Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<INCHIESTA.Il pm Manuela Fasolato ha chiesto il sequestro preventivo di due piattaforme. Le parti offese sono ben diciotto enti pubblici. Indagati il presidente e il direttore dell'Eni. Anche i vertici dell’Agip, funzionari ministeriali e illustri professionisti sono stati raggiunti dagli avvisi di garanzia.>>

I vertici di Eni ed Agip indagati insieme a funzionari ministeriali e illustri professionisti, 12 persone in tutto; la richiesta di sequestro preventivo di una piattaforma per l'estrazione di metano e di un'altra coltivazione collegata alla costruzione di un secondo impianto; 18 enti "offesi", tra ministeri, regioni, province, comuni, associazioni ambientalistiche; la consulenza di due illustri cattedratici padovani; un secondo filone d'inchiesta che riguarda l'intero progetto "Alto Adriatico" che coinvolge anche Venezia. È l'inchiesta curata dal sostituto procuratore Manuela Fasolato e che viene a scuotere l'intero comparto energetico nazionale, nonchè ad interessare le province di Venezia, Ferrara, Ravenna e soprattutto Rovigo per il drammatico fenomeno della subsidenza, ossia l'irreversibile abbassamento del suolo.

L'indagine scuote i vertici dell'Eni con indagati l'amministratore delegato Vittorio Mincato e il direttore generale Stefano Cao, quelli dell'Agip con il presidente del Consiglio d'ammministrazione dal 30 maggio 1995 al 31 dicembre 1998 Guglielmo Moscato e il procuratore dal 31 gennaio 1997 Innocenzo Titone. Inoltre ci sono G. Dossena, responsabile dello studio di impatto ambientale presentato dall'Eni Spa per lo sviluppo dei "campi" Naomi-Pandora e Irma-Carola al largo del Delta; Gennaro Visconti, capo della Direzione generale energia e risorse minerarie del Ministero dell'Industria; Domenico Martino, direttore dell'Unmig (Ufficio nazionale minerario idrocarburi e geotermia dell'Italia settentrionale); nonchè Willy Boccola, Carlo De Magistris, Sergio Malcevischi, V. Amodio e Maria Rosa Vittadini, i primi quattro componenti del Gruppo istruttore della Commissione per la valutazione degli impianti ambientali e la donna Direttore generale del Ministero dell'Ambiente e presidente della Commissione che l'1 giugno 2000 ha fornito il parere positivo per il progetto di coltivazione degli idrocarburi.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<Il Pm vuole sequestrare le due piattaforme. Si trovano al largo della foce del Po di Goro. Richiesta respinta dal gip. Il 23 maggio verrà esaminato l’appello della Procura>>

Concorso in disastro doloso; in tentata inondazione; in tentato danneggiamento di persone, edifici pubblici, opere destinate all'irrigazione, piante; distruzione o deturpamento di bellezze naturali; violazione delle norme che tutelano il territorio soggetto a vincolo naturale e paesaggistico.

Sono i reati per i quali sono indagati i vertici dell'Eni, dell'Agip, i funzionari ministeriali e i componenti la Commissione che ha dato il parere favorevole per la coltivazione dei giacimenti e l'estrazione del metano con i pozzi Naomi-Pandora e Irma Carola.

L'INCHIESTA - L'indagine del sostituto procuratore Manuela Fasolato è stata aperta su iniziativa dello stesso magistrato rodigino nel marzo dello scorso anno. Da allora sono stati numerosi i sequestri di materiale operati dai Carabinieri del Nucleo operativo ecologico. Una "montagna" di documenti acquisiti all'Eni, all'Agip e nei ministeri dell'Industria e dell'ambiente.

I GIACIMENTI - Naomi-Pandora (costruiti 3 dei 4 pozzi deviati previsti) si trova a 35 chilometri dalle coste del Delta, già attivo, è collegato con una conduttura sottomarina alla raffinerie di Casalborsetti, nel Ravennate. Irma-Carola, situato a 20 chilometri dalla costa, esiste come giacimento, ma non sono ancora stati realizzati i due pozzi per l'estrazione del metano (bastano un paio di mesi) e tantomeno il collegamento con Naomi-Pandora per sfruttare la stessa conduttura. La costruzione è prevista entro il 2002. I giacimenti si estendono per centinaia di chilometri quadrati e le perforazioni avvengono tra i 2668 e i 1580 metri di profondità.

LE PERIZIE - Il sostituto Fasolato si è affidato alle perizie dei professori Ricceri e Schleffer di Padova che hanno analizzato i documenti sequestrati e chiesto l'acquisizione di altri documenti all'Eni. Hanno rilevato che le isobate (le linee che congiungono punti aventi la stessa profondità) dei giacimenti indicate dall'ente sono più ampie rispetto a quelle depositate ai ministeri. Quella di Irma Pandora è tangente con il parallelo del Po di Goro, il limite stabilito dal decreto Ronchi del '99 (estrazioni ad oltre 12 miglia dalla costa) frutto dell'intesa tra ministero dell'Ambiente e Regione Veneto. Il rodigino ingegner Mario Zambon è invece il prezioso consulente del pubblico ministero.

SUBSIDENZA - L'esito di periziee consulenze ha posto in evidenza i rischi per il territorio conseguenti all'estrazione del metano. L'abbassamento irreversibile del territorio, come già avvenuto nel Ferrarese e nel Ravennate (estrazioni nei pressi del Lido di Classe) dove è evidente l'erosione delle spiagge e il collassamento. Il pericolo subsidenza per il Delta è stato sottolineato in modo inequivocabile considerando che, anche se le estrazioni avvengono oltre le 12 miglia, i giacimenti di metano si estendono verso la costa.

IL 1951 - Il pm Fasolato ha rilevato che l'alluvione del '51 avvenne per eventi atmosferi eccezionali, ma contribuì notevolemente la subsisdenza causata dall'estrazione del metano in vari punti del Polesine.

I SEQUESTRI - Sulla base dell'esito delle consulenze la dottoressa Fasolato ha chiesto, spiegandolo in 50 pagine, il sequestro preventivo a titolo cautelare di Naomi-Pandora e Irma-Carola. La richiesta è stata respinta dal gip Oggioni che, senza entrare nel merito del pericolo subsidenza, ha rilevato la mancanza di dolo nell'operato degli indagati, ossia che avrebbero agito non rendendosi conto di cagionare questi danni. La Procura si è appellata e il 23 maggio decideranno i giudici del Tribunale.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<LA PROVINCIA Saccardin: «Accolta la nostra segnalazione»>>

«Avevamo presentato il ricorso al Tar del Lazio circa un anno fa, ma non sapevamo nulla sugli sviluppi dell'indagine». Federico Saccardin, presidente della Provincia, assicura che la clamorosa svolta sull'inchiesta lo ha colto quasi di sorpresa. «Ho appreso solo adesso quanto sta accadendo - dice il presidente Saccardin - ma in questo momento mi pare di capire che la magistratura sostenga quelle che sono sempre state le nostre segnalazioni e le richieste del territorio».

Su quale base avete presentato il ricorso al Tar?

«La delibera ministeriale si basa su valutazioni che non tengono minimamente conto del territorio. Su un progetto che interessa questa parte del Veneto, l'amministrazione regionale e l'amministrazione provinciale non sono state minimamente consultate. Ecco perchè riteniamo quel provvedimento del tutto illegittimo e stiamo anche attendendo la fissazione dell'udienza».

Che problemi potrebbero esserci per il territorio?

«Quel documento è sbagliato, anche se in passato è stato appoggiato dal governo di centrosinistra. Dal punto di vista ambientale c'è poi da ricordare che il Polesine è una zona a rischio, secondo me i pericoli di subsidenza possono esserci anche se vengono rispettati i limiti. Insomma, siamo preoccupati anche se le estrazioni vengono effettuate a ridosso del confine. Non abbiamo certo avuto problemi a schierarci contro quella delibera anche se proveniva da una maggioranza di centrosinistra come la nostra».

Per essere precisi da un ex ministro, Enrico Letta, che fa parte del suo stesso partito, la Margherita.

«Il documento è stato firmato da un funzionario, l'ex ministro aveva ascoltato le nostre perplessità e si era formalmente impegnato ad intervenire. Poi il governo è cambiato».

A questo punto come si può risolvere questa vicenda?

«La giunta e il consiglio provinciale si sono schierati contro le estrazioni in Alto Adriatico. Su questo specifico problema energetico serve una valutazione complessiva anche per garantire la sicurezza del territorio. Il centrosinistra da tempo ha presentato una proposta anche contro la legge Obiettivo del Governo nella quale è contenuto il progetto delle estrazioni».

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<Fabio Biolcati : «Tentarono di perforare a San Basilio» >>

Fabio Biolcati, sindaco di Ariano. «Premetto che, al momento, è difficile valutare lo stato dell'inchiesta e quindi non è possibile esprimere una valutazione dettagliata di quanto sta avvenendo. Quando è giunta la documentazione, l'ho collegata ad alcuni avvenimenti legati al passato, all'azione del Comune di Ariano che approvò l'ordine del giorno contro le estrazioni, poi ripreso in Provincia, anche per il tentativo dell'Eni-Agip di effettuare perforazioni nella zona di San Basilio. In quel periodo, giunsero i carabinieri per acquisire la documentazione in nostro possesso e ritengo ci fossero le medesime preoccupazioni di tutela del territorio a fronte di un'ipotesi d'intervento per la ricerca di idrocarburi. Ritengo che l'iniziativa della Procura sia molto importante perchè tocca i cosiddetti "poteri forti" e mi auguro possa fare completa luce sulla vicenda e sui pericoli per il nostro territorio. I magistrati, infatti, mi sembra che abbiano rilevato come, di fronte alla mancanza di certezze e all'assenza di dati scientifici credibili secondo cui le estrazioni in Alto Adriatico non sarebbero un problema, accanto alla considerazione degli avvenuti abbassamenti del territorio nel passato che hanno prodotto disastri, non sia il caso di correre alcun rischio anche per la fragilità del nostro sistema costiero».

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<Doriano Mancin: «Da sempre contrari» >>

Questo il pensiero di Doriano Mancin, sindaco di Porto Viro: «Non voglio inserirmi nell'operato della Magistratura. Ribadisco però che, essendo Porto Viro un Comune rivierasco, la mia Amministrazione, cosciente dei pericoli derivanti da tale operazione di estrazione di metano in Adriatico, pericoli supportati da negatività ancora ben visibili sul nostro territorio nonostante il notevole tempo trascorso, dopo aver sentito i pareri di vari esperti, quali i geologi, non ha mai avuto alcun dubbio sulla sua posizione. Noi siamo nettamente e decisamente contrari a qualsiasi forma di estrazione di metano in alto Adriatico. Spetterà pertanto agli organi preposti, trovare le fonti energetiche alternative a questa. Certo però, che il gas metano è una energia pulita, a basso costo, non inquinante e di cui facciamo già uso nelle nostre abitazioni, nell'industria e nelle attività produttive. La conclusione del mio discorso, infine, si può riassumere nello slogan: "Metano sì, estrazioni nell'Adriatico no!". Desidero infine ricordare che il Consiglio comunale, nella seduta del 28 febbraio 2000, aveva già approvato un ordine del giorno in cui, fra l'altro, si diceva che lo stesso "esprime la più decisa contrarietà al progetto dell'Agip di estrazione di gas metano in Adriatico"».

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<Adriano Mischiatti: «Iniziativa opportuna»>>

«Ho appreso con enorme piacere dal Gazzettino - dichiara il sindaco di Taglio di Po Adriano Mischiatti - dell'iniziativa del Pm Manuela Fasolato riguardo le estrazioni di metano in Alto Adriatico. L'invio degli avvisi di garanzia di cui si menziona, essendo ben nota la professionalità e serietà del citato magistrato, induce a pensare che gli elementi a disposizione siano seri e sostanziosi. In varie sedi e occasioni i sindaci dei Comuni interessati, la Regione, i sindacati e associazioni di categoria hanno espresso in modo fermo il "no" alle estrazioni di metano in Alto Adriatico. Sono confortato, in questa perentoria presa di posizione, dai fenomeni di subsidenza attualmente ancora in atto nel ravennate e dal ricordo tutt'ora vivo della catastrofiche conseguenze che l'estrazione del metano nel Delta, particolarmente tra il 1950 e il 1961, hanno prodotto. Certamente le disastrose alluvioni subite, la depressione demografica, l'emorragia di denaro pubblico per l'edificazione di poderose arginature per proteggere i territori, non sono estranee all'abbassamento del suolo prodotto da quelle estrazioni, tanto che è lecito pensare se non sia opportuno che la Procura della Repubblica di Rovigo rivolga la sua attenzione anche a questi fatti. Pertanto, l'iniziativa della Procura della Repubblica, quanto mai opportuna e tempestiva, merita il nostro ringraziamento e attendiamo con la più totale fiducia esiti positivi di questa indagine".

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<GLI SVILUPPI. Da Venezia a Ravenna, interessi enormi>>

Da Ravenna a Venezia. L'inchiesta del sostituto Fasolato interessa gran parte dell'Alto Adriatico e non per nulla un filone riguarda il Decreto legge "Progetto di sviluppo Alto Adriatico" approvante il progetto Eni-Agip, British gas ed Edison gas che il 3 dicembre 1999 ha dato il via allo sfruttamento di 14 su 15 giacimenti nella striscia di mare compresa tra i paralleli passanti per le foci del Tagliamento e le foci del Po di Goro, davanti la Laguna di Venezia ed al Delta del fiume Po.

Una vastissima zona, con il Ravennate che ha già conosciuto il grave fenomeno della subsidenza (abbassamento del centro storico di Ravenna e del litorale antistante risulta oggi di oltre 1,5 metri); il Ferrarese già sconvolto, ed interessa il Delta del Po, il litorale chioggiotto e Venezia. La dottoressa Fasolato ha disposto una consulenza sul progetto dello Studio Gambolati, ma l'esito della perizia non è ancora stato depositato.

I due filoni, giacimenti al largo di Scardovari e "Progetto Alto Adriatico", e pure l'inchiesta sul Terminal gasiero al largo di Porto Levante, toccano i grandi interessi economici legati allo sfruttamento delle risorse energetiche condotto con giacimenti, pozzi per l'estrazione, terminal, gasdotti, il tutto in barba alle esigenze di salvaguardare il territorio e la popolazione. Una linea che soventemente ha trovato impulso in mezzo a decisioni opposte, come l'esito della Commissione per il Via che 7 dicembre 1999 si oppose alle estrazioni e quello della stessa Commissione (identico presidente Maria Rosa Vittadini) che l'1 giugno 2000 si pronunciò favorevolmente.

Interessi enormi che l'inchiesta cerca di portare allo scoperto, come enorme è l'impatto ambientale delle perforazioni. Le parti offese sono i ministeri dell'ambiente, dell'economia e delle finanze e dell'industria, le regioni Veneto ed Emilia Romagna, le province di Ravenna, Ferrara, Rovigo e Venezia, i comuni di Rovigo, Taglio di Po, Porto Tolle, Rosolina, Ariano Polesine e Porto Viro, l'Ente parco regionale Delta del Po, Italia Nostra e il gruppo nazionale per la difesa dalla catastrofi idrogeologiche che fa capo al Cnr.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<IL PARERE DELL’ESPERTO. Zambon: «L'Eni ha cercato di aggirare i vincoli del Decreto Ronchi» >>

Il professor Mario Zambon, da sempre si è battuto per evidenziare i gravi rischi cui il Delta del Po, Chioggia e Venezia verrebbero sottoposti qualora l'Eni sfruttasse i giacimenti marini.«La situazione di pericolo -commenta il professionista rodigino - era nota da molti anni, ma i politici non erano arrivati a risolvere la questione, quindi ora l'iniziativa della Magistratura si inserisce in spazi lasciati liberi dai livelli politico-amministrativi».

«Non c'è ombra di dubbio -prosegue - che autorizzare il progetto di estrazione di metano dal mare sia un'autentica follia: basterebbe pensare a quanto è successo nel Ravennate. Il problema doveva essere risolto facilmente, specie di fronte a danni di un'evidenza solare come questi».

L'indagine della Magistratura nasce dalla concessione al largo di Scardovari.«Nasce lì, ma è ora estesa a tutto l'Alto Adriatico. Quella del 2000 è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In effetti, la situazione qui è meno grave rispetto a quella che viene prodotta dalla coltivazione di quindici giacimenti. Sono tanti davvero. Pensiamo alla somma degli effetti prodotti dal loro sfruttamento».

Rischia di mandare all'aria un affare multimiliardario...«L'entità dei giacimenti la conosce solo l'Agip. Certe verità le conoscono solo loro...».

«C'è un particolare piuttosto curioso -continua Zambon -. I 400 kmq di concessioni all'Eni toccano il parallelo del Po di Goro, a nord del quale esiste la disciplina del Decreto Ronchi. Il Decreto pone diverse limitazioni e cautele per cui l'Eni ha preferito, per la prima fase, evitare di insistere con gli interventi oltre le 12 miglia marittime davanti alle coste venete, ed ha chiesto il rinnovo delle concessioni immediatamente a sud dove non c'è una disciplina così rigida. Lì basta soltanto la decisione del Ministero dell'Industria per effettuare lo sfruttamento. In sostanza è un modo per aggirare il Decreto Ronchi, un atto di arroganza di fronte a un atteggiamento contrario delle amministrazioni pubbliche. L'Eni adesso estrae il gas dal giacimento ed è pronta a farlo successivamente in tutto l'Alto Adriatico».

L'intervento della Magistratura può favorire una diversa presa di coscienza da parte dei politici? «Conoscendo il potere e la spregiudicatezza dei Eni ed Agip non si può in ogni caso ritenere così semplice giungere a una definizione del problema. Non mi stupisce che questo avvenga. Succede sempre quando esistono aziende così potenti che, per raggiungere un risultato economico mettono da parte i diritti del cittadino. Sono uno Stato nello Stato. Finiscono loro per fare la politica vera, concreta. Gli altri, politici compresi, spesso si sottomettono».

Che cosa ci si può attendere? «È stato molto negativo che la legge Sarto non sia passata nella precedente legislatura. Ma gli stessi proponenti hanno rilevato un vizio di origine: la mancata separazione dell'Alto Adriatico dalla zona di Ravenna. Si sono trovati contro dei parlamentari contattati dall'Eni che già agisce a pieno regime nel Ravennate. Ritengo che l'iniziativa del senatore Turroni, che ha trovato l'assenso dell'intera commissione ambiente, possa produrre risultati positivi, tentando di separare le due questioni».

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<Luciano Mengoli: «Puntare sul turismo»>>

In relazione alla notizia degli avvisi di garanzia, inviati in relazione alle estrazioni metanifere in Alto Adriatico, il sindaco di Rosolina, Luciano Mengoli, così commenta: "Non conosco i termini dell'avviso di garanzia, non vi sono coinvolto; ho appreso dai giornali che vi sono indagati dei dirigenti sia dell'Eni, che dei Ministeri dell'Industria e dell'Ambiente, per questioni relative all'impatto ambientale, che sarebbe originato dalle coltivazioni di idrocarburi in Alto Adriatico. Voglio però affermare che la mia amministrazione ha sempre espresso opinione contraria alle estrazioni metanifere. E' evidente - continua - che se tali estrazioni provocassero danni per la possibile subsidenza, nonchè danni alle coste, noi siamo dalla parte del Magistrato, alle cui decisioni ci rimettiamo. Voglio però ribadire che, sempre, l'amministrazione comunale di Rosolina si è espressa contro le estrazioni metanifere in Alto Adriatico, anche in consiglio comunale, come pure si è espressa contro l'inquinamento della centrale Enel di Porto Tolle, il terminal gasiero dell'Edison e contro tutte le iniziative che depauperano e deturpano l'ambiente. Il mio Comune ha un grande interesse verso lo sviluppo del turismo, e, conseguentemente, verso un corretto utilizzo del territorio».

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<I PERICOLI DI NAOMI E IRMA. Ignoti sviluppo e direzione delle perforazioni. La subsidenza indotta ricade in zone "vietate">>

I giacimenti hanno quasi sempre accattivanti nomi femminili. Il campo Irma-Carola è a circa 20 km dalla costa in un fondale di 32 metri; il campo Naomi-Pandora è a 30-35 km dalla costa in un fondale di 36 metri. Figurano immediatamente a sud del parallelo della foce del Po di Goro, quindi fuori dall'area tutelata dal Decreto Ronchi ma, secondo l'accusa, le attività di sviluppo e coltivazione comportano subsidenza sia al di fuori che entro le 12 miglia nautiche dalla linea di costa del tratto di mare compreso tra il parallelo passante alla foce del Tagliamento e quello passante alla foce del Po di Goro, nonchè nelle zone costiere, nel Delta, tutelato a Parco. Tra l'altro, i pozzi sono "deviati", per cui l'angolo d'incidenza non è noto e non è stato possibile individuare l'effettivo sviluppo delle perforazioni.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 8 Maggio 2002: <<MANZOLLI (PARCO DEL DELTA). "L'attività prevista dall'Eni è contraria alle finalità dell'ente: tutela e valorizzazione dell'ambiente">>

«L'Ente Parco del Delta è sempre stato seriamente preoccupato dalle iniziative dell'Eni-Agip sulle estrazioni di metano in Alto Adriatico per i gravi rischi di subsidenza del territorio. Una posizione logica legata alle finalità istituzionali dell'Ente: tutela, salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente. Nel procedimento siamo parte offesa e già nella riunione odierna affronteremo il problema. Ci auguriamo che l'intervento della Magistratura possa far accelerare l'iter delle proposte di legge tendenti a impedire sotto qualsiasi forma lo sfruttamento dei giacimenti off shore in quanto la fragilità del territorio non può consentire neppure il minimo rischio di subsidenza, così come più volte ribadito dalla Regione Veneto, dalla Provincia e dai Comuni del Delta, di Chioggia e di Venezia».