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Organo Italiano (1)




La riflessione di oggi riguarda le cosidette 'caratteristiche nazionali' dell' organo o, se si vuole, le diverse 'scuole organarie'.
E' indubbio che fino al primo novecento ogni scuola organaria si è evoluta secondo schemi ben precisi, propri delle varie identità nazionali o regionali e sempre ben radicati nelle relative tradizioni. Questa separazione abbastanza netta ha fatto si che, ad esempio, gli organi italiani del settecento non fossero poi molto dissimili dai positivi di duecento anni prima, mentre gli organi francesi o tedeschi si fossero evoluti in una direzione diversa e molto più innovativa. Lo stesso si può dire delle caratteristiche foniche delle cosidette 'scuole nazionali', che ha visto l'organaria italiana rivolgere le sue attenzioni ai registri derivanti dal Principale (il Ripieno Italiano a file separate) mentre quella d'oltralpe si dedicava molto più ai registri di mutazione semplice.
Tutte queste differenziazioni verso la fine dell' Ottocento ed i primi anni di questo secolo sono venute meno un pò dappertutto, ma in modo particolare in Italia, dove con l'estinzione dei vecchi organari di scuola tradizionale e l'avvento di una nuova generazione di artefici volti soprattutto agli aspetti tecnici di novità provenienti dall' estero, si sono perse per qualche decennio le indicazioni dettate dalla nostra pluricentenaria tradizione.
Uno dei risultati di questa anomala condizione è stato che mentre negli altri Paesi d' Europa gli organi seguivano la strada dell' evoluzione strettamente legata alle varie tradizioni, in Italia si è cercato di riempire il vuoto mediante l'introduzione di timbri e registri che con la nostra tradizione ben poco avevano a che fare. Questo stato di cose è durato non più di quarant'anni, ma è stato più che sufficiente a lasciare qualche strascico deleterio per il futuro.
Il ridimensionamento della Riforma e dei suoi eccessi e la rivalorizzazione della tradizione timbrica italiana, avvenute a partire dagli anni Trenta, hanno fatto si che si ritornasse un poco nell'ottica giusta.
L'avvento del concertismo organistico internazionale, comunque, ha provocato un pò ovunque la sindrome dell' organo 'eclettico', cioè quella tendenza a costruire strumenti suscettibili di poter eseguire tutti i generi di musica. Questi organi, di solito di grandi dimensioni, presentano tavolozze timbriche molto varie e ricche di registri spesso derivanti da differenti tradizioni. Basterà, a questo proposito, vedere in alcuni organi italiani l'introduzione delle Trombe Orizzontali, dei Diapason, delle varie mutazioni e dei Ripieni spezzati in Gravi ed Acuti. Se da una parte è vero che su questi strumenti si può eseguire la letteratura internazionale dal 1900 ad oggi, è altresì vero che per suonarvi la letteratura antica, in special modo quella italiana, sono pressochè inutilizzabili, vista la loro assoluta distanza dagli ideali fonici ed estetici italici.
E' a questo punto che entra in scena quella fetta di arte organaria, oggi in continua e notevole espansione, che si dedica non solo al recupero degli organi antichi, ma anche alla fabbricazione di strumenti nuovi secondo le antiche regole. Le musiche antiche eseguite su questi strumenti assumono un fascino del tutto particolare, soprattutto quando vengono utilizzate le accordature antiche.
Nel panorama organario italiano odierno troviamo dunque diverse realtà. Una è quella che continua a coltivare l'idea dell' organo 'internazionale', realtà peraltro in costante riduzione anche per i costi molto alti. Le altre due realtà riguardano, la prima, la conservazione ed il restauro degli antichi organi e, la seconda, la costruzione di organi nuovi, tecnicamente avanzati ma fedeli all'ideale estetico tradizionale italiano.
A questo punto possiamo dire che è ormai superata quella crisi d'identità, ereditata dalla Riforma, e durata fino a qualche decennio or sono.
Forse in questa epoca di abbattimento delle barriere nazionali questo discorso di recupero dell' identità organologica italiana potrà suonare stonata alle orecchie di qualche convinto europeista; ritengo comunque, che il rispetto delle varie identità tradizionali sia uno dei modi di raggiungimento di quell' unione europea di cui tanto si parla ma che tarda a venire.
Di contro, non ritengo neppure giustificate nè legittime le ondate di proteste per gli organi recentemente costruiti in Italia da organari stranieri e su modello estero. Il dotare una chiesa od una sala di un organo di concezione e costruzione germanica anzichè italiana rientra nei diritti di libera scelta e libera iniziativa garantiti dalla nostra Costituzione. Certo è che tali strumenti devono essere considerati e, di conseguenza, usati per quello che sono. Su di uno strumento di tale genere si eseguirà bene Bach, Buxtehude, Lubeck, Rheinberger e, forse, Reger.... Non sarà opportuno eseguirvi nè Frescobaldi, nè Zipoli nè, tantomeno, Franck o Dupré... Come si diceva una volta: 'Est modus in rebus!'..



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