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Idee Musicali




Come in ogni altro argomento, anche nel campo della musica organistica oggidì si parla forse un poco troppo. Mi riallaccio qui al discorso fatto qualche mese fa riguardo al fatto che troppo si bada a scavare nelle pieghe più nascoste delle partiture, perdendo poi di vista quella che è la completezza dei brani.. A questo punto bisogna tornare un attimo alle origini e riprendere tutto da capo, a partire dall'idea stessa di composizione musicale.
E' chiaro che l'origine di una composizione musicale è nella cosidetta "ispirazione", che altro non è che una sensazione, un'atmosfera, un sentimento, un'idea che sorge nella mente del musicista. In altre parole, si tratta di "pensiero", che, come è ovvio, è influenzato da una miriade di componenti interne ed esterne, quali la cultura, l'educazione, la scolarizzazione, il carattere, la predisposizione naturale, la capacità di analisi e sintesi.... Insomma, una composizione musicale è il frutto di un pensiero umano, e proprio per questo non potranno esistere al mondo due ispirazioni musicali uguali, almeno fino a che i nuovi stregoni americani, che nei fatti stanno cercando di realizzare quello che avevano impedito ad Hitler, non riusciranno a clonare anche quella bestia che risponde al nome di essere umano.
Stabilita l'origine della musica, il problema del compositore è quello di concretizzare l'idea musicale. Stante il fatto che ogni mezzo umano è incapace di rendere compiutamente materiale un'idea, il compositore si trova nella necessità di utilizzare i mezzi umani e "tecnici" a sua disposizione per tradurre in forma fisicamente fruibile il suo pensiero. E a questo punto entra in gioco il fattore comunicazione.
Il fatto che il compositore desideri fissare praticamente la sua idea musicale deriva dal fatto che egli intende condividerla con altri esseri umani. Si tratta quindi di una forma di comunicazione "evoluta", che oltrepassa cioè i metodi di base fisiologici (voce, gestualità...) per avvalersi di uno strumento esterno che meglio riesca, almeno nelle intenzioni del musicista, a trasmettere il messaggio o, almeno, le sue linee guida. Questo strumento è la musica, e la musica, come ogni mezzo di comunicazione umano, è un linguaggio e, come tale, pur con tutte le sofisticazioni possibili, è inadatto a rappresentare compiutamente ed in ogni aspetto il pensiero.
Anche la musica, infatti, è una serie di convenzioni (note, segni dinamici, segni espressivi....) che, pur essendo riconosciuti universalmente da chi conosce il linguaggio, vengono diversamente "interpretate" dal fruitore.
Senza scomodare Bertrand Russell ed il suo famoso esempio del tavolo, tutti sappiamo che la percezione umana, a livello fisiologico, è differente da individuo ad individuo; a ciò vanno poi aggiunte anche le differenze a livello "mentale", secondo cui una sintassi di linguaggio viene interpretata differentemente a seconda dei fattori comportamentali, educazionali ed ambientali. Ecco quindi un problema bilaterale, che investe il compositore, il quale deve sforzarsi di rendere il suo linguaggio, pur con tutte le limitazioni intrinseche, il più rappresentativo possibile della sua idea, sia per ciò che concerne le sue personali preferenze, sia per renderlo comprensibile nel giusto modo a chi la musica dovrà proporla agli altri, cioè l'interprete.
La figura dell'interprete è tipica di tutti i linguaggi artistici, eccezion fatta per le arti figurative (pittura, scultura.....) perchè i linguaggi artistici, per la loro specificità, non sono accessibili e gestibili a livello generale come i linguaggi di base ed hanno quindi bisogno di un tramite per venire fruiti anche da coloro che tali linguaggi non sono in grado di comprenderli.
Sotto questo aspetto l'interprete si trova nelle stesse condizioni del compositore: deve mediare un'idea musicale per realizzarla e rappresentarla. In più, ha il problema di riuscire a capire il meglio possibile l'idea originaria del compositore attraverso l'analisi del suo linguaggio, ossia lo spartito. Proprio per questi motivi non ci saranno mai due interpretazioni "uguali" della stessa pagina musicale, neppure da parte dello stesso interprete, poichè troppi e tali sono i fattori ambientali, culturali, fisiologici, umorali e contingenti che condizionano l'interpretazione musicale. Uno stesso segno di "crescendo", sempre uguale sulla pagina, viene interpretato diversamente da ciascun esecutore, e questa diversità (o, per meglio dire, varietà) è il pregio dell'interpretazione musicale e, in sintesi, della musica stessa. Quando la musica verrà realizzata, come auspicano certuni, esclusivamente mediante apparecchiature elettroniche, potremo dire che la musica è definitivamente morta.
Subentra a questo punto il fattore fruizione musicale, cioè il pubblico, ma di questo, forse, parleremo in futuro. Per ora ci fermiamo, ribadendo il nostro dubbio di partenza: e se fosse vero che andando sempre più a scavare nelle particolarità della musica scritta, forse andiamo via via perdendo il suo contenuto e l'idea che ne è origine?



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