L'amico Enrico Fico ci ha gentilmente fatto pervenire un articolo apparso sul numero
di Aprile scorso della rivista musicale francese "Le Mond de la Musique", da cui traiamo
spunto per alcune considerazioni.
Mala Tempora currunt... ma se in campo organario fino ad oggi certuni guardavano alla
Francia come ad un'isola abbastanza al riparo dalle bufere, anche presso i nostri cugini
d'Oltralpe le cose si stanno ora mettendo malino.
In effetti spesso abbiamo guardato con una certa invidia il fatto che in Francia lo Stato
si sia sempre accollato per intero il restauro e la manutenzione ordinaria dei circa
millecinquecento organi classificati "storici" (si, avete letto bene: le spese di
manutenzione e restauro di tutti questi organi sono a totale carico statale) nonchè
una quota del 20% sul totale dei lavori che vengono effettuati sugli altri circa ottomila organi non
classificati. Ma già da qualche tempo il Governo Francese ha pensato di ridurre in modo
consistente queste "uscite organarie" dal suo bilancio. E così si è cominciato a ridurre
i contributi per gli organi non classificati , dimodochè, nel 2002, mentre il contributo per
la manutenzione degli organi storici ha visto un esborso di circa tre milioni di Euro, per
gli altri interventi si sono spesi solamente quattromilatrecento Euro, cioè poco più di
otto milioni delle nostre vecchie Lirette, e per chi sa quanto siano costosi i restauri e
le manutenzioni degli organi questo significa, in pratica, rimanere senza sovvenzioni.
Ma non è finita qui. Nella Primavera scorsa è stata approvata una specie di "deregulation"
che trasferisce alle Regioni ed alle realtà locali l'incombenza dell'elargizione di questi
contributi. In seguito alla levata di scudi che ne è seguita, pare che lo Stato intenda,
almeno, mantenere a suo carico una parte dei contributi per gli organi storici, ma per il
resto tutto naviga nell'incertezza più assoluta. In effetti, ma questa è prassi comune,
non sono ancora state stabilite le modalità operative ed amministrative affinchè questo
passaggio di incombenze possa essere attuato in tempi ragionevolmente brevi. Da lì a prevedere
anni di blocco dei finanziamenti il passo è breve ed obbligato e l'Associazione Nazionale
degli Organari Francesi ha levato alta la protesta e la preoccupazione.
Questo deriva dal fatto che non solo i finanziamenti si bloccheranno in attesa dei
necessari chiarimenti legislativi, ma anche -e di conseguenza- si bloccherà la maggior
parte dei lavori. Se a questo si aggiunge poi il fatto che le procedure burocratiche ed
amministrative francesi relative a questo genere di lavori nulla hanno da invidiare, in fatto
di tempistica e complessità, a quelle nostrane, ecco che Yves Koenig, Presidente del
Groupement Professionel des Facteurs d'Orgues, non fatica a prevedere che nel giro di
poco meno di un anno circa un terzo delle aziende organarie francesi dovranno chiudere
bottega.
A questo punto noi italici potremmo anche essere tentati di godere, dopo averli tanto
invidiati, di intimo compiacimento
nel vedere che -finalmente- anche i cugini Francesi sono alle prese con gli stessi problemi
con cui noi, invece, dobbiamo batterci da tempo immemore. Respinta la tentazione, non ci rimane,
invece, che considerare quanto grave si stia facendo la situazione organaria europea. In effetti,
in generale,
le contingenze economiche europee determinano una sempre più generalizzata riduzione dei
finanziamenti pubblici per quello che una volta era chiamata cultura mediante decentralizzazioni,
suddivisione di incombenze e tutto quanto serve affinchè nel giro di pochi anni tutte le
contribuzioni per l'arte, la musica e la cultura vengano "delegate" alla benevolenza ed alla
magnanimità degli "sponsor" privati, manlevando da questo impegno le Amministrazioni Statali e
Pubbliche, a quel punto libere di "far quadrare i bilanci", con soddisfazione della BCE e con
buona pace di tutti quelli che ancora si illudono che la formazione culturale dei cittadini debba
essere prima di tutto compito dello Stato. D'altra parte, e ne conveniamo con rammarico, a fronte
della crisi economica che tutto il Vecchio Continente sta attraversando, fare o non fare il restauro di un
organo riveste ben poca importanza.
Dall'altra parte, invece, non possiamo fare altro che rammaricarci per il fatto che in questo
modo, per salvare una parte di economia se ne uccide un'altra. Ma anche qui dobbiamo ammettere
che se chiudere una fabbrica tessile fa notizia, chiudere venti o trenta botteghe organarie non merita
altrettanta considerazione.
Prepariamoci, quindi, ad anni difficili in campo organario; anni difficili che, uniti anche alla
crisi intrinseca della musica organistica, minata dall'indifferenza -se non dall'ostilità- della Chiesa Cattolica
ed incalzata dal sempre minor numero di studenti di Organo nei Conservatori, rischia di far precipitare
l'organo in un baratro da cui sarà molto difficile risollevarlo.
Ma forse, chissà, hanno ragione loro... Magari tra una ventina d'anni anche qui da noi sarà
come negli Stati Uniti d'America, dove
la costruzione, il restauro e la manutenzione degli organi vengono totalmente pagati da ricche
aziende per le quali spendere un milione di Dollari per uno strumento rappresenta, sic et
simpliciter, un investimento ed un mezzo di promozione pubblicitaria.
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