Cofferati,
lezione su Dick tra ricordi, passione e filosofia
(articolo
di Dario Olivero uscito su Panorama del 25/09/2002)
E' difficile capire
perché ci sono tutte queste persone a riempire una galleria del centro di Roma
vicino alla libreria Feltrinelli che ha organizzato l'incontro. E' per sentire
parlare di Philip K. Dick e del racconto da cui è tratto l'ultimo lavoro di
Steven Spielberg Minority Report (nelle sale da venerdì) o è per
sentire parlare di Dick da un suo grande ammiratore che guarda caso è anche un
leader politico che ha smesso da quattro giorni di essere il segretario della
Cgil? Sergio Cofferati, seduto al fianco dell'editore Sergio Fanucci - che ha i
diritti sull'intero catalogo dello scrittore in questo momento più amato da
Hollywood - e di Lucia Annunziata chiarisce subito: "Non ho nessun titolo
per parlare di Phil (lo chiamerà così per la prossima ora, ndr) Dick.
Penso che sia normale avere della passioni, un po' meno parlarne in pubblico. Se
lo faccio è solo per ringraziare Fanucci del lavoro meritorio che ha fatto la
sua casa editrice".
Parlerà solo della sua passione, Cofferati. Non di politica, non di futuro
della sinistra, non del suo futuro come possibile leader dell'opposizione.
Questo è il messaggio, ecco perché Cofferati è qui. E allora si parla di Dick,
autore che come l'ex leader della Cgil, aveva un grande amore: la musica lirica.
Le affinità biografiche finiscono qui: lo scrittore americano soffriva di
agorafobia, paura della folla, malattia di cui evidentemente Cofferati non
soffre. Restano invece molte affinità intellettuali: l'ex segretario ha
incominciato a leggere le opere di Dick da giovanissimo, cita a memoria passi
dei suoi libri senza sforzo, critica nel merito gli adattamenti cinematografici
che negli anni sono stati fatti.
Ma ci sono tante tracce che un uomo si lascia dietro quando parla di una
passione. Tracce che lasciano intendere una visione del mondo. Prendiamo questa
analisi del film Blade Runner tratto dal libro Ma gli androidi sognano
pecore elettriche?: secondo Cofferati nel film restano fuori tanti elementi
e figure, per esempio quella del "telepredicatore e di come ricerca il
consenso". Poi la precisazione a scanso di equivoci: "Lasciate perdere
ogni accostamento con il presente, pensate solo a cosa voleva dire scrivere
queste cose in quegli anni".
Prendiamo un'altra osservazione. Dice Cofferati che "c'è un elemento
costante nell'opera di Dick: il rapporto con i fenomeni sociali del suo tempo,
la situazione politica vista da un simpatizzante della sinistra radicale di
Berkeley e il disprezzo per l'allora governatore Richard Nixon". "Una
preoccupazione per la società americana e per il futuro che diventa angoscia
nei suoi libri".
E' vero: Cofferati non parla di politica, non dice nulla che molti vorrebbero
sentirgli dire nella sua prima uscita pubblica da normale cittadino. Ma,
parlando di fantascienza, dice cose come questa: "Temo l'effetto placebo
della fantasia fine a se stessa. L'astrazione dal tempo e dal luogo, il parlare
d'altro non è utile. Quando la realtà viene descritta come non è, come la
gente non la percepisce, allora si ha disaffezione. Questo vale anche per le
istituzioni che, se non raccontano il vero, fanno crescere la sfiducia".
Chi vuole capire capisce, chi vuole trarre conclusioni le tragga, ma lui sta
parlando di Phil Dick.
E sta sempre parlando di Dick, in particolare del racconto Rapporto di
minoranza, quando dice che "la maggioranza e la minoranza non sono nate
per essere sempre tali ed è auspicabile che la minoranza di oggi diventi
maggioranza di domani". Chi può smentirlo? Ma intanto le tracce che l'uomo
lascia dietro di sé crescono, si infittiscono. E' il giorno in cui ha
traslocato dalla sede del segretario a quella della Fondazione Di Vittorio.
Tempo di bilanci, di ricordi, di nuovi progetti. Come quando dice: "Mi ha
sempre colpito l'attenzione di Dick per i suoi personaggi deboli (il bambino
autistico di Noi marziani, l'uomo che accudisce gli animali in Ma gli
androidi...). Secondo me questo era frutto di una sua preoccupazione sociale
che nei libri assumeva una forma estrema. Qunado leggevo queste cose, 30 anni
fa, prima di diventare un sindacalista, avevano su di me un grande effetto e
Dick mi ha aiutato a concentrare la mia attenzione su questo aspetto".
Alla fine resta difficile dire se Cofferati abbia parlato di Dick o di se
stesso, se la gente, venuta per sentire lui o per sentire parlare di Dick sia
andata via soddisfatta, delusa o confusa. All'ultima domanda: come ha passato la
sua giornata da cittadino, risponde: "Riempiendo scatoloni di carte,
fotografie, oggetti, documenti. Mi sono passati davanti agli occhi i ricordi di
25 anni di lavoro da sindacalista, un parte importante della mia vita. Ho fatto
una cosa normale. La normalità". Forse è l'unico momento in cui
esplicitamente parla di se stesso, ma viene in mente lo stesso quella normalità
che gli androidi di Blade Runner invidiavano agli uomini.