6)IL RICORSO AL T.A.R. CONTRO IL PARCO

6.a)il sospetto che il ricorso al T.A.R. sia stato fatto solo per compiacere ai cacciatori

Da quanto su esposto, appare evidente  che non sono molti i vincoli imposti dal Parco del Delta alla popolazione di Porto Tolle perché essi sono gli stessi previsti da altre leggi "accettate" senza "battere ciglio" dai cittadini e dai politici che li rappresentano. Perché, dunque, proporre ricorso al T.A.R. solo contro la L.R. 36/'97? Sorge il dubbio che dietro le capziose motivazioni elencate nel ricorso, che tenteremo di smontare una per una, si nasconda, in realtà, il solo scopo di proteggere gli interessi di un'unica categoria: quella dei cacciatori che, seppur pochi, come abbiamo ripetutamente detto, sono in grado di condizionare le scelte politiche dell'intera amministrazione.

Ciò detto, vediamo perché il ricorso al T.A.R. presentato dal Comune di Porto Tolle contro la Regione Veneto, l'Ente Parco e la legge regionale 36/'97 sia un'accozzaglia di false motivazioni.

6.b)Necessità del consenso delle popolazioni locali all'istituzione del Parco. Insussistenza.

A pagina 3 del ricorso è scritto che "l'istituzione delle aree protette non può avvenire senza il consenso delle popolazioni locali".

A tal riguardo, la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 9 del 2002, a proposito di un caso analogo (si è pronunciata su un ricorso al T.A.R. per la Sardegna proposto da sette Comuni sardi contro l'istituzione del Parco del Golfo di Orosei e del Gennargentu), ha sentenziato che <<...se per fare un parco occorresse il consenso delle popolazioni locali, si impedirebbe l'istituzione di ogni parco...>>.

6.c)Nel Parco del Delta vivono migliaia di persone. Infondatezza.

Sempre a pagina 3 è scritto che  "nel Parco vivono diverse migliaia di persone".

Sono circa 74.300 gli abitanti dei nove Comuni del Parco. Precisati i confini, come abbiamo fatto precedentemente, appare evidente che all'interno dei 12.000 ettari del Parco vivano si è no 50 persone! Nelle golene, ovviamente, dopo le numerose alluvioni, per ragioni di sicurezza (e perché lo vieta la legge Galasso) nessuno abita più da anni. Naturalmente nessuno risiede su scanni e lagune. Persino il guardiano del Faro di Pila non abita pìù stabilmente l'Isola della Batteria. Gli unici abitanti residenti all'interno del Parco, perciò, sono quelle poche famiglie che vivono nel paleoalveo di Cà Mello  e sulle dune fossili di Porto Viro e di Ariano...Sono molti, ma molti di  meno, perciò, gli abitanti del Delta domiciliati all'interno del Parco, contrariamente a quanto è stato scritto nel ricorso al T.A.R.!

6.d)Incongruenza del Comune di Porto Tolle nell'accettare ed attuare le norme del Piano d'Area, ma non quelle della L.R.36/'97.

A pagina 4 del ricorso è scritto che <<il Comune di Porto Tolle sta adeguando il proprio strumento urbanistico al "Piano d'Area del Delta del Po" quale "strumento di pianificazione territoriale che detta prescrizioni e vincoli  per la salvaguardia del paeasaggio e del patrimonio naturale (crf. delibera 16.5.1997 n. 48)>>.

E' ingiustificata, perciò, l'ostilità alla L.R. 36/'97 che, come più volte ricordato, tra i suoi principi cardine ha quello che  non può imporre vincoli maggiori rispetto al Piano d'Area!

6.e)Doglianze del Comune di Porto Tolle relative al fatto che la legge sul Parco ha espropriato la sua gente di ogni potere decisionale. Infondatezza.

A pagina 6 è scritto che  <<Il Comune di Porto Tolle si è opposto ad un progetto parco che sottrae il Delta al controllo materiale istituzionale della sua gente...>> e che, a causa del Parco (n.d.r.) << è stato espropriato di ogni potere di gestione del territorio e di controllo delle attività che vi si svolgono>>.

Ciò ha dell'incredibile, perché  è stato proprio il Comune di Porto Tolle a non voler aderire a nessuno degli organismi del Parco: a non mandare il suo Sindaco, i suoi assessori, gli altri suoi  rappresentanti politici  e quelli delle associazioni di categoria nei vari organismi dove, assieme ai colleghi degli altri Comuni, si prendono le decisioni che riguardano il Parco!

6.f)Doglianze del Comune di Porto Tolle sulla mancanza di riunioni interlocutorie prima dell'istituzione del Parco. Infondatezza.

A pagina 7 è scritto che la legge quadro sui Parchi prevede che, prima dell'istituzione dei Parchi, vengano fatte riunioni dove si sentono i pareri dei rappresentanti dei vari Comuni interessati e delle varie associazioni di categoria. A pagina 8 si  sostiene che tali riunioni non sono state fatte. Anche in questo caso trattasi di notizie infondate perché di tali riunioni ne sono state fatte a decine! A tal proposito, si leggano i verbali della riunione della commissione consiliare della Regione Veneto del 23.7.1997, dove i vari Sindaci, tra cui l'allora sindaco di Porto Tolle (Diego Precisvalle) ed il rappresentante dei cacciatori  locali (Lorenzo Carnacina, ora capogruppo di maggioranza) sono stati interpellati sui disegni di legge in esame!

6.g)Doglianze sul fatto che, consegnando all'Ente Parco la gestione dell'area protetta, si sottraggono competenze  ai Comuni. Infondatezza.

A pagina 10 è sostenuto che <<...consegnando all'Ente Parco la gestione dell'area protetta, si sottraggono competenze ai Comuni>>.

Ciò non è vero, perché dell'Ente Parco e del Comitato Esecutivo del Parco, gli organismi dove si prendono le decisioni,  fanno parte  i sindaci dei nove Comuni!

6.h)Doglianza sul fatto che Comuni meno estesi  di Porto Tolle hanno lo stesso potere decisionale di Porto Tolle, ovvero "mancanza di rappresentatività in ragione del maggior territorio ricompreso nel Parco". Insussistenza. Paragone con l'Unione Europea.

A pagina 19 si parla della violazione del "principio di proporzionalità", in quanto <<non si rispetta la rappresentanza in ragione della "maggiore rappresentatività">>. Ossia, in pratica, Porto Tolle si lamenta del fatto che, pur avendo il 60% del territorio del Parco, in seno all'Ente Parco ha lo stesso numero di rappresentanti di tutti gli altri Comuni.

E' quantomeno "bizzarro", però,  che un Comune che si lamenta di essere troppo poco rappresentato in seno all'Ente Parco non abbia mai inviato il suo Sindaco alle riunioni dell'Ente Parco e lasci che altri decidano al posto suo!

Per quanto riguarda la pretesa di avere più potere decisionale in ragione di una porzione maggiore di territorio ricompreso nel Parco, appare un'altra motivazione pretestuosa. Lascia "stupiti", infatti, la mancanza di "magnanimità" di PortoTolle, che vorrebbe sedersi su uno scranno più alto di quello occupato nel Parco dai Comuni confinanti, dove si parla il suo stesso dialetto e dove le terre hanno le stesse caratteristiche geomorfologiche.

A nostro avviso, insomma, sono solo delle scuse belle e buone! Non è infatti ammissibile che 15 Stati Europei in 30 anni siano riusciti a smantellare delle frontiere, ad accordarsi tra loro pur parlando lingue diverse ed a condividere persino la stessa moneta, mentre  Porto Tolle, nello stesso arco di tempo (perché di Parco del Delta se ne parla da molti decenni) in cui L'Unione Europea ha "fuso" milioni di chilometri quadrati di Nazioni diverse, non è riuscito a condividere qualche migliaio di ettari con i "Comuni fratelli"!

Nell'Unione Europea, poi, tutti i Paesi membri, anche i più piccoli, come il Portogallo o il Belgio, hanno pari dignità e per sei mesi presiedono a turno l'intera Unione.

Anche con questo esempio si capisce l'assoluta infondatezza delle motivazioni di Porto Tolle nel criticare una legge che, rispetto ad altre, come quelle che regolano l'U.E., per l'appunto, sono infinitamente meno vincolanti e cogenti.

Infine, a riprova dell'incongruenza del comportamento del Comune di Porto Tolle, basta citare l'articolo 69 del Piano d'Area, che detta "le direttive per la costituzione del parco Interregionale del Delta del Po". Esso stabilisce che "il Piano d'Area costituisce riferimento per la redazione del piano ambientale del Parco Interregionale del Delta del Po, come previsto dalla Legge 394/'91 e successive modificazioni".

Come, mai, quindi, il Comune di Porto Tolle non ha fatto ricorso al T.A.R. contro il Piano d'Area, anzi, come detto, lo applica e lo cita pure nel ricorso al T.A.R., mentre ha fatto ricorso alla legge sul Parco, che del Piano d'Area è "figlia"?

Ribadiamo che nessun'altra motivazione può essere trovata se non nel fatto che nel Parco non si può cacciare, mentre nel Piano d'Area, dove vigono gli stessi divieti previsti dal Parco, la parola "caccia" non è nemmeno citata. A riprova di ciò, inoltre, basta ricordare  la "bufala" delle aree Wilderness, una sorta di "nuovi parchi"  proposti dal Comune di Porto Tolle in alternativa a quelli già previsti nella legge quadro sui Parchi, ma nei quali  vigerebbero gli stessi vincoli attualmente in vigore nei "Parchi normali", con ("guarda caso") un'unica eccezione: là si può andare a caccia!