Da "Il Resto del Carlino-cronache di Rovigo" del 20.12.2000: <<Cacciava nel Parco, condannato>>

Prima condanna per caccia nel parco del delta del Po.

Sette giorni di reclusione (pena sospesa) e seicentomila lire di multa a un cacciatore di Porto Tolle. Così ha deciso il giudice Lorenzo Miazzi al termine del processo svolto ad Adria nei giorni scorsi. La sentenza assume una particolare rilevanza, almeno in ambito territoriale.

I fatti risalgono al gennaio del 1998 e hanno visto come protagonista un cacciatore cinquantenne di Porto Tolle.

L'uomo era stato visto da agenti della polizia di stato mentre risaliva l'argine di una golena del Po di Venezia, zona che rientra a tutti gli effetti nel parco regionale del delta del Po.

L'uomo si stava sedendo sulla sua autovettura quando è stato sorpreso con una doppietta, cartucce e un cane. In pratica tutto l'armamentario per una battuta di caccia.

Le associazioni Italia Nostra e Wwf si sono presentate al processo come parti civili, difese rispettivamente dagli avvocati Lavinia Cantà e Valerio Malaspina.

La difesa dell'imputato ha sostenuto che l'uomo non si trovava in quella zona per cacciare e che comunque, la mancanza di tabelle di delimitazione dell'area protetta ne avrebbero impedito l'esatta individuazione. Cosicché l'imputato sarebbe incorso in errore per quanto riguarda i confini del parco e la presenza del divieto di caccia.

Di avviso completamente diverso gli avvocati delle parti civili. Hanno sostenuto la tesi che le tabelle, lungo il perimetro del parco, non sono affatto necessarie, come dimostrano le numerose sentenze in materia emesse dalla corte di cassazione. E inoltre, che i confini del parco del delta del Po nella zona dove è avvenuto il fatto sono chiarissimi.

Il cacciatore, tra l'altro iscritto alla federcaccia, era tenuto in ogni caso a fare il possibile per informarsi.

Il giudice Lorenzo Miazzi ha dunque respinto la tesi della difesa ed ha accolto quanto sostenuto dalla pubblica accusa Mauro Davin e dalle parti civili, condannando il bracconierie a sette giorni di reclusione e a 600 mila lire di multa, oltreché al risarcimento delle parti civili (stabilendo a titolo provvisorio l'importo di tre milioni, metà a Italia Nostra e metà al Wwf) e al pagamento delle spese processuali sostenute dalle associazioni ambientaliste.

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