COMUNICATO STAMPA DEL 06.4.2001: IL PARCO DEL DELTA NON E’ INCOSTITUZIONALE

Si è concluso il giorno 6 Aprile, nel Tribunale di Rovigo, sede distaccata di Adria, dopo diverse udienze e rinvii, l’ennesimo processo per caccia nel Parco del Delta del Po.

L’avvocato della difesa Luca Azzano Cantarutti (P.M. Casula, giudice dott. Lorenzo Miazzi), dopo avere perso gli altri processi per caccia ed introduzione di armi nel Parco, ha giocato “un carico da 11”: l’incostituzionalità della legge regionale 36/’97 che ha istituito il Parco Regionale Veneto del Delta del  Po, riproponendo piè pari il ricorso al T.A.R. del Veneto  (che non si è ancora pronunciato) presentato a suo tempo dal Comune di Porto Tolle (l’unico dei 9 Comuni del Delta che non vuole entrare nel Parco) subito dopo l’istituzione del Parco stesso (settembre 1997).

Per questo motivo, quindi, le associazioni ambientaliste sono dovute ricorrere al loro “Stato Maggiore di avvocati” per difendere le sorti dell’area protetta (l’Ente Parco, infatti, ancora una volta latitante ed arroccato sulla sua posizione di non volersi costituire parte civile nei processi per caccia nel Parco, ha corso il rischio di finire azzerato, nel caso in cui le cose fossero andate diversamente, proprio nel processo più importante tra quelli sinora celebrati  che, se fosse andato in altra maniera, avrebbe dato il “la” alla riscossa degli antiparco portotollesi, che in questi ultimi mesi, a causa dei processi a loro sfavorevoli, erano stati costretti ad ingoiare un boccone amaro dietro l’altro) e, grazie agli avvocati Matteo Ceruti e Lavinia Cantà (per Italia Nostra) e Valerio Malaspina (per il WWF), sono riusciti a spuntarla ancora una volta.

I puri fatti di cronaca risalgono al 20 settembre del 1998, giorno di apertura della stagione venatoria ‘98/’99, quando le guardie del WWF di Rovigo sorpresero a caccia  nel Parco M.T. (un portotollese di 37 anni). Egli, che stava usando anche  un richiamo elettroacustico vietato, al momento del controllo si diede alla fuga abbandonando un germano reale appena abbattuto e rifiutandosi di farsi identificare. Le guardie, però, che lo conoscevano già di persona, recuperarono l’Anatide e denunciarono i fatti all’Autorità Giudiziaria.

L’avvocato della difesa, dunque, stavolta ha provato a giocare la carta dell’illegittimità costituzionale della legge istitutiva del Parco, chiedendo al giudice di rinviare gli atti alla Corte Costituzionale (in pratica, in sintonia con quanto già fatto nel ricorso al T.A.R. del Veneto presentato dal Comune di Porto Tolle).

Secondo le tesi della difesa, infatti, la Regione Veneto, nell’istituire il Parco del Delta, non avrebbe ottemperato alle disposizioni dell’art. 22 della L. 394/91 (la legge quadro sui Parchi) che prevede il principio della partecipazione degli Enti Locali alla procedura istitutiva delle zone protette, lamentando il fatto che ciò non accadde a suo tempo per il Parco del Delta del Po e suffragando questa sua asserzione con l’esito di un analogo caso giudiziario sollevato in Campania a seguito dell’istituzione del Parco Regionale dei Campi Flegrei (il Comune di Procida aveva promosso un ricorso al T.A.R. della Campania contro l’istituzione del Parco Regionale dei Campi Flegrei; il T.A.R. aveva trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale che, con sentenza 282/2000, aveva dato ragione al Comune Campano).

Gli avvocati delle associazioni ambientaliste, però, hanno smontato punto per punto le obiezioni della difesa, facendo un excursus sulle tappe che hanno portato alla creazione del Parco e, documenti alla mano, dimostrando che il Parco del Delta del Po fu istituito con tutti i crismi di legge ed attestando che tutte le riunioni previste tra gli Enti locali interessati furono fatte, che furono discusse tutte le proposte di legge presentate e che a tali lavori partecipò anche il Comune di Porto Tolle.

Il giudice, quindi, dopo due ore di camera di consiglio, ha dichiarato inammissibile e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale ed ha condannato M.T. ad un mese di arresto ed 1.900.000 lire di ammenda, commutando la pena detentiva in totali 4.250.000 lire di ammenda, ed inoltre al pagamento di 1.500.000 lire di risarcimento danni al WWF, di lire 1.000.000 ad Italia Nostra e delle spese legali alle due associazioni (quantificate in circa 4.000.000 di lire ad ognuna).

La pena è esemplare, così come l’ennesima brutta figura fatta dai responsabili di questo Parco che in un momento così importante per la sua esistenza hanno lasciato nelle mani di due  associazioni ambientaliste (fatte da volontari!) il futuro della più importante zona umida d’Italia.

(Pubblicato su "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" dell'8.4.2001)

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