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Il vero problema della musica liturgica sono gli organisti professionisti?

di Federico Borsari




Verso la fine dello scorso anno ci è pervenuta una posta elettronica il cui incipit recitava, testualmente, così: "Il vero problema della musica liturgica in Italia non sono i suonatori di chitarra - che spesso dimostrano una dedizione esemplare nel loro servizio - bensì tutti quegli organisti professionisti che in tanti anni non hanno fatto nulla affinché la situazione potesse migliorare: essi, anzi, si sono arroccati su posizioni filologico-artistiche che, se apprezzate in campo concertistico, non sono immediatamente compatibili con il ruolo richiesto alla musica dal culto cattolico riformato.".
Ci permettiamo di condividere nulla di questa tesi ed è assai curioso che nella mail, a conforto di tale argomentazione, si rimandasse alla relazione di Mons. Vincenzo De Gregorio dal titolo "L'organista in chiesa: da una professionalità riconosciuta ad una ministerialità acquisita", documento in cui viene effettuata una scupolosa disamina della figura dell'organista, dello strumento e della sua musica (completata da copiose citazioni di documenti e direttive pontificie sull'argomento) e che, a nostro parere, va decisamente contro la tesi che dovrebbe sostenere.
Tra le citazioni presenti nella relazione ne troviamo diverse che contraddicono almeno la prima parte dell'affermazione; ne riportiamo di seguito una tratta dall'Enciclica "Musicæ Sacræ Disciplina" emanata dal Pontefice Pio XII nel 1955:
"Oltre l'organo vi sono gli altri strumenti che possono efficacemente venire in aiuto a raggiungere l'alto fine della musica sacra, purchè non abbiano nulla di profano, di chiassoso, di rumoroso, cose disdicevoli al sacro rito ed alla gravità del luogo. Tra essi vengono in primo luogo il violino ed altri strumenti ad arco, i quali, o soli, i insieme con altri strumenti e con l'organo, esprimono un indicibile efficacia i sensi di mestizia o di gioia dell'animo."
Nella relazione viene altresì affermato che "Bisogna tener presente la differenza che intercorre tra la Musica Sacra e la profana. Vi sono strumenti musicali -come l'organo classico- che per la loro natura ed origine sono ordinati direttamente alla Musica Sacra; ve ne sono altri che facilmente si adattano all'uso liturgico come gli strumenti ad arco; vi sono strumenti che, per giudizio comune, sono talmente propri della musica profana che non possono in modo assoluto adattarsi all'uso sacro."
Leggendo queste righe risulta evidente che se forse è vero che i suonatori di chitarra non sarebbero (mettiamo la formula dubitativa) il problema, sicuramente lo sono le chitarre. Ciò perchè questo (peraltro nobile in altri ambiti musicali) strumento fa parte, senza alcun dubbio, del novero degli strumenti profani e, quindi, disdicevoli al Sacro Rito e, come tale, in chiesa non ci dovrebbe entrare. Se aggiungiamo, poi, il fatto che le chitarre sono entrate nelle chiese a rimorchio della loro "popolarità" nell'ambito della musica "Pop" e "Rock", ecco che, fatalmente, ricadono anche nel numero di quegli strumenti che "per giudizio comune, sono talmente propri della musica profana che non possono in modo assoluto adattarsi all'uso sacro."
Ma nella relazione non ci si ferma a cinquant'anni fa. Viene infatti citato un passo tratto da Introduzione allo spirito della liturgia, scritto pubblicato nel 2001 da Joseph Ratzinger, nel quale, in poche righe -che riportiamo qui sotto- viene spietatamente fotografata la realtà musicale di oggi:
"Ci sono poi due fenomeni legati all'evoluzione della musica stessa che inizialmente hanno avuto origine in Occidente, ma che con la globalizzazione della cultura coinvolgono da lungo tempo tutta l'umanità. La cosiddetta "musica classica" -salvo poche eccezioni- si è ormai relegata in una sorta di ghetto, a cui accedono solo degli specialisti e anche questi, talvolta, lo fanno forse con sentimenti e predisposizioni diversi. La musica delle masse si è separata da questa e percorre ormai una strada differente. Si incontra qui, da una parte, la musica (Pop) nel vecchio senso, ma è ordinata ad un fenomeno di massa, viene prodotta con metodi e su scala industriale e deve essere ultimamente definita come un culto della banalità. Rispetto a questa la musica "rock" è espressione di passioni elementari, che nei grandi raduni di musica rock hanno assunto caratteri cultuali, cioè di un contro culto che si oppone al culto cristiano. Esso vuole liberare l'uomo da se stesso nell'evento di massa e nello sconvolgimento mediante il ritmo, il rumore e gli effetti luminosi, facendo precipitare chi vi partecipa nel potere primitivo del Tutto, mediante l'estasi della lacerazione dei propri limiti. La musica della sobria ebbrezza dello Spirito Santo sembra avere poche possibilità qui dove l'io è divenuto un carcere, dove lo spirito è divenuto una catena e la rottura violenta con ambedue pare essere la vera promessa di liberazione, di cui, almeno per qualche istante, si crede di avere assaggiato il sapore.".
Questo, secondo noi, rimette al loro giusto posto le cose. Se, infine, teniamo conto anche della costituzione "Sacrosanctum Concilium" del 1963 (documento del Concilio Vaticano II) che recita: "Nella chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa e di elevare potentemente gli animi a Dio ed alle cose celesti.", ecco che ci sentiamo legittimati da fonti più che autorevoli ad affermare che il vero problema della musica liturgica sono tutti quegli strumenti di specifico carattere "pop" e "rock" (chitarre, batterie, percussioni, ecc.) che da oltre trent'anni hanno proditoriamente fatto il loro ingresso nelle chiese.
Circa la questione, poi, degli organisti "arroccati" su posizioni intransigenti non compatibili con il ruolo richiesto alla musica dal culto cattolico, anche qui ci sentiamo di esprimere forti dubbi. Personalmente conosciamo molti organisti, anche di assoluta importanza, alcuni dei quali prestano il loro servizio presso Basiliche vaticane, tutti splendidi concertisti di fama mondiale che però quando siedono alla consolle del loro strumento dismettono il frac del concertista ed indossano (e non solo metaforicamente) la tonaca per servire nel migliore dei modi l'azione liturgica con competenza ed assoluta dedizione. Questo atteggiamento lo troviamo anche in tutti quegli organisti cosidetti "dilettanti" che sono -per così dire- nati e cresciuti sulle cantorie e che sono perfettamente consapevoli del loro ruolo e della loro importanza.
Certamente ci sono organisti che, a torto o ragione, hanno preso posizioni molto dure nei confronti dell'attuale situazione, ma bisogna anche dire che molto spesso lo hanno fatto (e lo fanno) per "legittima difesa" di fronte all'arroganza spocchiosa di questi nuovi pseudo-musicisti (che spesso di musica non sanno nulla) che hanno preso possesso di tribune, cantorie e navate le cui porte sono state loro spalancate da quei sacerdoti che, come dice Mons. De Gregorio nella sua relazione, "avendo vissuto, da giovani, le esperienze musicali liturgiche di questi decenni ultimi, portano con sé piuttosto il riferimento ai repertori dei gruppi giovanili nelle parrocchie che non quello che possono aver ascoltato e, magari, cantato, sia in seminario sia in cattedrale.".
Parliamoci chiaro. Un organista professionista, diplomato dopo anni ed anni di studio, che conosce il suo mestiere e che lo ha esercitato magari per anni con dedizione e passione, non è contento di venir messo da parte e considerato una specie di "intralcio" alla liturgia e vedere che il suo posto viene preso da ragazzotti musicalmente ignoranti che strimpellano quattro accordi su una chitarra accompagnati da batterie, percussioni e tastiere elettroniche. Così come non è certo felice un direttore di coro che, dopo aver curato per anni la formazione e la crescita liturgica, musicale e religiosa del suo coro, vede il suo lavoro "liquidato" dal primo prete modernista o dalla prima suorina laica che fanno cantare il solito "coretto" di ragazzini stonati che cantano "a memoria", senza conoscere una nota di musica, un repertorio che al posto di Perosi mette John Lennon.
Secondo noi i sacerdoti non devono lamentarsi se gli organisti ed i "kapellmeister" assumono posizioni critiche, perchè se ciò succede è colpa loro. Sono i sacerdoti che hanno fatto entrare chitarre e tamburi in chiesa violando le regole della Chiesa. Sono i sacerdoti che hanno buttato nella spazzatura mille anni di musica composta espressamente per servire Dio dai più grandi musicisti di tutti i tempi. E' il clero che da quarant'anni rifiuta di riconoscere, non solo musicalmente ma anche retributivamente, la professionalità di musicisti che hanno studiato e fatto grandi sacrifici per servire quella liturgia che lo stesso clero, in nome di un proditoriamente malinteso "modernismo", ha reso sterile, banale, inconcludente e svuotata della sua spiritualità.
Quando verranno resi alla musica liturgica, all'organo ed agli organisti il posto e la dignità che la Chiesa loro conferisce ma che i sacerdoti hanno loro tolto, siamo certi che di organisti "arroccati" su posizioni intransigenti non compatibili con il ruolo richiesto alla musica dal culto cattolico non rimarrà più traccia e tutti presteranno con gioia e partecipazione la loro opera SDG (per quei tanti sacerdoti che non conoscono gli acronimi latini: "Soli Deo Gloria").



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