Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 22.01.2001: <<LA SITUAZIONE. Il Polesine compatto contro il progetto in attesa dell'incontro con il ministro>>

Non ci sono mai stati dubbi su che posizione prendere su questo tema. Basti pensare che solo qualche settimana fa il Consiglio provinciale ha approvato un ordine del giorno nel quale si specifica chiaramente la netta contrarietà di tutte le forze politiche alle estrazioni di idrocarburi in Alto Adriatico. Il timore dell'abbassamento del terreno è ancora forte e molti ricordano sia l'alluvione del '66 che i notevoli interventi miliardari di salvaguardia idraulica per garantire la sicurezza alle popolazioni del Delta.Ma la protesta si è diffusa anche fuori dal Polesine. Il presidente della Regione, Giancarlo Galan, ha usato parole durissime contro il rilascio dell'autorizzazione. «Quello della Regione - ha dichiarato il 6 febbraio - è un no grande a qualsiasi tentativo di estrarre metano di fronte alle coste venete e al Delta del Po in particolare. Il no del Consiglio regionale ai progetti dell'Eni è chiarissimo». Anche l'ingegner Mario Zambon, che da anni non perde occasione per bocciare il progetto, è stato molto chiaro, ribadendo i pericoli di mareggiate collegati al probabile abbassamento del suolo. Gli abitanti di Scardovari, la zona maggiormente interessata, temono il peggio e l'iniziativa viene bollata come una pazzia. «Già da tempo - ha detto Gabrile Siviero, rappresentante dei pescatori - denunciamo l'erosione degli scanni e le difficoltà a lavorare».Analoga posizione contraria è stata espressa dalle segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil mentre i consiglieri regionali Elder Campion e Renzo Marangon hanno annunciato di voler proporre il ricorso al Tar. A questo punto, davanti ad uno schieramento di forze così consistente, tutto passerà nelle mani del presidente dell'amministrazione provinciale, Federico Saccardin, che la settimana prossima si incontrerà direttamente con il ministero dell'Industria Enrico Letta, così come deciso a suo tempo dall'assemblea di Palazzo Celio. «L'estrazione di gas - afferma il testo votato dal Consiglio provinciale - provocherebbe gravi danni al territorio e alle attività economiche, pericolo di subsidenza e scomparsa di spiagge, valli e colture agricole».

La Procura della Repubblica ha ...

La Procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta sulle estrazioni di gas metano nel Delta. Ieri i carabinieri di Rovigo hanno acquisito documenti sia a palazzo Celio, sede della Provincia, che nei municipi di alcuni Comuni del Basso Polesine. Al fascicolo del pubblico ministero Manuela Fasolato sono state inserite delibere ed altro materiale cartaceo.

L'inchiesta è scattata dopo che sulle pagine del nostro giornale erano stati nuovamente sottolineati i pericoli che l'estrazione di gas metano potrebbe provocare innescando il fenomeno della subsidenza, ovvero dell'abbassamento del terreno. Il che provocherebbe allagamenti facendo sparire chilometri di spiaggia. Un rischio che più volte cittadini e pubbliche amministrazioni hanno sottolineato. L'Eni ha ottenuto la concessione dal ministero dell'Industria con un decreto firmato lo scorso 16 novembre. L'estrazione interesserebbe un'area di quaranta chilometri quadrati, nel mare Adriatico, poco a largo dalle coste polesane e romagnole. Una concessione che osserva le norme vigenti, ma che ha provocato non poche polemiche e preoccupazioni.

"A seguito della coltivazione dei giacimenti - ha spiegato il professor Mario Zambon dalle colonne del nostro giornale - dobbiamo attenderci, sulla scorta delle esperienze già fatte e documentate in zone analoghe, nell'arco di tempo del loro sfruttamento previsto per quindici o vent'anni, uno sprofondamento del fondo marino di volume confrontabile con il volume del gas estratto. La "buca", che si genera nel fondo marino, diventa una immensa trappola per gli apporti solidi trasportati dalle correnti litoranee e dalle onde".

Con quali effetti? Ha aggiunto il professor Zambon: "Questo materiale solido, quindi, indispensabile per la conservazione di queste spiagge e litorali, viene rapidamente ingoiato da tali depressioni del fondo marino. Si innesca quindi l'erosione delle spiagge stesse; inizia infatti l'arretramento della linea di battaglia e la destabilizzazione delle difese costiere. Le mareggiate diventano sempre più distruttive".

In questo contesto si comprende per quale motivo cittadini e pubbliche amministrazioni si sono opposte fermamente al progetto. Ora, anche la procura della Repubblica ha deciso di fare chiarezza sul caso acquisendo tutta la documentazione necessaria a capire quali sono i reali rischi per la popolazione.

UNIONE BONIFICHE. Documento regionale. «Preoccupante silenzio sull'intera vicenda»

Proprio nel giorno dell'apertura dell'inchiesta, l'Unione regionale veneta delle bonifiche scende in campo per dire ancora una volta no alla ripresa delle trivellazioni in Alto Adriatico. L'organismo che raggruppa i 21 enti di bonifica sottolinea i danni causati negli anni scorsi da queste operazioni.

«Le pesanti conseguenze della subsidenza - dice l'Unione Bonifiche - sono sotto gli occhi di tutti, la scelta del Governo è incomprensibile visto che da tempo si parla dell'importanza di una corretta gestione del territorio. Dopo le centinaia di miliardi di lire spesi in Polesine per ripristinare un assetto territoriale compromesso, oggi la subsidenza sta pesantemente colpendo le coste romagnole. Nonostante tutto la scelta del Governo sta passando in un sostanziale silenzio, consigliato evidentemente dal clima elettorale. Purtroppo non sarà la sola voce dei Consorzi di bonifica, che comunque non rinunciano al ruolo di tutori dell'equilibrio territoriale, a fermare una scelta ricca di pericolose incognite per il futuro delle nostre terre».

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