CAPITOLO 6: IL BRACCONAGGIO

Per bracconaggio si intende l'esercizio dell'attività venatoria senza il rispetto delle leggi che la regolano (1).

Per inquadrare quanto sia preoccupante il fenomeno nel Delta, forniamo subito il resoconto dell'attività di vigilanza venatoria volontaria delle guardie del W.W.F. di Rovigo durante la stagione venatoria, '98/'99 (2):

=>TERRITORIO VIGILATO: A.T.C. 4A3, DELTA DEL PO VENETO;

=>NUMERO DI SERVIZI SVOLTI: 8;

=>SERVIZI EFFETTUATI CON NATANTI: 4;

=>SERVIZI EFFETTUATI A PIEDI: 4;

=>CHILOMETRI PERCORSI IN AUTO A SCOPO DI VIGILANZA: 910;

=>CACCIATORI CONTROLLATI: 26 (TUTTI IN APPOSTAMENTO);

=>VIOLAZIONI VENATORIE AMMINISTRATIVE RILEVATE: 7 (6 PER OMESSE ANNOTAZIONI SUL TESSERINO VENATORIO REGIONALE, UNA PER RIFIUTO DI ESIBIRE I DOCUMENTI);

=>CACCIATORI DENUNCIATI PER REATI VENATORI: 8 (4 PERCHE' PRATICAVANO L'ATTIVITA' VENATORIA ALL'INTERNO DEL PARCO, 3 PERCHE' USAVANO RICHIAMI VIETATI, UNO PERCHE' CACCIAVA DURANTE UNA GIORNATA DI SILENZIO VENATORIO);

=>SEQUESTRI PENALI EFFETTUATI: 6;

=>MATERIALE SEQUESTRATO: 2 RICHIAMI VIETATI, 3 ANATRE ILLEGALMENTE ABBATTUTE, UN FUCILE, 199 STAMPI DI ANATIDI, UNA BARCA;

=>ALTRI CACCIATORI DENUNCIATI PER ALTRI REATI: 10 (UNO PER PORTO ABUSIVO D'ARMA DA FUOCO, 2 PER OMESSA CUSTODIA DI ARMI, 3 PER RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE E RIFIUTO DI FARSI IDENTIFICARE, 4 PER INTRODUZIONE DI ARMI NEL PARCO);

=>RAPPORTO CACCIATORI CONTROLLATI/CACCIATORI CONTRAVVENZIONATI=26/25! QUASI IL 100%!

Da questi primi dati, pare quasi che il bracconaggio sia "incorporato nel codice genetico" delle "genti del Delta" (3).

Secoli di "vagantivo" (3), di miseria, di analfabetismo (ancora oggi si incontrano vecchi cacciatori analfabeti nel Delta; tra l'altro non si capisce come sia possibile che siano in possesso di licenza di caccia, visto che hanno l'obbligo di eseguire le prescritte annotazioni sul tesserino regionale e su quello lagunare e vallivo indicanti il giorno e la località in cui vanno a caccia, e le eventuali specie abbattute!) di fame, di pellagra, di inondazioni, hanno insegnato che per sopravvivere occorreva saper "rubare" la selvaggina ai ricchi vallicoltori che per molti anni, prima della grande bonifica, erano i padroni indiscussi del territorio.

Contrabbandieri, bracconieri e pescatori di frodo, quindi, si trovavano in molte famiglie e la loro attività serviva per sbarcare il lunario (4).

Oggi, ovviamente, i tempi sono cambiati ed il benessere dimora anche in questi luoghi. La riforma agraria ha fatto si che vi siano piccoli proprietari terrieri locali, la pesca delle vongole ("l'oro del delta") ha dato un grande impulso all'economia, così come ha fatto la costruzione della Centrale termoelettrica di Polesine Camerini, ed ora sta facendo anche il turismo legato alla visitazione del Delta e del suo neonato Parco.

Il retaggio connesso alle antiche abitudini della sopravvivenza legata alla caccia, un tempo una necessità, è diventato ora un vero e proprio "lavoro nero" per molti cacciatori, soprattutto concentrati negli abitati di Boccasette e Pila, che si tramandano di padre in figlio il cosiddetto mestiere di "barcaiolo" (5).

Abbiamo già detto all'inizio di questo lavoro del notevole pregio faunistico del Delta del Po Veneto, dell'abbondanza della selvaggina e del desiderio dei molti cacciatori foranei di poter venire a cacciare nelle paludi del Delta. Trattasi di persone che possono concedersi il lusso di spendere dei denari (in alcuni casi anche molti), per andare a caccia, ma non così tanti da permettersi l'accesso nelle aziende faunistico venatorie vallive, dove, come abbiamo già detto, il prezzo si aggira sulle decine di milioni (6).

Questi "forestieri", dunque, vengono accompagnati dai locali a caccia nel territorio lagunare e vallivo libero, che conoscono come le loro tasche, nel quale allestiscono gli appostamenti e che possono raggiungere disponendo di idonei natanti da caccia...Ovviamente, per garantire questo servizio, si fanno pagare!

Vi sono barcaioli che, nei mesi di ottobre e novembre, durante i quali, come abbiamo già riferito, è consentito andare a caccia per cinque giorni alla settimana, accompagnano ogni giorno "clienti" diversi. Non tutti i clienti sono in possesso del permesso di ospite (la sanzione amministrativa che corrono il rischio di pagare se trovati ad esercitare l'attività venatoria senza essere iscritti all'A.T.C. 4A3, una delle violazioni più comuni nel Delta, è di 600.000 £) e molti si avventurano in questo azzardo, pur di andare ugualmente a caccia (tanto, come diremo in seguito, la probabilità di essere colti sul fatto è praticamente inesistente!)

Il barcaiolo, quindi, è un mestiere abusivo esercitato senza autorizzazione dai "cacciatori accompagnatori" del Delta del Po Veneto e comporta, per chi venga trovato ad esercitarlo, il pagamento di una sanzione amministrativa di due milioni. Anche in questo caso, però, il rischio di essere colti sul fatto è nullo, infatti mai nessun cacciatore foraneo dirà agli organi competenti di avere pagato un cacciatore del Delta per essersi fatto accompagnare a caccia. Tra i due, infatti, si stabilisce un rapporto di amicizia che si protrae per anni e non è quindi ipotizzabile una delazione in tal senso.

E' difficile, quindi, stroncare questo fenomeno, che rende ad alcuni cacciatori del Delta, si parla di cifre in nero (ed oltre alla violazione testé menzionata relativa al mestiere abusivo c'è anche la frode fiscale), dai trenta ai quaranta milioni di lire.

Ogni uscita costa, a seconda del prezzo pattuito dal barcaiolo e dalle zone più o meno importanti dal punto di vista faunistico o più o meno rischiose (cacciare all'interno del Parco, ovviamente, comporta maggiori pericoli), dalle 100.000 alle 300.000 a persona.

Alcuni cacciatori hanno dichiarato che spendono quattro milioni a stagione venatoria, andando a caccia soltanto il sabato; però non fanno neanche la fatica di portarsi il fucile da casa perché il loro barcaiolo presta loro il fucile (il comodato d'armi da caccia non è vietato dalla legge), compera le cartucce, sistema l'appostamento, mette la benzina per il fuoribordo della barca da caccia, posiziona gli stampi e li ritira poi a fine giornata venatoria (in pratica, garantiscono lo stesso servizio assicurato dal capocaccia di un'azienda faunistico-venatoria valliva!)

Altri cacciatori hanno dichiarato di avere pagato due milioni per fare l'apertura della caccia con alcuni barcaioli (l'apertura, per un cacciatore, è il giorno più importante della stagione venatoria: si pensi che vi sono cacciatori che occupano gli appostamenti anche una settimana prima di questo giorno fatidico, dormendo in barca e dandosi il cambio con amici o familiari per andare a mangiare, solo per evitare che qualcuno "gli porti via il posto"! E' tradizione che sia così, sia perché sono mesi che non si spara più, e quindi cresce la "voglia di farlo", sia perché il primo giorno è quello in cui si fa il maggior numero di abbattimenti, anche perché gli animali selvatici non si aspettano assolutamente che in quella occasione le "distanze di sicurezza" con cui istintivamente hanno sempre vissuto il rapporto con gli "umani", improvvisamente debbano essere drasticamente aumentate, perché le armi da fuoco le hanno ridotte terribilmente!)

Per alcuni cacciatori del Delta Veneto, quindi, la caccia è una vera e propria fonte di reddito, alla quale difficilmente hanno intenzione di rinunciare, anzi,fanno di tutto per salvaguardarsela (7)!

I "cacciatori barcaioli", infatti, sono tutti muniti di apparati radio-ricetrasmittenti (detti "C.B."), con i quali si tengono in contatto l'uno con l'altro con lo scopo di avvisarsi reciprocamente allorquando arrivi la vigilanza venatoria, in modo tale da non farsi cogliere sul fatto in atti di bracconaggio, che spesso vanno di pari passo con il loro "mestiere abusivo" (8).

In alcune località strategiche perché di passaggio obbligato per raggiungere gli appostamenti sia per le guardie venatorie che per i barcaioli, vi sono delle vere e proprie "vedette" che, munite di C.B., all'arrivo delle guardie, avvisano tutti i bracconieri di stare allerta. Una vera e propria "associazione a delinquere finalizzata al bracconaggio!"

I barcaioli, inoltre, quando terminano di accompagnare i clienti (di solito questi praticano l'attivitá venatoria dall'alba all'ora di pranzo), spesso vanno a caccia anche il pomeriggio, da soli, sino all'ora di chiusura della giornata venatoria, perché devono fare il più abbondante carniere possibile e riempire il freezer di casa. Si preparano, cioè, una scorta di selvaggina abbattuta che distribuiscono ai loro ospiti quando capita che questi ultimi non abbiano "incarnierato" alcun capo.

Andare a caccia, come del resto andare a pesca, vuol dire, infatti, fare anche i conti con la "fortuna"; a volte, cioè,può andarti bene, a volte invece non vedi passare neanche un uccello. Per questo motivo, quindi, per "mantenersi buono il cliente", gli esperti barcaioli del Delta non fanno mai tornare a casa a mani vuote "le loro fonti di reddito" (i cacciatori forestieri, infatti, per non fare brutte figure con le mogli e con gli amici, con i quali devono giustificare il senso delle lunghe levatacce all'alba, dei lunghi spostamenti, spesso con la nebbia, per raggiungere il Delta del Po Veneto e, non da ultimo il considerevole esborso di denaro per mantenere il loro hobby preferito, devono almeno portare qualcosa alle loro abitazioni! Questa è la logica imperante nel "mondo venatorio!").

Il terrore di tornare alla propria dimora a mani vuote è un aspetto che accomuna molti cacciatori del Delta al resto dell'universo venatorio. E' visto, infatti, come mancanza di virilità "il rientro al focolare domestico" con poche prede. A chi toccasse una sorte del genere verrebbe deriso nel bar dagli altri cacciatori ed il suo prestigio, anche come barcaiolo, verrebbe meno! Del resto, in molti ristoranti e locali del Delta vi sono in bella mostra fotografie che celebrano gli eccezionali "massacri" di anatre che questo o quel barcaiolo è stato in grado di fare.

E' fuori moda, da queste parti, lo stereotipo del cacciatore, celebrato dal mondo venatorio "sano", che va a caccia solo per fare una passeggiata con il cane e che se ne torna ugualmente felice a casa perché gli basta stare a contatto con la natura e saggiare l'abilità del proprio compagno a quattro zampe!

Non sempre, comunque, il mestiere del barcaiolo rende bene. Anni fa, infatti, capitò che un celebre barcaiolo di Pila, mentre stava trasportando con il suo natante, nella Laguna del Barbamarco, due clienti di vecchia data, non si accorgesse di un palo affiorante dal fondo della palude,che una ditta che stava facendo lavori di manutenzione nella laguna aveva lasciato scoperto e lo speronò con la chiglia procedendo a forte velocità. L'urto fece battere violentemente la testa ad uno dei due malcapitati ospiti, che si fratturò il rachide cervicale e dopo mesi di atroci sofferenze perse la vita. Ora questo barcaiolo trascorre i suoi giorni nelle aule dei tribunali ed oltre alla causa penale, sta fronteggiando anche quella civile (i familiari dello sfortunato cacciatore foraneo hanno chiesto un risarcimento di un miliardo e duecento milioni!) (9).

Per quanto riguarda i tipici atti di bracconaggio compiuti nel Delta del Po Veneto, essi, per alcune tipologie, sono del tutto diversi da quelli delle altre zone d'Italia tristemente famose per questi comportamenti (per esempio le Valli del Bresciano o lo stretto di Messina).

Qui non si usano quasi mai reti da uccellagione, trappole, tagliole o archetti (10).

Il flagello, da queste parti, infatti, si chiama richiamo elettroacustico con amplificazione del suono (11), detto localmente "registratore" (perché tra i suoi componenti vi è una specie di audiocassetta nella quale sono registrati i canti degli uccelli), mezzo vietato di caccia, il cui uso è sanzionato penalmente, che molti cacciatori del Delta non si dimenticano certo di portarsi al seguito.

Trattasi di un sofisticato e perfetto riproduttore del canto degli uccelli, il cui costo oscilla, a seconda dei modelli, dalle poche centinaia di mila lire a uno o più milioni, che viene alimentato da una batteria ed è collegato con uno o più potentissimi altoparlanti, muniti di trombe per direzionare il suono. Essi riescono a far avvicinare al tiro utile del fucile del cacciatore nascosto nell' appostamento, anatre distanti anche centinaia e centinaia di metri dallo stesso!

Il richiamo è dotato di un selettore che permette di spostare la testina del riproduttore sul canto desiderato. Vi sono molti tipi di cassette: di Anatidi, di Passeriformi ed anche di specie protette e, di solito, ciascuna riproduce una decina di canti.

Un potenziometro permette di regolare l'intensità del suono. Quando il bracconiere vede da lontano uno stormo di anatre, per esempio fischioni, che può riconoscere anche dal volo, direziona l'altoparlante verso di loro, posiziona il selettore sul canto dei fischioni (può infatti avere a disposizione nella stessa cassetta anche il canto dei germani o delle canapiglia), regola il volume ed il gioco è fatto!

visualizza foto richiamo elettroacustico

Sono facilmente occultabili e difficilmente si riesce a trovarli addosso ai cacciatori o in funzione. Infatti li nascondono in un doppiofondo dell'appostamento, all'interno di un contenitore a tenuta stagna che gettano in acqua all'arrivo della vigilanza (a volte li gettano in acqua anche senza contenitori, preferendo perdere il valore materiale dell'oggetto che trovarsi nei guai con la legge); alcuni, i più ingegnosi, hanno ricavato speciali alloggiamenti nei natanti, o addirittura nei serbatoi della benzina dei motori fuoribordo.

La tecnologia, purtroppo, aiuta i bracconieri più astuti; infatti esistono in commercio richiami che al posto dell'audiocassetta usano un mini cd, nel quale sono registrati molti più canti di quelli delle tradizionali cassette, e non c'è più bisogno, quindi, di cambiare nastro a seconda del tipo di caccia praticato.

Altri sono dotati di un telecomando, ancora più piccolo e più facilmente occultabile, e funzionano senza fili, in maniera da dare ancora meno nell'occhio nel corso di un eventuale controllo (spesso, infatti, i fili elettrici che collegano la batteria o gli altoparlanti al richiamo sono le prime cose che lo fanno scoprire).

E' veramente sconcertante sentire i "concerti" che si eseguono nelle lagune del Delta nelle giornate di caccia: sembra di essere in discoteca, solo che invece della musica "rave" si odono germani, codoni, moriglioni, morette!

Altro fenomeno preoccupante è l'uso dei fucili a più di tre colpi (trattasi di reato), anche questa "consuetudine barbarica tipicamente deltizia" (12).

L'esercizio venatorio nel Delta del Po Veneto può essere praticato con fucili con canna ad anima liscia con calibro non superiore al dodici, a non più di tre colpi (non essendovi ungulati e cinghiali, infatti, non si possono usare le carabine con canna rigata). Il modello di fucile denominato "doppietta", ovviamente, consente il caricamento massimo di due colpi, anche il modello "sovrapposto" (che in pratica è come una doppietta, solo che le due canne, invece di essere posizionate orizzontalmente sono disposte verticalmente) permette di caricare al massimo due colpi. Il modello denominato "semiautomatico" consente di caricare l'arma con tre colpi: uno in canna e due nel serbatoio, ed è il massimo numero consentito.

Una facile operazione, che tutti possono eseguire (e che velocemente può essere fatta al contrario, ripristinando il fucile al suo corretto assetto originario all'arrivo della vigilanza), consiste nel togliere una parte del fucile, denominata riduttore del numero dei colpi (localmente "fermo"), e permettere di caricare e quindi di sparare in successione, fino a sei, sette o addirittura nove colpi, a seconda della marca del fucile.

E' frequente, nel Delta, sentire infatti "raffiche" con colpi superiori ai tre partire dallo stesso fucile e si può facilmente comprendere quanto siano distruttive armi del genere! Esse, infatti, non danno scampo agli uccelli, già penalizzati dalle ampie "rosate" che i fucili con canna ad anima liscia e munizione spezzata possono fare (consentono anche a chi ha "poca mira" di andare facilmente a bersaglio); figurarsi quante più possibilità ha quel cacciatore che non può definirsi un cecchino, se sbagliando il primo colpo può rifarsi con il secondo, il terzo e l'ennesimo:...prima o poi lo prende quel povero uccello!

Altro fenomeno preoccupante è l'abbattimento di specie protette (13). E' molto difficile cogliere sul fatto dei bracconieri con specie protette nel loro carniere, vuoi perché, a causa della conformazione molto piatta del territorio agro-silvo-pastorale è possibile per i cacciatori di frodo scorgere da lontano l'arrivo dell'imbarcazione della vigilanza, vuoi perché, come già detto, essi vengono avvisati dalle radio-ricetrasmittenti del sopraggiungere di "intrusi". Essi fanno in tempo a liberarsi della presenza compromettente dell'animale protetto (sanno benissimo che l'abbattimento di specie protette è uno dei reati più gravi previsti dalla legge sulla caccia).

Nel corso dei vari servizi di vigilanza, però, una volta è capitato di trovare un cacciatore che aveva abbattuto una volpoca; in un'altra occasione, invece, un altro che aveva ucciso un chiurlo.

Nel corso di altri controlli, a carico di ignoti, è stato denunciato l'abbattimento di mignattini, pantane, gabbiani e cormorani. Questi ultimi vengono uccisi molto spesso, solo "per il gusto di farlo" e perché sono reputati uccelli ittiofagi che causano danni ai vallicoltori.

A riprova del fenomeno, inoltre, vi è il continuo rinvenimento di rapaci feriti che vengono consegnati alla sede del W.W.F. Rodigino.

visualizza foto un esemplare di pantana (una specie protetta) impallinata dai bracconieri

Questo aspetto, che ad una prima analisi potrebbe sembrare marginale, è in realtà più esteso di quanto questi episodi isolati possano far pensare. Lo si scoprì il 19.01.'97, quando, nel corso di un’imponente operazione alla quale parteciparono le guardie del W.W.F. della Sezione di Rovigo e della L.I.P.U. di Adria, unitamente ai Carabinieri di Porto Viro, al Comando Operativo del Corpo Forestale dello Stato di Padova ed alla Stazione del Corpo Forestale di Adria, venne scoperto un traffico nazionale di specie protette, il cui "collettore" era un bracconiere di Porto Viro, il quale fu anche arrestato in quella circostanza.

Venne infatti trovato in possesso di fucili da caccia, pur essendo privo della prescritta licenza; inoltre nella sua autovettura venne rinvenuta una carabina con cannocchiale e silenziatore (l'arma del bracconiere di professione), oltre a reti da uccellagione, un machete ed altre armi da taglio. La cosa più sorprendente, però, fu il deposito di animali protetti, pronti per essere imbalsamati e successivamente venduti, rinvenuti nell'enorme freezer della sua abitazione!

Ha veramente dell'incredibile quello che venne trovato: 373 animali da imbalsamare, tra cui anche mammiferi e ben 290 specie protette (per citarne solo alcune, le più eclatanti,: 5 aironi cenerini, 2 aironi bianchi maggiori, 5 aironi rossi, un'albanella reale, un allocco, 2 avocette, 2 beccacce di mare, 3 cavalieri d'Italia, 5 falchi cuculi, 8 gheppi, 7 gruccioni, 2 gufi comuni, 6 picchi rossi maggiori, 4 poiane, 10 sparvieri, un tarabuso, 4 upupe, uno zigolo di Lapponia, ecc., ecc.!); inoltre era in possesso di un catalogo fotografico con un campionario delle preparazioni tassidermiche che egli era in grado di preparare (il suo "biglietto da visita" per i suoi "clienti"!): vi erano persino delle aquile reali imbalsamate (14)!

I trofei di caccia hanno un mercato di appassionati disposti a sborsare dalle poche decine di migliaia di lire (per gli uccelli più piccoli), alle centinaia e forse più (per quelli più grandi e più rischiosi da imbalsamare). E' necessario precisare, inoltre, che nel Delta del Po Veneto non vi sono tassidermisti regolarmente in possesso di licenza, ma molti praticano tale disciplina in nero, privi delle prescritte autorizzazioni.

Dall'agendina telefonica trovata in possesso del bracconiere-tassidermista, dai numeri di telefono e dagli indirizzi dei fornitori in essa riportati (ovviamente non avrebbe potuto da solo avere abbattuto tutti quegli animali, anche perché alcuni non si trovano nel Delta), sono scattate altre perquisizioni in altri paesi del Delta e della Provincia di Rovigo ed inoltre in Emilia Romagna, Friuli, ecc., che hanno permesso di scoprire altri tassidermisti abusivi e di sequestrare ulteriori incredibili quantità di specie protette. Anche, questa storia, purtroppo, ha potuto mettere in evidenza il fatto che la caccia, nel Delta del Po Veneto è una fonte di reddito, illegittima, ma molto remunerativa.

Sono stati riscontrati anche casi di uso di esche avvelenate (15) e di abbattimento di cani da caccia non idonei all'uso venatorio (16).

Non meno grave degli altri aspetti del bracconaggio sinora esaminati è l'esercizio dell'attività venatoria nelle zone in cui essa è vietata da norme provinciali (oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura), regionali (parco naturale regionale del delta del Po) (17) o statali (riserve naturali delle bocche di Po). Tale consuetudine, che costituisce reato, spesso si accompagna alla sistematica rimozione delle tabelle perimetrali indicanti il divieto di caccia (che, quando non sono portate via, molto spesso i bracconieri usano per fare il "tiro al bersaglio") con conseguente commissione del reato di danneggiamento (18).

Molti milioni vengono così sprecati dalle varie amministrazioni che gestiscono le aree protette per ritabellare ogni volta le stesse aree. Il fenomeno è talmente frequente che si registrano casi di asportazioni totali di tabelle messe soltanto il giorno prima dagli organi preposti! Vengono rimosse sia in segno di "sfida" nei confronti delle istituzioni che vogliono loro ridurre il territorio di caccia (il tiro al bersaglio alle tabelle è emblematico di tale atteggiamento), sia perché, nel caso in cui vengano sorpresi ad esercitare l'attività venatoria in queste zone protette, possano addurre a scriminante del loro comportamento la mancanza delle stesse, in modo da invocare la scusante della loro buona fede in sede di processo penale.

Ad ogni modo, il rischio di essere sorpresi a rimuovere le tabelle è minimo, perché la loro sparizione avviene di solito di notte, in zone già di per se poco frequentate e poco vigilate dagli organi preposti.

Altro aspetto caratteristico, nel Delta del Po Veneto, è l'allestimento di appostamenti abusivi (19). Come detto in precedenza, gli appostamenti sono di proprietà della Provincia, che ne permette la costruzione previa richiesta delle previste autorizzazioni, essendo il territorio lagunare e vallivo del Delta del Po Veneto ricadente sotto il vincolo ambientale previsto dalla legge Galasso e sotto la competenza territoriale della Capitaneria di Porto di Chioggia.

Alcuni bracconieri, però, se ne costruiscono ex novo da soli, infischiandosene delle autorizzazioni e violando quindi le norme di legge che regolamentano la materia. Trattasi, naturalmente, anche in questo caso, di reati.