Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 27 Novembre 2002: <<L’INTERVENTO. «Questa classe politica opera nell'ambiguità»>>

Finalmente una parola forte e chiara. L'articolo di fondo del capocronista del Gazzettino sull'edizione del 23 novembre "Ambiente e sviluppo: continuano le ambiguità" coglie nel segno: coniugare ambiente e sviluppo non significa affatto operare nell'ambiguità, come la classe politica locale - di destra e di sinistra - continua da troppo tempo a fare. Significa invece elaborare finalmente un progetto politico ed economico di grande respiro, che presuppone però una chiara scelta di fondo per il nostro territorio; non integralista, ma convinta dell'effettiva potenzialità turistica, agricola, ambientale e culturale del Polesine e del Delta del Po.

L'incertezza o, forse, la presunta astuzia di amministratori locali e regionali che ritengono di poter giocare contemporaneamente su più tavoli (della conservazione della natura e delle megainfrastrutture industriali, dello sviluppo turistico e delle grandi discariche, della promozione del parco e della tolleranza della caccia in aree di pregio ecologico) per poter avere accesso a tutti i finanziamenti pubblici e a tutti i bacini elettorali, sta provocando un pregiudizio gravissimo - innanzitutto economico - al nostro territorio, ipotecandone chissà per quanti anni il futuro.

Come direbbero gli economisti, è improrogabile una scelta di "allocazione delle risorse" perché non è credibile un parco naturale nel quale i visitatori ammirano, non la flora e la fauna protetta, ma i colossi dell'industria termoelettrica e gasiera nazionale; non è credibile un'area naturale al cui organismo di gestione rifiuta di aderire l'amministrazione comunale più interessata perché è "ostaggio" di quella che il cronista chiama la "lobby dei cacciatori"; e, infine, non è credibile un campeggio in cui tende e roulotte poggeranno su una montagna di rifiuti speciali.

In tale situazione lo stesso Parco del Delta rischia di diventare non il volano dello sviluppo del Polesine, ma un pericoloso boomerang, richiamando inizialmente turisti e visitatori che tuttavia poi non faranno più ritorno in un'area dalle contraddizioni insostenibili.

A meno che, in realtà, una scelta per il nostro territorio non sia già stata presa. Che cioè una di quelle verità troppo ingombranti, sinora malcelate ai cittadini - cui si riferisce il capocronista nel suo pezzo-, non sia da individuare nel ventilato progetto di trasferimento del distretto industriale conciario dal Vicentino alla megazona industriale di Ca' Cappello a Porto Viro. In tal modo si spiegherebbero, infatti, tutte le grandi infrastrutture energetiche e stradali (come il tronco sud dell'autostrada Valdastico) che sembrano divenute indispensabili per il nostro territorio.Ma se così è, le collettività, gli operatori economici e le forze sociali e culturali locali non possono rimanere estranee ad una decisione - la localizzazione nel cuore del Delta di un polo industriale altamente inquinante come quello conciario- che rischia di mutare definitivamente il destino della nostra provincia.

La domanda di fondo è tuttavia sempre quella: a decidere la politica economica e territoriale del Polesine e del Delta siamo noi e i nostri eletti o, ancora una volta, i grandi gruppi industriali nazionali e regionali (Enel, Eni, Edison, Cosecon, ecc.)?

Matteo Ceruti