EXCURSUS SULLA STORIA CHE HA PORTATO AL PARCO

Il Delta del Po, inteso come terra di fiumi, paludi, lagune e scanni, prima della L. R. 36/97, era già tutelato da leggi diverse (ancora in vigore) valide, comunque, anche per altri territori demaniali.

Il Testo Unico 25 luglio 1904, n. 523, "Regolamento sulla tutela delle opere idrauliche di prima e seconda categoria" (approvato con Regio Decreto 9 dicembre 1937, n. 2669), infatti, tra le altre cose, si riproponeva di normare l'integrità delle sponde dei corsi d'acqua e dei loro alvei, punendo eventuali casi di loro aggressioni.

Per esempio, tale legge vietava:

"le piantagioni dentro l'alveo di fiumi, torrenti ed altri corsi d'acqua";

"lo sradicamento o l'abbruciamento dei ceppi degli alberi che sostengono le ripe dei fiumi e dei torrenti per una distanza orizzontale non inferiore di nove metri dalla linea a cui arrivano le acque ordinarie";

"i dissodamenti dei terreni boscati e cespugliati laterali dei fiumi e torrenti a distanza minore di m. 100 dalla linea a cui giungono le acque ordinarie";

"l'estrazione di ciottoli, ghiaia, sabbia ed altre materie dal letto dei fiumi, torrenti e canali pubblici, eccettuate quelle località ove per invalsa consuetudine si suole praticare senza speciale autorizzazione per gli usi pubblici e privati".

Il successivo Regio Decreto del 2 dicembre 1933, n. 1775, disciplinava in generale l'utilizzazione delle risorse idriche (quantità, modalità, condizioni di prelievo, regolazione, derivazione, uso, restituzione totale o parziale, garanzie contro l'inquinamento, ecc.). Secondo tale legge, ogni concessione ed utilizzazione delle acque deve essere richiesta, corredata da prospetti di massima delle opere previste, al Ministero per i Lavori Pubblici (Magistrato per il Po, Magistrato alle acque) per le concessioni di grande derivazione, alla Regione per concessioni di piccola derivazione.

Anche il Codice Penale, approvato con Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, prevedeva reati che si potevano ravvisare nei territori del Delta, per esempio la modificazione dello stato dei luoghi del pubblico demanio (artt. 632-639 C.P.) o la distruzione o deturpamento di bellezze naturali (art. 734 C.P., introdotto nel Codice Penale dalla Legge 29 giugno 1939, n. 1497).

Pure nel Codice della Navigazione (Regio Decreto 30 marzo 1942, n. 327), vi sono norme che tutelano il demanio marittimo (dove è compresa buona parte del Delta), per esempio l'art. 1161 del C. d. N., che punisce l'occupazione abusiva del suolo pubblico.

Per quanto riguarda l'inquinamento idrico, occorre citare la famosa "Legge Merli" (legge 10 maggio 1976 n. 319) e l'art. 635 del Codice Penale (inteso come danneggiamento aggravato in acque pubbliche); per l'inquinamento da rifiuti, il D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915 (ora sostituito dal "Decreto Ronchi", il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22).

La tutela contro le costruzioni abusive (legge 28 febbraio 1985, n. 47) e, soprattutto, la norma sui vincoli paesaggistico-ambientali (legge 8 agosto 1985, n. 431; la famosa "Legge Galasso"), che dal 30 giugno 1985 ha dichiarato soggetto a vincolo (cioè è prevista la richiesta di autorizzazione alla Regione ed al Comune per la realizzazione di opere di qualunque natura che comportino un mutamento definitivo e rilevante dell'assetto urbanistico-territoriale), tra gli altri territori,: le rive e le coste del mare per una fascia di 300 metri dalla battigia, i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua pubblici e le relative rive per una fascia di 150 metri ciascuna, concludono il quadro di normative generiche e disomogenee che, direttamente o indirettamente, tutelano il Delta del Po. Trattasi di leggi nazionali, applicabili anche al Delta.

La prima "tutela ad hoc" di parte del territorio del Delta risale al 1956, quando le dune di Donada e Contarina e la pineta di Rosolina Mare vengono salvaguardate ai sensi del R.D. 31 dicembre 1923, n. 3267, sul vincolo idrogeologico: sono in assoluto i primi interventi legislativi di tutela naturalistica del territorio deltizio!

Il 2 febbraio 1972, fu firmata a Ramsar, in Iran, la "Convenzione internazionale per la protezione delle zone umide di importanza internazionale", da allora conosciuta appunto come "Convenzione di Ramsar". Secondo la definizione data dalla Convenzione di Ramsar, le zone umide sono quelle aree, naturali o artificiali, con presenza di acqua permanente o temporanea, ferma o corrente, dolce, salmastra o salata, comprese le zone marine fino ad una profondità di 6 metri dal livello minimo di marea. Il Delta del Po, quindi, rispondendo a tali caratteristiche, venne ricompreso nella Convenzione di Ramsar per buona parte della sua estensione. Dalla firma della Convenzione di Ramsar, sono ben 80 le nazioni che hanno sottoscritto questo documento che rappresenta una delle prime manifestazioni di cooperazione internazionale in tema di tutela ambientale. L'UNESCO svolge funzione di depositario della Convenzione; il Segretario della Convenzione o Ramsar Convention Bureau, è un Ente indipendente amministrato dall'IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) ed ha sede a Gland, in Svizzera.

Aderendo alla Convenzione di Ramsar, l'Italia si è assunta alcuni obblighi fondamentali:

-designare almeno una zona umida da includere nella Lista delle zone umide di importanza internazionale;

-promuovere l'uso "corretto" delle zone umide nel proprio territorio;

-consultarsi con le altre parti contraenti nella gestione delle zone umide che sono condivise tra più nazioni;

-creare aree protette in corrispondenza delle zone umide di importanza internazionale o meno. Anche il riconoscimento del Delta del Po dello status di zona umida di importanza internazionale ricompresa nella Convenzione Ramsar, quindi, ha contribuito ad accelerare l'iter verso l'istituzione di un Parco.

Con il Decreto 13 luglio 1977, il Ministro per l'Agricoltura e Foreste istituì, tra le altre, le riserve naturali dette delle "Bocche di Po": 457 ha nei Comuni di Porto Tolle, Taglio di Po, Rosolina e Contarina, "rappresentate dal tipico paesaggio da <<delta>> con terreni, per la maggior parte, sottoposti a periodiche inondazioni, essendo il territorio formato, per lo più, da isole (denominate <<bonelli>>) situate tra i vari bracci del fiume ed il mare".

Il motivo dell'istituzione delle suddette aree protette era dovuto "all'incremento ed al miglioramento della economia della natura e dei suoi equilibri...alla conoscenza  della naturale evoluzione delle varie formazioni esistenti, di qualsiasi tipo esse siano...Detta evoluzione può attuarsi indisturbata in zone di riserva naturale, come concepite dagli enti internazionali che si interessano della salvaguardia della natura e secondo i concetti fondamentali propugnati dall'Unione internazionale per la conservazione della natura e delle sue risorse (UINC)...".

Il decreto prevedeva che tali riserve fossero lasciate in gestione all'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali.

L'art. 2 del decreto recitava: "entro il perimetro delle riserve, è consentito l'accesso per ragioni di studio, per fini educativi, per escursioni naturalistiche, per compiti tecnico-amministrativi di gestione e di vigilanza, nonché per ricostituzione di equilibri naturali". Ai sensi dell'art. 20/1° lett. b) della vecchia legge sulla caccia (la 27 dicembre 1977, n. 968, sostituita dall'attuale 157/92) nelle suddette riserve naturali (come in quelle del resto d'Italia) era vietato esercitare l'attività venatoria.

Con decreto 27 settembre 1996 del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, di concerto con il Ministero delle Finanze, la competenza sui suddetti territori venne trasferita alla Regione Veneto.

Norme estrapolabili dalla L. R. 15.11.74, n. 53 e successive modificazioni <<Norme per la tutela di alcune specie della fauna inferiore e della flora>>, evidenziano, indirettamente, l'esistenza di un regime di protezione anche per alcune piante ed animali appartenenti alla fauna inferiore presenti anche nel Delta (per esempio uova o girini di tutte le specie di anfibi; le rane, che non si possono catturare e di notte e nei mesi di marzo e aprile; le lumache, che non si possono catturare di notte e nei mesi di maggio, giugno e luglio; i muschi, i licheni, le erbe ed arbusti che hanno diffusione spontanea; le orchidee, alcune specie delle quali sono presenti anche nel Delta) e sanciscono l'utilizzo di mezzi motorizzati in percorsi fuori strada (per esempio sulle strade arginali, le golene, ecc.).

L'idea di un Parco del Delta del Po, e quindi di una sola legge unitaria per la tutela di questo importantissimo ambiente, nacque nella seconda metà degli anni '60 con il compimento idraulico della grande opera di bonifica e dello sfruttamento turistico-speculativo lungo il litorale ferrarese.

Nello stesso periodo si discuteva dell'ipotesi di costruire una centrale termoelettrica a Polesine Camerini, proposta che coagulò le grandi speranze di rinascita economica delle istituzioni e delle popolazioni locali.

La prima testimonianza ufficiale dell'idea del Parco si ebbe con il Convegno delle Pro Loco di Adria e Porto Tolle (settembre 1966), durante il quale fu votato un documento, approvato dai rappresentanti dei maggiori enti pubblici, che chiedeva l'istituzione di un Parco Naturale a Polesine Camerini e nell'Isola della Donzella.

Tra le associazioni ambientaliste impegnate, Italia Nostra ebbe il merito di sollevare per prima il problema di un’adeguata tutela dell'area deltizia.

Ciò avvenne con la presentazione delle istanze emerse nei due principali convegni organizzati dal Consiglio Regionale Emiliano-Romagnolo a Comacchio (12-13 ottobre 1968: "Convegno di studi per la difesa e valorizzazione del patrimonio urbanistico vallivo e litoraneo di Comacchio"; fu il primo di una lunga serie di incontri pubblici su come proteggere e "valorizzare" la natura del Delta) ed a Pomposa (19-20 settembre 1970) e, successivamente, con la richiesta d'istituzione del <<Grande Parco del Delta Padano>>, presentata nel corso del convegno indetto dal Consiglio Regionale Veneto e Emiliano a Rovigo il 10-12 giugno 1972. L'ano dopo, il Consiglio Regionale Veneto, ottenuto un contributo statale, affidò ad un gruppo di esperti l'incarico di svolgere una ricerca interdisciplinare diretta ad analizzare il Delta Veneto del Po, in vista dell'istituzione del Parco nelle due regioni limitrofe.

Nei primi anni '80 la proposta per la creazione di un Parco riprese con maggiore vigore anche per la presa di posizione ufficiale delle delegazioni W.W.F. dell'Emilia, del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.

La nostra idea, come ambientalisti, è sempre stata quella di lottare per addivenire ad un Parco Nazionale, meno soggetto alle mire di politici, speculatori, cacciatori, ecc.

Ciononostante il Parco del Delta fu cancellato dall'elenco dei Parchi Nazionali previsti dal disegno di legge in discussione in parlamento nel 1982.

Tuttavia la Regione Veneto (con la legge speciale per il delta polesano dell'8/11/83) incaricava l'Amministrazione Provinciale di Rovigo di redigere un <<Piano per la salvaguardia e lo sviluppo del Delta del Po>>, per individuare le aree da destinare a particolare tutela e alle attività economiche compatibili. Lo studio effettuato dai competenti incaricati stabilì che le zone e le aree dovevano essere sottoposte a regimi diversi a seconda della loro <<vocazione>>, tenendo presente l'attuale assetto economico-sociale, urbanistico ed infrastrutturale.

La maggiore spinta per l'istituzione del Parco arrivò con l'accordo interregionale tra Veneto ed Emilia Romagna. Infatti i due presidenti delle regioni firmarono nell'estate del 1987 un <<indirizzo d'intesa per la valorizzazione dei territori del Parco Interregionale del Delta del Po>>, nel quale si dichiarava che le due regioni ritenevano opportuno coordinare le proprie azioni al fine di perseguire, in accordo con le Province di Ferrara e Rovigo ed i Comuni interessati, il mantenimento e la valorizzazione dell'ambiente naturale e storico del Delta Padano, il restauro delle sue parti alterate, garantendo nel contempo la coesistenza dello sviluppo socio-economico delle popolazioni interessate.

L'Emilia Romagna, alla quale va riconosciuto il merito di avere creduto nel Parco molto più della Regione Veneto, già nel 1988 (con L. R. nr. 27 del 02.7.88) istituì il suo Parco: 18.000 ha ettari compresi nelle Province di Ferrara e Ravenna ed i Comuni di Mesola, Goro, Codigoro, Comacchio, Argenta, Alfonsine, Ravenna e Cervia.

Per il Veneto, purtroppo bisognò aspettare quasi dieci anni di più (settembre 1997).

Successivamente, con legge 6 dicembre 1991, n. 394, entra in vigore la nuova legge quadro sulle aree protette: essa prevede che il Parco del Delta del Po sia Nazionale; ma se entro due anni le due regioni perverranno ad un’intesa con il Ministero dell'Ambiente, potrà essere realizzato un Parco interregionale.

Il 21 maggio del 1992, il Consiglio delle Comunità Europee adottava la direttiva 92/43/CEE detta "direttiva habitat", la cui finalità è quella "di contribuire a salvaguardare le biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato". Tale norma, inoltre, ha previsto la costituzione di una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominate "Natura 2000", formata da siti in cui si trovano tipi di habitat naturali (codificati in specifici allegati alla direttiva) che devono essere protetti e conservati. Naturalmente, in questi siti di importanza internazionale ricadono molte zone del Delta del Po, in particolare: acque marine e ambienti a marea (banchi di sabbia a debole copertura permanente di acqua marina e lagune), paludi (con vegetazione annua pioniera di Salicornia), dune marittime delle coste mediterranee (dune con pinete), acque stagnanti ed acque correnti (fiumi mediterranei a flusso permanente e filari ripari di salice e pioppo bianco).

Il 17.2.93 le due regioni firmano un preliminare d'intesa sulla realizzazione del Parco Interregionale. Il termine previsto dalla legge quadro per l'istituzione del Parco interregionale scade senza esito.

Il 31.1.1994 viene firmato a Roma il Documento dichiarativo dell'intesa tra il Ministero dell'Ambiente e le Regioni in ordine all'istituzione del "Parco Interregionale del Delta del Po". La Comunità Europea approva (gennaio) un progetto Life per il Delta del Po che coinvolge regioni, province e ministeri, che prevede vari interventi sul territorio ed un piano di gestione naturalistica a supporto del futuro Parco, la cui redazione è affida alla L.I.P.U.

Febbraio 1994, con un decreto, il ministro Spini rinvia di sei mesi il termine per la realizzazione del Parco Interregionale, sulla base del "Documento dichiarativo" di intesa (primo rinvio!).

Luglio 1994. Nel Decreto Legge per Chioggia e Venezia viene inserito un ulteriore rinvio di sei mesi per la realizzazione del Parco Interregionale del Delta (secondo rinvio!)

5 ottobre 1994: con Provvedimento n. 1000, il Consiglio Regionale del Veneto approva il cosiddetto Piano di Area del Delta del Po: lo strumento di pianificazione territoriale (per la tutela ambientale ed i criteri futuri dell'edificazione) che detterà i principi informatori della prossima legge regionale veneta del Parco del Delta.

Gennaio 1995. Un'indagine svolta presso circa 1000 residenti del Delta dalla società SWG per conto della L.I.P.U. evidenzia come oltre il 74% degli intervistati sia favorevole all'istituzione di un Parco nel Delta, purché ovviamente non   venga penalizzato l'attuale livello di vita e siano definite in modo chiaro le normative che regolamentano l'area protetta.

Maggio 1995. L. 206/95 (conversione del Decreto Legge 96/957), che porta il termine per l'istituzione del Parco Interregionale al 31/12/1995 (terzo rinvio!)

Giugno 1996. Il neo ministro per l'Ambiente Ronchi, scaduti i termini per l'istituzione del Parco Interregionale senza esito, è costretto a prorogare per l'ennesima volta (quarto rinvio!) di sei mesi.

27 dicembre 1996. Si giunge ad un'intesa tra il Ministero dell'Ambiente e le due Regioni che prevede l'istituzione di un Parco Interregionale formato da due Parchi regionali gestiti da Enti autonomi e dal un Comitato di coordinamento interregionale, con rappresentanti dei due parchi, delle due regioni e del Ministero. Non viene definito il perimetro del Parco, per il quale si rimanda al 30 giugno 1997. Nel caso di un mancato accordo per quella data, e dopo 120 giorni da essa, l'intesa andrà considerata scaduta.

Con legge regionale 8 settembre 1997, n. 36, pubblicata nel B.U.R. nr. 77/1997 della Regione Veneto venne istituito il Parco Naturale Regionale Veneto del Delta del Po (di 12.000 ha).