Sentenza a seguito di dibattimento

(N. 4657/98 R.G.N.R.; Sent. N. 360/2000; N. 10329/2000 reg. gen. Data 31.10.2000)

(art. 567 C.P.P.)

Repubblica Italiana

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il GIUDICE di ROVIGO - sezione distaccata di ADRIA dott. LORENZO MIAZZI ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale

NEI CONFRONTI DI:

D. M., nato il 1966 a Porto Tolle, ivi residente.Libero-presente.

IMPUTATO:

del reato p. e p. dell'art. 30/1° comma lett. D legge 157/92 perché esercitava la caccia in zona vietata dall'art. 21/1° comma lett. B (Parco regionale del Delta del Po) stessa legge.

Il località Po di Maistra di Cà Venier il 25.10.1998

Con l'intervento del PUBBLICO MINISTERO: Dr.ssa Tosca Sambinello

e dell'avvocato Luca Azzano Cantarutti difensore di fiducia dell'imputato.

Preliminarmente: il Giudice revoca il decreto penale opposto.

Le parti hanno concluso come segue:

PUBBLICO MINISTERO: assoluzione ex articolo 530/2° comma C.P.P.

LA DIFESA: assoluzione ex art. 530/1° comma C.P.P. perché il fatto non sussiste in via principale, e assoluzione ex art. 530/1° comma C.P.P. perché l'imputato non l'ha commesso, in subordine.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'imputato era tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all'imputazione, ossia di avere esercitato la caccia in zona vietata all'interno del Parco Regionale del Delta del Po.

L'istruttoria era svolta tramite l'audizione del teste ROCCATO, indotto dal Pubblico Ministero e dai testi FEGGI e CANELLA della difesa, nonché del teste BOSCHETTI, cui il PUBBLICO MINISTERO aveva rinunciato ed assunto poi ex art. 507 C.P.P. Venivano altresì acquisiti alcuni documenti, richiamati dal teste ROCCATO, da lui riconosciuti ed esaminati dalle parti, che concludevano come in epigrafe.

All'esito dell'istruttoria, il giudicante non ritiene provata la responsabilità dell'imputato per il reato ascrittogli.

Le deposizioni dei testimoni oggi assunti hanno permeso di stabilire che nè l'assistente di P.S. ROCCATO, nè altri hanno avuto modo di vedere da vicino gli autori del reato, per cui è risultato che la denuncia di D. M. è conseguenza di elementi indiziari, raccolti in sede di indagine preliminare dall'accusa e confermati al dibattimento:

il fatto che questi è il proprietario della barca utilizzata per commettere l'esercizio abusivo della caccia;

che la postazione in cui il reato è avvenuto a suo tempo era stata utilizzata dall'imputato e dai suoi familiari;

che precedentemente l'imputato o suo fratello erano stati visti utilizzare quella postazione;

che nel laghetto ove la postazione si trovava l'imputato si recava frequentemente per pescare.

Tutti questi elementi indiziari non sono stati sufficienti a costruire un quadro probatorio convincente in assenza di una prova diretta convincente, in quanto residuerebbe uno spazio di dubbio circa l'attribuzione a D. M. del fatto reato anche solo basandosi sugli elementi d'accusa.

Il quadro è però completato dalle dichiarazioni dei testimoni della difesa, testimoni sulla cui attendibilità non sono avanzabili riserve, e che hanno parzialmente (in un caso è mancato un contatto visivo certo, nell'altro è incerto il momento temporale che potrebbe non essere incompatibile con la commissione del reato) confermato l'alibi dell'imputato che afferma di essersi trovato, nel momento in cui veniva accertato il reato, in tutt'altra località distante diversi chilometri.

Dall'insieme dell'istruttoria probatoria può pertanto trarsi la conclusione che non vi è prova che il fatto sia stato commesso dall'imputato.

In ordine ai corpi del reato, certamente essi andrebbero confiscati ai sensi dell'articolo 240 C.P. in quanto cose che servirono a commettere il reato. Tuttavia tale esito è possibile solo per gli stampi di Anatidi, mentre per la barca si deve applicare il 3° comma della norma in quanto risulta che la cosa appartenesse a persona estranea al reato (come è risultato essere l'imputato).

D. M. quindi va assolto, ai sensi dell'art. 530 C.P.P., per non aver commesso il fatto; sui beni in sequestro va disposto come in dispositivo.

P.Q.M.

Visti gli artt. 530 c.p.p. e 240 c.p.

Assolve D. M. dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.

Dispone la restituzione della barca all'avente diritto e la confisca e la distruzione degli stampi di Anatidi.

Adria, 31.10.2000

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