Approvando all'unanimità
due emendamenti modificativi il Senato ha "licenziato"
il decreto-legge 23 dicembre 2002, n. 281, sul
mantenimento in servizio della centrale di Polesine
Camerini. Il provvedimento complessivo, votato solo dalla
maggioranza, torna alla Camera per l'approvazione
definitiva da effettuare entro domenica, pena la mancata
conversione in legge. Si allunga così l'iter del
cosidetto "decreto salvacentrali". Il
principale nodo è stato l'articolo 1-bis: «Il Ministro
delle attività produttive, con proprio decreto,
individua i casi eccezionali nei quali occorre evitare
soluzioni di continuità nella copertura del fabbisogno
energetico». Che è stato modificato con l'emendamento:
«L'Enel definisce, in relazione alle esigenze della rete
elettrica nazionale, un piano di utilizzazione delle
centrali termoelettriche di "Porto Tolle", in
provincia di Rovigo, di "Brindisi Nord", in
provincia di Brindisi e di San Filippo del Mela, in
provincia di Messina». Nel corso della seduta a Palazzo
Madama ha preso la parola anche Fabio Baratella (Ds): «Questo
decreto-legge è nato male, ha avuto un iter peggiore, è
stato gestito male. Sono state, infatti, messe insieme
tre centrali termoelettriche con problematiche diverse.
Alla Camera sono state introdotte modificazioni
peggiorative in nome di una demagogia falsamente
ambientalista, che colloca tre centrali, che producono
circa il 20 per cento del prodotto energetico nazionale,
nella cosiddetta riserva strategica nazionale. Si
escogita un rattoppo peggiore del buco. Un fantomatico
piano di autorizzazione si rivela in sostanza un mandato
al Ministero per stabilire quando le tre centrali, che
dovranno avere continuità per garantire il fabbisogno
energetico nazionale, possono essere dismesse. È un
atteggiamento schizofrenico, nato da un errore a cui si
è cercato di porre rimedio con una delega ministeriale.
Il primo dovere è di chiudere una partita che dura da
tredici anni e che vede da trenta un territorio
compromesso dalle centrale di Polesine Camerini». |