Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 4 Febbraio 2003: <<RISCHIO SUBSIDENZA. La Cassazione ha confermato il provvedimento chiesto dal pm Fasolato. Piattaforma Eni sequestrata. I carabinieri metteranno i sigilli alla Naomi-Pandora in attività dal luglio del 2000>>

La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dall'Eni confermando il sequestro preventivo della Naomi-Pandora, la piattaforma per l'estrazione di gas che si trova undici miglia al largo delle coste del Polesine. Secondo i giudici di Roma, è valida la tesi del pubblico ministero Manuela Fasolato secondo la quale esiste il concreto pericolo che lo sfruttamento del giacimento possa provocare la sbusidenza. Tra oggi o domani, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Venezia raggiungeranno in elicottero la piattaforma dell'Eni per porre i sigilli ai quattro pozzi che dopo oltre due anni dovranno interrompere l'attività. La Cassazione ha poi preso atto della rinuncia da parte dell'Ente nazionale idrocarburi a sfruttare il giacimento Irma-Carola. Entro questa settimana, il professor Federico Stella, che assiste l'amministratore delegato dell'Eni Vittorio Mincato, chiederà un incontro con il pubblico ministero Fasolato.

Sono cinque le ipotesi di reato contestate

Disastro doloso ; tentativo di inondazione; danneggiamento aggravato. Il quarto reato è in realtà una contravvenzione alla legge che punisce le "modifiche permanenti non autorizzate dell'assetto del territorio sottoposto a vincolo paesaggistico e idrogeologico" di diversa natura. Infine, il reato di "distruzione o deturpamento di bellezze naturali".

L'inchiesta ha preso avvio nel febbraio del 2001

È il 21 febbraio del 2001 quando i carabinieri del Nucleo operativo radiomobile di Rovigo acquisiscono le prime documentazioni sulle estrazioni di gas metano nell'Adriatico e sul pericolo che ciò provochi il fenomeno della subsidenza. I militari dell'Arma perquisiscono gli uffici dell'Amministrazione provinciale dei Comuni del Basso Polesine.

L'indagato eccellente: Mincato, numero 1 Eni

L'inchiesta coordinata dal pubblico ministero Fasolato ha portato all'iscrizione sul registro degli indagati del dottor Vittorio Mincato, amministratore delegato dell'Ente nazionale idrocarburi. Il numero 1 dell'Eni è già stato interrogato dal pm rodigino. Nei prossimi giorni il suo legale, il professor Federico Stella, ritornerà in Procura a Rovigo.

Per la Cassazione il rischio d'inondazione è reale. Sono state ritenute fondate le conclusioni dei consulenti della Procura. Tra breve l’Eni chiederà un incontro

La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dall'Eni confermando il sequestro preventivo della Naomi-Pandora, la piattaforma per l'estrazione di gas che si trova undici miglia al largo delle coste del Polesine. Secondo i giudici di Roma, è valida la tesi del pubblico ministero Manuela Fasolato secondo la quale esiste il concreto pericolo che lo sfruttamento del giacimento possa provocare la sbusidenza. Tra oggi o domani, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Venezia raggiungeranno in elicottero la piattaforma dell'Eni per porre i sigilli ai quattro pozzi che dopo oltre due anni dovranno interrompere l'attività. La Cassazione ha poi preso atto della rinuncia da parte dell'Ente nazionale idrocarburi a sfruttare il giacimento Irma-Carola. Entro questa settimana, il professor Federico Stella, che assiste l'amministratore delegato dell'Eni Vittorio Mincato, chiederà un incontro con il pubblico ministero Fasolato.

L'INCHIESTA - L'inchiesta ha preso avvio all'inizio del 2001. La mattina del 21 febbraio, i carabinieri del Nucleo operativo radiomobile di Rovigo si presentarono negli uffici della Provincia e nei municipi dei Comuni del Bassopolesine per acquisire le prime documentazioni sulla subsidenza.

GLI INDAGATI - Sono cinque gli uomini Eni coinvolti: l'amministratore delegato Vittorio Mincato e il direttore generale Stefano Cao, Guglielmo Moscato, presidente del consiglio di amministrazione Agip Petroli dal 30 maggio '96 al 31 dicembre '98; Innocenzo Titone, procuratore di Agip dal 31 gennaio '97; l'ingegnere Giancarlo Dossena, responsabile dello studio di impatto ambientale presentato dall'Eni per ottenere le concessioni allo sfruttamento dei campi "Naomi-Pandora" e "Irma-Carola" tramite installazione di piattaforme e trivellazioni. Sul versante delle concessioni da parte dello Stato c'è il coinvolgimento di Gennaro Visconti, direttore generale del settore energia e risorse minerarie del ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, che firmò il decreto del 16 novembre 2000 con cui fu concesso all'Eni lo sfruttamento; Domenico Martino, direttore dell'Ufficio nazionale minerario idrocarburi e geotermia per l'Italia Settentrionale; Maria Rosa Vittadini, direttore generale del ministero dell'Ambiente (Servizio valutazione impatto ambientale); Willy Bocola, Carlo De Magistris, Sergio Malcevschi e V. Amodio, componenti del gruppo istruttore della Commissione per la valutazione degli impatti ambientali (V.i.a.) che nel 2000 emise il parere sul progetto di coltivazione dei campi di idrocarburi.

I REATI CONTESTATI - Sono cinque, dal "disastro doloso" al tentativo di inondazione.

LE REAZIONI. Ente Parco, Italia Nostra e sindaci di Ariano e Rosolina: per tutti è una grande vittoria

Accolta come una vittoria.

La decisione di mettere i sigilli alla Naomi Pandora, la piattaforma dell'Eni per l'estrazione del gas a undici miglia al largo delle coste del Polesine, vanno a confermare posizioni ribadite da più fronti.

«È una cosa che noi diciamo da sempre, in questa vicenda siamo anche coinvolti come parte civile. Quanto deciso dalla Cassazione è per noi un dato enormemente positivo» commentaDimer Manzolli presidente dell'Ente Parco Delta del Po. «Le estrazioni hanno rubato al Polesine metri di terreno, le nostre aree si sono abbassate. Un fenomeno grave che in alcune zone ha raggiunto i sette-otto metri. Il tutto è iniziato negli anni '60 quando nel nostro territorio sono iniziate le grandi estrazioni. Prima si diceva che avrebbero proceduto con iniezioni di acqua per evitare il fenomeno della subsidenza, non so se queste siano state fatte, in ogni caso i danni al territorio ormai sono visibili. Porto Tolle in passato aveva fatto anche un manifesto contro le estrazioni suonava più o meno così: "noi abbiamo già dato". Quindi che dire: a noi le estrazioni non interessano, se non ci sono ci può solo andare bene».

Una decisione che conferma come la Procura di Rovigo abbia intrapreso la strada giusta perMatteo Ceruti, consigliere della sezione di Rovigo di Italia Nostra, e difensore di Wwf e Italia Nostra come persone offese nel procedimento penale. «Non ho ancora visto il pronunciamento della Cassazione - precisa l'avvocato Ceruti - il sequestro dà comunque impulso all'attività della Procura di Rovigo. Le motivazioni e il pregiudizio di danno ambientale costituiscono una spinta forte al proseguimento dell'indagine. Questo dimostra la fondatezza dell'imputazione sulla subsidenza e sui danni ambientali. È quindi una grande vittoria per la Procura di Rovigo che ormai rappresenta l'ultimo baluardo a difesa di questo territorio assalito dai grossi gruppi industriali».

Soddisfatti anche i sindaci di Ariano e Rosolina.

«Siamo preoccupati per una decisione così clamorosa - diceFabio Biolcati, sindaco di Ariano - va ad avvalorare una convinzione che noi sosteniamo da tempo, questo significa che il pericolo è effettivo. Ben venga comunque la decisione della Cassazione affinché si faccia finalmente chiarezza su questa vicenda. Da tempo da più parti si sostiene che le estrazioni in Alto Adriatico devono essere bloccate. Nel '95 si parlava di fare perforazioni anche a San Basilio per vedere se c'era metano. Sappiamo che il metano c'è e ci siamo opposti. Lì le estrazioni non sono state fatte, ma si sono spostati in mare».

Sulla stessa linea ancheLuciano Mengoli, sindaco di Rosolina. «Limitare le estrazioni di metano nel nostro territorio ci darebbe un enorme sollievo - commenta - abbiamo grande cura per la salvaguardia dell'ambiente e soprattutto delle coste che sono soggette ad erosione e dimostrano di essere già in parte fortemente compromesse. Da un punto di vista tecnico la questione va sicuramente approfondita, ma pur non essendo esperti del fenomeno siamo sempre stati contrari alle estrazioni perché gli effetti sul territorio sono evidenti. La decisone di mettere i sigilli alla piattaforma sta quindi dando ragione alle posizioni da noi sostenute».

Il pubblico ministero Manuela Fasolato

È la dottoressa Manuela Fasolato, sostituto procuratore di Rovigo, ad avere avviato e a condurre l'inchiesta sulle estrazioni di gas metano in Adriatico. Quarantaquattro anni, sposata, sta conducendo anche un'altra importante inchiesta sul fronte dell'ambiente: è quella legata all'attività della centrale termoelettrica Enel di Polesine Camerini.