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Questione di Temperamento




Il Temperamento è una parola che quando viene buttata lì innocentemente durante una discussione musicale provoca quasi sempre reazioni diverse ed ha la facoltà di vivacizzare non poco il dibattito.
Nelle nostre prime pagine dedicate alla tecnica ed alla fonica dell'organo abbiamo descritto per sommi capi la teoria del temperamento e delle sue implicazioni, senza peraltro approfondire troppo l'argomento, poichè non è scopo di questo sito l'approfondimento specifico delle varie tematiche. Per questo motivo non siamo scesi nell'analisi dei vari temperamenti che nel corso dei secoli hanno caratterizzato la storia dell'organo.
Ma alcuni nostri lettori si sono appassionati alla cosa e ci hanno più volte scritto per esprimere le loro opinioni e le loro idee in merito; chi sotto il punto di vista più eminentemente tecnico, altri affrontando l'argomento sotto un aspetto più teorico-filologico. Questo ci ha dimostrato che la questione del Temperamento, che verso la fine dell'Ottocento sembrava definitivamente sepolta sotto il peso del Temperamento Equabile e del Corista Universale, ha tratto nuova forza vitale dalla ricerca filologica e dalle rinate tecniche di costruzione organaria che da una cinquantina d'anni stanno riprendendo vigore e attualizzazione e che in tutta Europa vedono ormai una rinascita delle antiche metodologie, le quali non possono essere adeguatamente attuate prescindendo dall'aspetto più importante che le aveva caratterizzate: il Temperamento.
Ecco quindi che si ripresentano sulla scena organaria europea termini che erano ormai scomparsi da tempo: Mesotonico, Kirnberger, Werckmeister, Vallotti e via discorrendo, senza tralasciare quella miriade di temperamenti non strettamente codificati che peraltro avevano caratterizzato la produzione di molti organari i quali, a seconda delle necessità e delle esperienze, ritoccando una terza qui ed una quintà là, avevano, ognuno a suo modo, cercato di "temperare" i rapporti fisico-matematici che intercorrono tra i vari suoni del circolo delle quinte in modo da rendere meno "traumatico" per l'orecchio umano l'ascolto di alcuni intervalli.
Ci preme qui dire che, contrariamente a quanto affermano alcuni "partigiani" del temperamento inequabile, noi riteniamo che se a partire dal quindicesimo secolo si sono susseguiti svariati ed innumerevoli tentativi di "modificare" i rapporti tra i suoni della scala musicale, un motivo ci doveva pur essere e che se l'evoluzione di questi tentativi ha portato infine al temperamento equabile, non è stato certo un caso o una forzatura, ma semplicemente il risultato di un progresso tecnico e musicale che si è sviluppato attraverso i secoli.
Detto questo, e riprese in mano le lettere che ci sono pervenute dai nostri amici lettori, riteniamo che questa volta la riflessione la concludano due di loro. Proponiamo quindi di seguito le e-mail che ci sono recentemente pervenute da Paolo Zacchetti e da Enrico Fico, entrambi attenti ed acuti lettori delle nostre pagine. Se la prima è più che altro una riflessione di tipo più filosofico-metodologico, la seconda affronta il problema in modo più squisitamente tecnico (d'altra parte Enrico Fico è un tecnico elettronico specializzato nella fisica acustica e già in passato ha approfondito il problema con competenza e con sobrietà). Lasciamo quindi ai nostri lettori queste due testimonianze come spunto di riflessione, di approfondimento e di discussione.

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"In questi giorni sto facendo qualche riflessione su tutto il parlare che si è fatto, e che si fa, sui temperamenti; anche in rete ci sono fior di siti specializzati, gestiti a quanto pare da veri appassionati e studiosi, che esaltano le virtù dei vari temperamenti inequabili.
Ce n'è addirittura uno che, come sfondo della homepage, ha la "famosa" radice 12ma di 2 sbarrata a mo' di divieto... strano che non ci sia nemmeno un sito a spezzare una lancia in favore del temperamento equabile.
Prendo la "Storia Universale della Musica" di Roland de Candé , e a proposito del temperamento EQUABILE, leggo:

>> ...Durante la percezione di questi intervalli, un procedimento
>> inconscio di feedback ci permette di adattarli ai patterns della
>> scala naturale. Però questo meccanismo "automatico" consuma
>> energia cerebrale a discapito dell'attività emotiva [...]
>> La maggior parte degli accordi risulta essere snaturata [...]
>> Gli intervalli temperati sono inespressivi...

Quando ascolto un cembalo o un organo accordato inequabile, l'unico sforzo mentale che faccio è quello per cercare di "ignorare" la sensazione di "stonatura" che provo. QUESTO va a scapito dell'attività emotiva!
Personalmente, ascoltare certi strumenti inequabili mi risulta gradevole come le famose unghie sulla lavagna...
L'unica registrazione che non mi da questo effetto è un "Clavicembalo ben temperato" su un cembalo accordato in Kirnberger III, perchè si sente molto poco: evidentemente, quel temperamento è più vicino all'equabile di altri.
Però mi sento tanto voce che grida nel deserto... possibile che l'inequabile sembri "stonato" solo a me?...."

Paolo Zacchetti

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"Ricorderai le montagne di calcoli che mi "divertivo" a fare per trovare i rapporti matematici fra le frequenze delle note che compongono i vari intervalli (ottava, quinta, etc.). Poi "creavo" il temperamento facendo eguagliare matematicamente catene di piu' quinte, o di piu' terze, in confronto al rapporto d' ottava.
Da "quei tempi" sono passati solo pochi anni ma, ora che la mia "cultura" e' un po' piu' musicale e non solo scientifica, direi che tutti quelle formule e' meglio lasciarle ai fisici-matematici.
Al musicista, a mio avviso, e' meglio parlare in termini di intervalli puri ed impuri, di quinte temperate o crescenti, etc. lasciando magari una porta aperta verso un approfondimento sulle relazioni armonici/intervalli, che e' il metodo per giustificare il perche' le terze, le quinte e le ottave sono intervalli "consonanti" e come tali vengono percepiti. Questo tuttavia non esclude un necessario piccolo accenno matematico al perche' una catena di 12 quinte pure (partendo dal Do) porta mecessariamente ad un Si# che e' un poco piu' alto del Do in rapporto d'ottava esatto, cioe' ad un' ottava "crescente" (comma pitagorico).
Analogamente non si puo' ignorare come una catena di tre terze maggiori pure porta sempre ad ottenere un Si#, questa volta piu' basso del Do (comma enarmonico).
Per gli amanti delle "cose fini" si puo' anche presentare il comma sintonico (quattro quinte che portano ad un Mi piu' alto della terza pura, cioe' la famosa terza pitagorica (assai crescente e stridente).
Ma tornando al linguaggio "musicale", resterei sui seguenti punti focali:
1 - le quinte pure sono troppo grandi per dare ottave e terze pure;
2 - le terze maggiori pure sono troppo piccole per dare ottave e quinte pure;
3- l' intervallo d' ottava e' intoccabile, non fosse altro per dare continuita' alla scala musicale oltre ai 12 suoni, ma soprattutto perche' ogni minimo scostamento dalla purezza viene subito avvertito "ad orecchio" come una stonatura.
Quindi, per mantenere la purezza delle ottave, bisogna:
- stringere le quinte (qualcuna o tutte) e, di conseguenza,
- allargare le terze (qualcuna o tutte).
A questo punto, almeno personalmente, la cosa che piu' mi ha chiarito le idee e' la rappresentazione del circolo delle quinte sotto forma di orologio (analogico). A Mezzogiorno si puo' mettere il Fa e via di seguito, in senso orario, fino alle 11 su cui cade il Sib, o La# a seconda dei casi.
Poi, quasi a "rompere" tutti questi discorsi di "purezza ed armonia", occorre precisare che si puo' anche rinunciare a chiudere il circolo delle quinte, sacrificandone una che sara' crescente o calante a seconda dei casi. La famosa quinta del lupo.
Cosi' incomincia il discorso del temperamento pitagorico, delle sue caratteristiche e dei suoi limiti se applicato ad uno strumento ad accordatura fissa ed all' esecuzione congiunta di piu' gradi della scala che non siano tutti quarte, quinte ed ottave.
A seguire il "suo opposto" cioe' i vari sistemi mesotonici, anch'essi con i loro limiti.
Poi sono arrivati i temperamenti irregolari, o barocchi, tutti legati dal fatto di chiudere fuori il lupo dal circolo delle quinte, realizzando una prima coincidenza fra diesis e bemolle.
Le possibilita' di costruire un temperamento irregolare sono teoricamente infinite, su questo argomento si potrebbe scrivere un libro. Ma lascerei che i curiosi acquistino uno dei testi in commercio fatti apposta.
Avrai certamente notato che, contrariamente a quello che facevo in precedenza, non affronto piu' il problema delle accordature fisse come "scale musicali" ma come "temperamenti".
A mio avviso il parlare di "scale musicali", assegnando un nome ad ognuna di esse (cioe' scala pitagorica, scala zarliniana, etc.), puo' portare a pensare che si tratti di entita' distinte e diverse fra loro.
In realta' sono diverse, ma sono tutte facce di una stessa cosa: il sistema musicale occidentale basato sull' intervallo di quinta (o circolo delle 12 quinte).
Questo sistema, ormai millenario, ha funzionato benissimo fino a che non e' nato il desiderio di andare oltre ai suoi limiti.
Da allora sono stati necessari dei compromessi, prima per poter utilizzare anche le terze (allora pitagoriche), poi per poter utilizzare tutte le tonalita'. Il tutto vincolato anche dalla tastiera a 12 tasti di organo e cembalo.
Tornando ai temperamenti, l' unico punto sul quale ho ancora le idee poco chiare e' sul perche' il sistema equabile (conosciuto gia' da tempo) abbia cosi' faticato per "entrare in vigore".
A mio avviso, i motivi che possono aver rallentato il suo sviluppo possono essere cosi' riassunti:
- non e' facile da realizzare ad orecchio, tutte le quinte sono temperate (e di poco) ed ogni minimo errore si ripercuote a catena. Non ci sono nemmeno punti di riferimento come, ad esempio, quinte o terze pure da rispettare che possono tornare utili per verificare gli intervalli che racchiudono;
- specie sul cembalo le terze maggiori "equabili" sono "assai agitate", sull' organo gia' si nota meno;
- ci voleva il pianoforte che, con i suoi numerosi unisoni per ogni nota, riesce a rendere gradevoli anche le grandi terze del sistema equabile.
Altra cosa a cui stento a trovare una risposta e' sull' utilita' di comporre in Re b maggiore, o Si maggiore, etc.
In altre parole: perche' non bastano le tonalita' (maggiori e minori) fino a tre alterazioni? C'e' il Do+, La-, Sol+, Mi-, Re+, Si-, La+, Fa#-, Fa+, Re-, Sib+, Sol-, Mib+, Do- per un totale di 7 tonalita' maggiori e 7 minori. Coprono la tessitura dell' ottava in modo da poter estendere il canto nell' ambito grave-acuto desiderato.
Comprendo gia' piu' facilmente il perche' i compositori domandino al sistema d' accordo che tutte le tonalita' siano "almeno praticabili" per via delle varie mudulazioni che si trovano nello svolgimento delle composizioni."

Enrico Fico



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