Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 15 Febbraio 2003: <<Termodistruttore. Il decreto Ronchi pone, almeno,...>>
Il decreto Ronchi pone, almeno, tre traguardi: ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti, disincentivarne la produzione, diminuire il numero delle discariche e dotare le restanti di un impianto di biogas. Una volta che il ciclo è a regime, rimane il cosiddetto "Cdr, combustibile da residuo" da bruciare e trasformare in energia alternativa. Le linee sono tracciate nella legge regionale 3/2000. Il riepilogo del problema - su cui i nostri politici si stanno accapigliando da tempo - è doveroso e permette di comprendere il motivo della contesa: la costruzione di un inceneritore, termodistruttore o termovalorizzatore, che dir si voglia, in Polesine. Nel Veneto, ne sono previsti quattro, e bisogna far riferimento ai bacini d'utenza. Il Polesine non garantisce una produzione di Cdr sufficiente a far funzionare convenientemente un simile impianto. Il solo modo per limitare i costi di funzionamento sarebbe l'importazione di Cdr (tre quarti del fabbisogno!) da altre province. Ma, allora, perché scegliere il Polesine? Per il cittadino comune, quello che paga le tasse e non vuole sentir parlare delle lobby dei rifiuti, è una proposta senza senso. Nessuno lo vuole, neppure Rovigo che propone di farlo a Porto Tolle, richiamandosi ad uno "sciagurato" ordine del giorno di una giunta antiparco (già sepolta dalla proprie macerie politico-programmatiche) che ne aveva dato la disponibilità. Il no al termovalorizzatore è giunto con il Piano provinciale rifiuti. A Rovigo esiste il separatore di Sarzano che, senza la presenza di un inceneritore, continuerà a funzionare "a mezzo servizio", tanto da far scegliere al Comune di non investire un centesimo di euro in più sulla raccolta differenziata, dichiarata al 37% secondo l'assessore Luigi Paulon, ben distante dal quel 50% che consentirebbe un abbattimento dell'ecotassa attualmente versata. Ma, se si volesse raggiungere quella percentuale, occorrerebbe spendere una cifra notevolmente superiore allo sconto che potremmo ottenere sull'ecotassa. Inoltre, spingendo sulla raccolta differenziata, si metterà prima o poi in crisi il separatore: i rifiuti prodotti dall'inceneritore finiranno fuori provincia, un passaggio in più. Probabilmente, il separatore di Sarzano è stato un errore e, quindi, continuando a smaltire il Cdr all'esterno della provincia, sarebbe opportuno attuare forme di eventuali partecipazioni societarie o accordi di programma con il Consorzio, per riuscire ad abbattere i costi di conferimento e ridurre le spese.Ci si accapiglia su ben poco, perché il cittadino è anche disponibile a pagare qualcosa di più purché vengano salvaguardati salute (allarmante è l'incidenza dei tumori) e ambiente. Se poi, si vuol piazzare un inceneritore di rifiuti in grado di produrre energia nel Delta, in un'area vocata al turismo e alla salvaguardia del territorio, come ricorda con il suo forte "no" il presidente del Parco Dimer Manzolli, è giocoforza pensare che si corra il rischio di farsi abbagliare da prospettive ancor meno allettanti di quelle della Centrale Enel. A questo punto, allora, sarebbe necessario chiudere ogni discussione, pronunciare un no chiaro e unanime sulla questione inceneritore in Polesine, portando il problema in Regione. Perché l'incognita rimane il Piano regionale dei rifiuti, l'unico che può stabilire se la provincia di Rovigo è destinata o meno ad accogliere un impianto per la combustione di Cdr. Potrà a questo punto la Regione Veneto, smentire se stessa? In altri termini, potrà negare, nell'ambito della pianificazione, quanto ha voluto ed istituito grazie al presidente Galan e al capogruppo Renzo Marangon, ovvero il Parco del Delta del Po?