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Quale Repertorio




Ci sarebbe da discutere sul fatto che a livello europeo si sia ormai quasi esaurita l'ultima generazione dei grandi organisti-compositori e gli orizzonti della grande composizione organistica si stia poco a poco depauperando sia di idee che di personaggi in grado di far dire qualcosa di nuovo a questo strumento.
Si assiste, per così dire, ad una multiframmentazione in cui abbiamo più interpreti (e di livello artistico e qualitativo sempre maggiore) e sempre meno compositori, e questi ultimi si risolvono, a loro volta, in due categorie. Da una parte coloro che solo occasionalmente si occupano dell'organo, peraltro con risultati di altissimo livello artistico e, dall'altra coloro che, pur producendo musiche organistiche di notevole levatura, per diversi motivi non vengono adeguatamente considerati e trovano difficoltà notevoli per la loro pubblicazione.
Si potrebbe dunque discutere di questo, ma oggi ci occuperemo di un altro argomento che, nonostante le apparenze, è abbastanza legato al precedente discorso: il repertorio dei concerti organistici italiani.
Sembrerà strano, ma scorrendo i programmi organistici che ci sono in giro per la nostra penisola, pare proprio che la composizione organistica, in Italia, sia, se non deceduta, sicuramente in pessima salute. Se da una parte, infatti e molto giustamente, nei programmi eseguiti su organi antichi i grandi compositori classici italiani (Frescobaldi, Pasquini, Merulo, Diruta, ecc.) sono molto ben rappresentati, mano a mano che ci avviciniamo a noi le cose cominciano a cambiare.
Già se andiamo a vedere i concerti che si eseguono sugli organi dell'ottocento sinfonico italiano pre-riforma, troviamo sovente musica più antica e musica di quel periodo ma estera. Il repertorio organistico italiano creato in quel periodo per quel tipo di strumenti viene poco, e talvolta anche male, rappresentato. Se poi passiamo al periodo della Riforma o, ancora, al Novecento, le musiche italiane quasi scompaiono per lasciare il posto a quelle d'Oltralpe. I programmi di sala sono ricchi di Franck, Widor, Vierne, Reger e simili, mentre Bossi, Manari, Perosi ed altri grandi compositori nostrani riposano in pace. E ben poche volte, nei rari concerti di musica organistica contemporanea, ci possiamo gustare il nostro Berio, oppure Di Martino, Cece, Mazzotta, Napoli ed altri.
Paradossalmente, succede sempre più spesso che siano gli organisti stranieri ad apprezzare gli autori italiani. Marco Enrico Bossi, ad esempio, nell'Europa del Nord è considerato molto bene ed i suoi brani sono molto presenti nei concerti, così come i brani di Manari e di Yon, specificatamente negli Stati Uniti d'America, fanno parte fissa ed imprescindibile del repertorio dei virtuosi dell'organo.
Sinceramente non saprei chiaramente individuare i motivi di questa disaffezione degli organisti italiani per la musica dei nostri compositori. Certamente entrano in ballo diversi fattori. Il primo è sicuramente il fatto che i programmi dei nostri Conservatori sono abbastanza 'datati'. Un altro è che si tende a scegliere un tipo di musica che 'aggredisca' l'ascoltatore; in altre parole, si cerca l'effetto, e la Toccata di Duruflé si presta molto meglio a questo scopo che non la Toccata-Fantasia di Bettinelli.
Non va poi sottovalutato l'atteggiamento degli organizzatori di Festival Organistici, che spesso tra un organista che presenta un programma di musica italiana poco conosciuta ed un altro che ne propone uno con una nutrita presenza, ad esempio, di brani sinfonici francesi molto conosciuti, è quest'ultimo che non solo 'si presenta meglio', ma garantisce un pubblico più vasto ed un successo "di cassetta" certamente più sicuro.
Esiste un rimedio a questa situazione?... Ci vorrà ancora un pò di tempo, ma già ci sono organisti che si dedicano all'esecuzione, allo studio ed alla valorizzazione delle opere italiane organistiche sia moderne che contemporanee e si stanno moltiplicando le iniziative concertistiche mirate alla riscoperta sia di autori che attualmente giacciono ancora dimenticati, sia degli esponenti della nuova musica organistica contemporanea italiana. Le occasioni non sono ancora molte, ma si stanno moltiplicando, e già capita di ascoltare concerti quasi interamente dedicati a questi autori ed alle loro opere e dagli archivi famigliari e musicali cominciano a saltar fuori musiche e composizioni che, ad un'attenta analisi, si rivelano certamente degne di stare alla pari di quelle di autori stranieri molto più famosi e celebrati.
Ecco allora che troviamo qui il collegamento tra i due argomenti della nostra odierna riflessione. Interpretazione e composizione organistica sono strettamente legate ed interconnesse. Chissà che un sempre più rinnovato interesse per i nostri autori non riesca a dare un nuovo impulso alla produzione organistica italiana.



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