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Un Bach insolito




L'anniversario di Bach è trascorso e nonostante i mass-media non lo abbiano degnato di uno sguardo, gli echi delle celebrazioni sono comunque risuonate su e giù per l'Italia. Tra le tante notizie che si sono succedute, una in particolare ci ha fatto piacere. E' stata quella che ad un Convegno di studi tenutosi in quel di Rovereto ha partecipato Douglas Hofstadter, l'autore di quello spettacolare libro che risponde al titolo di "Gödel, Escher, Bach: un'Eterna Ghirlanda Brillante".
Non staremo qui a recensire questo volume che, dall'alto delle sue ottocentocinquanta (!) pagine, rappresenta una pietra fondamentale per la comprensione di quali arditezze matematico-logiche si nascondano all'interno della struttura della musica del grande Johann Sebastian Bach. Consigliamo peraltro i nostri lettori che ancora non l'abbiano letto di procurarselo e di armarsi di una massiccia dose di spirito analitico prima di accingersi a leggerlo. Il motivo per cui la notizia della presenza di Hofstadter al Convegno bachiano di Rovereto ci fa piacere sta nel vedere come anche l'ambiente musicale italiano, solitamente molto critico nei confronti di certe aperture definibili perlomeno "azzardate", si sia convinto che l'approccio alla musica bachiana lo si può fare anche in modi differenti, insoliti e che, peraltro, i risultati di questi studi "particolari" schiudono nuovi orizzonti ed impensabili prospettive per una definizione sempre più completa della figura e della musica di Bach.
Il libro uscì in Italia nel 1984. Chi scrive lo acquistò più che altro per una curiosità fondamentalmente scettica; volevo infatti vedere quante stupidaggini avrei potuto leggere. Superato lo sbigottimento iniziale, questo libro mi aprì orizzonti musicali che non avevo mai prima di allora potuto intravedere. Provai a parlarne con amici musicisti per i quali la musica bachiana era pane quotidiano, ma il loro commento più benevolo fu che per capire la musica di Bach non serve l'analisi al computer, ma solamente un buon trattato di Contrappunto e che per suonarla serve solo una buona tecnica strumentale. Provai allora ad interessare alcuni insegnanti di Conservatorio, ma se alcuni affrontarono l'argomento con una certa sufficienza, altri non vollero neppure prenderlo in considerazione. Solamente negli anni seguenti riuscii a trovare qualcuno che, meno ottuso degli altri, si rese conto che l'approccio logico-matematico che Hofstadter proponeva, supportato da rigorose analisi computerizzate, non solo confermava che nella musica bachiana erano contenuti tutti gli aspetti di un'analisi rigorosissima a livello strutturale, ma anche la presenza di un'applicazione dei principi logico-matematici di sviluppo la cui rigorosità ed esattezza facevano invidia alle più recenti applicazioni dell'informatica e dell'intelligenza artificiale.
E' indubbio che il libro di Hofstadter ha aperto orizzonti incredibili nel campo dell'analisi delle opere musicali bachiane, orizzonti che abbandonano il campo della teoria musicale per estendersi al campo della matematica, della logica, dell'analisi, del ragionamento, della geometria, dell'intelligenza artificiale e via discorrendo. Questo ha spiazzato per diversi anni i puristi della critica musicale, che hanno continuato a giudicare le opere del Kantor di Lipsia sulla base delle normali regole della teoria, dell'armonia e del contrappunto, ignorando che la perfezione di quel contrappunto e di quelle architetture sonore non è fine a se stessa, ma nasconde l'applicazione di regole che avrebbero poi trovato una successiva applicazione solo nel Novecento con l'avvento delle nuove discipline matematiche. Questo è l'aspetto più interessante ed al tempo stesso sconvolgente di quello che Hofstadter ci dimostra: Bach ha utilizzato per la costruzione delle sue opere regole quali il Calcolo Proposizionale, le Strutture Ricorsive, le Proposizioni Formalmente indecidibili, i principi di Autoreferenza e di Autoreplicazione (che sono proprie della struttura del DNA) ed un sacco di altre regole, teorie e teoremi che verranno sviluppati ed enunciati solamente due o trecento anni dopo di lui. Questo è il lato oscuro ed inquietante del grande Bach, che ci appare qui non solo come un genio della musica, ma anche come un precursore, volontario od involontario non importa, del Mondo moderno.
La presenza di Hofstadter al Convegno di Rovereto ha dimostrato che anche in Italia, con una ventina d'anni di ritardo, si comincia finalmente a prendere in considerazione un nuovo modo di analizzare la figura e le opere del Kantor di Lipsia. Certamente questo non ci priverà del piacere puramente musicale ed estetico che proveremo quando ascolteremo l'Offerta Musicale o l'Arte della Fuga, ma avremo un motivo in più per considerare Bach come l'unico vero ed autentico musicista al di sopra del tempo, della storia e della musica stessa.



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