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Charles Tournemire




 Charles Tournemire Norbert Dufourcq, l'eminente musicologo francese, in una sua trattazione su Tournemire, dice testualmente: "Qui n'a entendu improviser Tournemire n'a pas connu Tournemire". Questa affermazione, che può valere anche per diversi altri grandissimi esponenti dell'organo francese (Messiaen e Cochereau, solo per citarne un paio), per Charles Tournemire assume però un valore molto più discriminante, poichè è indubbio che questo grande esponente del Novecento organistico francese è stato senza alcun dubbio uno dei più grandi improvvisatori di tutti i tempi ed è universalmente noto che César Franck, di cui Tournemire fu allievo per un anno, durante una delle sue ultime lezioni dedicate all'improvvisazione, chiamandolo alla consolle gli disse: "Forza, Tournemire, ci spari uno dei suoi fuochi d'artificio!". Questo la dice lunga sulle capacità di improvvisazione di Tournemire che, però, altro non erano che da una parte lo specchio del suo carattere e dall'altra un'attentissima attuazione di quella che fu la sua regola generale sull'improvvisazione organistica e che egli, senza troppi fronzoli, insegnava ai suoi allievi con queste parole: "Per prima cosa crea l''ambiente, dopodichè lo devi imporre al tuo pubblico con un'esposizione ricca soprattutto nella parte centrale. Poi fai salire la tensione musicale, sempre di più e sempre in modo che il tuo pubblico ti segua. Falla salire fino a che il pubblico rimanga ansimante, quasi senza respiro. A quel punto spara due accordi brevi e dissonanti con tutto l'organo e falli seguire da un lungo silenzio, dopodichè risuona i due accordi, sempre seguiti da una lunga pausa. A quel punto il tuo pubblico è "morto"; si, hai sentito bene, è proprio "morto" (di emozione, ovviamente... N.d.R.). Allora aprigli le porte del Cielo con una poetica conclusione con Bordone 8 e Voce Celeste!".
Questa era la filosofia spicciola dell'improvvisazione organistica di Tournemire, ed in essa troviamo l'essenza stessa di questo genere musicale: emozionare l'ascoltatore creando in esso una moltitudine di stati d'animo contrastanti che producano una tensione emotiva da risolvere "aprendogli le porte del Cielo". Ma abbiamo detto che lo stile di Tournemire improvvisatore era anche lo specchio della sua anima e della sua personalità. Tutti coloro che lo conobbero, ed in particolare i suoi allievi, lo ricordano come una persona che sapeva essere dolce, disponibilissima e poetica ma al tempo stesso molto suscettibile e che mal sopportava le critiche, soprattutto quando riguardavano la sua musica. Anche qui, abbondano gli aneddoti. Una volta, al termine di una "Messa bassa" molto silenziosa e raccolta, egli improvvisa una "Sortie" che dopo un inizio in fortissimo, si va gradualmente a risolvere in una conclusione in pianissimo. Uno degli uditori presenti in tribuna, deluso, gli fa osservare che quello è il momento dell'uscita, e Tournemire gli risponde: "Molto bene. Vada pure!". Un'altra volta, sempre durante un'improvvisazione, rivolgendosi ad un ospite in tribuna che chiacchierava disinvoltamente, lo fulmina con un'occhiataccia e gli chiede: "La sto forse disturbando?". Questo "caratteraccio" era una delle peculiarità di Tournemire, che caratterizzava fondamentalmente anche la sua visione della Musica in generale, soprattutto alla luce della sua profonda religiosità. Jean Langlais, suo allievo, ricorda una sua affermazione molto precisa: "La musica che non ha per fine la glorificazione di Dio è inutile.". E quando Langlais, abbastanza spiazzato da questa affermazione, gli chiede allora che pensare della musica di Ravel, Stravinsky, Bartok e Debussy, si sente rispondere, senza mezzi termini: "Inutile!".
Questo aneddoto introduce un altro elemento fondamentale di Tournemire e della sua musica: la religiosità. Indubitabilmente, Tournemire aveva uno spirito profondamente ed autenticamente religioso, che non ammetteva mezze misure e che guidava saldamente la sua vita e la sua opera musicale. Cattolico fervente, egli aveva però della religione una concezione quasi "radicale", che si rivolgeva molto più all'"Assoluto" piuttosto che al culto della Madonna e dei Santi, che per lui erano poco più che "accessori", quasi superflui. Sul suo tavolino da lavoro, ove componeva la sua musica, era sistemato un crocefisso, che era per lui preghiera ed ispirazione. Sotto questo punto di vista, possiamo affermare che la sua visione religiosa era quasi "neogotica", cioè rifacentesi alla devozione medievale, molto pura ed essenziale. Ed a questa visione "neogotica" del Cristianesimo si affianca la "passione" di Tournemire per il Canto Gregoriano, che in quel periodo in Francia veniva riscoperto e rivalutato dai monaci dell'Abbazia di Solesmes ed introdotto come solida ispirazione per la musica organistica da Bonnet. Tournemire rimane affascinato da queste melodie lineari, essenziali e di grande misticismo, tanto da assumerle come temi per quella che sarà la sua più grande e conosciuta opera "L'Orgue Mystique".
Quest'opera, iniziata ufficialmente nel 1927 (ma Tournemire lavorava a questo progetto già da diversi anni), recava come primo titolo "L'Orgue Glorieux"; fu solo dopo la pubblicazione dei primi sei "cicli" (Pasqua, Immacolata Concezione, Natale, Pentecoste, Assunzione ed Ognissanti) che il titolo venne mutato in quello che tutti conosciamo. La composizione e pubblicazione di tutta l'opera si protrasse fino al 1936, ed è significativo che l'ultimo brano dell'ultimo ciclo sia un "Te Deum", che non c'entra nulla con la festività liturgica del ciclo ma rappresenti piuttosto un ringraziamento a Dio da parte dell'autore per essere riuscito a terminare la sua fatica.
 Charles Tournemire a Sainte-Clotilde Il piano dell'opera si suddivide in "cicli", ognuno dei quali dedicato ad una ricorrenza dell'anno liturgico. Nell'ambito di ogni ciclo sono chiarissime le "regole" che Tournemire segue. I brani previsti sono un Preludio all'Ingresso, un Offertorio, un'Elevazione, una Comunione ed un Brano di conclusione, ed anche le durate in termini di "minutaggio" di questi brani sono rigidamente determinate dall'autore. Per il Preludio non più di un minuto, l'Offertorio deve durare da tre a quattro minuti, anche per l'Elevazione non più di un minuto mentre per la Comunione due minuti e mezzo di musica (eccezionalmente, per le Festività importanti, qualcosina in più); il Brano di conclusione varia dagli otto ai dieci minuti. E' importante considerare le durate dell'Elevazione e della Comunione per capire meglio l'utilizzo preciso di questi brani. Tournemire seguiva la prassi secondo la quale durante l'Elevazione vera e propria si doveva osservare l'assoluto silenzio; solamente nel momento in cui il sacerdote deponeva il calice egli riteneva opportuno sottolineare il momento con, appunto, non più di un minuto di musica. Per ciò che riguarda la Comunione, invece, Tournemire considerava il brano alla stessa maniera dei preludi-corali bachiani, che precedevano il canto del corale da parte dell'assemblea. Ed è proprio per questo motivo che egli annota personalmente sui manoscritti che dopo il brano organistico (che durava, appunto, non più di due minuti e mezzo) deve essere cantata l'antifona corrispondente. E' altresì molto significativo notare come i brani conclusivi non vengono denominati, come si usava allora, "Sorties", quasi a sottolinearne il carattere assolutamente differente e profondamente religioso, che considerava queste musiche come una specie di "preghiera" di ringraziamento prima dell'uscita dalla chiesa dei fedeli.
Ma, ovviamente, Charles Tournemire non compose solo l' "Orgue Mystique" e, altrettanto ovviamente, non compose solo per l'organo. Tra editi ed inediti, la sua produzione conta otto sinfonie orchestrali (tra cui, da ricordare, la sesta -per grande orchestra, coro ed organo su testi dei salmi- e l'ottava, denominata "il Trionfo della Morte"), la trilogia dedicata a Faust, Don Chisciotte e San Francesco d'Assisi su testi dello stesso Tournemire, l'opera "La leggenda di Tristano" in tre atti e otto quadri, l'affresco sinfonico "La ricerca del Santo Graal", diversi brani per canto e pianoforte e per pianoforte solo ed una nutrita serie di scritti poetici e letterari. Tra le opere per organo, invece, possiamo citare i famosi "Sette poemi-corali per le sette parole di Cristo", la "Sinfonia -Corale Op. 69", la "Sinfonia Sacra" Op. 71, gli "Affreschi Sinfonici" Op. 75 e 76, la "Pièce Symphonique" Op, 16, il "Triplo Corale sulla SS. Trinità" Op. 41 e diversi altri brani, raccolti in suite (Op. 19 e 24).
Come si vede, Charles Tournemire è una figura fondamentale nella musica francese ed europea del primo Novecento. La sua ispirazione profondamente religiosa si appoggia per esplicarsi nel modo più completo dapprima sul sinfonismo organistico tardo-romantico di Franck (non per nulla egli, pur essendo organista a Sainte-Clotilde dal 1894, prima del 1910 -cioè per ben sedici anni- compone quasi esclusivamente per armonium, sulla scia de "l'Organiste" dello stesso Franck) e, in seguito, sulla "nuova" concezione musicale di Debussy e di Fauré, utilizzandola però per rendere ancora più profondo ed impattante il suo concetto "mistico", che sarà la caratteristica fondamentale ed imprescindibile delle sue composizioni.
Nato il 22 Gennaio 1870 a Bordeaux, si dedica giovanissimo agli studi musicali, trasferendosi a Parigi nel 1886. L'anno seguente è ammesso alle classi di pianoforte ed armonia mentre nel 1889 entra nella classe di Organo tenuta da César Franck. Dopo la morte di Franck passa sotto la guida di Widor, dove consegue brillantemente il diploma. Titolare a Saint-Médard dal 1891 al 1897 e supplente a Sainte-Clotilde dal 1894, si trasferisce dapprima alla consolle di Saint-Nicolas du Chardonnet, per un anno, per poi essere nominato, nel 1898, titolare proprio a Sainte-Clotilde, alla consolle dell'organo che era stato del suo primo maestro, incarico che terrà fino alla morte, avvenuta il 4 novembre 1939.
Molti autorevoli critici vedono in lui un precursore di quello che sarà poi Olivier Messiaen, una specie di musicista-teologo, la cui produzione musicale è pressochè totalmente al servizio della liturgia e di essa diventa parte assolutamente integrante. Questo paragone è assolutamente calzante e troviamo in queste due figure una specie di collegamento estetico, religioso e musicale. Se Tournemire raccoglie l'eredità di Franck e del suo romanticismo sinfonico per dirigerla, a differenza di altri suoi coetanei (come ad esempio Dupré), verso nuovi orizzonti, reindirizzando la musica organistica nella sua accezione più propria e confacente (cioè il servizio liturgico), Messiaen raccoglie l'eredità di Tournemire per traghettare la musica organistica verso la contemporaneità del terzo Millennio, aprendo anch'egli nuovi e spettacolari orizzonti (costituiti dalla musica seriale, dalla poliritmia, dalla riproduzione dei canti degli uccelli, ecc.) ma sempre tenendo ferma la barra del fine primo e principale dell'organo: essere uno strumento essenzialmente "liturgico" e, come tale, essere utilizzato. Di Tournemire possiamo sottolineare il fatto di aver posto a base della sua opera un ritorno radicale al passato, costituito dai modi gregoriani, mentre di Messiaen possiamo dire di aver basato la sua opera sulle nuove teorie musicali del secondo Novecento. In entrambi i casi il fine (abbondantemente raggiunto) è stato esattamente lo stesso: glorificare Dio con l'organo e con la sua musica.



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