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Fratelli (?) musicisti d'Italia




Tra le svariate "catene di S.Antonio" che girano sul web, ne abbiamo recentemente ricevuta una che invita a firmare una petizione online contro la "revisione" dell'Inno Nazionale da parte di Giovanni Allevi e la sua direzione da parte dello stesso musicista alla testa dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI. Il testo di questa protesta-petizione è il seguente:

"La scelta dei vertici RAI di far rivisitare Giovanni Allevi l'Inno di Mameli e di farglielo dirigere alla testa dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia rappresenta l'acme della vergogna per la già bistrattata Cultura italica.
A questo si aggiunga che l'operazione commerciale cui i vertici RAI si sono resi complici comporta che per tutto il 2011 la versione Allevi del già troppo discusso nostro Inno nazionale sarà sigla di apertura dei programmi di Radio RAI con conseguente corresponsione di diritti SIAE per aver revisionato il pezzo.
Allevi è la peggior espressione del progetto di mediocrizzare il concetto di Musica colta, un falso modello per i giovani che studiano Musica dentro e fuori dai Conservatori, un ostacolo abnorme per chi opera, insegna, agisce nelle Istituzioni musicali con serietà, preparazione e cultura.
Chiediamo alla Dirigenza RAI di fare un passo indietro, di chiedere scusa a chi la Musica la fa seriamente e di vergognarsi per la reiterata operazione che vede imporre al pubblico (che tra l'altro paga il Canone annuale) questo fenomeno da baraccone, simbolo dell'INCULTURA del nostro tempo sostenuta e foraggiata con danaro pubblico.
Facciamo girare questa mail, e firmiamo la petizione. Più saremo, più questa iniziativa potrà essere presa in considerazione."


Siamo ormai abituati a tutto ma, sinceramente, la virulenza verbale di questo testo ci ha colpiti, soprattutto per quanto riguarda le accuse, al limite dell'insulto personale, che vengono fatte a questo musicista, che da siffatta requisitoria ne esce con le ossa accuratamente frantumate.
Confessiamo che finora la figura dell'Allevi nazionale ci era rimasta sempre assai indifferente sia sotto il punto di vista personale che musicale, ma questo appello così "astioso" nei suoi confronti ci ha spinto a capire qualcosa in più della faccenda, e così, per la regola deontologica che ci impone di informarci prima di parlare e di scrivere, siamo dapprima andati a trovarlo sul suo sito web per farci una cultura sulla sua carriera, cultura e personalità musicale. Siamo poi andati sul grande tubo (Youtube), dove abbiamo potuto ascoltare diverse sue musiche e, anche, la sua performance dell'Inno Nazionale, corredata dell'adeguato ed ormai immancabile "backstage" in cui egli ci propone in un sapiente mix di musica e discorso in cui possiamo, per così dire, entrare nel suo mondo musicale e filosofico e conoscere i retroscena della sua rivisitazione del nostro Inno Nazionale. Siamo poi andati a rovistare sul sito della SIAE per trovare notizie di fonte certa circa i diritti che si possono accampare su questa musica e, infine, abbiamo fatto un giro d'orizzonte per vedere quante revisioni, versioni ed arrangiamenti dell'Inno ci possano essere in giro. Possiamo quindi, a questo punto, esprimere la nostra opinione (anche se non richiesta) in merito.
Ovviamente non firmeremo la petizione, poichè le motivazioni in essa espresse sono assolutamente pretestuose e, cosa ben più grave, essenziamente strumentali al fine di denigrare una persona che, a torto o a ragione, svolge (bene o male che lo si giudichi) un mestiere che, per sua intrinseca caratteristica, è sempre artisticamente discutibile ma la cui opinabilità non deve mai diventare motivo di discredito o, peggio, insulto.
Ma, passando al sodo, chi è Giovanni Allevi? Diplomato in pianoforte e composizione (e quindi pienamente in possesso di tutti i requisiti "canonici" e giuridici per svolgere il mestiere che fa) egli è una figura che volutamente si distacca da quella del musicista "serio e colto". Egli ci presenta una personalità che vorrebbe palesarsi per musicalmente complessa ma che, al di là della terminologia ridondante e della sostanziosa "aria fritta" di cui sono infarciti i suoi discorsi ed i suoi scritti (peraltro anche abbondantemente -ma anche qui assai banalmente- filosofici), si rivela abbastanza lineare e trasparente. A prescindere dal suo modo di porsi e proporsi come persona (che da una parte può affascinare soprattutto una platea di giovani perlopiù musicalmente ignoranti ma assai sensibili -come tutti i giovani- all'appeal del musicista "ribelle" ma che dall'altra può fortemente infastidire tanta altra gente), Giovanni Allevi, nonostante i suoi Diplomi brillantemente conseguiti, ci dimostra (e dispiace dirlo) un'apparente immaturità musicale a livello accademico che non può che lasciarci abbondantemente stupiti, anche perchè da un musicista che (stando al suo magniloquente curriculum) ha approfondito la musica antica, conosce a fondo l'anima del contrapppunto più criptico, ha praticato la dodecafonia e si è cimentato con la musica sperimentale abbeverandosi alle fonti della Scuola di Darmstadt è più che lecito aspettarsi "qualcosina" in più rispetto a banalissime composizioni di genere finto-jazz-sinfonico che vedono come massima trasgressione musicale un altrettanto banalissimo tempo in cinque quarti.
E allora, a questo punto, delle due l'una: o nel suo curriculum Allevi spaccia balle colossali (ma non crediamo proprio che egli millanti, rischiando lo sputtanamento planetario) oppure egli è un "furbo", cioè uno di quei musicisti (e sono tanti) che sa benissimo che per ottenere un successo "popolare" tanto facile quanto remunerativo occorre chiudere in un cassetto il Diploma, le fughe a sei voci, la dodecafonia, gli strumenti preparati ed i nastri magnetici tanto cari a Berio, Boulez e compagnia e scendere a patti con la banalità. Se poi si riesce a circonfondere questa banalità di una confusa aura di filosofia (e Allevi è laureato con lode in Filosofia) ecco che il prodotto è pronto per essere distribuito e consumato da un pubblico che non si sognerà mai di andare ad ascoltare un concerto sinfonico ma che per avere il biglietto di una sua performance farebbe carte false.
Ma c'è anche un terza ipotesi (per la quale personalmente propendiamo) e cioè che Allevi sia un musicista dalle solide basi che, semplicemente, ha operato una scelta precisa: quella di comporre, suonare e dirigere la musica che più "gli piace". E questa musica gli piace così tanto da considerarla nel vero ed autentico suo significato, cioè "divertimento", nel senso di "volgere altrove" il proprio interesse, cercando il modo migliore per soddisfare una delle necessità primarie dell'essere umano. E questo aspetto è talmente presente in Giovanni Allevi che egli, prima di esibirsi con l'orchestra, molto spesso rivolge agli orchestrali l'augurio "Buon divertimento!". Sotto questo punto di vista egli si avvicina moltissimo alla concezione francese ("jouer": giocare - suonare) e tedesca ("spielen": giocare - suonare - interpretare) del fare musica.
Ma, date per buone le ultime due ipotesi, Giovanni Allevi è da biasimare e condannare? Sicuramente no. Lo si può criticare, anche aspramente, sotto il punto di vista musicale ed artistico (a proposito: la sua direzione d'orchestra è -diciamolo francamente- penosa; fortunatamente i professori d'orchestra sanno perfettamente cosa fare e come farlo e non lo degnano -giustamente- della minima considerazione) ma non certo per il fatto di avere intrapreso una strada diversa da quella "tradizionale" per fare una "sua" musica. Certo, può suscitare nervosismo e frustrazione il fatto che un quarantenne che produce musica sicuramente banale guadagni in un concerto la stessa cifra che un insegnante di Conservatorio guadagna in uno o due anni, ma queste, come si dice, sono le regole del gioco che la società attuale, nolenti o volenti, ci impone. D'altra parte, qualche decennio orsono, furono le performances del grande Luciano Pavarotti che duettava con le più famose rockstar del momento a suscitare molte polemiche, così come oggi, nel campo della musica sacra, c'è il Frisina di turno che -come Allevi- si attira gli strali (artisticamente e musicalmente sacrosanti) dei polifonisti più duri e puri.
Detto questo sulla persona, possiamo dire anche che, a nostro parere, la sua revisione (possiamo chiamarla "arrangiamento"?) dell'Inno Nazionale Italiano non è nè peggio nè meglio di tante altre.
Se girate un pò sulla rete trovate centinaia di trascrizioni, riduzioni, elaborazioni ed arrangiamenti del nostro Inno. Si va dalla grande orchestra e coro fino alla chitarra, passando per banda, quartetto d'archi, fanfara di ottoni, ensemble di flauti diritti (per gli alunni delle scuole), pianoforte solo, organo, fisarmonica, ocarina e chi più ne ha più ne metta. Ed anche le tonalità spaziano attraverso tutte le tessiture possibili (sottolineiamo qui che la versione "ufficiale" presente sul sito della Presidenza della Repubblica è in Si bemolle, esattamente come quella di Allevi). In mezzo a tanta abbondanza, nella quale troviamo tante cose pregevoli e tanta "spazzatura" musicale, la "revisione" di Allevi è una delle migliori e, sinceramente, molto gradevole e ben curata. Non vediamo alcun motivo per cui essa non dovrebbe godere di pari dignità rispetto a tente altre versioni che, musicalmente, le sono di molto inferiori.
Infine la SIAE. Nell'appello anti-Allevi ci si duole che allo stesso si versino i diritti SIAE per la sua revisione ogni volta che essa verrà trasmessa alla radio. Qui la questione non è molto chiara, poichè anche se la SIAE ha precisato recentemente che l'Inno di Mameli è ormai di Pubblico Dominio e, quindi, non ricade nel numero delle opere coperte da diritto d'autore, pare che esista un diritto di "noleggio spartiti" (al quale, peraltro la stessa SIAE -a seguito di recenti polemiche- ha rinunciato) così come non è chiaro se, decaduti i diritti per gli autori, rimangano attivi i diritti dovuti agli "arrangiatori" ed ai "revisori". Ma anche supponendo che questi ultimi diritti debbano essere corrisposti, si tratta di una prassi di assoluta routine che se vale per gli altri deve valere anche per Allevi, senza che questo debba scandalizzare nessuno (sono ben altri gli aspetti gestionali ed amministrativi della SIAE che dovrebbero indignare e suscitare proteste assolutamente sacrosante...).
Queste sono le considerazioni che possiamo trarre dai nostri approfondimenti. Ad esse ne aggiungiamo un'ultima del tutto personale. Giovanni Allevi come persona ci è assolutamente indifferente e come musicista non ci piace. Siamo d'accordo anche sul fatto che egli non possa essere annoverato -per il modo in cui svolge la sua attività- tra i migliori esempi (fatto salvo, ovviamente, il suo pregevole curriculum scolastico) per tutti quegli studenti che la musica la intendono in un senso decisamente più "alto". Detto questo, egli ha diritto al rispetto personale. Lo possiamo -e dobbiamo- criticare, anche asperrimamente, per il suo modo di fare musica, ma proprio in quest'anno di celebrazioni per l'Unità d'Italia sarebbe molto opportuno ricordarsi che anche lui è un "Fratello (musicista) d'Italia".



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