Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 3 Agosto 2002: <<ROVIGO. Nelle inquietanti informazioni di un messaggio elettronico di un esperto le motivazioni del maxi-blitz della Finanza di 10 giorni fa. Gli strani segreti del metano adriatico. Il sospetto degli inquirenti riguarda legittimità, conformità e veridicità di alcune concessioni ministeriali all’Eni>>

Rovigo

NOSTRO INVIATO

C'è una persona che conosce i misteri delle estrazioni di gas-metano da parte di Eni-Agip in fondo al mare. Che dispone delle copie di cartografie e di documenti riservati riguardanti i campi sfruttabili in Alto Adriatico. È una persona che maneggia con disinvoltura i computer, dimostra di essere ottimamente informato e sa districarsi tra archivi e materiale tecnico. Questo "mister X", che parrebbe animato dalla voglia di aiutare la magistratura impegnata da un anno ad indagare sulla subsidenza causata al largo del Delta di Po e del litorale che va da Venezia a Ravenna, è la miccia che ha innescato il maxi-blitz di una decina di giorni fa. Allora, la guardia di Finanza andò simultaneamente nelle sedi dell'Agip, dell'Eni, dei Ministeri dell'Ambiente e delle Attività Produttive, nonchè in alcuni enti statali che si occupano di concessioni minerarie e rilievi idrogeologici.

La notizia dei sequestri di camionate di documenti prese tutti di sorpresa. Perchè il Pm Manuela Fasolato , dopo aver ottenuto a giugno dal Tribunale di Rovigo il sequestro della piattaforma Naomi-Pandora con quattro pozzi e annessesea-lines, nonchè del giacimento Irma-Carola, aveva pensato di riordinare le carte in attesa delle perizie definitive degli esperti sui rischi di subsidenza. Ma alcune settimane fa è accaduto qualcosa che ha mutato l'iter dell'inchiesta, imprimendole una brusca accelerazione e aprendo uno squarcio inquietante.

In un giorno di fine giugno una E-mail è giunta nel sito elettronico di una delle associazioni di protezione ambientale di Rovigo che si occupano da anni della tutela del patrimonio faunistico e paesaggistico del Delta del Po e del Polesine. In prima linea troviamo sia il Wwf che Italia Nostra, indicata quale parte offesa (è assistita dall'avvocato Matteo Ceruti) nel procedimento penale che vede indagati, tra gli altri, l'amministratore delegato e il direttore generale dell'Eni, Vittorio Mincato e Stefano Cao (sono difesi dall'avvocato Federico Stella), i direttori generali del ministero dell'Ambiente e dell'Industria, Gennaro Visconti e Maria Rosa Vittadini, il direttore dell'Ufficio Nazionale Minerario Idrocarburi e Geoternia per l'Italia Settentrionale, Domenico Martino.

Il messaggio elettronico prometteva l'invio di documenti utili al magistrato e anticipava i contenuti della denuncia. Alcune cartografie contenute anche nelle pratiche per l'ottenimento delle concessioni ministeriali da parte dell'Eni risulterebbero truccate, ovvero difformi rispetto agli originali o allo stato effettivo dei giacimenti. Lo scopo poteva essere quello di aggirare il "decreto Ronchi" che poneva dei vincoli all'estrazione del gas-metano per tutto il golfo di Venezia e fino al parallelo che passa per il Po di Goro (a sud, ovvero in Emilia Romagna, lo sfruttamento era invece possibile). Oppure quello di mascherare deviazioni di percorso nel pescaggio del gas-metano, così da raggiungere - sotto il mare - zone protette o interdette.

Il sospetto era piuttosto pesante, visto che le modifiche sarebbero intervenute dopo l'apertura dell'inchiesta. Ma la denuncia rimaneva sul vago per quanto riguardava la responsabilità di tali interventi (Eni o ministeri?). Chi scriveva dimostrava però di essere piuttosto addentro nei segreti del gas-metano e di essere in possesso di notizie di prima mano. Una "gola profonda" o solo un mitomane? L'interrogativo ha trovato una prima, parziale risposta, alcuni giorni dopo l'arrivo della prima E-mail. Ecco recapitare allo stesso indirizzo un dischetto elettronico contenente una serie di documenti, cartografie, rilievi sottomarini, planimetrie, mappe geologiche, forse anche atti degli iter burocratici. Era la prova che la persona non stava bluffando.

In calce al primo messaggio c'è anche la firma, ovvero il nome e cognome del mittente. La Finanza ha probabilmente effettuato qualche controllo preliminare sull'effettiva esistenza di quella persona e del sito da cui era stata spedita la E-letter. Poi una relazione è finita sul tavolo del pubblico ministero che così ha dato ordine di partire con i sequestri.

In questo strana, ma promettente denuncia (altrimenti sarebbe stata cestinata per infondatezza), gli aspetti da verificare sono almeno quattro. Innanzitutto l'identità di chi ha inviato i documenti, ovvero la reale esistenza di un soggetto a conoscenza di particolari inediti (se individuato verrà interrogato come persona informata sui fatti). In secondo luogo l'effettiva corrispondenza dei documenti con quelli che si trovavano, prima del sequestro, negli archivi di Eni-Agip, dei due ministeri e dell'Unmig. In terzo luogo l'esistenza delle supposte manomissioni. In quarto luogo la ricerca di chi potrebbe averle ordinate od eseguite, o meglio potrebbe avervi tratto vantaggio. Un lavoro impegnativo. Infatti il magistrato si è affrettato ad assegnare perizie per la verifica di tutto il materiale, sia quello arrivato via E-mail, sia quello acquisito con gli ordini di esibizione. Saranno gli esperti a dire, tra qualche mese, se la denuncia ha colpito nel segno. Per il momento si può dire che è stata presa molto sul serio.

Il sospetto che qualcosa non quadrasse nelle carte riguardanti le concessioni Naomi-Pandora e Irma-Carola era già balenato nell'inchiesta. Basta leggere quello che ha scritto il Pm Fasolato quando in primavera ha inviato dodici avvisi di garanzia per disastro doloso, inondazione, danneggiamento, deturpamento ambientale e di aree soggette a tutela paesaggistica. Al punto 15 delle motivaioni, il magistrato scriveva: «Le isobate (linee che nelle carte nautiche uniscono punti di pari profondità, ndr) del giacimento Irma-Carola allegate al decreto 16 novembre 2000 del Ministero dell'Industria erano diverse da quelle reali, acquisite presso l'Agip dalla Procura, dalle quali si evinceva un altro sviluppo tangente al parallelo del ramo di Goro del fiume Po». Il decreto ministeriale costituiva la concessione all'Eni per lo sfruttamento. Un atto importante, su cui si allunga ora un inedito sospetto.