Ho letto questo ciclo di Asimov molti anni fa, ma la memoria è
ancora abbastanza fresca sulle emozioni regalatemi da una delle più famose
saghe fantascientifiche del secolo. Mi sento di schierarmi con i molti che
considerano in ciclo delle Fondazioni come uno dei più belli mai scritti.
Certo, non è l'unico, ed è senza dubbio sbagliato porre Asimov ed i suoi
romanzi su di un inattaccabile piedistallo, soprattutto perchè la letteratura
fs è alquanto variegata e non esiste il bello in assoluto, ma una miriade di
stupendi romanzi soggettivamente apprezzati dai lettori (pensate che c'è
addiritura chi detesta Dick...sacrilegio). Resta perciò a mio parere una
bellissima serie di romanzi, sicuramente con alti e bassi, ma che assicurano bei
momenti. Vi si mischiano complicati intrighi politici nell'eterna lotta per il
potere, personaggi valorosi, uomini con straordinari poteri e momenti di
sognante nostalgia. Belli sono i viaggi spaziali di Retrevize; grande è
l'emozione del ritrovamento dell'unica e vera Terra natìa, ormai da tempo
dimenticata anche nelle carte spaziali. E interessanti sono i collegamenti con
gli altri cicli asimoviani (il robot R.Daneel gioca anche in questa saga un
ruolo di primaria importanza, se non addirittura il più importante). Insomma,
per farla breve, c'è un po' tutto Asimov in questo ciclo. Una storia ben
architettata, che getta il lettore in un universo futuro ben tangibile,
credibile. Non mancano i colpi di scena, il mistero (soprattutto rappresentato
dalla difficilmente comprensibile Seconda Fondazione) e l'avventura. Adesso
basta con gli elogi, altrimenti sembro un banditore di libri! Ciao.
Brambo 27 Agosto 1999
ASIMOV
/ SILVERBERG - Notturno
Proviamo a pensare di vivere su un pianeta dove non esiste la
notte; dove per strane coincidenze astronomiche c'è sempre almeno un sole in
cielo. In queste condizioni non conosceremmo la notte e non avremmo mai avuto la
possibilità di vedere le stelle. Poi improvvisamente un giorno un'eclissi
provoca il buio assoluto ed il cielo si riempie di migliaia di stelle. Quale
sensazione potremmo provare davanti a questo spettacolo, se non lo avessimo mai
visto prima in tutta la nostra vita? Probabilmente la paura o l'emozione
sarebbero talmente forti da farci impazzire. Ed è proprio questo che ci narrano
Asimov e Silverberg in questo bel romanzo, abbastanza leggero e in certi punti
un po' statico, ma estremamente affascinante per la situazione che ci propone,
che è quella di un pianeta popolato da gente superstiziosa che impazzisce alla
vista dell'incontenibile spettacolo di un cielo stellato. E' un romanzo che
coinvolge, dove ci si immedesima nella situazione, soprattutto perchè Kalgash
(il pianeta sul quale è ambientata la storia) ci ricorda in tutto e per tutto
la terra (autostrade, città, università e gente superstiziosa), una storia
dove, durante la lettura, ti chiedi più volte: "ma se ci fossi io in
questa situazione di m....., cosa farei?". E infine direi un romanzo che
ribadisce l'eterna superiorità della natura sull'uomo, che nonostante i suoi
sforzi, le sue ipertecnologiche invenzioni, si piega di fronte a
...............................un cielo stellato.
Brambo.
01 Gennaio 1999
ISAAC
ASIMOV - Neanche gli dei
Non è il solito Asimov quello di "Neanche gli dei". E
per il solito Asimov intendo quello dell'Impero, dei Robot, delle
Fondazioni, quell'Asimov a volte un po' troppo freddo, troppo prolisso nelle sue
descrizioni e a volte, diciamolo pure, anche un po' "annacquato"
(senza nulla togliere ad Asimov, che per altro amo tantissimo). "Neanche
gli dei" è una storia molto coinvolgente, ben articolata e ben scritta.
Asimov si spinge molto oltre i suoi cliché e non si accontenta più di una
sola, immensa e poliedrica galassia, e nemmeno del nostro solo universo. Ci
presenterà, con questo romanzo, un nuovo (o forse è meglio dire nuovi)
universo, popolato da esseri così lontani dalla nostra forma fisica e dalla
nostra concezione di "forma di vita", da renderli veramente
affascinanti. La descrizione che ne fa Asimov è altamente dettagliata, ma allo
stesso tempo sognante e ricca di, come si puo' dire, ...magia. Conosciamo così
questi nuovi esseri, dalle forme stravaganti, ricchi di pensieri, cultura,
sentimenti, vissuti e interpretati in maniera totalmente diversa da quelli che
sono i nostri canoni. Siamo trasportati in una nuova realtà, dove il concetto
di maschio e femmina è messo al bando, per dare spazio a rapporti e unioni
diverse, che coinvolgono corpo, spirito ed elementi della natura, lasciando però
invariato l'erotismo che si sprigiona da queste situazioni, che è molto ben
percepibile durante la lettura di alcuni brani del libro. Asimov ci sottopone
anche nuovi concetti di vita sociale, di solitudine e di morte (il trapasso
assume nuove forme e significati). E il risultato è che il tutto è
estremamente credibile e talmente apprezzabile che sembra quasi impossibile
affermare la non esistenza di queste affascinanti forme di vita. Tutto questo è
poi inserito nel contesto di una bella e avventurosa storia, che avrà per
protagonisti persone e luoghi del nostro e dell'altro universo, in una lotta
costante tra brama di potere e la salvezza della nostra specie. Se posso dunque
sbilanciarmi in un giudizio strettamente personale (che comunque è condiviso da
tanti altri lettori e critici) sostengo che "Neanche gli dei" è uno
dei più bei romanzi di Asimov che mai ho letto.
Brambo 30 Dicembre 1999
J.G.
BALLARD - Crash
Crash, di Ballard, non è propriamente un romanzo di
fantascienza ma piuttosto un libro sugli uomini e le automobili, sul perverso
connubio uomo-sesso-macchina. E' comunque un romanzo classificabile nella
schiera del fantastico, perchè parte da una deviazione, da una perversione
umana per amplificarla e portarla alla estreme conseguenze. Uscendo poi dalla
penna di Ballard, non potevo non inserirlo in questo elenco di libri che
gravitano un po' tutti attorno al tema fantastico/fantascienza. E' la storia di
un gruppo di conoscenti, inesorabilmente attratti dall'erotismo sprigionato
dagli incidenti automobilistici. Persone in grado di darsi piacere solamente in
presenza della violenza dello scontro, delle cicatrici sul corpo, delle ferite,
del sangue. E' un libro che consiglio perchè fa riflettere e perchè ha il
potere di scuotere, di stupire, di eccitare e di riflettere sulle deviazioni
della mente umana. Ma forse deviazioni non è la parola esatta, perchè ognuno
vive le proprie emozioni come crede, in modo diverso da chiunque altro. La
"normalità" è solo una fantasia, forse è solo il modo di vedere le
cose da parte di una stretta maggioranza di persone.
Brambo 08 Settembre 2001
J.G.
BALLARD - Hello America
Pur non amando le classificazioni e le incasellature, questo
"Hello America" di Ballard rientra sicuramente nel tipico filone
catastrofico: l'estremo sfruttamento delle risorse naturali hanno portato
all'esaurimento dei combustibili fossili, hanno costretto l'uomo a condizionare
il clima per poter sopravvivere, col risultato che ora gli USA sono per metà un
arido deserto di sabbia e per l'altra metà una rigogliosa foresta tropicale. In
questo scenario si svolge la storia della (ri)conquista dell'America, partendo
da New York, per spostarsi ad Ovest, come già avevano fatto i pionieri tanti
anni prima. La sete di potere dell'uomo non ha mai fine. Con questa sete, l'uomo
ha condotto la terra al collasso, ma nonostante tutto, di fronte al territorio
americano abbandonato e spopolato, vuole conquistare, possedere terra, vuole il
potere. Non importa se la terra che sta occupando è arida, non importa se è in
gioco la sopravvivenza stessa del genere umano: l'importante è ergersi sopra i
propri simili. Questa è la più grande tentazione umana, questa è la maggiore
causa di morte e distruzione.
Lo potremmo quasi definire "tipico" del suo genere questo romanzo di
Ballard: la catastrofe, la lotta, la riconquista, la speranza e infine i dubbi
sull'integrità umana e l'impossibilità a sottrarsi alla propria natura. Temi e
ideali certamente sfruttati, ma quanto mai attuali e soprattutto base di
partenza di gran parte della fantascienza più o meno datata.
Brambo 26 Dicembre 2003
LEIGH
BRACKETT - Oltre l'infinito
Un bel romanzo di fantascienza dei tempi d'oro, leggero,
scorrevole, ben scritto e tradotto (ed. ex Libra). L'avventura di un manipolo di
uomini, uno spinto dalla nostalgia per l'amico, gli altri dalla sete di potere,
verso le stelle, verso il sogno di altri pianeti, grazie alla nuova tecnologia
del Grande Balzo, che consente di percorrere immense distanze in poco tempo.
Giunti finalmente a destinazione questi uomini avranno la sorpresa di trovare
una forma di vita meravigliosamente "oltre" la nostra. Una realtà che
fa impallidire i nostri squallidi bisogni e ci fa sentire schiavi delle inutilità
che ci circondano. E la Brackett ne fa una descrizione veramente
"poetica", se così si può definirla. Per intenderci, ecco poche
righe che sono l'inizio della descrizione di questa strana e abbagliante forma
di nuova vita:
"Vennero in una nube, roteando verso l'alto, attraverso la bianca aurora.
Ed erano più bianchi; erano puri di una luce primordiale, e le loro braccia
radianti erano come le nebulose del cosmo. Vennero volando e ardendo, portati da
ondate di fuoco. Vennero ridendo, e la loro risata gioiosa era quella di cose
giovani e fresche, appena uscite dalle mani di Dio, cose che non avevano ancora
conosciuto le tenebre."
Un buon libro per chi ama la FS classica, in particolare quella che narra le
avventure di uomini alle prese con nuovi e sconosciuti volti di questo nostro
universo, e costantemente alla ricerca di un perchè a tutto questo.
Brambo 19 Maggio 2002
RAY
BRADBURY - Cronache Marziane
Uno sarebbe già portato a definirlo un capolavoro solo per come
ne ha sentito parlare, ancor prima di averlo letto. Certo, è un errore, ma
basta leggerlo, questo "Cronache Marziane", per rendersi conto che
effettivamente è un gran bel libro. Un bel libro per come è scritto, per le
curate e poetiche descrizioni dei paesaggi, dei personaggi e dei loro sogni,
delle loro paure. L'ambientazione non è certo realisticamente accettabile, per
chi si limita a cercare verità scientifiche. Il romanzo descrive infatti la
colonizzazione di Marte partendo dai giorni nostri (1999 per la precisione). Ma
il punto non è che la cosa non è per niente fattibile ai giorni nostri e
nemmeno che siamo assolutamente certi che Marte non è, almeno per ora,
abitabile. Il punto è che Bradbury, con le sue romantiche e favolesche
descrizioni dei marziani e del loro pianeta, focalizza in realtà la nostra
attenzione sull'uomo, sulle sue aspirazioni, sui suoi sogni, puntando il dito
sulle sue debolezze, sulle sue bassezze. Perchè di fronte alla bellezza e alla
purezza dei paesaggi marziani, qual'è il pensiero dell'uomo? Davanti ad un
pianeta vergine e alla possibilità di ricominciare tutto da capo, qual'è la
sua più grande aspirazione? Quella di creare una seconda terra, di costruire
squallide città, di sopprimere le originarie forme di vita, di importare la sua
religione, le sue credenze e il suo odio. Lo stesso odio capace di distruggere
la Terra e che rischia di inquinare irrimediabilmente anche Marte. Il pianeta
rosso si rivelerà la nuova speranza del genere umano, ma con che risultati? Al
termine della lettura ognuno avrà la sua idea in proposito, ma quel che è
certo è che l'uomo tende sempre e comunque a ripetere i suoi errori e a
perpetrare grandi ingiustizie nei confronti dei suoi simili e delle altre forme
di vita. Il perchè mi è oscuro, ma forse è solo perchè nemmeno se ne rende
conto.
Brambo.
14 Marzo 2000
RAY
BRADBURY - Fahrenheit 451
Sulla scia di Cronache Marziane, ho subito letto quest'altro
bellissimo romanzo di Bradbury. Questa volta l'ambientazione è un futuro nel
quale i media tecnologici hanno il sopravvento, mentre i libri (e quindi la
cultura in generale) sono messi al bando. E' illegale leggerli e possederli. Per
questo una milizia di "Vigili del Fuoco" brucia le case dei possessori
di libri, ormai poche persone, disposte a sfidare la legge per il piacere di
leggere pochi brani. Non c'è niente di estremamente fantastico nel libro di
Bradbury, che potrebbe essere tranquillamente ambientato ai giorni nostri, o
poco più avanti. Quel che è certo è che il futuro descritto in F.451 è un
futuro sconvolgente e molto pessimistico, dove non c'è più spazio per la
creatività, i rapporti sociali, i sogni, e nemmeno per i libri, forse i
principali veicoli da trasporto per i sogni. E così, in questo triste scenario,
non si puo' far altro che scherarsi con Montag, protagonista della storia, che
finalmente capirà il valore della cultura, della conoscenza, dei libri, di
tutto ciò, insomma, che per una vita ha distrutto e bruciato, per dovere e per
diletto. Un romanzo assolutamente da leggere, perchè, al pari di Cronache
Marziane, offre parecchio su cui riflettere.
Brambo.
25 Aprile 2000
DAVID
BRIN - Spedizione Sundiver
Nella lettura di questo romanzo di Brin (primo nella trilogia
delle cinque galassie o dell'Uplift), risulta particolarmente interessante il
processo di elevazione, argomento centrale della saga, consistente
appunto nell'operazione di elevare esseri viventi da razze inferiori a esseri
senzienti. Brin mescola, in questa storia, avventura, intrigo politico,
descrizioni minuziose e personalità di diverse razze che popolano l'universo da
lui creato. E ci riesce abbastanza bene, direi. La prima parte (che descrive il
processo di elevazione operato dall'uomo a favore di alcune specie animali) e
l'ultima parte del romanzo (dove si scopriranno le carte del piccolo giallo
creatosi a bordo dell'astronave dei protagonisti), sono, a mio avviso, le più
avvincenti ed interessanti. Nella parte centrale della narrazione, l'autore
calca troppo la mano (sempre IMHO) sui dettagli tecnici, fisici, chimici, ecc.
rendendo la lettura un po' troppo difficoltosa (di solito sono le parti che mi
avvincono di meno). Bello invece il miraggio della possibilità che l'uomo, il
mitico uomo, possa essere l'unica razza che popola l'universo a non essere stata
elevata da una più antica; e la terra l'unico luogo dove l'intellegenza possa
essersi sviluppata senza l'intervento di qualcosa di superiore. Leggerò
presto i seguiti della saga, vincitori di prestigiosi premi.
Brambo 16 Ottobre 1999
DAVID
BRIN - Le maree di Kithrup
"Le maree di Kithrup" è un caleidoscopio di
personaggi e luoghi sorprendente. E' un romanzo ricchissimo di termini,
descrizioni dettagliate di luoghi, esseri viventi, oggetti, insomma pieno di
quel sense of wonder che purtroppo spesso manca nei romanzi sul genere.
Fa parte del Ciclo delle Cinque Galassie o, se preferite, dell'Uplift o
elevazione, insieme a "Spedizione Sundiver" e "I signori di Garth".
Per quanti non l'avessero letto, il ciclo si basa sul concetto di elevazione,
attraverso la quale specie viventi elevano altre specie inferiori
donando loro l'intelligenza e la ragione, rendendoli quindi esseri senzienti
(gli umani, ad esempio, hanno elevato i delfini e gli scimpanzè ad esseri
senzienti). La pratica è diffusa in tutto l'universo delle cinque galassie ed
ognuna delle razze patrone è in cerca della mitica razza dei
progenitori, quella dalla quale, secondo la leggenda, sono state elevate tutte
le successive razze. Ma una stranezza rende gli uomini la razza più odiata ed
emarginata dell'universo: sembra infatti che gli esseri umani non abbiano
patroni, che non siano stati elevati da nessuno. L'intelligenza si sarebbe in
loro sviluppata naturalmente. Partendo da questi presupposti, si snodano le
varie avventure che, nel caso di "Le maree di Kithrup", riguardano un
equipaggio di delfini e uomini in lotta contro le temibili razze aliene in un
lontano pianeta di nome, appunto, Kithrup. Certo non proseguo nel raccontarvi la
storia, ma posso dire che il maggior pregio di questo romanzo sta, forse, nella
capacità di far provare forti emozioni, esaltando i sentimenti e le sofferenze
dei personaggi coinvolti nella spiacevole situazione. Sentimenti e sofferenze
provati da esseri non umani, ma talmente veri e ben raccontati da apparire più
che umani. Gli esseri viventi descritti da Brin sono tanti e tra loro molto
diversi. Molto diversi sotto il punto di vista fisico, religioso, sociale, ma
accumunati la due sentimenti che scavalcano ogni disuguaglianza: l'amore e
l'odio. E' un libro insomma, che offre molto, dagli incredibili scenari
interstellari alle piccole paure ed insicurezze tipiche dell'uomo ma anche degli
altri esseri viventi. Forse all'inizio vi sembrerà un po' duretto da digerire
(per me è stato così) a causa della vastità dei personaggi e delle
situazioni, ma poi si dimostra capace di conquistare l'attenzione e diventa man
mano meno ferruginoso, più scorrevole e piacevole...più sognante. Rimango lo
stesso più affezionato ai libri con storie un pò più, come dire, palpabili,
come ad esempio i classici di Simak o gli angoscianti scenari di Dick, ma questo
romanzo di Brin è da leggere e credo che mi resterà nella memoria per
parecchio tempo.
Brambo 18 Marzo 2000
WILLIAM
BURROUGHS - Il pasto nudo
Non so se è corretto definire il Pasto Nudo come un romanzo di
fantascienza. Probabilmente no, non renderebbe a sufficienza l'idea del
contenuto. In realtà è quasi impossibile richiudere questo romanzo in un
genere. E' un opera a dir poco strana, allucinata, visionaria, frutto
dell'esperienza, delle allucinazioni, delle sensazioni di Burroughs durante la
sua lunga esperienza con la droga. Nonostante questo ho deciso non solo di
leggerlo, ma anche di inserirlo in questo elenco di libri SF, perchè è pur
sempre vero che Burroughs, con le sue visioni e le sue invenzioni, costruisce
storie surreali, scene e personaggi puramente fantastici, anche se
rappresentativi di reali stati d'animo e stereotipi sociali. E come dice Mary
McCarthy (cito dalla prefazione del libro - edizione Sugarco) "E' questo il
primo romanzo interspaziale, la prima opera seria di fantascienza: le altre
erano solo dei giochetti." Naturalmente la trovo una dichiarazione un
tantino estrema, ma è testimonianza del fatto che anche un libro come questo può
essere considerato FS. Resta comunque soprattutto un insieme di immagini, scene,
storielle, sensazioni, contaminazioni, che non hanno nessun filo logico, nessun
unico comune denominatore, se non l'estremismo in ogni situazione, piaceri
portati ai massimi livelli, angosce e paure tali da uccidere o far impazzire un
uomo. Se decidete di leggerlo (personalmente mi sento di consigliarlo, perchè
al di là del giudizio che ne darete poi, è comunque un libro che lascia
qualcosa, di cui difficilmente ci si dimentica), abbandonate ogni speranza di
trovare una trama, un filo conduttore, un senso per ogni cosa: è impossibile.
Dopo le prime cinquanta pagine, ero tentato di lanciarlo dalla finestra, poi per
fortuna ho proseguito e ho capito che non dovevo sforzarmi di cercare una logica
in ogni cosa, una trama con un inizio e una fine. Dovevo semplicemente leggerlo
e assorbire le sensazioni (a volte fortissime) che questo romanzo è capace di
dare. E' tutto molto frammentario, concetti sparsi a casaccio, storie raccontate
a metà, storia nella storia. A tratti sembra un album fotografico: sfogliandolo
si passa da un'immagine all'altra, da una sensazione all'altra. C'è angoscia,
gioia, piacere, delirio, sesso, malattia, frenesia e pace... Non so che altro
dire, anche perchè sono convinto che sia un libro capace di dare sensazioni
diverse a ciascun lettore, secondo il suo stato d'animo, il suo carattere, le
sue aspettative. Leggetelo, è un consiglio: aprite il libro, aprite voi stessi
e iniziate.
Brambo.
30 Dicembre 2000
A.C.
CLARKE - 2001:Odissea nello spazio
Ebbene si. Finalmente l'ho letto! Invogliato dal film di Kubrick
ho deciso di leggermi il romanzo di Clarke e devo sinceramente dire che mi è
piaciuto tantissimo. Il libro conserva intatte le atmosfere che si riscontrano
nel film, aggiungendo particolari ed emozioni che la pellicola non riesce, a mio
avviso, a rendere al meglio (anche se la trasposizione cinematografica è tra le
più fedeli che si possano trovare, probabilmente perchè Kubrick e Clarke
lavorarono insieme per 3 o 4 anni per dare forma al film e anche al romanzo). La
narrazione è estremamente realistica, in alcuni punti talmente dettagliata da
sembrare un trattato scientifico, ma mai pesante. Clarke ci trasporta con
l'equipaggio della navicella in un viaggio nel sistema solare affascinante,
lento, musicale, descrivendo con grande abbondanza di particolari gli
incredibili scenari che scorrono sotto agli occhi dell'equipaggio (anche solo
leggendo, ci rendiamo conto di quanto sia azzeccata la colonna sonora del film,
melodiosa, sognante ma a tratti energica). Benissimo viene trasmessa l'angoscia
della terribile situazione nella quale si viene a trovare l'equipaggio della
Discovery, quando dovrà fare i conti con il "permaloso"
Hal9000, intelligenza artificiale talmente evoluta che sembra poter provare
sentimenti umani. E mi ha colpito particolarmente il tratto in cui Clarke parla
dell'evoluzione dell'intelligenza, che aveva spinto degli esseri (umani o no non
ha importanza) ad un abbandono del loro corpo, dapprima divenuto il gran parte
artificiale, poi totalmente artificiale, ed infine completamente inutile. Tutto
il romanzo è pervaso dal mistero dell'inspiegabile significato del monolito,
apparso prima sulla terra, poi sulla luna, quindi su una luna di Saturno, e poi
chi sa dove. Al contrario del film, il libro spiega più dettagliatamente
l'origine del monolito ed il suo scopo, nulla togliendo però a quella
sensazione di impossibilità a coglierne il pieno significato. E' un romanzo
stupendo, che fa sognare e pensare tantissimo su quale potrà essere il
possibile destino dell'intelligenza umana, su quali trasformazioni subirà
l'uomo, nella mente e nel corpo (sempre che sia necessario conservarlo!!).
Colpito da questo romanzo, leggerò sicuramente altre opere di Clarke, sperando
che siano all'altezza di questa... A presto.
Brambo.
02 Aprile 1999
ARTHUR
C. CLARKE - 2010 odissea due
Nonostante Clarke definisca 2010 "non propriamente il
seguito di 2001 odissea nello spazio", gli elementi, i personaggi e
gli argomenti sono gli stessi ed è quindi altamente consigliabile, direi anzi
tassativo, leggere 2001 prima di avventurarsi nella lettura di 2010.
Nell'insieme, ma soprattutto nella prima metà, il romanzo mi è sembrato
abbastanza statico, a volte troppo descrittivo, troppo ricco di particolari e
spiegazioni scientifiche, che limitano un po' il lavoro di fantasia del lettore.
Forse non riesce a tenere il passo di 2001, ma ha il pregio di chiarire molti
dubbi e rispondere a diverse domande che, dopo la lettura di 2001, restano con
un punto interrogativo. Viene approfondito e infine svelato il mistero del
monolito, anche se, in verità, l'oggetto conservava un maggior fascino in 2001,
dove il significato e l'origine del TMA (come viene chiamato nel libro) sono
lasciati in maggior misura all'interpretazione di chi legge. Ciò nonstante la
saga di Clarke continua a regalare emozioni, forse perchè è ambientata in uno
spazio a noi vicino o forse perchè non si eccede mai in situazioni, oggetti o
personaggi poco credibili. Pur trattandosi di fantascienza (per ora), le vicende
dell'equipaggio della Leonov (astronave russa inviata nei pressi di Giove a
scoprire qualcosa di più sulle faccende del monolito e della Discovery) sono
palpabili, credibili. Sembra di leggere il resoconto di una storia realmente
accaduta. Ed è proprio questo che affascina maggiormente nel ciclo di Clarke:
la possibilità, per non dire la probabilità, che un giorno ciò di cui stiamo
leggendo possa realmente accadere.
Brambo.
13 Agosto 2000
ARTHUR
C. CLARKE - 2061 Odissea tre
Questa volta mi trovo a dover dare un giudizio (sempre molto
personale ovviamente) piuttosto negativo su questo terzo capitolo della saga
"monolitica" di Clarke. E' pur vero, come avevo già forse detto per
2010 Odissea 2, che l'ambientazione conserva un certo fascino, dato che le
vicende si svolgono nel nostro sistema solare, a pochi passi dalla nostra terra.
Ed è anche vero che i romanzi di Clarke, o meglio quelli facenti parte di
questa serie, sono molto realistici, perchè pur inventando, lo scrittore si
serve di conoscenze, termini e tecnologie esistenti o in via di sperimentazione
nel mondo reale. Ma è proprio questo ostentato realismo, i troppi dettagli, la
narrazione quasi giornalistica degli eventi, la mancanza di colpi di scena o
emozioni forti, che rendono pesante la lettura di questo romanzo e fanno sì
che, una volta letto, ti rimanga veramente poco. Trovo che 2001, 2010 e 2061
vadano qualitativamente in calando. Troppe ripetizioni, poca fanta e molta
scienza. Non so se avrò l'ispirazione per leggere il quarto e ultimo romanzo
della serie. Si vedrà.
Brambo.
11 Novembre 2000
P.K.
DICK - Cronache del dopobomba
Ho letto con piacere questo romanzo ripubblicato nel 2006 da Fanucci. Come di
evince dal titolo tratta di temi post-guerra atomica, ma non dimentichiamo che
è un libro di Dick e che quando parliamo di questo autore spesso la trama di
fondo è uno scenario su cui dipingere personaggi e situazioni al limite del
reale e impregnati dalle fobie e dalle angosce dello scrittore. E anche in
questo caso non rimaniamo delusi. Nel libro sono apprezzabili entrambi gli
aspetti. Per prima cosa si respira l'amarezza, la povertà e la paura del dopo
bomba atomica con i sopravvissuti costretti a vivere in città rase al suolo e
nella privazione assoluta di ogni genere di conforto. Nello stesso scenario,
come sopra detto, si delineano personaggi con poteri superiori, in grado di
muovere oggetti a distanza, di leggere i pensieri o addirittura capaci di
piegare la storia al loro volere. E' il caso dello scienziato che ha effettuato
i primi test nucleari e che sarà (o sembrerà essere) la causa della guerra
atomica. A un certo punto tutta la storia sembra pilotata o scaturita dallo
stesso scienziato e non si riesce a decidere se lui è pazzo o se pazzo è il
mondo da lui creato e materializzato. Come spesso accade quindi, ci troviamo in
una situazione in cui è difficile stabilire cosa è reale e si riesce a
percepire una profonda sensazione di disagio causata dalla consapevolezza di non
poter controllare gli eventi. Tutto, la realtà stessa delle cose, è soggettivo
e discutibile.
Viviamo in una realtà personale, creata dalla nostra mente o,peggio, in una
realtà creata da altri. Nella capacità di trasmettere queste sensazioni Dick
è maestro assoluto, non mi stancherò mai di ribadirlo.
Settembre 2006
P.K. DICK – Nostri
amici da Frolix 8
Le vicende di questo romanzo si svolgono sulla nostra
terra, in un ipotetico futuro, dove gli uomini sono divisi in tre caste
principali: gli uomini vecchi (o normali, come noi), gli uomini nuovi (con
capacità mentali superiori) e gli insoliti (uomini con particolari poteri). La
terra è governata dagli uomini nuovi che hanno monopolizzato il potere ed
escluso da qualsiasi carica gli uomini vecchi. Lo scenario verrà sconvolto dal
ritorno di Provoni, un uomo partito tanti anni prima con un’astronave in cerca
di aiuto per gli uomini vecchi, ormai sottomessi e addetti ai lavori più umili.
L’aiuto desiderato si materializzerà sotto forma di un essere alieno capace
di “annullare” la superiorità mentale degli uomini nuovi. La cosa più
interessante di tutta la vicenda è proprio questo passaggio: gli uomini al
potere subiscono l’onta di diventare mentalmente limitati, ritardati e
totalmente dipendenti da coloro che erano prima sfruttati e umiliati. Gli uomini
nuovi, tanto odiati, trasmettono ora tenerezza e nei loro confronti si
diffondono sentimenti di compassione. La storia è dunque un’interessante
disquisizione sul potere, sulle caste e sull’inevitabile abitudine ad
adattarsi al proprio ruolo nella società, a gestire il potere o a subirlo. Chi
gestisce il potere economico e politico non può pensare a rinunciarvi e chi lo
subisce da sempre non è capace di liberarsi dal suo ruolo di subordinato. Alla
fine dominano i sentimenti di pietà per chi soffre, anche se tanto ha fatto
soffrire. A mio parere un romanzo da non annoverare tra i migliori di Dick, ma
ugualmente godibile e in linea con le tematiche care all’autore.
Settembre 2006
P.K.
DICK - Abramo Lincoln androide
C'è veramente molto di Dick in questo romanzo. Ci sono i
simulacri, i tipici androidi Dickiani, in tutto e per tutto uguali agli esseri
umani, perfino troppo. E c'è la pazzia, la schizofrenia e le malattie mentali,
altri luoghi comuni di buona parte della produzione di Dick. E non sono
per nulla d'accordo con chi giudica questo "We can build you" (il
titolo originale è molto più significativo, come spesso succede) un'opera di
basso tono rispetto a molte altre. In pochi altri romanzi che ho letto Dick
riesce a trasmettere così bene senso d'angoscia e disperazione, sudditanza,
paranoia. E' veramente toccante il lento crollo mentale di Louis di fronte
all'inafferrabilità dell'amata Pris. E Pris richiama incredibilmente
nell'aspetto e nei comportamenti, l'omonimo androide di Blade Runner: gli occhi
contornati di trucco nero, lo sguardo inquietante, l'aspetto trasandato, la
curiosità, la pazzia. Va sottolineato, secondo me, il dialogo che si svolge tra
il simulacro di Abramo Lincoln e il miliardario Barrows, atto a stabilire il
come e il perchè si debba sostenere la differenza tra uomini e androidi, se
questi ultimi sono in tutto e per tutto identici a noi. Dove sta questa
differenza? Nella carne? Nello spirito? Difficile anche dire la nostra. E' un
grande pregio di Dick quello di saper infliggere il dubbio e la sensazione di
impotenza di fronte a quesiti come: la verità è assoluta, unica? Se un
simulacro è in grado di soffrire e di gioire, allora è vivo? Come possiamo
sostenere che sia vero e come possiamo sostenere il contrario? Cosa sono la
pazzia e la normalità? Basta, mi fermo se no mi fonde la testa. Leggetelo, sono
sicuro che vi toccherà a fondo.
Brambo.
9 Maggio 2000
P.K.
DICK - La svastiva sul sole
"La svastica sul sole" viene da molti considerato come
uno dei migliori romanzi di Dick, e ha vinto il premio Hugo come miglior romanzo
nel 1963. Anche se in qualche passaggio mi è sembrato un po' ferruginoso, un
po' troppo pastoso, concordo nel considerarlo un bel libro. Il finale è
piuttosto sconvolgente e fa acquistare parecchi punti a tutta l'opera. Perchè
è uno di quei romanzi dickiani dove maggiormente si mette in dubbio la realtà
(cos'è in realtà la realtà? una domanda che non può avere risposta), dove si
mette in dubbio la nostra stessa esistenza. Viene spesso definito un romanzo di
storia alternativa. In parte lo è, ma il fulcro della questione non è se la
storia migliore è quella che conosciamo o quella che Dick ci propone, quella
nella quale i tedeschi e i giapponesi hanno vinto la seconda guerra mondiale e
si apprestano a combatterne una terza fra di loro. Il punto è: qual'è la
storia reale (se ne esiste una che si può considerare tale)? Come in tante
altre opere di Dick, si nota quella che è, a mio avviso, una delle sue più
grandi peculiarità, e cioè la capacità di incutere incertezza e angoscia
relativamente alla nostra esistenza e alla realtà del mondo che conosciamo.
Sono spesso romanzi, quelli di Dick, che fanno sì che il lettore si ponga
diverse e profonde domande, alle quali difficilmente sarà in grado di dare
risposte tranquillizzanti, nel tentativo di insabbiare quel senso di incertezza
che è la causa principale della nostra costante, più o meno evidente,
tristezza.
Brambo.
22 Maggio 2000
P.K.
DICK - Il disco di fiamma
Dick ci descrive un mondo (la nostra terra) dove l'elemento
dominante è il caso. Attraverso un semplice gioco viene data a ogni uomo
(tranne a quelli appartenenti ai ceti inferiori, qui definiti come "non
classificati") la possibilità di ricoprire la più alta carica politica:
quella di Quizmaster, ossia colui che decide le regole del gioco. E' quindi
inevitabile la grande importanza che viene attribuita alla fortuna, unica forza
in grado di influenzare in qualche modo gli eventi. Per questo solo i pazzi e i
coraggiosi vivono e si muovono senza grandi quantità di amuleti porta fortuna.
La cornice a tutto questo è fatta di una società con regole, ordinamenti a dir
poco raccapriccianti. La popolazione è rigidamente divisa in classi sociali e
ai derelitti non si da neppure la possibilità di partecipare al grande gioco. E
a far da contrasto a questa fredda classificazione umana c'è il miraggio di
nuove civiltà rappresentata da un nuovo pianeta, entrato, si dice, a far parte
del sistema solare: il "Disco di Fiamma". E' uno dei primi romanzi di
P.K.Dick (1954) e già si notano i tratti fondamentali della sua successiva
produzione. Da leggere.
Brambo.
30 Giugno 2000
P.K.
DICK - L'occhio nel cielo
"L'occhio nel cielo" è uno dei primi romanzi di Dick
nel quale lo scrittore affronta uno dei temi fondamentali di gran parte della
sua produzione successiva: quello delle realtà alternative. In questo romanzo
un gruppo di visitatori, presso un nuovo impianto scientifico, cade vittima di
un incidente e per una strana combinazione di eventi sarà costretto a vivere in
una serie di mondi alternativi, ognuno dei quali nato e modellato sulle paure,
le credenze e le angosce di ciascuno dei partecipanti a questo strano viaggio virtuale.
Al ritorno nel mondo reale nessuno avrà più le certezze che possedeva prima di
quella terrificante esperienza. Come spesso riesce a fare, anche con questo
romanzo Dick insinua nei nostri pensieri il profondo dubbio dell'esistenza di
una realtà assoluta o unica. Non è forse più sensato pensare che ognuno di
noi viva una sua realtà personale, materializzando le paure e le credenze nate
dalla sua esperienza o inculcate a forza nella sua mente?
Brambo.
15 Luglio 2000
P.K.
DICK - La città sostituita
E' uno dei primissimi romanzo di Dick (forse il primo?) e risale
al 1953. Più che un romanzo di fantascienza è un romanzo fantasy. E'
ambientato in una piccola cittadina di provincia americana, dove ha luogo un
incredibile scontro tra le forze del bene e del male, capaci di mutare
radicalmente l'aspetto della città e delle forme umane. In alcuni tratti mi ha
addirittura portato alla memoria alcuni tipici romanzi fanta/horror di Clive
Barker, come ad esempio Apocalipse o Everville, dove folli lotte tra bene e male
vengono combattute in dimenticate cittadine americane. Ma già da questo primo
romanzo, Dick mette un piccolo accento sull'incomprensibilità del giusto
o del reale. Il protagonista fa di tutto per riportare alla luce
l'originale città di Millville, quella in cui ha trascorso la sua infanzia,
senza tener conto che dopo il misterioso cambiamento (o incantesimo) avveratosi
nel paese, nuove persone e nuove forme di vita hanno preso il posto dei vecchi
abitanti. Ma sono altrettanto reali, fatti di carne e ossa, in grado di gioire e
di soffrire. E' giusto riportare in vita la vecchia Millville ignorando i
sentimenti di questi nuovi abitanti? Entrambi i luoghi sono reali, ma
alternativi. L'uno esclude l'altro. Qual'è allora la realtà, quella vera? ...
Lo considero un romanzo piacevole, divertente. Si legge in fretta e senza
difficoltà. E' però sconsigliato a chi ama la fantascienza pura.
Brambo.
22 Agosto 2000
P.K.
DICK - Vulcano 3
In questo romanzo Dick ci presenta un mondo, un società, i cui
governi sono totalmente dipendenti da un Computer. Vulcano 3 è infatti l'ultimo
e più evoluto elaboratore elettronico della serie Vulcano. Vulcano elabora i
dati forniti dai Direttori (o presidenti) delle varie nazioni terrestri e
dispone le azioni da compiere. Ma Dick si spinge oltre e ipotizza la capacità
del computer di sviluppare un suo proprio istinto di sopravvivenza. E così, di
fronte alla minaccia degli oppositori al suo governo, scatenerà un vera e
propria guerra. E' un romanzo breve e scritto in modo semplice e diretto. Si
legge senza fatica ed è marcatamente firmato dal tipico pessimismo dello
scrittore.
Brambo.
27 Ottobre 2000
P.K.
DICK - I giocatori di Titano
Come suggerisce il titolo, questa volta la storia di Dick gira
attorno a un gioco, per la precisione un gioco molto simile al celeberrimo
Monopoli, al quale lo scrittore si è ispirato. Lo scenario delle vicende è una
terra spopolata, dopo una spaventosa guerra contro gli abitanti di Titano. Ora
la natalità è quasi zero e scopo del Gioco è, oltre a quello di mettere sul
piatto le proprie tenute (la scarsa popolazione dà la possibilità a molti di
possedere sconfinati appezzamenti di terreno e intere nazioni), quello di
mischiare le coppie di maschi e femmine. La vincita o la perdita al gioco,
implica anche un cambio oppure no della propria consorte. In questo modo,
provando più combinazioni possibili, saltuariamente una coppie riesce ad avere
fortuna e concepisce un figlio destinato ad aumentare la poca popolazione
terrestre. Questo è il quadro che Dick ci presenta nella prima metà del libro.
Poi ha inizio un susseguirsi di colpi di scena ed entrano in gioco forze esterne
e superiori. La lotta fra terrestri e titaniani, dopo la fine della guerra, si
combatte ora con poteri paranormali o, ancor peggio, sul tavolo da gioco. E qui
riemergono alcune situazioni tra le più tipiche di Dick: i poteri PSI, la
difficile comprensione della realtà, se non addirittura l'esistenza di più
realtà, la pazzia, la lotta per la vita, il fascino della morte.
Brambo.
17 Gennaio 2001
PHILIP
K. DICK - Ubik
Ubik è un romanzo stratosferico (come inizio non c'è male
eh?). E' considerato uno dei massimi capolavori di Dick ed è stato anche il
primo libro di Dick che ho letto. Prima di questo stavo leggendo alcuni racconti
e romanzi di Asimov, Simak, Turtledove, ecc.; bèh, vi devo dire che quando l'ho
iniziato mi è sembrato di tuffarmi in un tubbetto di bostik (che con ubik fa
anche rima!). Sono improvvisamente saltato da tranquille conquiste di imperi
galattici e viaggi interstellari e robot, a un groviglio di viaggi nel tempo,
vita, semi-vita, poteri psi, anti-psi e chi più ne ha più ne metta. Non
lasciatevi ingannare, non è una critica negativa al romanzo, tutt'altro....Mi
stupisce la bravura di Dick nel maneggiare tutti questi "ingredienti",
nel rimescolarli e nella capacità di stupirci continuamente. Un velo di mistero
(ubik) aleggia per tutto il romanzo, ma quel che è peggio è che quando il
romanzo è finito, continua ad aleggiare nella nostra mente, obbligandoci a
porci domande alle quali è "difficilino" dare una risposta. Detto
questo penso che il romanzo sia veramente bello e ben scritto; mette in risalto
la capacità di Dick di proiettarci in mondi, città e luoghi del futuro, per
molti versi simili alle ns. attuali realtà, per molti altri completamente o
meglio "spaventosamente" mutate. E' un romanzo che fa viaggiare la
mente, fa sognare, è...... non saprei come dire ma azzerderei a chiamarlo
psicadelico. E se durante la lettura vi prende un po' di sconforto, o qualche
passaggio vi sembra di difficile comprensione, o ancora, se perdete
completamente la testa, non temete!!! Provate con un po' di Ubik, il nuovo
prodotto per capire cosa passa nella testa di Dick. Usato secondo le dosi
consigliate è innocuo.
Brambo.
10 Novembre 1998
PHILIP
K. DICK - Un oscuro scrutatore
"Un oscuro scrutatore" è senza ombra di dubbio uno
tra i più autobiografici tra i romanzi di Dick. Tratta in modo estremamente
sconvolgente e coinvolgente il problema delle droghe pesanti, che tante vittime
hanno mietuto negli anni 60 e 70, anni nei quali anche Dick faceva parte dei
"tossici", dei poco di buono delle squallide periferie della città,
così ben descritti in questo libro, in contrapposizione con i
"perbene". La vita, le abitudini e le sensazioni di un manipolo di
drogati sono descritti da Dick, come ho già detto riportando la sue esperienza
personale, sotto vari punti di vista, tutti fusi insieme: da quello del tossico
in prima persona, a quello dell'infiltrato della polizia, da quello dell'amico
pazzo a quello della strana amante del protagonista. Il tutto è condito, se così
posso dire, dal concetto dello sdoppiamento della personalità, o meglio ancora
da quello di due vere e proprie entità distinte ed indipendenti all'interno di
un solo cervello, in grado di vedere ed interpretare luoghi, oggetti o
situazioni in modo diverso o meglio speculare; capacità indotte dalle
droghe e che alla lunga portano alla distruzione del cervello umano, ma anche in
certi casi a stati mentali ed allucinazioni affascinanti (in un brano del
romanzo si racconta di un tale che con l'uso di un miscuglio di droghe,
sosteneva di aver visto Dio, ma di non aver avuto la prontezza di coglierlo o il
coraggio di seguirlo, perdendo così l'unica ed irripetibile occasione per
farlo). Ho trovato estremamente coinvolgente il modo scelto dallo scrittore nel
sottoporci i vari aspetti della dipendenza dalle droghe e dei mutamenti nel
cervello umano, utilizzando un unico personaggio che, se al'inizio interpreta più
ruoli ma ben distinti, mano a mano che il racconto prosegue perde lui stesso la
capacità di distinguere la propria identità, ormai sconvolto dalla dipendenza
della sostanza M. Ci viene raccontata l'angoscia di un uomo che, facendo il suo
lavoro come infiltrato fra i tossici, diventa uno di loro, prima per dovere poi
per abitudine e finisce ben presto per non sapere più distinguere che è
veramente lui: il tossico Bob, il polizziotto Fred o il "completamente
fuso" Bruce. Scrutando dalle olocamere per mettere in atto il suo
lavoro, finisce per scrutare se stesso fino a non riconoscersi più nel
suo personaggio, diventato ormai una persona diversa. E' sicuramente un romanzo
che ci lascia con diversi interrogativi e riesce bene a darci le sensazioni
provate da chi ha vissuto il problema della tossicodipendenza in prima persona,
lasciandoci con grande tristezza nel finale, quando Dick ricorda i nomi dei suoi
compagni di viaggio. In effetti non sono molti gli elementi che ci
fanno annoverare questo romanzo di Dick fra quelli di Fantascienza, considerando
che le uniche situazioni fantascientifiche nelle quali ci troviamo sono quelle
nelle quali il protagonista indossa la tuta disindividuente, che lo
rende un nessuno, o scruta attraverso olocamere 3D. Si mette,
comunque, ancora una volta in evidenza la straordinaria capacità di Dick di
trasportare ai giorni nostri le situazioni ed i problemi a lui cari, ricreando
uno scenario da lui proiettato verso il futuro, ma, letto da noi, estremamente
corrispondente con la realtà dei giorni nostri. Quindi, tanto di cappello al
paranoico Dick, che non manca mai di farci riflettere a lungo dopo la lettura di
un suo libro e che riesce sempre a trasmetterci un pizzico di salutare pazzia.
Brambo.
7 Dicembre 1998
PHILIP
K. DICK - Blade Runner
E' piuttosto difficile dare un giudizio su di un romanzo come
Blade Runner o meglio "Do androids dream of electric sheep?" (il
titolo originale è sicuramente più apprezzabile perchè ha certamente più a
che fare con quello che il testo vuole trasmettere). Ogni volta, o quasi, che si
legge un romanzo di Dick ci si trova immersi in un miscuglio di situazioni
strane, esperienze mistiche, paradossi, che probabilmente riflettono le
"paranoie" dello scrittore. Personalmente ho trovato B.R. un romanzo
bellissimo ed altamente coinvolgente. Lo scenario nel quale è ambientata la
storia è un mondo devastato dalla guerra e contaminato di polveri radioattive,
dove gran parte della razza umana è emigrata su altri mondi (più puliti ma
altrettanto inospitali) e dove i pochi rimasti si trovano a fare i conti con la
continua pioggia radioattiva, la mancanza di vita (sono rimasti pochissimi
animali vivi, che si sono trasformati in uno status-simble per chi li possiede;
il sogno più grande di una persona è quello di potersi permettere di spendere
un capitale per avere una animale vero, piuttosto che, come succede ai meno
abbienti, un animale "meccanico") e la vera grande nemica: la
solitudine. Per combattere questi problemi molti umani si affidano alle scatole
empatiche e a una dottrina chiamata "Mercerianesimo", grazie ai
quali vivono un'esperienza di "empatia" reciproca, trovandosi in
qualche strano modo spirituale (ma anche materiale) mentalmente collegati fra di
loro, in modo da poter condividere gioie e dolori ed alleviare il più possibile
questi ultimi. E questa dell'empatia fra esseri umani è senza dubbio una delle
chiavi del romanzo, quella che rimette in discussione il ruolo di uomo e quello
di androide. Infatti gli androidi non possono provare empatia per gli esseri
umani, ma il cacciatore di taglie Deckard arriverà a provare empatia e forse
amore per un androide che non sarà in grado di ricambiare i suoi sentimenti (o
forse si?). Le differenze tra uomini e androidi vanno sempre più
assottigliandosi e, in alcuni punti del romanzo, ci viene addirittura da
chiederci se Rick Deckard è veramente un uomo. Penso inoltre che B.R.
rappresenta uno di quei pochi casi nei quali il film rimane bello e avvincente,
anche se nella pellicola vengono tralasciati o sottovalutati molti particolari
esaltati invece nel romanzo (la scatole empatiche, il mercerianesimo, lo
stralunato personaggio di Isidore, ecc.). Nel film si accentra maggiormente
l'attenzione sull'importanza che gli androidi danno alla vita in generale,
sentendosi penalizzati dal fatto di avere un vita biologicamente limitata; viene
data inoltre molta enfasi al personaggio di Roy Baty, visto nel film come
un'eroe di guerra e spietato leader del gruppo di androidi, mentre è descritto
nel romanzo come un duro capo-gruppo, ma che verrà "ritirato" o
eliminato senza spettacolari scontri con Deckard. Il film resta comunque
bellissimo, con scenari fantastici che riproducono incredibilmente lo squallore
ed il decadimento raccontato da Dick, e con un finale che, pur non rispecchiando
il romanzo, è veramente bellissimo.
Brambo.
5 Gennaio 1999
PHILIP
K.DICK - I Simulacri
Ancora una volta in questo romanzo Dick, toccando tutti i temi a
lui più cari, ci catapulta in un futuro cupo, malinconico e alquanto
realistico. Riporta alla luce vari argomenti già toccati in altri suoi romanzi
famosi, puntando il dito su un governo mondiale che, attraverso stratagemmi più
o meno evidenti, tiene in scacco l'intera popolazione degli immaginari USEA
(stati uniti d'america e d'europa). Il governo è attuato da un misterioso
"consiglio" che si serve di fantocci (o meglio simulacri) per
impersonificare le cariche di governo più importanti e, attraverso la Polizia
Nazionale, l'Esesrcito, e l'apparecchiatura per il viaggio nel tempo, riesce per
diverso tempo a tenere sotto controllo la popolazione dei BE, e cioè la
stragrande maggioranza della gente che non è a conoscenza dei più grandi
segreti governativi (il fatto, appunto, che tutto ciò che viene divulgato è
una meschina messa in scena). E' sconvolgente la descrizione che Dick fa della
vita condotta dalla gente comune, succube del fascino del finto capo
dello stato e della first lady (in realtà è proprio lei la figura più
importante del governo), in un mondo dove l'aspirazione più grande è
appartenere alla ristretta cerchia di persone che in qualche modo lavora per il
governo ed è quindi a conoscenza dei segreti governativi (questa classe di
persone verrà da Dick definita GE), e dove l'alternativa è rappresentata
dall'appartenere alla sfruttata e disprezzata classe BE, o ancora cercare una
nuova vita e nuovi sogni sulla colonia di Marte. Grande importanza ricopre anche
nel romanzo un'altra categoria di persone, i chupper, persone deformi e menomate
dalla alterazioni genetiche dovute alle radiazioni atomiche, soprattutto alla
fine del romanzo, dove vedranno aprirsi davanti a loro nuove speranze,
alimentate da una nuova guerra civile, quella scatenata dalla classe povera dei
BE, improvvisamente venuti a conoscenza della presa in giro organizzata dal
governo nei loro confronti. E naturalmente significativa è la presenza del
Simulacro (o semplicemente SIM), un robot del tutto simile all'essere umano e
che si presta quindi ottimamente all'insospettabile sostituzione dei veri esseri
umani. Una visione triste quella di Dick, di un possibile o addirittura
probabile futuro, dominato da una forte e militarizzata classe dirigente. Una
visione che lascia però molto spazio al mistero, come ad esempio quello
rappresentato in questo romanzo dal personaggio di Kongrossian, il musicista con
poteri paranormali o poteri PSI. Quello dei poteri PSI è un'altro dei temi
molto battuti da Dick, un tema particolarmente esaltato nello splendido romanzo
Ubik. In conclusione "I simulacri" è, a mio parere, un bel libro, uno
di quelli che ti trasportano in avanti nel tempo, con la sensazione però di far
parte di quel tempo, in un futuro abbastanza simile a uno dei tanti che possiamo
cercare di immaginarci.
Brambo.
24 Febbraio 1999
PHILIP
K. DICK - Noi Marziani
Anche in Noi Marziani, come in Ubik, Simulacra, Do Androids,
ecc., c'è lo stampino del più classico Dick, per quanto si possa usare la
parola classico con questo scrittore. La fantascienza si mischia con il
mistero ed il paranormale. C'è per prima la descrizione di un'ipotetica vita su
marte, alquanto toccante e veritiera (se così possiamo dire); infatti Dick non
ci descrive un pianeta reso abitabile ed ospitale, un luogo per sognatori o
pionieri, ma un posto dove è difficile vivere, nella perenne lotta contro la
mancanza d'acqua, contro le ristrettezze imposte dalla lontananza con la terra,
ma soprattutto contro l'egoismo e la sete di potere tipiche degli uomini. E poi
c'è la schizofrenia, punto focale del romanzo. Una malattia che nel futuro
colpisce una persona su sei, che provoca il completo distacco dalla realtà e
dalle percezioni dei sensi, provocando in alcune persone una sorta di autismo,
di chiusura verso un mondo e una società che si muovono troppo avidamente e
troppo velocemente (chi ha letto il libro capirà che quast'ultima affermazione
va anche interpretata letteralmente). E così leggiamo di Manfred, un bambino
autistico in grado di leggere o addirittura piegare alla sua volontà il futuro,
e di Jack, in costante lotta con la malattia, per non rinchiudersi
nell'incomprensibile mondo degli schizofrenici. E sicuramente degna di nota la
descrizione, secondo me angosciante, che Dick fa dell'istituzione scolastica: su
marte la scuola è un organismo completamente automatizzato, dove gli
insegnanti, gli educatori, i bidelli, sono macchine per plasmare le menti dei
bambini, inseriti in una società dove non c'è spazio per autistici e
schizofrenici, che vengono rinchiusi in pseudo-case-di-cura, per evitare di dare
un'immagine di debolezza e precarietà delle colonie marziane. Insomma un
romanzo con tratti tipici della fantascienza Dickiana, sicuramente da leggere se
vi sono piaciuti I Simulacri e Ubik.
Brambo.
15 Maggio1999
PHILIP
K. DICK - La penultima verità
Come dice il titolo stesso di questo romanzo dickiano, il tema
di fondo della storia è la verità, o meglio la "falsità".
Attraverso infatti l'inganno, la quasi totalità della popolazione umana vive in
formicai sotterranei, nella nera convizione che il mondo esterno sia inabitabile
a causa di una guerra atomica. In realtà la guerra è finita da un pezzo, e
pochi governanti si godono gli enormi spazi di un terra praticamente disabitata,
tenendo in scacco l'intera popolazione attraverso l'inganno, costringendoli ad
una vita sotterranea fatta di privazioni e lavoro. Altri elementi tipici dei
romanzi di Dick sono presenti anche in questa storia, come i simulacri (o
plumbei), l'infinita guerra tra potere comunista e democratico, gli esseri umani
con particolari poteri psi, un'organizzazione-fantasma che regge i fili del
gioco ma che non esce mai allo scoperto, ma a farla da padrone è l'inganno,
elemento essenziale che aleggia nel corso di tutta la narrazione. La finzione e
le menzogne costruiscono un mondo più credibile di quello vero e trascinano i
protagonisti in un vortice, dove la forza che risucchia tutto è rappresentata
dalla non-verità. Dick riesce a trasmetterci la "potenza" della
menzogna, che diventa troppo grande e infine incontrollabile, dando origine a
situazioni paradossali dove la verità perde la sua identità oggettiva e
diventa una cosa soggettiva (esiste una verità assoluta?). E alla fine del
romanzo si presenterà una situazione tale, per cui sarà necessario inventare
nuove menzogne per liberare gli uomini dal grande inganno. E' una storia molto
coinvolgente e ben scritta. Dick raramente delude.
Brambo.
21 Agosto 1999
PHILIP
K. DICK - Follia per sette clan
La follia, l'instabilità mentale, la schizofrenia, sono
elementi importanti e onnipresenti nella produzione di P.K.Dick. Come nella
stragrande maggioranza dei romanzi di Dick, questi elementi sono accompagnati da
altre immancabili presenze: i simulacri per primi, indistinguibili dagli esseri
umani e quindi adatti ad indossare le vesti di qualunque personaggio, ma
soprattutto simbolo del dubbio e impareggiabili armi dell'inganno; abbiamo poi
il paranormale, i poteri di veggenza o poteri psi (anche questi non mancano mai,
o quasi, nei migliori romanzi di Dick), in questo romanzo in particolare
rappresentati da una ragazza capace di alterare l'andamento del tempo (mi ha
ricordato moltissimo la raggazza del gruppo anti-psi di Ubik, che aveva poteri
quasi identici). La follia però è il fulcro del racconto. In questo romanzo
Dick immagina un intero mondo (una luna per la precisione) popolata da malati
mentali, qui abbandonati al loro destino anni prima, che convivono suddivisi in
sette categorie o clan, ognuno caratterizzato da una diversa malattia mentale.
Gli abitanti della luna rientreranno in contatto, dopo diverso tempo, con i
terrestri, venuti con ostili intenzioni ad imporre la loro "normalità".
Ma c'è poi così tanta differenza tra loro? Dov'è la sottile linea che separa
la normalità dalla follia? Paranoico, maniaco, depresso, non è la stessa cosa
di stupido. E in questo contesto si svolge la travegliata storia d'amore-odio
dei coniugi Rittersdorf, che darà vita a un bel finale di cui non voglio
chiaramente dire nulla. Forse non è fra i migliori romanzi di Dick che ho
letto, ma ne vale veramente la pena. Ciao.
Brambo.
21 Agosto 1999
P.K.
DICK - In senso inverso
"In senso inverso", pubblicato anche col titolo
"Ritorno dall'aldilà", è un romanzo del 1967. Lo sfondo della storia
è costituito dalla paradossale situazione di inversione temporale dovuto alla
"fase Hobart". In un momento imprecisato il tempo comincia a scorrere
in senso inverso: la persone risorgono dalla tomba per poi ringiovanire e
tornare nell'utero materno. Non si mangia ma si rimette il cibo per poi riporlo
in frigorifero e consegnarlo al supermercato. Si fumano le sigarette partendo
dal mozzicone e l'imprecazione più usata è "cibo!" (merda!). Tutto
questo contrasta con ciò che invece si muove regolarmente nel tempo. Infatti,
le automobili non marciano all'indietro e nemmeno le persone. I fatti si
svolgono come se tutto fosse normale e la giornata inizia al mattino e finisce
alla sera. Questo dà un profondo senso di indeterminazione degli eventi.
D'altronde Dick stesso dichiara di non cercare verità scientifiche per metterle
al servizio della fantascienza, ma si serve piuttosto di questi paradossi per
accentuare nel lettore il senso di irrealtà o realtà deformata.
La trovata dell'inversione temporale permette a Dick di centrare l'attenzione su
una serie di paradossi, primo tra tutti quello della resurrezione. "Veder
diventare attiva quella che era stata solo inerte materia organica...questo è
il vero miracolo, il più grande di tutti. La Resurrezione", questo è il
pensiero di Sebastian, uno dei protagonisti del romanzo, nonché titolare di un
Vitarium (l'esatto opposto temporale di un agenzia di pompe funebri).
Cosa portano con sé, coloro che tornano dalla tomba? Cos'hanno visto? Cosa
ricordano? Queste sono le domande alle quali tutti vogliono una risposta. Ma la
risposta non è così semplice. E' quasi come se chi torna dall'aldilà fatichi
a ricordare, come se il sapere non sia permesso a nessuno.
In questo contesto si snoda la storia del ritorno in vita di un importante
personaggio, l'anarca Peak, il saggio fondatore di un culto religioso
popolarissimo tra la gente di colore, anch'egli morto e ora redivivo. Anch'egli
sembra incapace di dare spiegazioni troppo dettagliate sul dopo-morte, ma alla
domanda "cosa c'è dopo la morte?" egli risponde:
"E' come la vita. Per ognuno è un'esperienza diversa."
Mi piace pensarlo.
Brambo.
30 Aprile 2001.
P.K.
DICK - E Jones creò il mondo
E' uno tra i primissimi romanzi di fantascienza di Dick ed è
stato da poco ristampato (o forse era un inedito, non sono sicuro) dalla Fanucci
nella collezione Dick. Narra le vicende di Jones, un mutante in grado di vedere
il futuro. Vedere è la parola giusta, perchè lui non può in alcun modo
interferire con gli eventi: può solamente assistere passivamente a ciò che per
lui è già accaduto. Come vedere un film per la seconda volta, come rivivere la
propria vita (e la propria morte) due volte. E' proprio questo il particolare più
angosciante del romanzo, cioè l'impotenza contro gli eventi.
Dick, oltre a descrivere un mondo pervaso dal totalitarismo e da un sistema
politico oppressivo, oltre a descrivere curiose e nuove forme di vita, porta
l'attenzione sulla vita e la morte di Jones, possessore di un incredibile
potere, incapace di trarne vantaggio. Il sapere ciò che ci attende e
l'impossibilità di cambiare gli eventi, equivalgono alla condanna del libero
arbitrio, alla fine della creatività e della voglia di fare, di cambiare, di
capire.
Forse questo romanzo non ha la forza dei successivi capolavori, ma val la pena
di leggerlo.
Brambo.
24 Luglio 2001
P.K.
DICK - Svegliatevi Dormienti
In un non molto lontano futuro, viene scoperta, quasi per caso,
una breccia nello spazio (crack in the space) che consente agli uomini di
spostarsi in una Terra parallela, un mondo uguale al nostro ma evolutosi in modo
diverso. La possibilità è alquanto allettante per gli uomini di governo, dato
che i maggiori problemi che affliggono l'umanità sono il sovrapopolamento e la
disoccupazione. Finora il problema dell'eccedenza umana è stato risolto con un
sonno forzato, nella speranza di poter risvegliare i dormienti in tempi migliori
(da qui il titolo dell'edizione Fanucci "Svegliatevi Dormienti"). Ora
si spera di poter compiere un'emigrazione di massa dei dormienti, risolvendo una
volta per tutte il problema dello spazio e dell'occupazione. Questo è, molto in
sostanza, il prologo del romanzo. Un romanzo non a livello del Dick dei tempi
migliori, ma che tocca tematiche interessanti: un presidente degli stati uniti
di colore, la fine dell'odio razziale (o forse no), una terra inesplorata e la
voglia di colonizzarla, magari calpestando gli indigeni (storia vecchia). Un
insieme di idee interessanti, ma che a mio avviso non riesce a coinvolgere più
di tanto. Forse si parla di tanto ma si approfondisce poco. Forse così lo
voleva Dick o magari, molto più semplicemente, non è tra i Dick migliori.
Brambo, 10 Aprile 2002.
P.K.
DICK - Confessioni di un artista di merda
Le "Confessioni di un artista di merda" fanno parte di
quei pochi romanzi dickiani non FS, ma entrano a pieno titolo in questo mio
piccolo elenco di libri letti se non altro perchè ci dicono molto dell'autore e
perchè ce lo fanno apprezzare anche al di fuori del suo abituale e non sempre
voluto "genere". Perchè, almeno per un periodo, c'è stato in
tentativo da parte di Dick di scollarsi di dosso l'etichetta di scrittore di
fantascienza e tentare il successo nel mainstream. In questo libro c'è tanto di
autobiografico, a detta anche di critici e scrittori che Dick lo conoscevano. E'
ambientato in California e narra le sventure di una coppia in una piccola
cittadina di provincia, alle prese con la noia, il tradimento, la follia. I
personaggi si muovono nella routine quotidiana, fra casa, lavoro, pochi
interessi e voglia di apparenza, in un luogo dove il giudizio della comunità
conta tanto, o almeno così a noi inesorabilmente sembra. Temiamo il giudizio
degli altri più del dolore fisico, più di ogni cosa... Tutte le vicende che si
svolgono nel romanzo, sono esaminate da più punti di vista, quelli di tutti i
principali protagonisti. Ma i giudizi e gli spunti più interessanti sono quelli
di Isidore, il personaggio chiave. Un ritardato mentale, a detta di molti, o
forse solo un diverso. Un personaggio ambiguo, che incuriosisce, che spiazza,
che fa riflettere con le sue semplici ma profonde riflessioni. Egli vede il
piccolo pezzo di mondo che lo circonda e ne da un'interpretazione del tutto
personale, fuori dagli schemi. E' colui che puo' restare sconvolto dal fatto che
la sorella abbia una relazione extraconiugale, ma che allo stesso tempo è in
grado di accettare con assoluta calma l'imminente fine del mondo, cosa di cui è
convinto. Un libro piacevole, allo stesso tempo leggero ma intenso, capace di
mettere alla luce le piccolezze e le sciocchezze di cui ci preoccupiamo, cose e
oggetti di cui ci circondiamo a ai quali diamo eccessivo valore, la nostra
profonda incapacità di cogliere un senso in tutto ciò che vediamo, che
incontriamo e che percepiamo.
Brambo.
8 Maggio 2002
P.K.
DICK - Valis
Valis fa parte di quegli ultimi tre romanzi scritti da Philip K.
Dick a tutti noti come Trilogia di Valis, che comprende anche "La
trasmigrazione di Thimoty Archer" e "Divina invasione". E' un
testo altamente autobiografico, nel quale lo scrittore ha riversato le sue idee
circa le strane esperienze del 1974. Non c'è quindi da aspettarsi un normale
(parola già difficile da utilizzare per la produzione Dickiana) romanzo di
fantascienza. In Valis c'è tutto Dick, i suoi dubbi circa il concetto di realtà,
le sue metafisiche interpretazioni di quel "raggio rosa di
informazioni" che lo colpì nel '74. Personalmente ho trovato molto utile
leggere prima la biografia di Dick scritta da Lawrence Sutin e pubblicata da
Fanucci (ma ce ne sono anche altre), per avere un'idea un po' più chiara di
quello che accadde a Dick in quel particolare periodo della sua vita.
Un'esperienza quasi mistica, religiosa, un'illuminazione o, secondo alcuni,
semplicemente il frutto di una mente dotata di una fantasia spinta all'estremo.
Un'esperienza che, in ogni caso, segnò lo scrittore profondamente, tanto che
passò il resto della sua vita a cercare di dare un senso, un'interpretazione
per lui accettabile, di ciò che gli era accaduto. Questo tentativo avvenne in
parte con la stesura di un testo, chiamato "Esegesi", migliaia e
migliaia di pagine che Dick scriveva giorno e notte, mettendo sulla carta le
informazioni ricevute da una misteriosa entità, cercando di capire come queste
informazioni stessero cambiando la sua vita. Con Valis, Dick riesce a illustrare
parte di questi accadimenti, inserendoli in un libro di fantascienza (in realtà
solo in parte), nel quale lui stesso è il protagonista. Nel romanzo Dick
racconta la sua esperienza da un doppio punto di vista, utilizzando due distinti
personaggi, che altro non sono che due anime dello stesso scrittore. Può
apparire un testo un po' ostico, per lo meno all'inizio, ma se amate Dick non
potete tralasciare Valis.
Brambo, 06 ottobre 2002.
P.K. DICK - Minority report e
altri racconti
P.K.
DICK - Divina Invasione
"Divina invasione" è il secondo libro facente parte
della cosiddetta "Trilogia di Valis". Le tematiche che vi vengono
affrontate sono quindi, ancora una volta, quelle tipiche dell'ultima parte della
vita e della produzione di Dick. Vale quindi quello che si è detto per il
romanzo "Valis", che peraltro viene in qualche modo richiamato anche
in questo secondo volume (quando Emmanuel-Dio chiede alla lavagnetta elettronica
che lo aiuta a recuperare la memoria il suo vero nome, lei risponde: Valis). In
questo libro, che esplora, come anche Valis, il territorio ostile del
reale/irreale, Dick narra di un Dio che torna sulla terra, attraverso suo
figlio, per riprendere il controllo del mondo (o di un mondo) che lui aveva
creato, ma che è poi crollato e caduto nelle mani di Belial, simbolo del male e
dell'anti-Dio. Nel corso delle vicende, si assisterà poi a un radicale
cambiamento della realtà e della vita dei protagonisti, a significare o meglio
a simboleggiare che tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che noi definiamo
"reale", è in verità solo una parvenza di realtà, un'illusione, un
mondo che vive (forse) nella mente di qualcun'altro. C'è un potente senso di
instabilità e incontrollabilità delle cose, come se tutti noi fossimo
"fatti" di volontà altrui, un opprimente senso di non esistenza (dice
Dick: "Nessuna creatura può immaginare il non-essere, soprattutto il
proprio non-essere"). Quest'idea permea gran parte degli scritti di
P.K.Dick, è uno dei più spaventosi dubbi che lo scrittore è in grado di
trasmettere, ma io preferisco dire infliggere, ai suoi attenti lettori. Domande
che Dick ci pone continuamente, anche se non direttamente, riaffiorano in questo
come in tanti altri suoi romanzi: "Esiste una sola realtà?",
"Non ne esiste nessuna?", "Chi crea la realtà della quale
facciamo parte? Forse noi stessi?".
E' sicuramente un libro da leggere, soprattutto se amate Dick, ma, come per
Valis, vale la pena di leggere prima altri suoi romanzi, per farsi un'idea della
sua visione, peraltro multiforme e in continua evoluzione, del mondo che ci
circonda. Rispetto infatti a tante altre sue opere, i tre libri che compongono
la trilogia di Valis sono sicuramente più ostici, hanno un approccio più
difficoltoso, meno immediato. Rappresentano il tentativo ultimo di Dick di dare
un senso all'esistenza di un Dio che crea, ma che forse è a sua volta creato.
Brambo, 01 Novembre 2002.
P.K.
DICK - La trasmigrazione di Thimoty Archer
"La trasmigrazione di Thimoty Archer" è stato
l'ultimo romanzo pubblicato da P.K.Dick, poco dopo "Valis" e
"Divina Invasione". Lo si può definire uno dei suoi pochi romanzi
mainstream, una romanzo che gli rinnovò la voglia di abbandonare la letteratura
fantascientifica e di dedicarsi a tempo pieno ai sempre da lui ambiti e meno
ghettizzati romanzi mainstream (cosa che peraltro non ebbe mai la possibilità o
il coraggio di fare). Non ha molte cose in comune con i due precedenti e sopra
citati, che invece conservano, se pur marginalmente, una vena di FS. C'è però
innegabilmente un filo conduttore che li lega, che è la spasmodica ricerca
della comprensione del mondo, dell'universo in cui viviamo. Non si accontenta più,
Dick, di sottolineare e di cercare una soluzione al problema della realtà e
della sua indeterminatezza. Questa volta va oltre, alla ricerca del creatore
supremo (se ne esiste uno), cogliendo ciò che più gli sembra appropriato da
diverse religioni e diverse credenze. C'è dunque molto, in questo romanzo, del
Dick degli ultimi anni, proiettato verso la comprensione di Dio, di una mente
creatrice. Dick sembra convincersi dell'esistenza della realtà in cui viviamo:
poco importa, infondo, da dove provenga, se sia scaturita dalla nostra mente o
da quella di un Dio. Noi ne facciamo parte e le sofferenze che questo provoca
sono tangibili. Non saremo mai in grado di stabilirne l'origine e di capire il
senso e il funzionamento di questo congegno, se non, forse, per pochi brevi
istanti di illuminazione, che compaiono, passano e non lasciano ricordo
duraturo. E' un romanzo, dunque, che ha a che fare con la ricerca della Divinità,
la riconciliazione con la realtà (il cui senso viene sempre e comunque messo il
discussione), la morte, i ricordi e le speranze. Per la prima volta in tutta la
produzione dickiana la voce narrante del libro è Angel, una donna, il lato
femminile del pensiero dello scrittore (questo argomento è ben sottolineato
nella postfazione di Vittorio Curtoni all'edizione mondadori). Il vescovo Archer
è invece ispirato alla figura del Vescovo Pike, personaggio realmente esistito
che ha avuto un forte ascendente sullo scrittore nel periodo precedente la
stesura del libro. Molti altri personaggi del libro, compresa Angel stessa, sono
ispirati a persone che sono vissute a stretto contatto con Dick, come spesso
succede nei suoi romanzi. In questi ultimi tre libri (trilogia di Valis)
l'aspetto autobiografico è ancora più accentuato: Dick vi riversa tutte le
idee maturate in una vita passata, fra sregolatezze e povertà, alla ricerca di
una risposta al grande "PERCHE'?". E se nelle sue precedenti
opere questo era "mascherato" da una storia di fantascienza,
ora questo aspetto passa in secondo piano e la storia diventa quasi totalmente
non-FS, dando la precedenza assoluta alle idee dello scrittore. Nello stesso
periodo Dick scriveva migliaia di pagine di pensieri, idee e possibili
spiegazioni alle sue strane esperienze di contatto con Dio, riversandole il
quella che lui chiamò Esegesi. A questo proposito, e anche per meglio capire e
apprezzare i romanzi "Valis", "Divina Invasione" e "La
trasmigrazione di T.A.", consiglio vivamente di leggere la biografia di
Sutin, pubblicata da Fanucci.
Brambo, 12 Novembre 2002.
P.K. DICK - Labirinti della memoria
e altri racconti
P.K. DICK - Scorrete lacrime,
disse il poliziotto
P.K. DICK - Labirinto di morte
DICK-ZELAZNY
- Deus Irae
WILLIAM
GIBSON - Neuromante
Neuromante è sicuramente il più famoso romanzo di Gibson,
quello che forse gli ha dato la notorietà che oggi possiede, nonchè vincitore
di importanti premi letterari. Viene solitamente inquadrato in quel ramo della
letteratura fantascientifica definito Cyberpunk. Non c'è bisogno di spiegare di
cosa si tratti, comunque, per intenderci, quei romanzi dove la fanno da padrone
i concetti di matrice, cyberspazio, realtà virtuale, collegamenti uomo-macchina
o meglio uomo-rete. Una sorta di simbiosi tra il nostro pensiero e la matrice,
il mondo dove viaggiano le innumerevoli informazioni della rete. Il mondo della
matrice, del cyberspazio cessa quasi di essere qualcosa di etereo, per
trasformarsi in qualcosa di reale, tangibile, navigabile, incredibile nella sua
complessità. E' grosso modo in questo scenario che si muovono i personaggi di
Neuromante: un giovane cowboy della rete, una ragazza mercenaria e alquanto
ambigua, intelligenze artificiali che tessono i loro intrighi all'interno della
rete, ma che attraverso quast'ultima interagiscono col mondo reale, e una serie
di altri personaggi di contorno non meno contorti.
Se devo dare un giudizio personale sul romanzo, devo dire che non è riuscito ad
acchiapparmi più di tanto. Sarà forse perchè sono più affezionato a romanzi
più aperti al sogno, ma questo libro di Gibson, pur presentando una storia
intrigata e alcuni bei passaggi, mi è parso tutto sommato freddo. Non ci ho
trovato la speranza ma nemmeno la disperazione. Nè il sogno, nè l'inquietudine
(come a esempio quella che riesce a trasmettere Dick). Alla fine, insomma, sono
rimasto un po' deluso, abbastanza indifferente, anche se, ripeto, alcune idee mi
sono piaciute.
Se dovessi consigliarlo....boh...non saprei. Comunque vale sempre la regola: mai
fidarsi del giudizio degli altri. Leggete e poi tirate le vostre conclusioni.
Ciao.
Brambo.
16 Aprile 2001
R.A.
HEINLEIN - Universo
R.A.
HEINLEIN - Cittadino della galassia
R.A.
HEINLEIN - Straniero in terra straniera
Finalmente ho letto questo celeberrimo romanzo di Heinlein e
l'ho fatto nell'edizione integrale pubblicata da Fanucci nel 2005, che comprende
diverse parti al tempo tagliate. Un'operazione, questa del taglio dei romanzi,
alquanto diffusa a quei tempi per rendere, a detta degli editori, le opere più
appetibili al pubblico. In effetti "Straniero in terra straniera" è
un tomo di rispettabili dimensioni, che all'inizio spaventa un pochino,
soprattutto quelli come me che si devono ritagliare i tempi per leggere i libri
fra gli impegni del lavoro, della vita famigliare e di altre passioni. Va detto
però che il libro in questione non stanca, anzi avvince e sa trattare con
disinvoltura diverse tematiche anche un po scottanti come la libertà sessuale,
l'ipocrisia umana, la cattiveria e l'autolesionismo innato degli uomini. La
storia di Mike, uomo allevato dagli alieni e riportato sulla terra permette a
Heinlein di criticare e mettere sotto giudizio la società a lui contemporanea e
lo farà proprio con gli occhi di Mike, un uomo che ha appreso da una società
aliena e che, tornato sulla terra, guarda con gli occhi vergini di un bambino le
brutture e gli errori della razza umana. Mike tenterà di capire (o forse dovrei
dire grokkare) gli uomini e proverà a salvarli dalla loro sete di potere e
dalla loro ipocrisia. E durante questo cammino Heinlein ci parlerà di amore, di
arte, di libertà sognata e delle bassezze del genere umano. Un romanzo che fu
censurato per i suoi contenuti ritenuti un po troppo reazionari e libertini e
che ancora oggi si legge con grande piacere, perché in fondo poco o nulla è
cambiato...
Brambo.
Febbraio 2006
ROBERT
H. HEINLEIN - Starman Jones
Starman Jones è la storia di un ragazzo che riesce a far
avverare i suoi sogni. Grazie alle sue straordinarie doti di memoria, da
contadino diventerà un esperto di viaggi spaziali. Un'esperto della
programmazione e nel calcolo delle rotte spaziali. Insomma, come lo definirà
Heinlein, un Astrogatore. E' una storia di FS classica, nella quale in uno
scenario che varia dallo spazio aperto ai pianeti inesplorati, sono i sentimenti
e le emozioni vissute dai protagonisti che la fanno da padrone. Quasi tutto il
romanzo è ambientato all'interno dell'astronave Asgard e ruota intorno alle
vicende di Max e Sam, clandestini a bordo, ma al tempo stesso coloro che
salveranno le sorti dell'equipaggio. Verso la fine, invece, la storia cambia
completamente scenario ed Heilein ci propone una società aliena con regole di
vita alquanto sconvenienti per i malcapitati viaggiatori, una civiltà dedita a
soggiogare e dominare qualsiasi essere vivente...(è poi così diversa dalla
nostra?). Ciao.
Brambo.
14 Novembre 1999
R.A.
HEINLEIN - I figli di matusalemme
E' forse uno tra i più famosi romanzi di Heinlein e primo di
una serie di libri che hanno come protagonista Lazarus Long. Il tema trattato
(non l'unico, ma comunque quello che fa da sfondo alla storia) è quello
dell'allungamento della vita umana, della sconfitta della morte o meglio della
paura della morte. Un gruppo di persone, del quale Lazarus Long è il portavoce
in qualità di membro più anziano, possiede il dono della lunga vita, che si
trasmette di padre in figlio all'interno di una comunità detta "delle
famiglie Howard". Il dono è tanto meraviglioso, quanto pericoloso, perché
una volta scoperto scatenerà l'invidia del resto del genere umano, soggiogato
alla morte in tempi brevi. E come biasimarli? Non invidiereste voi chi può
vivere per trecento anni o più? Non invidiereste che può vivere senza la paura
della vecchiaia e della morte? A lungo andare non lo odiereste? Ed è
esattamente quello che succede ai membri delle famiglie, che saranno costretti a
fuggire dal nostro pianeta alla ricerca di un posto dove poter vivere in pace (e
a lungo). A voi il resto della storia e l'epilogo.
E' un romanzo piacevole, leggero e veloce da leggere. E' il primo Heilein che
leggo e non me la sento di sbilanciarmi né in giudizi né in confronti con
altri romanzi. E' comunque un bel libro e interessante per i temi che tratta,
perciò leggetelo.
Brambo.
22 Agosto 2001
FRANK
HERBERT - Dune
Dune è il primo capitolo di una serie di romanzi (sei) di
Herbert che hanno come sfondo Arrakis, il pianeta delle dune. E' sicuramente una
delle più famose e riuscite tra le tante saghe fantascientifiche. Frank Herbert
ricostruisce con ricchezza di dettagli, un mondo estremamente affascinante, un
luogo dove la vita è resa difficile dal caldo e dalla siccità, un mondo
coperto di sabbia, inospitale, ma al tempo stesso preziosissimo perchè unico
produttore di Spezia, una sostanza che dona conoscenza. In questi luoghi
si svolgeranno le battaglie tra i Fremen, popolo indigeno di Dune, e i perfidi
Arkonnen. O meglio, fra questi ultimi e il sopravvissuto di casa Atreides, poi
rivelatosi il nuovo messia del popolo Fremen. Non voglio addentrarmi in
ulteriori spiegazioni o a riassuntini della trama, peraltro difficili. Mi
limiterò a dire che Dune è una lettura molto piacevole per l'amante della FS
avventurosa. E' scritto con maestria, ricco di particolari, altamente
coinvolgente. Le descrizioni di Herbert sulle difficoltà di vita in mancanza
d'acqua sono così veritiere che viene quasi sete leggendo il libro; i luoghi
aridi ove si svolgono le vicende sono così ben descritti, che sembra di avere i
piedi immersi nella sabbia e di sentirne il calore, mentre si sfogliano le
pagine. Mi appresto a leggere gli altri volumi della serie, consapevole che
difficilmente riusciranno a coinvolgermi quanto il primo, ma non si può mai
dire.
Brambo 24 Ottobre 2001
FRANK
HERBERT - Messia di Dune
E' il secondo capitolo della celeberrima saga del pianeta Dune.
La storia riguarda il regno di Paul Atreides sul pianeta Dune e su gran parte
dei mondi dell'universo Herbertiano, il suo quasi sfacelo e molte nuove
rivelazioni. Forse non ha la forza narrativa del primo volume (Dune), ma si
difende bene, considerando anche il fatto che normalmente si inizia a leggere un
seguito con qualche preconcetto. La storia è interessante, anche se a tratti la
narrazione risulta un po' stantia. Conserva comunque la forza evocativa di
potenze al di sopra delle parti, di leggi scritte e infrangibili, di conoscenze
irraggiungibili. Particolarmente bella, a mio avviso, la figura del Ghola (che
richiama Golem), un essere ricreato dai suoi resti. Incapace o quasi di
ricordare la sua vita precedente, ne conserva dei lampi, dei brevi flash di
memoria che, se coltivati e portati alla luce, possono farlo ritornare alla
piena coscienza e consapevolezza di se e dei suoi sentimenti, così com'era
prima della morte.
Un consiglio però a chi decide di leggerlo: sempre meglio partire dal primo,
perchè senza aver letto degli accadimenti su Dune, mancano le basi per
comprendere i fatti che si svolgono in questo "Messia di Dune". Il
romanzo è indipendente e non resta privo di senso o incomprensibile, ma è
sicuramente meglio leggersi prima Dune (che peraltro è un libro imperdibile).
Brambo, 06 Novembre 2001
FRANK
HERBERT - I figli di Dune
Terzo capitolo della saga di Dune. Chiaramente l'ambientazione
è la stessa: Arrakis. il pianeta delle dune e della spezia. Il duca Paul è
ritenuto ormai morto, ma il suo mito sopravvive nelle vesti di un misterioso
predicatore cieco. Questa volta al centro delle vicende ci sono i due piccoli
gemelli Atreides, eredi del mitico Muad'ib, creature dotate dei poteri riservati
ai pre-nati, nella cui mente convivono le esperienze di una moltitudine di
esistenze passate e future.
Il romanzo è a tratti avvincente, a tratti un po' strascicato e troppo prolisso
sui soliti argomenti. Avrete questa impressione soprattutto se avete da poco
letto i primi due libri della saga. Sicuramente ben scritto, con l'abbondanza di
dettagli e di intrighi tipici di Herbert, ha il pregio di mantenere inalterato
il fascino del pianeta-deserto, dei miti e delle leggende dei popoli che lo
abitano. Se volete però un consiglio non "beveteveli" uno il fila
all'altro, altrimenti rischiate di affogare nella sabbia di Arrakis.
Brambo, 20 Marzo 2002
THANITH
LEE - Non mordere il sole
Il romanzo è ambientato sulla terra in un lontano futuro, dove
le città-culla si prendono cura degli abitanti attraverso robot che provvedono
a tutte le loro esigenze. Un'ambientazione sfruttata da molti scrittori FS, ma
che in questo caso viene utilizzata per mettere in risalto le frustrazioni e
l'incapacità di cogliere il senso della vita di una giovane donna. Il rapporto
con la natura è perso per sempre, il lavoro inteso come
"sostentamento" non è più necessario e la morte consiste solo nel
passaggio in un nuovo corpo. Gli uomini, nel senso di esseri, possono essere
maschi o femmine, a scelta, per periodi più o meno lunghi e i figli si
programmano e si fanno semplicemente come "donatori della propria metà".
In questo quadro si svolge la vita della protagonista, una ragazza (per la
maggior parte del suo tempo) insoddisfatta del suo stato, stanca del senso di
inutilità trasmesso da tutte le attività giornaliere e spinta dalla voglia di
ricongiungersi con la natura arida e selvaggia che si estende al di fuori delle
città-bolla. La sua infelicità è aggravata dalla mancanza del concetto di
morte, di fine totale. E' strano come ci sentiamo infelici di fronte alla morte,
e come potremmo sentirci altrettanto infelici in sua assenza. Infondo qual'è lo
scopo di vivere così a lungo? Qual'è l'obbiettivo da raggiungere?
Chiudo riproponendo una frase che mi ha fatto fermare a riflettere. In un
passaggio del libro, la protagonista parla con un'amica che poco prima l'ha
sentita dire "Oh, Dio" mentre stava per svenire. "Davvero l'ho
detto?", chiede lei. "Si." Risponde l'amica. "Beh, cosa
significa?". "Non lo so," risponde l'amica, "Ho guardato
negli archivi storici e qua e la in effetti lo nominano. Sembra che fosse una
sorta di computer enorme, speciale."
Brambo 16 Giugno 2002.
URSULA
K. LE GUIN - La salvezza di Aka
Si tratta dell'ultimo romanzo della Le Guin e del mio primo
approccio a questa scrittrice. Molto in sintesi, narra le vicende di una giovane
ispettrice della terra inviata su un altro mondo per indagare sulla vita e sui
misteri del popolo indigeno. Sutty, questo è il nome della protagonista, si
troverà di fronte a un popolo oppresso dalle rigide regole del governo-azienda,
ma in lotta per salvaguardare le sue tradizioni e i valori tramandati nel tempo.
Una situazione poco diversa da quella che Sutty aveva lasciato sulla terra, il
cui popolo è vittima di una sorta di dittatura religiosa. E' un romanzo che si
legge con facilità, la narrazione è ricca di particolari, anche se a volte, a
mio parere, si ripetono e rivangano i concetti troppe volte. Inoltre trovo che
ci sia poco di nuovo: l'idea della proibizione del possesso di libri è stata più
volte e meglio sfruttata. La lotta contro il governo oppressore è un tema
classico, un campo dove è difficile aggiungere qualcosa di nuovo e toccante. La
globalizzazione, l'oppressione, la standardizzazione del pensiero e della
cultura, sono comunque argomenti attuali e sui quali vale sempre la pena di
mettere in guardia chi legge. Questo è forse sufficiente per spronare alla
lettura di questo romanzo, che comunque non mi ha troppo convinto e
appassionato.
Brambo.
04 Dicembre 2002
RICHARD
MATHESON - I vampiri
"I vampiri", o meglio "Io sono leggenda" (perchè
bisogna sempre storpiare i titoli originali, porc...?), è fondamentalmente la
storia di un eroe solitario, della sua lotta contro la noia e contro la mancanza
di rapporti con altri uomini, del suo lento declino.
Il libro è un misto di Horror e fantascienza. Le vicende del nostro eroe si
svolgono infatti in una cittadina invasa dai vampiri. La "malattia" si
è sparsa a macchia d'olio, contagiando tutti, vivi e morti, tramutando chiunque
in non morto. L'unico sopravvissuto al contagio sembra essere Robert
Neville, costretto a vivere solo e barricato dentro la sua piccola casa di
periferia. Nonostante la disperazione, il dolore per l'avvenuta perdita della
moglie e degli amici, lotterà per sopravvivere in un mondo che non può più
offrirgli nulla se non l'emarginazione e la solitudine. Ed è proprio questo il
paradosso: tutti ormai sono contagiati dall'inarrestabile morbo, tutti hanno gli
stessi bisogni, fra di loro si comprendono. Ora è lui il diverso e per questo
odiato.
Una lettura spassosa e leggera, ma che alla fine fa riflettere.
Brambo 08 Giugno 2001
RICHARD
MATHESON - 3 mm al giorno
"Tre millimetri al giorno" è tra i più conosciuti
romanzi di Matheson. Narra le sfortunate vicende di Scott, un uomo felicemente
sposato che un giorno, per una strana alchimia, o meglio per una strana serie di
eventi, inizia a rimpicciolire. Per la precisione a rimpicciolire di tre
millimetri al giorno. E così inizia per il protagonista un viaggio verso
l'ignoto. Sarà sottoposto a ogni sorta di sofferenza dovuta alla sua
impossibilità di adattarsi a un mondo che diventa ogni giorno troppo grande per
lui. Perderà la figlia, l'amore delle moglie, la sua indipendenza e sarà
sottoposto ad ogni genere di esame e angheria. Oltre a questo, la regolarità
con la quale il suo corpo rimpicciolisce, lo costringe a conoscere la data
esatta della sua fine, cioè la cosa che forse ogni uomo teme maggiormente.
Tutto ciò gli permetterà però di scoprire inaspettatamente che non c'è fine
alla vita, che esistono vari livelli di esistenza, che esistono cosmi e
microcosmi, che tutto ciò che vediamo non è tutto ciò che esiste. (Ho appena
scritto questa frase e già mi sto chiedendo: ha senso dire che una cosa esiste
se non c'è nessuno in grado di vederla o percepirla in alcun modo? ...forse
no). Va beh, lasciamo da parte le disquisizioni filosofiche e diciamo che sì,
nell'insieme il romanzo non mi è dispiaciuto, anche se non nascondo che a
tratti ha delle lentezze mostruose. Vi ho trovato forse un eccesso di
particolari, di dettagli, di precisazioni che, se a volte risultano utili, anzi
indispensabili per sottolineare la particolare condizione fisica del
protagonista, altre volte rendono la narrazione troppo lenta, statica, un po'
noiosa. Tutto sommato lo consiglio, è un classico dell'uomo in miniatura, che
tanto ha invaso anche il cinema.
Brambo 09 Giugno 2001
RICHARD
MATHESON - Io sono Helen Driscoll
Dei romanzi di Matheson che ho letto, forse questo è quello più
trascinante e coinvolgente. Il protagonista, improvvisamente catapultato in un
mondo di percezioni psichiche e telepatia, avrà la vita sconvolta dalla sua
nuova e non voluta condizione di medium. Il ritmo della narrazione è fluido ma
pieno di colpi di scena e scoperte inattese, che danno un buon ritmo e fanno sì
che mai ci si annoi leggendo. Il libro riserva anche un bel finale a sorpresa,
ma ciò che di meglio Matheson offre è il ritratto di un uomo sconvolto,
proiettato in un mondo che non gli appartiene e le cui regole non sono alla sua
portata. Per uscirne, dovrà accettare di convivere con la strana situazione,
cercando di dare un senso alle sue visioni e cercando di non essere considerato
un semplice pazzo. Un esempio di quanto una vita tranquilla e normale, possa
essere sconvolta da un momento all'altro, quando meno ce lo aspettiamo. Ma
infondo, voglio aggiungere, è poi così auspicabile una vita tranquilla e
normale? E qual'è una vita "normale"?
Brambo 20 Giugno 2001
ROSA
MAURO - La ricreazione è finita
Rosa Mauro è una brava scrittrice, che ho avuto la fortuna di
conoscere tramite internet. Questo suo romanzo, "la ricreazione è
finita", colpisce veramente. Insomma è uno di quei romanzi che fanno
riflettere, uno di quelli che, quando hai finito di leggerlo, lo riprendi in
mano e lo sfogli, accanendoti a rileggere alcune parti, o magari il finale,
nella speranza di chiudere quella crepa che è rimasta aperta nei tuoi pensieri.
Il romanzo è breve e scritto in modo molto diretto, schietto, senza alcuna
divagazione o descrizione che non sia strettamente attinente coi personaggi
protagonisti della storia. Direi surreale e visionario nei contenuti, capace di
mettere in discussione la vita per come noi la concepiamo. Dopo aver letto il
libro si ha come l'impressione che questa vita ci stia un po' stretta. O forse
siamo noi che non riusciamo a vedere un po' ... oltre. Leggetelo, ne vale la
pena.
Brambo.
04 Gennaio 2000
M.A.
MIGLIERUOLO - Come ladro di notte
"Come ladro di notte" è un romanzo piuttosto duro da assorbire.
Caotico, scritto con linguaggio scarno e veloce, le conversazioni ridotte
all'osso, i principali eventi trasmessi al lettore sotto forma di brevi
comunicati o lettere scritte dai protagonisti, rappresenta un caso (credo) quasi
unico in questo genere. Le tematiche trattate sono di dimensioni epiche e
catastrofiche ed è proprio questo il contrasto che spicca il questo libro:
molti argomenti vengono introdotti, grandi eventi vengono presentati, numeri
impressionanti vengono sottoposti alla nostra attenzione, ma tutto questo viene
fatto senza fronzoli, senza approfondimenti, quasi che tutto scorresse sotto i
nostri occhi in modo ineluttabile, senza permetterci di fermarci un attimo a
pensare, a valutare la cosa. Tutto succede a gran velocità, conversazioni,
prese di posizione, guerre, viaggi e il progressivo e inarrestabile avvicinarsi
della fine della vita dell'uomo nella sua galassia, la Via Lattea, ad opera di
forze esterne. Un piano (Parusia) ne prevede la totale distruzione. Ed è questo
l'argomento che più intriga e richiama l'attenzione. La frase "Verrà
la Parusia, come ladro di notte", compare costantemente e rinnova la
sensazione dell'apprestarsi della fine, dell'inevitabile e silenziosa
distruzione, che prima o poi arriverà, come un ladro di notte, quieta e
tremenda. E' in sostanza un romanzo che apre centinaia di porte e non ne chiude
nessuna. Molte situazioni vengono presentate ma non hanno un seguito, molti
argomenti vengono intavolati ma non conclusi o nemmeno portati avanti. Il
destino dei personaggi e dell'universo non si decidono o comunque non vengono
comunicati a chi legge. Un libro particolare, in grado di suscitare pareri molto
discordanti. Insomma può piacere tanto ma può anche deludere.
Brambo 31 Gennaio 2003.
GEORGE
ORWELL - 1984
Cosa dire di questo romanzo, sul quale è già stato detto di
tutto e di più? Beh, si può iniziare col dire che senza dubbio vale la pena di
leggerlo. Ha un'incredibile capacità di trasmettere dolore, senso di
oppressione e angoscia, nel raccontare la storia di un uomo schiacciato da un
regime ultra-totalitario. Riesce quasi a far provare dolore fisico Orwell,
mentre descrive le immani torture a cui viene sottoposto il povero protagonista,
sorpreso a violare le restrizioni del regime politico del Socing (socialismo
inglese). Il romanzo è divenuto famoso anche per il concetto di Grande
Fratello, rappresentazione del più alto simbolo del potere del governo
accentratore, immaginato da Orwell come una sorta di grande occhio, che
attraverso un video trasmette i suoi insegnamenti e controlla l'operato dei
membri del partito e più in generale spia e controlla tutto, tutti e ovunque.
Una realtà spaventosa, dove è sufficiente amare una persona per essere
condannati a tortura e in seguito a morte certa. Una realtà dove è sufficiente
macchiarsi di psicoreato (pensare, solo pensare di compiere un'azione
contro il partito) per finire la propria esistenza in una cella o sulla gogna.
Una realtà dove tutto e tutti sono controllati dai media, a loro volta
controllati dal partito, una realtà insomma non troppo lontana dalla nostra, se
vogliamo. Certo nel romanzo di Orwell tutto è estremizzato, ma a ben guardare
non si discosta di molto, per lo meno nelle idee, nei concetti, dalla situazione
che sempre più si va delineando nella nostra società. Bombardati dalla
pubblicità, da trasmissioni televisive, propaganda elettorale, informazione
controllata, ecc. non siamo forse profondamente condizionati, se non addirittura
pilotati, consciamente o inconsciamente dai media? Attenzione allora: il socing
è dietro la porta.
Brambo.
02 Aprile 2001
CLIFFORD
D.SIMAK - Il villaggio dei fiori purpurei
E' un romanzo molto piacevole e ben scritto (sempre IMO). Si
viene dolcemente trasportati nella routine quotidiana della tranquilla Millville,
una cittadina di pochi abitanti, per lo più agricoltori e operai squattrinati.
Improvvisamente la pacatezza del villaggio viene scossa da strani avvenimenti,
da strani oggetti, di origine niente meno che aliena. E la stranezza principale,
il fatto che colpisce immediatamente, è che questa forma di vita aliena è
completamente diversa dall'uomo, non ha niente a che fare con l'ometto con sei
dita o col marziano verde: si tratta infatti di una forma di vita vegetale.
Nient'altro che bellissimi fiori purpurei. Ma, al di là di come poi si snoda la
storia, al centro dell'attenzione del lettore (anche il meno attento) restano la
stupidità, la scelleratezza, la spavalderia, l'intolleranza dell'uomo. L'uomo,
tra virgolette, normale è incapace di accettare una forma di intelligenza
uguale o superiore alla sua. Davanti a questa intelligenza, non cerca il
confronto, ma sogna la distruzione. Davanti a una cultura totalmente diversa
dalla sua, di fronte all'incredibile possibilità di espandere all'infinito il
suo sapere, l'uomo viene sconvolto dalla paura, psicologicamente sconfitto dalla
sua inferiorità e cerca istintivamente di infliggere la morte. E' un romanzo
bellissimo proprio per questi motivi, perchè è scritto in modo semplice ma
nello stesso tempo trascinante, perchè espone pacatamente ma in modo splendido
la fragilità della mente umana. E' interessante anche notare che Simak
ripropone la teoria dei tanti mondi, fra loro divisi non dalle distanze
kilometriche ma da frazioni di tempo, come già fece con "L'anello intorno
al sole". Una possibilità affascinante, non trovate?
Brambo.
8 Febbraio 2000
CLIFFORD
D.SIMAK - La bambola del destino
Ogni volta che leggo un romanzo di Simak è una riconferma, o
per lo meno questo è quello che mi è successo finora. "Destiny doll"
è un romanzo bellissimo, che si aggiunge ai già stupendi "City",
"Infinito", "Time and again", e si affianca a "I giorni
del silenzio", la cui storia è molto diversa, ma ricca di affinità col
romanzo in questione. Alle grandi doti di narratore di Simak, si aggiunge qui
una storia appassionante, i cui tratti più intensi si svelano solo nelle ultime
pagine. I personaggi della nostra avventura, partono alla ricerca di qualcosa di
misterioso, sconosciuto, guidati dalle sole percezioni di un cieco, che da tempo
si sente "chiamato" nello spazio. Al loro arrivo troveranno un pianeta
apparentemente deserto ma, scopriranno poi, abitato da strane creature, e qui
inizieranno la loro estenuante ricerca. Non voglio chiaramente svelare nulla di
più, ma posso dirvi che "la bambola del destino" è un romanzo
visionario, sulla ricerca di se stessi, sulla ricerca di quel qualcosa di più
grande che a volte ci sembra di percepire, di avere a portata di mano, ma che
poi, irrimediabilmente ci sfugge. Tutto quanto si svolge sulla superficie del
pianeta alieno, che raccoglie i segreti di antiche e sconosciute civiltà. Ma i
fatti, quel che succede fisicamente ai protagonisti, passa quasi in secondo
piano. Il fine di Simak è forse quello di spingerci a comprendere, o di
avvicinarci alla comprensione di uno stato mentale, la comprensione di ciò che
ci circonda, e non solo di ciò che si può vedere e toccare. Un bel libro,
insomma.
Brambo.
25 Febbraio 2001
CLIFFORD
D.SIMAK - I giorni del silenzio
Questa volta lo scenario scelto da Simak per questo suo romanzo
è una Terra desolata, abbandonata in seguito a un tremendo conflitto atomico, e
ridotta a un immenso e sterminato cimitero. Molte delle persone che hanno
lasciato la terra in epoca remota hanno voluto, e continuano a volere, una
sepoltura e una croce sull'accogliente, tranquilla e meravigliosa terra natia.
Il Cimitero è ormai talmente vasto da coprire gran parte del pianeta e il suo
potere politico è altissimo. In questa cornice si sviluppa la storia di
un'artista, venuto sulla terra non per una visita a Cimitero, ma per creare
un'opera universale sul pianeta Terra. E la storia del suo vagabondare, insieme
a Cynthia, a Elmer (un Robot) e a Bronco, la macchina in grado di raccogliere
emozioni per creare l'opera d'arte, sulla vecchia terra, che lo porterà a
scoprire inaspettati misteri. Il romanzo, come ci fa notare il bravissimo Ugo
Malaguti della prefazione dell'edizione della Perseo Libri, è legato al
precedente "La bambola del destino", perchè entrambi hanno a che fare
con una realtà nascosta, misteriosa e affascinante, inafferrabile ma allo
stesso tempo a portata di mano. Entrambi i romanzi sono ricchi di simboli,
segnali, messaggi che si aggiungono a una già bellissima storia e alle
indiscutibile qualità di scrittore di Simak, il quale punta, mi è parso,
soprattutto il dito sull'importanza della conoscenza, della cultura, che sono la
via per la verità (se ne può esistere una). Sia in "La Bambola del
Destino" che in "Cemetery World", si dà risalto a questo punto
con personaggi e situazioni molto diverse: nel primo c'erano gli strani alberi
del pianeta deserto, che raccoglievano conoscenza ed emozioni, producendo frutti
destinati ad essere raccolti ed immagazzinati, contenenti il sapere dei popoli;
nel secondo misteriose creature, gli Anachroniani, che raccolgono e conservano
l'arte, i manufatti, gli scritti, di qualsiasi epoca o provenienza, con
l'intento di creare una sorta di museo della conoscenza umana, o forse con
l'intento di capire di più, di andare oltre, di comprendere ciò che nemmeno a
loro è ancora chiaro. Un romanzo che fa dunque pensare "I giorni del
silenzio", ancor meglio se letto insieme a "La bambola del
Destino". Un'ultima cosa, che mi ha molto colpito, sono le prime pagine o
meglio le prime righe del romanzo, dove Simak descrive l'aspetto dell'enorme
cimitero che copre la terra, la desolazione, la purezza, il biancore delle
lapidi: è realmente toccante.
Brambo.
25 Febbraio 2001
CLIFFORD
D. SIMAK - L'anello intorno al sole
E' un romanzo interessante, se non altro per le idee in esso
contenute. Sembra infatti una dichiarazione di guerra alla guerra, alla
spregevolezza e alla cattiveria di cui l'uomo è capace. E qual'è la speranza
per salvarsi dall'odio, dai massacri, dalla povertà, se non quella di un nuovo
mondo incontaminato, un vero e proprio paradiso "non terrestre"? Ma
quanto è distante questo nuovo mondo? O sarebbe meglio dire "quando"
è questo nuovo mondo. Infatti Simak immagina una serie di mondi tra loro
divisi, ma non da incommensurabili distanze, bensì solo da un pò di tempo. Ed
è così che intorno al sole si estendono tantissime "terre" in
diverse condizioni spazio-temporali, a formare un'anello. Pochi eletti (mutanti)
hanno la possibilità di viaggiare tra questi diversi mondi, grazie ai loro
innati poteri. La stessa natura gli ha creati per salvare il genere umano
dall'inevitabile autodistruzione. E' un romanzo quindi che diventa una condanna
alle barbarie umane, anche se a volte lo scrittore si sofferma troppo sui
concetti, sottolineandoli fino a strappare il foglio, e rendendo la storia in
alcuni punti poco scorrevole e un po pesantina (...ach ma chi sono io per
criticare Simak? vado un minuto nell'angolo!). La storia di Vickers (il
protagonista)sfocia a tratti addirittura in un sognante genere fantasy, quando
grazie ad un vecchia trottola, potrà compiere il primo viaggio nella seconda
terra. Ed è un momento angosciante, quando Vickers scoprirà di essere......
(non ve lo dico, non si sa mai che vogliate leggere il libro). Forse non regge
il confronto con altri romanzi che ho già letto dello stesso autore, ma se ne
avete l'occasione leggetelo.
Brambo.
31 Gennaio 1999
CLIFFORD
D.SIMAK - Infinito
"Infinito" è sicuramente uno dei più bei romanzi di
Simak che ho letto (circa una decina finora), da archiviare insieme ad altri
gioielli come "City" o "Time and again" e da rileggere
magari fra qualche tempo. Perchè "Infinito" è proprio questo: un
romanzo senza tempo, sempre attuale e sconvolgente per i temi che tratta. E per
scrivere un romanzo così, ci vuole una certa dose di coraggio. Simak mette
infatti sulla carta le più sfruttate ma mai troppo scontate domande che il
genere umano si sia mai posto: dove finisce la vita e dove inizia la morte (se
un inizio può avere)? Esiste la vita eterna? ...e ancora: se esiste una vita
eterna, essa può essere solamente una vita spirituale e impalpabile o può
anche essere fisica? Ed è fra queste eterne incertezze e fra uomini ridotti ad
una misera esistenza, con l'unico obiettivo dell'immortalità, che Simak
ambienta la sua storia. Ci troviamo sul nostro mondo, in un prossimo futuro, e
una potente organizzazione denominata Centro dell'Eternità è in grado di dare
a tutti gli uomini la cosa più ricercata e agognata nella storia della razza
umana: la vita eterna. Non quella fiabesca e difficilmente credibile fino ad
allora offerta dalla chiesa o dalla fede, ma quella reale e fisica, che ognuno
può sperimentare e a cui ognuna ha diritto per il solo fatto di esistere.
Miliardi di persone, congelate e conservate per decine di anni, stanno per
essere risvegliate e stanno per iniziare la loro seconda vita, che, grazie ai
passi fatti nel frattempo nel campo della scienza, sarà molto probabilmente una
vita eterna (non preoccupatevi, non sto svelando niente che possa rovinarne la
lettura. Tutto ciò che ho detto è una premessa subito esposta anche nel
romanzo). E le disavventure ed i drammi esistenziali dei protagonisti partono
proprio da queste premesse, dando vita a nuovi dubbi sul concetto di vita e di
morte e a nuove domande alle quali è impossibile rispondere. A questo
proposito, molto più azzeccato è, piuttosto della traduzione italiana, il
titolo originale del romanzo: Why call them back from heaven? ... e non
voglio dilungarmi oltre sull'argomento se non citando una frase di Simak tratta
dalla prima parte del romanzo e che è un'ottima introduzione ai misteri che la
narrazione solleva: "Parlano di vita eterna, - disse l'uomo -
Di immortalità, di abolizione della morte. Allora a che serve Dio? Non abbiamo
più bisogno dell'altra vita, non è vero? Perchè l'abbiamo già."
Brambo.
13 Gennaio 2000
CLIFFORD
D.SIMAK - Ingegneri Cosmici
Inizierò col dire che questo romanzo di Simak mi è piaciuto.
Gli Ingegneri Cosmici del titolo sono un popolo scientificamente molto evoluto
che vive ai confini dell'universo, molto simili nell'aspetto agli esseri umani,
ma non di carne ed ossa. I veri protagonisti della storia sono, però, un
manipolo di improvvisati eroi terrestri chiamati dagli Ingegneri a migliaia di
anni luce di distanza per salvare il destino del nostro universo. I nostri eroi
(un giornalista, un fotografo, uno scienziato ed un giovane viaggiatore dello
spazio) saranno aiutati nella loro impresa da Caroline, una misteriosa ragazza
che è stata da loro ritrovata in stato di animazione sospesa a bordo di
un'astronave. La ragazza è stata per mille anni in queste condizioni di
"coma" grazie ad una speciale sostanza, ma il suo cervello a
continuato a funzionare ed a pensare per tutto questo lasso di tempo infinito, e
questo ha fatto di lei un essere umano con eccezionali doti di intelligenza. Il
finale è ricco di sorprese che non voglio svelare per non rovinare la curiosità
di chi ancora non ha letto questo libro, che secondo me merita di essere letto.
Come prima reazione alla lettura di questo romanzo ho avuto la tipica
"sindrome della formica", dovuta alla bravura di Simak nel narrare le
immensita delle galassie e degli universi. Qui addirittura ci troviamo di fronte
a più universi ed al misterioso spazio (o tempo) che c'è fra di loro, senza
contare i vari problemi e intrighi sollevati dallo scrittore del descrivere
altre dimensioni, spazio, tempo, probabilità e chi più ne ha più ne metta. Ad
un certo punto del libro ci si trova proiettati in una storia quasi più fantasy
che puramente fantascientifica, con tanto di folletti, entità aliene e paesaggi
incantati (mi è tornato in mente il capitano Kirk alla ricerca di nuove civiltà),
ma ben presto si ritorna ai confini dell'universo per cercare un'energia capace
di salvarlo dall'imminente catastrofe. Simak dimostra, secondo me, in questo
libro le sue indiscutibili qualità di narratore e la capacità di infilarci
sempre nella testa qualche dubbio o qualche perchè. Alcune sue frasi mi hanno
particolarmente colpito e le potete leggere nella sezione CITAZIONI di questo
sito. Il mio consiglio è: leggetelo!
Brambo.
3 Ottobre1998
CLIFFORD
D.SIMAK - Impero
In questo romanzo di Simak ritroviamo i temi
"classici" della fantascienza quali i viaggi spaziali, la lotta per il
dominio della galassia, nuove forme di energia, ecc. Vi si narra la storia di
Greg Manning e Russel Page, il primo grande esploratore spaziale ed il secondo
famoso scienziato, che insieme scoprono una nuova forma di energia ricavata
direttamente dalla materia. Grazie a questa scoperta, che permetterà di
produrre quantità enormi di energia a costo bassissimo, avranno la meglio su
Chambers, presidente della compagnia interplanetaria, il cui sogno è quello di
dominare la galassia sfruttando il suo monopolio sugli accumulatori di energia
solare, unica fonte energetica prima della scoperta di Page. La trama è un pò
scontata, i buoni vincono e i due protagonisti mi sono parsi troppo
"onnipotenti" grazie ai nuovi mezzi offerti dall'energia materica, ma
mi sono piaciuti diversi passaggi, come la descrizione del viaggio di Manning e
Page nello spazio ad una velocità superiore a quella della luce, sfruttando un
principio offerto dalla loro nuova fonte di energia ma a loro ancora quasi
sconosciuto (il modo in cui avviene il viaggio nello spazio non è chiaro
lasciando libero il lettore di fantasticare su salti spaziotemporali o altre
dimensioni); o anche l'allucinante possibilità di ascoltare o vedere cose che
si svolgono in qualunque punto della galassia grazie al congegno messo a punto
dai due scienziati. Nonostante alcuni momenti un pò stanchi, vale secondo me la
pena di leggere questo romanzo, che ha tutti gli ingredianti per piacere:
scoperte affascinanti, viaggi spaziali entusiasmanti, battaglie nel vuoto, ecc.
Ci fa inoltre riflettere sulla avidità e pericolosità di uomini che esercitano
il loro potere indisturbati grazie al monopolio sulla gestione delle risorse
energetiche, un problema che non è poi così "fantascientifico".
Brambo.
22 Settembre 1998
CLIFFORD
D.SIMAK - Oltre l'invisibile
Non vorrei sbilanciarmi troppo, ma voglio annoverare questo
romanzo di Simak tra i più bei romanzi SF che ho letto fino ad ora. E'
sicuramente un libro avvincente, uno di quei libri che, se non fosse perchè
dopo un po' ti si stancano gli occhi, leggeresti dalla prima all'ultima pagina
senza prendere fiato (frase un po' sfruttata, lo ammetto). Molto affascinante
perchè tocca parecchi argomenti alla base della S.F. come i viaggi
interstellari, i viaggi nel tempo, i robot (o androidi) e si spinge anche oltre,
fino al "non umano", ai poteri soprannaturali e agli eterni dubbi
esistenziali tipici dell'uomo, ma non solo suoi. Ho trovato molto interessante
l'astratta figura del "destino", che è alla base della grande
sapienza di Asher Sutton, protagonista del romanzo. Altrettanto interessanti
sono le descrizioni degli androidi o replicanti (chiamateli come volete), esseri
con corpo e cervello umani, ma realizzati dall'uomo in labotatorio e che
troveremo nel libro di Simak impegnati a far valere i loro diritti e la loro
uguaglianza con la specie umana (si notano parecchie differenze dai robot di
Asimov: in "time and again" gli androidi sono esseri altamente
intelligenti, per niente frenati nelle loro azioni da particolari leggi
robotiche e pieni di iniziativa e sentimenti paragonabili a quelli umani.) Nel
corso di questo romanzo troveranno finalmente la via di uscita per eliminare
l'unica cosa che li rende diversi da un essere umano (ma non voglio dire in
questa sede cos'è, visto che magari qualcuno che sta leggendo queste poche
righe non ha ancora letto il romanzo di Simak). Non è da sottovalutare nemmeno
il finale che, anche se si puo' prevedere leggendo attentamente il romanzo,
resta comunque commovente. Ci si trovano, secondo me, alcune somiglienze o
attinenze anche col celeberrimo Blade Runner, se non altro per i sentimenti, la
tristezza ed i problemi dei replicanti. In conclusione è un libro, sempre
secondo il mio modesto parere, ben scritto, con un buon ritmo, pieno di
sentimento e..........................insomma è bellissimo!
Brambo.
21 Ottobre1998
CLIFFORD
D. SIMAK - City
City è un libro imperdibile. Con questa serie di racconti (nove
nell'ultima versione) Simak ci fa percorrere una storia lunga millenni, i cui
veri protagonisti non sono gli uomini, o comunque non solo loro, ma piuttosto
gli animali (in particolare i cani) ed i robot. Siamo in un lontanissimo futuro,
ed i cani, razza dominante dell'universo, si raccolgono la sera per raccontarsi
delle leggende, delle storie fantastiche, che ci descrivono varie avventure
sugli uomini, antica razza che tanto tempo prima viveva sulla terra e di cui
ormai non si serba nemmeno il ricordo. Con questo sistema narrativo (leggende e
piccoli racconti) Simak riesce a tracciare la storia della razza umana, a
partire dall'abbandono delle enormi città, fino ad arrivare all'avvento dei
cani (che grazie all'uomo acquisiscono la parola), passando attraverso stupende
storie che narrano le vicende dei mutanti, della colonizzazione di Giove, della
trasformazione degli uomini in altre forme di vita e del definitivo abbandono
della terra. Per dare un filo di continuità a tutte le storie, Simak usa
l'interessante stratagemma di utilizzare protagonisti quasi fissi, che nel caso
dei racconti di City sono la famiglia Webster ed il Robot Jenkins (un po' come
il quei serial televisivi dove in ogni puntata la famiglia pincopallino è
protagonista di nuove vicende e sventure). Ed il risultato è, secondo me,
stupendo. Infatti anche se i racconti hanno di per se un senso compiuto e sono
bellissimi anche se presi e letti uno ad uno, una volta terminata la lettura del
libro ho avuto la sensazione di aver letto un'unico romanzo. Ed il clima che
pervade tutto il romanzo è sicuramente triste e nostalgico: c'è il continuo
tentativo da parte di alcuni uomini e dei robot di instaurare una società
fondata sulla non violenza, una società dove è assolutamente vietata la
sopressione di qualsiasi forma di vita animale, e c'è l'icapacità di dominare
gli istinti omicidi e violenti della razza umana, che arriverà al punto di
abbandonare il pianeta ed esiliare se stessa sotto una cupola o in un eterno
stato-di-sonno, pur di permettere ai Cani ed agli altri animali di evolversi
senza la contaminazione dell'innata violenza umana. E a far da testimone a tutte
queste vicende c'è l'immortale e nostalgico robot Jenkins, dapprima servitore
in casa di un Webster e in seguito assoluto protagonista nella lotta per
l'evoluzione dei Cani, che dopo innumerevoli avventure e miliardi di ricordi
immagazzinati, dovrà anche lui abbandonare l'amata terra di origine per
viaggiare nello spazio (un racconto, l'ultimo, davvero toccante). Simak si
conferma più che mai, sebbene io abbia letto per ora solo una piccola parte
della sua produzione, un autentico poeta della fantascienza, uno scrittore che
riesce a farti sognare ciò di cui scrive ed a strapparti emozioni intense ed
autentiche. Sentite questo brano, dove Simak descrive le impressioni di un uomo
davanti ad un paesaggio gioviano, e ditemi se non ho ragione: ""...Ma
non si era aspettato che la pioggia flagellante si trasformasse in quella nebbia
umida e purpurea e lenta che si muoveva come una processione compatta d'ombre
fuggevoli sopra una prateria che pareva un arcobaleno di tonalità rosse e
cangianti. Non aveva neppure lontanamente sognato che le crudeli serpentine dei
fulmini si trasformassero in guizzi e bagliori di pura estasi che sbocciano
senza pause in un cielo dipinto."" (io direi che andrebbe
studiato in letteratura a scuola!!).
Brambo.
31 Gennaio 1999
CLIFFORD
D. SIMAK - All'ombra di Tycho
Come spesso succede per i romanzi di Simak, l'argomento trattato
e la trama che si svolge sono semplici, lineari. Non ci sono grossi colpi di
scena, incredibili viaggi, guerre planetarie o particolari sconvolgimenti.
Semplicemente Simak si limita a descriverci l'avventura di un cercatore lunare,
che ci troverà alle prese con un'inaspettata scoperta. E' vero che la luna è
stata alquanto sfruttata, è fisicamente conosciuta, non dovrebbe presentare
sorprese. Ma è altrettanto vero che leggendo Simak si apprezza la sua capacità
di descrivere i paesaggi, le emozioni dei personaggi, gli stati d'animo, la
meraviglia di fronte agli eventi inaspettati o a fantastiche scoperte.
L'ambientazione del romanzo e la situazione nel quale la storia si svolge
passano quasi in secondo piano e Simak si dimostra capace di regalare emozioni
raccontando una storia semplice, scavando nei pensieri dei protagonisti,
coinvolgendoci con la sua bravura nel ricreare il paesaggio della Luna, tanto
che ci sembra di poter vedere ciò che viene descritto. Se decidete di leggere
questo libro non aspettatevi dunque grosse sorprese o un finale scoppiettante;
semplicemente lasciatevi trasportare dai sogni di Simak.
Brambo.
09 Febbraio 2003
CLIFFORD D. SIMAK - La casa dalle
finestre nere.
DAN
SIMMONS - Hyperion
E' veramente un bellissimo romanzo, la descrizione di un
universo estremamente variegato e accattivante. Peccato solo perchè è un po'
lunghetto e alla fine si resta un po' a bocca aperta per il mancato finale, ma
tutto sommato la bellezza della storia non ne risente. Perchè Hyperion è, più
che una storia, un insieme di tante storie, per l'esattezza sette storie, una
per ogni partecipante al quanto mai misterioso ultimo pellegrinaggio sul pianeta
Hyperion. E tutte queste storie, pur avendo un comune denominatore che è il
misterioso e temuto Shrike (una sorta di divinità venuta da....non svelo), sono
estremamente appassionanti per la loro singolarità e la loro carica di
sentimenti. E' una narrazione che coinvolge e raramente stanca, quella di
Simmons, capace di mantenere l'interesse di chi legge puntato sul fulcro della
storia, pur divagando ampiamente descrivendo tratti della vita e delle
esperienze personali dei sette protagonisti. Alla fine si ottiene la figura di
un universo abitato estremamente vasto e camaleontico, dove convivono uomini,
umanoidi, alieni ed intelligenze astratte. Un universo dove si viaggia da un
mondo all'altro semplicemente varcando una porta, dove è possibile quindi
cambiare il prorpio peso, il proprio orizzonte, la propria vita, con un semplice
passo. Da amante della fantascienza un po' più classica, mi sento
comunque di considerare Hyperion come uno dei migliori romanzi moderni
fra quelli che ho letto fino ad ora. Lo consiglio perciò senza riserve.
Brambo.
03 Ottobre 2000
BRUCE
STERLING - Lo spirito dei tempi
W.J. STUART - Il pianeta proibito
Il romanzo è tratto dalla sceneggiatura del celeberrimo film di
fantascienza. Dato il grande successo del film si decise di commissionare la
scrittura del romanzo a Philip Macdonald, celato sotto il nome di W.J.Stuart. I
temi sono quelli della fantascienza classica (spedizioni spaziali, vita aliena,
ecc.) e tutto sommato il romanzo è godibile e leggero. Niente di estremamente
coinvolgente e affascinante, per lo meno per i miei gusti. Va bene se volete
immergervi in una storia avventurosa e poco impegnativa.
Brambo.
Ottobre 2006
THEODORE
STURGEON - Cristalli sognanti
Finalmente l'ho letto. Un superclassico della fantascienza, anzi
un superclassico e basta. Assolutamente per tutti, amanti e non della
letteratura fantascientifica. Uno stupendo romanzo, molto avvincente, che cresce
piano piano, appassiona tantissimo e, all'occasione, strappa anche una
lacrimuccia. Ambientato nell'affascinante mondo del lunapark e dei nomadi,
Cristalli Sognanti racconta una storia a portata di mano, che si svolge sulla
terra che noi tutti conosciamo, una storia fatta di dolore ma anche di amore, di
maltrattamenti ma anche di amicizia, di umane bassezze ma anche di forme di vita
non umane. Senza nulla togliere a splendidi romanzi con ambientazioni
spazio-temporali ben più complesse e lontane, questo libro di Sturgeon è
oltremodo coinvolgente forse proprio perchè sono le persone e i loro dolori, i
loro sentimenti che restano sempre e comunque i veri protagonisti. Tanto, che si
tende ad accettare con naturalezza la strana forma di vita aliena ipotizzata da
Sturgeon, i cristalli appunto, tanto semplici nella loro forma fisica, quanto
complicati e incomprensibili nella loro logica. E' un bellissimo libro che, sono
sicuro, sarà piaciuto o piacerà a quanti lo avranno letto o decideranno di
leggerlo. Forse con queste poche righe, avrò convinto qualcuno tra i pochi che
ancora non l'hanno letto a mettersi in moto, lo spero. Soprattutto per chi, come
me, ama la FS classica (chiamiamola così, anche se il termone è un po' troppo
sfruttato) è imperdibile.
Brambo.
25 Marzo 2000
THEODORE
STURGEON - I figli di medusa
Questo romanzo di Sturgeon, che ho casualmente scovato in una
vecchia edizione della ex Libra, fa parte di quelli che toccano in classico tema
dell'invasione, uno tra i più sfruttati non solo dagli scrittori ma anche nel
cinema di genere. In questo caso l'invasore prende il nome di Medusa, una sorta
di parassita, in grado di spostarsi da un essere vivente all'altro, in grado di
sondare e valutare il grado di intelligenza dei suoi ospiti. L'incontro con il
genere umano si dimostrerà disastroso. L'epidemia si spargerà in brevissimo
tempo e verrà cancellata quella che potremo definire come "individualità"
delle persone. Costoro, infatti, grazie all'intervento dell'invasore, saranno in
grado di condividere esperienze ed intuizioni a distanza. La conoscenza di un
individuo diventa la una conoscenza per tutto il genere umano. L'esperienze
individuale diverrà l'esperienza di ognuno. E' un romanzo di rapida, facile e
rilassante lettura, ma non aggiunge molto ad altre opere per certi versi simili.
Pur esponendo alcuni concetti affascinanti (mente collettiva, distruzione
dell'individualismo), nel complesso non mi ha esaltato più di tanto.
Brambo, 06 Ottobre 2002.
LAWRENCE
SUTIN - Divine invasioni - la vita di P.K.Dick
Si tratta di una biografia del grande Philip K. Dick, pubblicata
nel 2002 in Italia dall'editore Fanucci. Viene commercializzata insieme a una
videocassetta che contiene interviste a persone che hanno avuto conoscenza
diretta con lo scrittore o rapporti di lavoro, o anche semplici ammiratori e
divulgatori delle sue idee. Trovo che si tratti di una biografia molto ben fatta
ed è una lettura che non può mancare a chi ama questo scrittore e a chi vuole
meglio comprendere come gran parte dei suoi romanzi sono strettamente legati
agli accadimenti della sua vita. In effetti la vita di Dick a poco da invidiare
ai più intrigati romanzi. Sutin ci aiuta a capire le sue idee, le sue perenni
angosce, i suoi rapporti con le donne, con la religione, la droga, con la società
dei suoi tempi, riportando e descrivendo i principali fatti e incontri della sua
vita. Ci dirà dei posti dove Dick ha vissuto, dei suoi amici, delle sue
ossessioni. Gran parte delle cose che sono successe a Phil Dick, possiamo
ritrovarle nei suoi romanzi. A volte il riscontro è più immediato, come quando
Dick utilizza amici, amanti o conoscenti come personaggi per i suoi romanzi.
Altre volte è più celato e confuso, anche perchè si fa fatica a capire o a
credere che certe cose possano essergli realmente accadute (forse sono accadute
solo nella sua mente). Diversi capitoli del libro riportano pensieri dello
stesso Dick e piccole parti della sua Esegesi, una raccolta di frasi, pensieri e
idee che Dick scrisse negli ultimi anni della sua vita, dopo il misterioso
incontro con "il raggio rosa". Insomma, è estremamente
interessante ed avvincente oltre che utilissimo (mi ripeto) per comprendere al
meglio i romanzi di Dick, o per lo meno per aiutarci a dare una nostra
interpretazione.
Brambo, 06 Ottobre 2002.
JACK
VANCE - Ciclo dei Principi Demoni
Il re stellare - La macchina per uccidere - Il palazzo
dell'amore - La faccia - Il libro dei sogni
Che dire di questo che è uno dei più mitici cicli di
fantascienza avventurosa esistenti? Semplicemente che è imperdibile. Non si può
rimanere delusi dalla lettura di questi cinque romanzi, perchè trasportano il
lettore in un universo estremamente variegato ed affascinante, dove si
incontrano decine di civiltà, di pianeti abitati, di modi di vivere. E' un
trionfo di particolari e dettagli che Vance ci propone e ci spiega
meticolosamente, nei minimi particolari, con mille sfaccettature, creando società
affascinanti e sorprendenti per le loro abitudini e le loro credenze. Il grande
pregio di Vance è la capacità di trascinarci nelle avventure a tratti
spericolate ed a tratti più tranquille e sognanti del protagonista (Gersen),
che ci appare in alcuni punti come un vero eroe da fumetti ed in altri momenti
come un inconsolabile e triste viaggiatore dell'universo, il cui unico motore è
la vendetta. E come ho già detto tutta la trama e la storia sono densi di
particolari che rendono la lettura veramente credibile: mi ha colpito il fatto
che Vance inizia tutti i capitoli della serie con estratti da articoli di
giornale, poesie, piccole parti di opere di narrativa o di saggistica, ed
attraverso questi fornisce particolari e dettagli sulla vita locale e le
abitudini dei luoghi e dei popoli visitati dal protagonista. L'universo creato
da Vance prende in questo modo forma durante la lettura e diventa altamente
realistico, oltre che molto più affascinante del nostro. Un'altra cosa che mi
ha lasciato esterefatto è la quantità di nomi (di persona, di animali, di
piante, di pianeti, di oggetti, ecc.) che si incontrano nel testo, a
testimonianza di una fantasia sfrenata, ma sempre ben controllata, in modo da
non rendere le cose ridicole, ma piuttosto logiche e credibili. Un ciclo molto
avventuroso e spassoso dunque, un super-classico della fantascienza
assolutamente da non perdere.
Brambo. 31 Luglio 1999
ALFRED
E.VAN VOGT - Crociera nell'infinito
Il viaggio di un'astronave, la Space Beagle, con un equipaggio
di scienziati, tra le galassie del nostro universo alla ricerca di nuove forme
di vita (sembra un po' la frase introduttiva dei filmetti di Star Trek). E se
non è fantascienza classica questa, ditemi voi qual'è. E' un romanzo poco
impegnativo, si legge con facilità e rappresenta un vero esempio di SF
classica, ma, se devo essere sincero, mi ha coinvolto poco e in alcuni tratti mi
ha anche stancato. In alcuni passaggi Van Vogt si lascia andare ad elaborate
spiegazioni pseudo-scientifiche sinceramente un po' pesanti da digerire. Sono
invece apprezzabili, secondo me, i passaggi dove lo scrittore descrive
sensazioni e stati d'animo delle creature aliene che gli sventurati passeggeri
della Space Beagle incontreranno nel loro lungo vagabondare. E sulle creature o
mostri inventati da V.Vogt c'è da dire che somigliano nel carattere (forse
anche un po' troppo) agli esseri umani a cui danno spietatamente la caccia. Sete
di potere e voglia di sottomettere al proprio volere ogni cosa, sono
caratteristiche dell'uomo ma anche, secondo l'autore, di ogni essere vivente
dotato di intelligenza. Non saprei dare un netto giudizio personale di questo
romanzo (in ogni caso non è facile con nessuno): a tratti mi è piaciuto e a
tratti mi ha stancato. Ho comunque intenzione di leggere altri romanzi di V.Vogt
che ho già acquistato grazie ai quali potrò farmi un'idea più precisa su
questo famoso scrittore.
Brambo.
29 Maggio1999
A.E.
VAN VOGT - I ribelli dei 50 soli
Consiglio vivamente questo romanzo di Van Vogt che a me è
piaciuto molto. Ho particolarmente apprezzato la contrapposizione tra gli enormi
poteri della tecnologia descritta dall'autore e i più semplici sentimenti
umani. Nel mondo descritto da V.V. è possibile condizionare i sentimenti ed il
pensiero umano, nonchè riportare in vita gli esseri umani. Il sentimento
d'amore che sboccia tra i protagonisti è appassionante, ma è da considerarsi
vero amore anche se "artificialmente" indotto? ... V.V. punta il dito
sul totalitarismo del governo terrestre e sull'onnipresente fame di potere e di
sottomissione così tipici dell'uomo (non solo nei romanzi FS). In un universo
dominato da una quasi-dittatura terrestre, e dove la morte è un lusso, si
svolgono le vicende dei ribelli, una popolazione cacciata tanto tempo prima
dalla terra, sviluppatasi indipendentemente dall'influsso terrestre, ma soggetta
comunque a lotte interne fra classi sociali: i Robot (esseri comunque organici
chiamati Delliani), gli umani (chiamati non-delliani) e gli umanoidi, figli
dell'unione tra i due precedenti. Un romanzo che appassiona, scritto in modo
semplice, abbastanza breve e ricco di sostanza.
Brambo.
3 Dicembre 1999
A.E.
VAN VOGT - A.D. 2.000.000
"... sintomatico della portata che riveste l'opera di V.V.
nell'ambito della narrativa di fantascienza americana.", questo recita la
quarta di copertina dell'edizione Fanucci. A dir la verità a me è sembrato un
romanzo molto più fantasy che FS. Ambientato sì in un lontano futuro, narra
però avventure di guerrieri-dei, strani animali, popoli dalle usanze medioevali
(se così si puo dire). Ciò non toglie che la storia rimane alquanto avvincente
e, secondo me, ben scritta. Se cercate però un romanzo di pura o classica o
hard FS, cambiate rotta, non fa al caso vostro. Se invece amate anche la fantasy,
leggetelo. E di sicuro interesse. Ciao.
Brambo.
14 Dicembre 1999
A.E.
VAN VOGT - SLAN
H.G.
WELLS - La macchina del tempo
Avendo una certa predilezione per i romanzi di FS un po' datati,
ho deciso di farmi una piccola cultura su scrittori che diedero l'inizio
ufficiale o ufficioso (non so) a questo bellissimo genere letterario. Ed ho
iniziato proprio con lui, il mitico H.G.Wells e la sua "Macchina del
Tempo". Il libro mi è piaciuto tantissimo, ha il fascino del romanzo
datato, ma solo nello stile, perchè per ciò che riguarda le idee e i concetti
non ha nulla da invidiare, anzi, ha da insegnare a molti scrittori
contemporanei. Perchè il libro di Wells descrive sì un'esperienza proiettata
in un lontanissimo futuro, quando la razza umana avrà subito notevoli e
radicali cambiamenti, ma punta soprattutto il dito sulla decadenza della società
dell'epoca, sull'estremismo nella divisione in classi sociali, sul destino del
genere umano. E' un romanzo che più di cent'anni (o meglio, è un romanzo di
fantascienza che ha più di cent'anni) e fa ancora a lungo riflettere, e fa
ancora sognare. Una lettura da non perdere, sia per chi ama la FS, che per
chiunque ama leggere bei libri.
Brambo.
04 Dicembre 2000
H.G.
WELLS - La guerra dei mondi
Per primo Wells, in questo suo romanzo, narra una storia di
invasione del nostro pianeta ad opera dei Marziani. Certo questo può farci
sorridere, ma non bisogna dimenticare che il libro risale al 1897, quando le
conoscenze sul pianeta rosso erano ancora alquanto limitate e ancora c'era
spazio per credere nell'esistenza di altre intelligenze oltre alla nostra nel
nostro sistema solare. Mi è piaciuto parecchio e vi consiglio di leggerlo, se
già non lo avete fatto. Ciò che più di tutto colpisce è l'impotenza e il
terrore dell'uomo di fronte a esseri più potenti di lui. E l'uomo, abituato al
suo potere assoluto sugli altri esseri viventi e ormai padrone della materia, si
troverà schiacciato e ridotto ad essere insignificante, al pari della formica
vittima dei sadici giochi di un bambino. Dapprima vince l'incredulità ed è
interessante notare, come sottolinea Wells nel romanzo, le difficoltà
dell'epoca a diffondere l'incredibile notizia dell'arrivo dei Marziani. Gli
uomini, vittime dei loro stereotipi, non credono alla notizia e fanno di tutto
per spiegare gli strani fenomeni di quei giorni con le loro insufficienti
conoscenze scientifiche, finchè non saranno costretti ad aprire gli occhi, di
fronte all'inevitabile massacro. Ed è interessante anche leggere come Wells ha
immaginato gli abitanti del pianeta rosso, non umanoidi, ma esseri dalle strane
forme e dotati di sensi e articolazioni per gli usi più strani. E nonostante le
loro forme, la loro ferocia e spietatezza, alla fine non ci resta un'immagine di
Mostri, bensì di un popolo estremamente diverso dal nostro, con costumi
alquanto agghiaccianti, se trasportati nella nostra realtà. La tecnologia
dell'uomo è nulla se paragonata a quella dei Marziani, ma il suo forsennato
utilizzo in campo bellico porterà un giorno orrore e distruzione pari se non
peggiore di quella portata dagli invasori: questo forse è il messaggio più
importante che Wells vuole trasmettere. Non vi svelo nulla sulle sorti
dell'umanità, non volendo rovinare il finale a chi di voi ancora non ha letto
questo bellissimo libro di fantascienza. Un classicone imperdibile.
Brambo
04 Gennaio 2001
H.G.
WELLS - L'isola del Dr. Moreau
Un superclassico della storia della letteratura fantastica.
Narra le vicende di un uomo che si troverà ad assistere alle stupefacenti e
angoscianti creazioni del Dr. Moreau, noto vivisezionatore di animali, che
decide di dedicare la propria vita, le proprie capacità e la propria
intelligenza alla ricerca e alla creazione dell'uomo. Operando,
torturando e modificando la fisionomia, ma soprattutto il cervello di varie
specie animali, il chirurgo ottiene delle creature che non sono altro che orride
caricature di esseri umani, che si sforzano di osservare assurde leggi di vita,
solo spinti dall'angosciante paura del bisturi di Moreau. E così Wells ci fa
pensare un po' all'innata cattiveria e superbia umana. Sono le spaventose
creature di Moreau i veri mostri o lo sono piuttosto gli uomini, con la
loro presunzione di elevarsi a dei?
Moreau si ostina a inculcare umanità negli storpi animali-uomini, a insegnare
loro la legge e la paura. Ma cos'abbiamo da insegnare loro? La nostra falsità?
Le nostre limitazioni, le nostre paure? La capacità di mentire, ingannare e far
soffrire i nostri simili?
"Un animale può essere feroce e anche astuto, ma per mentire bene non
c'è che l'uomo." dice Wells nelle ultime pagine del libro.
Brambo
07 Maggio 2001
ROGER
ZELAZNY - Io, Nomikos, l'immortale.
"Io, Nomikos, l'immortale", o "Io,
immortale", è senza dubbio uno tra i più famosi romanzi di Zelazny,
insieme a "Signore della luce" e "Signore dei sogni",
vincitore anche di un premio Hugo nell'anno 1965. E' ambientato su una terra
devastata dal disastro nucleare, dove vivono creature strane e sanguinarie,
evolutesi a causa delle radiazioni e delle conseguenti mutazioni. Parte dei
superstiti, prima salvati, poi anche usati e sfruttati dal più evoluto popolo
di Vega, lottano ora per riprendere il dominio del loro pianeta. In questo
quadro, si sviluppa la storia di Conrad Nomikos, un uomo dalle origini
misteriose, vecchissimo ma dall'aspetto giovane, forse un mutante o forse un
semi-dio. Grazie al suo operato, sarà possibile dare nuove speranze al genere
umano e saranno svelate le vere intenzioni di un ambiguo ispettore inviato da
Vega sul nostro mondo morente. E' un romanzo interessante, perchè mescola miti
e leggende della Grecia classica, con ben più futuribili storie di guerre
nucleari e strane creature. La saggezza degli antichi può forse salvare il
genere umano dalla fine? Forse no, ma può certamente trasmettere i valori
eterni dell'amore, della forza e della pace. L'ho trovato breve e appassionante,
perciò lo consiglio senza riserve.
Brambo.
18 Dicembre 2000
ROGER
ZELAZNY - Signore dei sogni
Il Signore dei sogni del titolo è il protagonista del romanzo
(?): Charles Render - professione formatore di sogni. E se non è un romanzo che
fa sognare questo, allora non ne conosco altri. Il formatore trasporta i suoi
pazienti in nuovi mondi, da lui disegnati, mondi con nuove regole, mondi fatti
di sogni, ma stupendamente o tragicamente reali. Il formatore è come dio, perchè
può creare cio che vuole e può far si che le persone ci vivano, che gioiscano
delle bellezze, che provino angoscianti sofferenze. Ma fino a che punto può
avere il controllo di tutto questo? E' bellissimo questo romanzo di Zelazny, che
ci presenta un futuro dove l'uomo non ha più certezze. E' vittima dello
straprogresso e della solitudine che ne deriva. Quando non ce la fa più si
toglie la vita. O magari corre a curare le sue paranoie da un dottore un po'
particolare, un Formatore di sogni, che lo prenderà per mano e lo condurrà nel
mondo dei sogni, dove egli potrà sbattere la faccia contro le sue paure,
visitare mondi sommersi, e guarire la sua malattia. Di elementi tipici delle fs
ce ne sono in abbondanza nel romanzo (automobili completamente automatiche, cani
mutanti - che hanno portato a galla ricordi di City di Simak -, nonchè macchine
per creare sogni), ma l'attenzione di chi legge resta sempre centrata su Render
e la sua paziente Eileen, dapprima medico-paziente poi amici, poi quasi amanti e
poi... L'epilogo è tutto da leggere, è ... come posso dire: immenso!!
Brambo.
26 Ottobre 1999
ROGER
ZELAZNY - Strada senza fine
La strada, protagonista di questo romanzo di Zelazny, è una
strada vera e propria, percorsa da uomini e automezzi, ma con una strana
particolarità: anzichè spostarsi nello spazio, viaggiando su questa strada ci
si sposta nel tempo. Ma le cose non sono così semplici. Perchè in realtà la
strada esiste? O è solo immaginazione? O magari sogno? ... Il finale è molto
accattivante, ma nonostante tutto il romanzo non è riuscito a prendermi più di
tanto. Tutta la narrazione è basata sul dialogo fra i protagonisti. Ne risulta
una storia dinamica, ma povera di osservazioni profonde, descrizioni dettagliate
o approfondimenti sui personaggi. Insomma è un po' scarno, ermetico. Comunque
è breve e leggero da leggere....poi giudicate voi.
Brambo.
15 Ottobre 2000