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C'è Scuola e suola




Anno 1961. Chi scrive frequentava la classe prima elementare. Qualche tempo prima di Natale la maestra ci portava due volte alla settimana nell'aula di canto corale, dove era sistemato un vecchio pianoforte verticale, di quelli ancora con i due candelabri in bronzo ai lati del leggio, e, accompagnandoci al pianoforte, ci insegnava "Astro del Ciel", che avremmo cantato alla recita di Natale di fronte ai nostri genitori.
Fu il mio primo contatto con la "Musica Pratica". Allora era naturale, ma oggi, a tanti anni di distanza, mi viene da pensare alla mia Maestra che, oltre ad insegnarci grammatica, matematica, scienza, geografia, religione e quant'altro, sapeva pure suonare il pianoforte ed insegnare musica. Trovatemi una maestra di oggi che sappia fare altrettanto e vi pago una cena.
Questa piccola storia per iniziare un discorso che ha visto negli ultimi decenni lentamente sparire l'insegnamento della musica dalle scuole italiane. E questo per un sacco di motivi alla cui base sta la sistematica e continuativa demolizione della Musica intesa come "Arte", come linguaggio universale dello spirito, come strumento di aggregazione e di interscambio culturale, a prescindere dal tipo e genere di musica.
Purtroppo, e questo ormai lo diciamo da queste pagine da troppo tempo, la Musica è universalmente divenuta solo ed esclusivamente una fonte di reddito e di profitto per pochissimi gruppi commerciali che a livello mondiale hanno monopolizzato tutte le risorse, facendo in modo che fare musica sia diventato inconcludente, inutile ed inopportuno per tutti gli altri.
Di pari passo è stata fatta avanzare la strategia di de-alfabetizzazione musicale dei giovani, ai quali vengono continuamente proposti modelli che basano le loro caratteristiche su generi musicali che se da una parte procurano grossi guadagni a fronte di minime fatiche, dall'altra inaridiscono irrimediabilmente quella che è l'essenza della musica stessa.
Potremmo anche aggiungere che nella scuola italiana si è portata da allora anche molto avanti la de-alfabetizzazione in senso generico e lato, i cui saporosi frutti li abbiamo di fronte ogni giorno quando rimaniamo stupefatti dall'abissale ignoranza dimostrata da quegli italici rappresentanti dellla nostra popolazione che partecipano ai vari quiz televisivi, sbandierando magari una prestigiosa laurea in scienza della comunicazione ma senza sapere, ad esempio, da dove partì la spedizione dei "Mille" di Garibaldi. Ma questo è un altro discorso.
E così oggi, tornando a noi, ci troviamo di fronte a giovani che sono convinti che riuscire a mettere quattro accordi di seguito sulle corde di una chitarra sia "fare musica", così come alcuni "cantautori" di grido vengono invitati nelle aule delle Università per tenere lezioni di "grande musica", mentre la vera Grande Musica rimane accuratamente sepolta nei cassetti, per essere utilizzata solo nelle kermesses lirico-sinfoniche di grande richiamo organizzate dalle solite "major" musicali internazionali, dove i soliti, noti, grandi (?) nomi della musica "colta" la utilizzano come strumento di notorietà e di arricchimento. E' fuori di discussione, peraltro, che la Musica, oggi, è stata depauperata totalmente di una delle sue caratteristiche peculiari: la capacità di aggregazione sociale. Questo anche perchè nella società odierna l'aggregazione sociale rappresenta una pericolosissima insidia per il sistema, che vede sempre più acuirsi le differenze tra vari strati sociali, differenze da cui l'arricchimento di pochi a scapito dei molti trae basilare sostentamento.
Ma, tornando alle scuole, non ci pare che sia il caso di stupirsi più di tanto per ciò che sta succedendo. In effetti, le ultime novità altro non sono che la logica prosecuzione del discorso di de-alfabetizzazione musicale di cui parlavamo prima. In pratica, la Musica, nella società mondiale odierna, dominata dalla competizione economica e dalla religione del profitto, è diventata -e non poteva essere diversamente- anch'essa uno strumento per "fare soldi" e, si sa, per fare soldi bisogna saper fare bene il proprio mestiere.
E' per questo motivo che all'insegnamento della Musica è stato "dedicato" un apposito Liceo, dove si possano iscrivere solo coloro che la musica la vogliono fare davvero come professione e, pertanto, come fonte di reddito e di produttività. Nell'ottica attuale non ha in effetti senso spendere soldi per insegnare la musica indistintamente a tutti gli allievi dei Licei, anche perchè i Licei non sono più intesi come scuola di preparazione alla vita, bensì come scuole di preparazione alla professione.
Questo è uno dei motivi per cui non ci pare il caso di scandalizzarsi. Anche perchè noi da tempo andiamo magnificando il sistema scolastico statunitense, dove le scuole preparano esclusivamente a fare "una cosa", a compartimenti rigorosamente stagni. In questo modo per chi deve diventare esperto in informatica non è assolutamente necessario sapere di filosofia, così come non serve al musicista conoscere la geopolitica. D'altra parte, poichè l'educazione dei giovani costa salato alla società in termini strettamente finanziari, sia in caso di scuole pubbliche che private (in ogni caso -direttamente od indirettamente- sono sempre i cittadini che tirano fuori i soldi), è sicuramente più "risparmioso" e redditizio in termini di investimento per il futuro, spendere i soldi per addestrare pochi a fare bene una sola cosa che possa recare profitto piuttosto che insegnare le stesse cose a tante persone, solamente pochissime delle quali ne trarranno vantaggio.
Questa è la filosofia della scuola di oggi. Ma, intendiamoci bene, non è una filosofia che è nata ieri o l'altroieri. La mutazione della scuola italiana in questo senso ha origini ben più lontane nei decenni passati e prende spunto dalla mondializzazione dell'economia e dalla cosidetta "globalizzazione", parola che non significa nulla di preciso ma che giustifica un sacco di porcherie che vengono ormai perpetrate ai danni dell'Umanità. Il fatto più preoccupante è che da qualche anno a questa parte l'accelerazione del cambiamento è stata molto più violenta e repentina.
Alla base di tutto, quindi, ci sta la solita logica del profitto. E quando dominano profitti e guadagni non c'è posto per arte, spiritualità, moralità, coscienza, vergogna e quant'altro. Non ha nessuna importanza che la Musica sia da sempre il collante universale dello spirito umano, non ha importanza che l'Umanità abbia affidato da millenni alla Musica il compito di elevare lo spirito al di sopra delle miserie terrene, non importa nulla il fatto che insegnare musica a tutti i bambini delle scuole fin dalla più tenera età ne renda lo sviluppo psicologico ed artistico più armonico e costante. Tutto questo, e tanto altro che non stiamo qui a dire, non ha importanza. Oggi il Mondo e la società vogliono "professionisti", che facciano bene il loro mestiere e facciano guadagnare tanti bei soldoni alle imprese per cui lavorano, ed i musicisti ormai tali sono considerati. Se poi sono anche dotati di ispirazione, fantasia e genialità ancora meglio: il loro lavoro frutterà maggiori profitti.
Noi, ça va sans dire, siamo contrari a questa visione, ma non saremo certamente noi nè le petizioni e le proteste a fermare la ruota del Mondo, che gira e macina tutto senza guardare in faccia a nessuno. Ma, per l'appunto, di ruota si tratta, e anche se è grande e gira lentamente, prima o poi ritorna al punto di partenza e così la scuola di oggi, che ci pare sia ridotta ad una "suola" consumata, prima o poi ritornerà ad essere una "Scuola" con la esse maiuscola. E' una magra consolazione, ma vediamo di accontentarci.



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