1.b)la posizione degli ambientalisti sul Parco del Delta

E' doveroso, anzitutto, precisare che a noi ambientalisti questo Parco non piace. L'abbiamo più volte ribadito sulla stampa, non risparmiando critiche all'Ente Parco anche se, a dire il vero, con il nuovo Presidente del Parco (Dimer Manzolli) abbiamo instaurato un rapporto più "amichevole" rispetto al suo predecessore (Franco Mainardi).

L'abbiamo ribadito anche il 23.7.1997, in Regione Veneto, in sede di commissione consiliare, quando i nostri rappresentanti: Gianni Benetti per il W.W.F., Matteo Ceruti per Italia Nostra ed Angelo Mancone per Legambiente, interpellati dalla commissione, unitamente ai vari Sindaci e rappresentanti delle organizzazioni di categoria, hanno espresso le loro perplessità sulla proposta di legge regionale che, di lì a poco, si sarebbe concretizzata nell'attuale legge regionale istitutiva: la nr. 36 dell'8 settembre 1997.

Perché siamo contrari a questo Parco? Perché, dopo 30 anni di lotte ambientaliste (i primi a volere il Parco del Delta siamo stati noi ambientalisti), i politici (perché sono loro che fanno le leggi), da "destra a sinistra", ci "hanno consegnato" un Parco di soli 12.000 ettari (noi né "volevamo" uno di 40-50.000), un Parco regionale (noi lo "volevamo" Nazionale, perché sarebbe stato meno "assoggettabile" ai "desideri" dei politici e dei “gruppi di potere” locali), un parco cosiddetto "a macchia di leopardo" (noi "volevamo" un'area protetta uniforme, senza soluzione di continuità tra zone protette e zone non vincolate) noi "volevamo", infine, che nel Parco venissero ricomprese tutte le zone umide (invece, purtroppo, molte lagune e porzioni rilevanti delle valli ne sono escluse).

Ciò detto, ad ogni modo,  volenti o nolenti,  il Parco esiste e "ce lo dobbiamo tenere" così com'è, anche se c'è la possibilità in fase di redazione del Piano del Parco (lo "strumento urbanistico" del Parco, quello cioè che definirà dettagliatamente i vincoli), procedimento in itinere, ma che richiederà molto tempo per essere completato, che esso possa essere "riperimetrato" e, magari, i suoi confini possano essere ampliati. Questo è successo, per esempio, per il Parco delle Dolomiti Bellunesi, ma si è trattato di una sorprendente novità rispetto alla tendenza generalizzata di ridurli e, visto il "travaglio" con cui il nostro è nato (il Parco è il "frutto" dei più deleteri "patti" compromissori tra le varie forze politiche e “gruppi di potere” locali: cacciatori, pescatori, vallicoltori ed agricoltori), c'è da dubitare che ciò si verifichi anche per il Parco Veneto del Delta del Po.