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Ulisse Matthey




 Ulisse Matthey Di tutte le figure che hanno popolato il panorama della musica organistica italiana del Novecento, Ulisse Matthey è una delle meno conosciute. Questo non gli rende giustizia, perchè assieme ai più conosciuti Manari, Yon, Bossi, Vitone, Pagella ed altri, Matthey può essere considerato uno dei maggiori esponenti e forse l'ultimo grande organista-compositore italiano.
Nato nel 1876 a Torino da modesta famiglia, rivelò fin dall'età di 5 anni una spiccata attitudine per la musica, tanto da farlo allora considerare quasi un enfant-prodige. Studiò pianoforte ed organo al Conservatorio di Torino e fu allievo di Ferroni, a Milano, in contrappunto, fuga e composizione. A coronamento del suo periodo di formazione, seguì un lungo corso di perfezionamento a Parigi con Alexandre Guilmant.
Si dedicò quindi ad una fortunatissima e lunghissima attività di concertista in tutti i paesi del Mondo, nel 1901 ottenne l'incarico di organista presso la Santa Casa di Loreto e nel 1923 occupò la cattedra di organo presso il Conservatorio di Torino, che tenne fino al 1942.
Si spense a Loreto nel 1947, chiudendo una tradizione di organisti concertisti-compositori italiani che era iniziata con Marco Enrico Bossi circa sessant'anni prima.
Circa la collocazione di questo musicista all'interno di queste pagine, siamo stati molto in dubbio se collocarlo negli Organisti o nei Compositori. Come concertista, Matthey ha forse toccato uno dei più alti vertici mai raggiunti. La sua tecnica e la sua enorme capacità di esecutore ed improvvisatore lo mettono di diritto nel numero dei più grandi concertisti italiani, ma la sua produzione musicale, che ha spaziato non solo nel campo organistico, ma anche nel campo pianistico, nella musica corale, nella musica sinfonica, vocale e polifonica, gli conferiscono tutto il diritto di entrare anche nel numero dei compositori. Abbiamo così deciso di inserirlo in tali pagine, tenuto anche conto del fatto che la quasi totalità delle sue opere sono ancora allo stato di manoscritto (solo pochi anni fa la Casa Editrice Carrara ha edito, a cura di Arturo Sacchetti, due sue opere, il 'Tempo di Sonata' e la sua elaborazione per organo della Ciacona per violino di Bach).
Ulisse Matthey rappresenta un esempio molto significativo di come la realtà musicale europea del novecento, con la crisi della tonalità, le nuove aperture a sonorità assolutamente nuove ed a forme mai prima di allora ritenute possibili, sia stata vissuta in Italia da quella generazione di musicisti che ha poi preparato la strada agli attuali rappresentanti della nostra musica. In particolare, Matthey risulta molto interessato da quella esasperazione tonale che egli fa propria e che rende le sue opere densissime e ricchissime di pensieri musicali e caratterizzate da armonizzazioni che talora rasentano la sperimentazione.
La sua vena ispiratrice, se da una parte attinge ancora a quella tradizione musicale legata alla musica teatrale de primo novecento, dall'altra si rivela ricchissima di spunti nuovi ed originalissimi, che egli sa sviluppare e trattare con risultati che oltrepassano le più ampie aspettative.
Ulisse Matthey si dedicò anche, e molto, alla trascrizione ed all'elaborazione, quasi che volesse tradurre e rendere attuali opere dei maestri del passato. A questo proposito, rimandiamo i lettori all' elaborazione della Ciacona di Bach di cui abbiamo prima parlato. In questo brano egli trae da un brano per violino solo, una monumentale composizione di tipo quasi sinfonico che lascia ammirati non solo per le dimensioni e per l'architettura formale e tonale, ma anche per l'eleganza con cui il brano originale, nonostante un pesantissimo lavoro di arricchimento melodico e timbrico, rimane limpido e pulito nella sua idea primordiale.
A nostro modestissimo parere, le composizioni di questo musicista meriterebbero un'attenzione particolare da parte degli organisti non solo italiani, ma anche esteri, poichè riteniamo che possa occupare a pieno titolo e con pari dignità, un suo posto nel panorama organistico europeo del Novecento.



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