Da "La Repubblica" di venerdì 11 ottobre 2002 (pagina 28,articolo di Di Giovanni Valentini) : <<STORIE DEL MALPAESE. Il business del camping fantasma sopra la montagna dei rifiuti. Porto Tolle, il Comune ha già approvato il progetto. Ma c'è chi teme che il villaggio sia un "cavallo di Troia". Molti si domandano che tipo di turisti, e dovrebbero essere almeno diecimila, sceglierà questa zona del Delta del Po come meta delle vacanze. Il sindaco spiega così: "La vista da lassù è davvero unica". Nel caso in cui la società che propone il piano non realizzasse l'opera dovrebbe pagare una penale ridicola. E se al posto del villaggio creasse una discarica il giro d'affari sarebbe di 400 milioni di euro>>

Conoscete qualcuno, amante del campeggio, della natura e dell'aria aperta, che sarebbe disposto a trascorrere le vacanze su una montagna di rifiuti? In questo caso potete segnalare il nominativo, l'indirizzo ed eventualmente il numero di telefono, al gruppo Pagnan di Padova. E' suo, infatti, con le ditte Isa Spa e Aurora Spa, il progetto per il centro turistico "Tenuta Forti" che dovrebbe sorgere nel Delta del Po, una delle più importanti zone umide d'Europa sottoposta a vincolo paesaggistico, per allestire un camping da diecimila posti, più i relativi servizi, le strutture sportive e perfino una teleferica che collegherebbe il villaggio con il vicino "scanno, una delle lingue di terra instabile che separano il Polesine dal mare aperto.

Se il progetto venisse approvato, non sarà facile però convincere il popolo dei campeggiatori. E' vero che le vacanze avventurose sono diventate ormai di moda. Ma l'idea di passarle proprio sull'immondizia, con il rischio di trovare terreno e acqua inquinati o di respirare  i miasmi, non è particolarmente attraente. Sarebbe un nuovo genere di turismo masochista.

Qualora il villaggio invece non dovesse essere realizzato, il gruppo Pagnan non ne riceverà comunque un grande danno: la convenzione con il Comune di Porto Tolle prevede una penale di appena 200.000 euro. In compenso, l'azienda padovana potrà consolarsi ampiamente con il businnes dei rifiuti:  l'introito stimato da Italia Nostra ammonta a circa 400 milioni di euro, 20 centesimi al chilo, pari  un totale di 800 miliardi di vecchie lire.

Qui si tratta, infatti, di rifiuti speciali: e cioè scorie di cartiere, acciaierie e fonderie, fanghi di perforazione e altro materiale vario. Non sono rifiuti pericolosi. Ma occorre pur sempre una discarica per raccoglierli e smaltirli adeguatamente. E nel sito in questione, dov'è previsto il campeggio, c'è spazio per due milioni di tonnellate che copriranno 20 ettari di terreno al confine del Parco, un'estensione equivalente a 40 campi di calcio: si riempirà il buco per uno strato complessivo di sei metri e mezzo, portandolo da quota -2,5 fino a un'altezza di +4 sul livello del mare.

E' tanto interessante l'operazione che già nel 1999 la ditta Isa dello stesso gruppo Pagnan aveva provato a presentare un progetto per la realizzazione di una discarica in quell'aria. Ma a suo tempo il Comune di Porto Tolle lo respinse, dichiarandolo incompatibile con il Piano d'area del Delta de Po. Ora, invece, con la protettiva del campeggio di 10.000 posti si pronuncia in favore sia l'Ente Parco, presieduto dal senatore Franco Mainardi (Forza Italia) , sia il sindaco Paola Broggio, indipendente a capo di una giunta a maggioranza DS: <<il rifiuti - ha spiegato per giustificare in qualche modo la decisione - serviranno a permettere a turisti di godere un panorama, più unico che raro, di quanto il Delta del Po offre durante  il periodo estivo>>.

Contro il progetto del camping sull'immondizia, sono schierate invece le associazioni ambientaliste. In gioco, questa volta, non c'è soltanto la difesa del paesaggio. <<Un villaggio turistico così grande - dice Cristiano Brughitta - portavoce di Italia Nostra - ferirebbe a morte l'area naturale del Delta:  ma tutto lascia pensare che il Centro Turistico sia un cavallo di Troia per favorire la realizzazione di una discarica di rifiuti speciali>>.

Nel marzo scorso, anche la Soprintendenza ai Beni culturali di Verona ha espresso parere negativo. A suo giudizio <<la realizzazione del progetto deturperebbe irrimediabilmente una zona di notevole valenza paesaggistica, stravolgendone i caratteri rurali e i connotati ambientali tradizionali, attraverso alterazioni morfologiche irreversibili, in palese contrasto con le motivazioni che hanno ispirato il legislatore a dichiarare l'area di notevole interesse pubblico per  i suoi peculiari e rari caratteri ambientali e paesaggistici>>. E in aperta polemica con il sindaco di Porto Tolle, la stessa Soprintendenza aggiunge: <<è emerso, inoltre, durante l'esame istruttorio, che il decreto comunale di autorizzazione risulta rilasciato in difetto di adeguata motivazione, facendo proprio acriticamente  il parere della commissione edilizia integrata>>.

In realtà, per esprimere il suo parere, la Soprintendenza di Verona aveva un termine perentorio di 60 giorni e non è riuscita a emetterlo in tempo. Questo ritardo ha consentito al gruppo Pagnan di ricorrere al TAR del Veneto, ottenendo l'annullamento per vizio di forma. Ma poi il ministero dei Beni culturali ha presentato ricorso al Consiglio di Stato che la settimana scorsa ha sospeso a sua volta il provvedimento del TAR.

Perché il parere negativo è rimasto così  a lungo nel cassetto? Come mai è arrivato in ritardo, tanto da incorrere nella violazione dei termini perentori? Il fatto è  che, come ha denunciato il 19 luglio 2002 "Il Gazzettino" nell'edizione di Rovigo, era misteriosamente scomparso un atto necessario alla Soprintendenza di Verona per emetter il proprio provvedimento. Si tratta  di un documento molto importante perché proviene dal Comitato tecnico-scientifico del ministero dei beni culturali: a sorpresa, infatti, il ministro Giuliano Urbani ha avocato a Roma l'istruttoria sull'autorizzazione paesistica richiesta dal gruppo Pagnan. Il 13 ottobre 2001 il Comitato aveva già fatto un sopralluogo sull'area destinata a ospitare il "camping dei rifiuti" e il 20 novembre successivo aveva bocciato l'autorizzazione rilasciata dal Comune di Porto Tolle con questo verdetto ufficiale: <<Non risulta rispettosa delle motivazioni che hanno indotto il legislatore a tutelare sotto il profilo paesaggistico i luoghi di cui trattasi>>. A suo giudizio, insomma , l'opera provocherebbe un rilevante danno ambientale. Ma inspiegabilmente la  Soprintendenza di Verona ha lasciato passare tre mesi e mezzo prima di rendere pubblico il suo parere negativo il 4 marzo 2002, quando ormai era fuori tempo massimo.

Ora l'ultima parola sul "camping dei veleni" spetta alla Provincia di Rovigo che pretende una valutazione di impatto ambientale (VIA) sull'intero progetto, per il rilascio della concessione edilizia. Ma intanto Italia Nostra chiede che siano accertate tutte le responsabilità, per individuare il funzionario o l'amministratore colpevole di aver tenuto nel cassetto il provvedimento della Soprintendenza e addebitargli il risarcimento del danno ambientale che il suo comportamento avrà causato al paesaggio del Delta del Po.