero raggiunto i 290 milioni per la fine del secolo. Considerando
che la densità lorda media è di 55 persone per miglio
quadrato,
non si può certo pensare che la nostra popolazione possa avere
problemi
di sovraffollamento con i suoi 3 milioni di miglia quadrate di
territorio
continentale; eppure il sovraffollamento esiste. Vi sono 3 gradi
amministrativi
in cui vengono presi provvedimenti per aree aperte al pubblico. Questi
sono ovviamente i governi locali, statali e federale, con gli enti
relativi.
La gente di queste nostre città e zone metropolitane in rapido
sviluppo,
si riversa al ritmo di 50 milioni l’anno nei parchi nazionali. Le
attrezzature
che vi si trovano furono progettate una generazione fa per un afflusso
di persone che non arrivava ad un decimo di quello attuale. In aggiunta
ai parchi nazionali, ciascuno stato ha un sistema di parchi statali.
Qui
troviamo splendide attrezzature in continua espansione, che pur
tuttavia
non sono sempre adeguate. Sul piano cittadino parlando in senso lato,
abbiamo
parchi metropolitani e zone ricreative in numero notevole che variano
moltissimo
per quanto riguarda la loro adeguatezza. Ma il problema, pur includendo
l’aspetto ricreativo e la questione del parco, è di portata
molto
più vasta. Il senso di apertura e di spaziosità si
riferisce
al tipo di paesaggio e alle sue linee costruttive. Qui abbiamo un vasto
problema pieno di complicazioni che non è possibile discutere
adeguatamente
in questa sede. È possibile però tracciare e riassumere
un
certo numero di punti e di caratteristiche più importanti e
significative.
Il buon disegno, come tutti
sappiamo,
ha altri valori permanenti e durevoli. Il vostro paese ne è
prova
in misura superlativa. La spaziosità così profondamente
desiderata
dalla mobile popolazione degli Stati Uniti, non può essere
trascurata.
Abbiamo fatto dei progressi nella nostra ricerca di questi importanti
valori,
ma un successo completo non è ancora in vista. Un mezzo per il
conseguimento
di questi obbiettivi è la pianificazione applicata al livello
della
città, della metropoli, dello stato e della nazione, in
combinazione
ed in integrazione totale con i problemi di coordinazione tecnica ed
amministrativa.
Sembra improbabile che un’impostazione teorica e radicale della forma e
della struttura urbana che si allontani eccessivamente dai tipi
tradizionalmente
affermatisi, come nel caso di nuove città e di cinture verdi
permanenti
nella loro espressione classica, possano modificare sostanzialmente il
quadro urbanistico. È possibile conseguire una maggiore
spaziosità,
un migliore disegno nello sviluppo costruttivo e nell’uso del terreno,
nei nostri nuclei e zone urbani, oggi e nel futuro, a mezzo di piani
più
estesi e perfezionati e a mezzo di piani più specifici, e in
definitiva
a mezzo di quei piani il cui accento estetico ricada sui moderni
principi
applicati all’urbanistica.
Gli architetti, gli specialisti
del paesaggio,
gli scultori e i pittori; insomma il concorso comune di tutte le belle
arti e delle arti grafiche, è quello di cui abbiamo bisogno. Un
aumento della comprensione da parte del popolo ci darà
l’appoggio
pubblico e a sua volta produrrà un’influenza sui programmi
politici
e civici, tale da permettere il conseguimento degli importanti
obbiettivi.
Come questo possa essere ottenuto è un argomento di interesse
comune
in questi nostri colloqui e anche al di là di essi. Quale forma
organizzativa imperniata su una base concettuale concordata possa
permettere
di raggiungere tale obbiettivo, quale organizzazione, quale programma
sia
richiesto, tutte queste sono questioni che sicuramente meritano
priorità
sui nostri ordini del giorno. Non vi può essere dubbio circa la
nostra positiva adesione al principio generale. Il piano per il nucleo
urbano centrale deve procedere sulla base di una comprensione dei
fattori
più importanti e delle tendenze di sviluppo e di evoluzione
delle
metropoli. Queste tendenze in genere sono universalmente presenti ed
evidenti.
Gli urbanisti ne devono avere una conoscenza generale, ma le
applicazioni
specifiche devono essere inserite nel locale piano regolatore. I dati
principali
di sviluppo da usarsi dovrebbero generalmente includere, per quanto
riguarda
gli studi per un piano urbanistico, le cifre demografiche e di
popolazione,
le cifre sull’impiego del terreno, i fattori di traffico e di
trasporto,
i fattori economici e finanziari, le strutture sociali e culturali. In
breve, noi sappiamo che la popolazione residenziale del nucleo urbano
centrale
sta aumentando ad un ritmo decrescente, al contrario di quanto invece
avviene
per la popolazione periferica e suburbana. I nostri piani richiedono
che
noi misuriamo tali fattori. Sappiamo che la popolazione rurale è
in declino e che quella urbana aumenta costantemente, sia come rapporto
che come quantità assoluta. La distribuzione della popolazione
nei
vari gruppi di età sta subendo una evoluzione che ha
un’influenza
sul nostro lavoro. La progettazione di alloggi, di servizi ricreativi e
sanitari, per menzionare alcuni aspetti soltanto della situazione,
richiede
un riadattamento dei principi informatori alla situazione che muta. Vi
è al momento attuale una tendenza al decentramento nell’ambito
degli
agglomerati metropolitani di uffici, fabbriche e negozi al dettaglio.
Parte
di questo movimento si sposta dal nucleo urbano verso i sobborghi,
parte
ha luogo entro il nucleo centrale come nel caso degli studi medici e
odontoiatrici,
che vanno a dislocarsi ai limiti esterni del centro cittadino. Alcuni
cominciano
ex novo nei sobborghi o addirittura in campagna. Dobbiamo comprendere e
descrivere accuratamente la logica di tali cambiamenti, quale di queste
attività potrebbe e dovrebbe restare nel centro e quale potrebbe
invece essere dislocata indifferentemente nell’uno o nell’altro posto.
I nostri studi tecnici e le nostre conoscenze generali dovrebbero
essere
sufficienti per fornire una guida per noi e per gli altri nella
comunità,
per i funzionari e i dirigenti, come anche per il pubblico profano.
Non soltanto le città e le
zone
urbane ma l’intera nazione è oggi coperta da una fitta rete di
sistemi
di trasporto, di strade, di ferrovie, di linee aeree e di navigazione.
Nell’ambito delle zone metropolitane vi sono inoltre linee celeri di
comunicazione
e transito, nonché linee locali in superficie. Man mano che
hanno
luogo i cambiamenti che influenzano lo sviluppo della popolazione e
delle
aree, i pianificatori del nucleo urbano centrale e delle città e
contee suburbane devono tenere in considerazione il carattere di queste
strutture, il loro tipo specifico, il loro campo d’azione ed il loro
presente
e futuro andamento per far sì che l’esecuzione dei piani
eserciti
un’influenza sulla loro estensione presente e futura e sulla loro
evoluzione
coordinata. Noi non dovremmo operare nel nucleo urbano come se ci
trovassimo
su un’isola. Siamo parte integrale di una zona urbana evolventesi con
innumerevoli
rapporti integrativi di carattere economico, sociale e fisico entro e
al
di là dei confini della zona stessa pur rimanendo ovviamente
(per
lo meno negli Stati Uniti) politicamente separata. Il difficile
problema
presentato da questa necessità della zona urbana, e dalle sue
caratteristiche
di separazione politica, è stato impostato in vari modi e con
diversi
risultati nelle zone metropolitane degli Stati Uniti. Nella maggior
parte
dei casi il problema resta insoluto. La zona metropolitana di San
Francisco,
di cui San Francisco è il nucleo urbano, abbraccia 9
amministrazioni
di contea e circa 80 amministrazioni locali. I tentativi effettuati nel
passato per arrivare ad un piano regolatore per l’intera area della
baia
di San Francisco, non hanno incontrato successo. Vi è motivo di
ritenere però che gli attuali sforzi organizzati allo scopo di
raggiungere
la tanto desiderata unità possano produrre nel futuro risultati
tangibili. Nella presentazione orale che mi è stata assegnata
per
i colloqui di Roma, io mi propongo di descrivere con l’aiuto di
materiale
grafico, il problema particolare della regione di San Francisco e di
tracciarne
sullo sfondo di teoria e di pratica di cui abbiamo parlato finora, i
provvedimenti
specifici e il programma generale.