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Oreste Ravanello

di Federico Borsari




 Oreste Ravanello Nell'ormai lontanissimo anno 1969 chi scrive, appena quattordicenne ed "apprendista" organista, riuscì a mettere le mani sulle due tastiere del Bossi 1896 della chiesa parrocchiale di Ovada, già allora assai malconcio ma ancora abbastanza funzionante. A parte la soddisfazione di poter finalmente suonare uno dei primi esemplari di organo "riformato" realizzati dal Bossi (pare che l'organo di Ovada sia stato, in assoluto, il secondo strumento progettato e realizzato da Carlo Vegezzi Bossi secondo le nuove ispirazioni dell'organaria riformata), fu una grande emozione poter accedere anche alla discreta mole di partiture che gli organisti dei decenni precedenti avevano collazionato ed accuratamente conservato in cantoria. La maggior parte erano trascrizioni pianistiche di brani di opere liriche ma tra di esse trovammo anche diverse opere manoscritte originali per coro ed organo ed un bel volume elegantemente rilegato che portava per titolo "L'Armonio quale strumento liturgico - Metodo teorico-pratico per imparare a suonare l'Armonio e ad accompagnare il Servizio Divino" opera di Luigi Bottazzo e Oreste Ravanello ed edito da Marcello Capra nel 1901. Approfondendo le ricerche, venne fuori anche un altro bel volume, anch'esso accuratamente rilegato, dal titolo "L'Organista di Chiesa - Breve metodo per l'Organo", anch'esso opera di Bottazzo e Ravanello e stampato per i tipi della Casa Editrice Leonardo da Vinci di Milano.
In quegli anni eravamo ben lungi dal conoscere, anche solo di nome, questi due musicisti, ma quei metodi, che contenevano non solamente tutta la teoria e la pratica musicale necessarie per acquisire una buona tecnica ma anche ampie illustrazioni dei modi ecclesiastici e della loro armonizzazione, consigli pratici per l'utilizzo dell'armonio e dell'organo durante la liturgia nonchè svariate opere composte dagli autori e sostanziose antologie di brani a sostegno dello studio di autori classici e moderni, divennero subito la guida per i nostri primi passi nel mondo dell'organo, sui quali per diversi anni (ed anche in seguito) ci spezzammo dita e caviglie, apprendendo ed assimilando lo spirito di quel particolare periodo musicale che, a cavallo tra il XIX ed il XX Secolo, vide mutare radicalmente la filosofia musicale dell'organo italiano e della sua musica. Indubbiamente, questo "imprinting" organistico-musicale, ben differente da quello che da un paio di decenni a questa parte caratterizza i giovani organisti di oggi, svolse un ruolo fondamentale nella nostra evoluzione artistico musicale, facendoci prediligere ancora oggi le musiche e gli strumenti di quell'epoca.
Per ritrovare questi due personaggi adeguatamente valorizzati, da allora abbiamo dovuto attendere una trentina d'anni. Solo da poco tempo, infatti, le loro figure e la loro opera sono state "riscoperte" e si stanno ricollocando nel giusto posto che loro compete e bisogna ormai riconoscere che essi, unitamente a tanti altri ancora troppo dimenticati organisti e compositori italiani di quell'epoca, non sono assolutamente da meno di quel Marco Enrico Bossi che, per svariate fortune (tra le quali, fondamentale, la presenza delle sue opere nei corsi di organo dei Conservatori italiani), rimase l'unico ad essere -peraltro molto giustamente- apprezzato e glorificato.
E così, oggi, dedicheremo questa pagina ad Oreste Ravanello, riservandoci di trattare in futuro non solo Bottazzo, ma anche tanti altri loro coevi che fecero grande l'organo italiano del primo Novecento.
Oreste Ravanello nasce a Venezia il 25 Agosto 1871. I genitori, musicisti dilettanti, gli insegnano i primi rudimenti dell'arte musicale indirizzandolo allo studio del pianoforte, che intraprende presso l'allora Liceo Musicale "Benedetto Marcello" della sua città. In quell'Istituto è allievo di De Santis per la Storia della Musica e Canto Gregoriano e di Andrea Girardi per Organo e Composizione. All'età di 16 anni consegue il diploma e nel 1889 affianca lo stesso Girardi come secondo organista presso la Basilica di San Marco di Venezia, per poi assumere l'incarico di Primo organista nel 1895, svolgendo la sua attività al fianco di Lorenzo Perosi, a quel tempo Direttore della Cappella Marciana.
Tre anni dopo, nel 1898, viene nominato Maestro di Cappella presso la Basilica di S.Antonio a Padova, incarico che ricoprirà per quarant'anni. Nel 1902 inizia la sua attività di docente di Organo presso il Liceo "B.Marcello" di Venezia e nel 1912 diventa Direttore dell'Istituto Musicale di Padova "Cesare Pollini", che sotto la sua guida ottiene il titolo di Conservatorio. Oreste Ravanello muore in Padova il 2 Luglio 1938 dopo una carriera musicale molto felice, svolta interamente tra Venezia e Padova e che lo vede tra le massime figure promotrici ed attuatrici di quella che viene comunemente denominata "Riforma Ceciliana", vasto e profondo movimento musicale che segnò indelebilmente la storia della musica sacra nel nostro Paese e che diede nuovi e vastissimi orizzonti anche all'organo, alla sua musica ed alla sua importanza nell'ambito della liturgia cattolica.
Ravanello era uno splendido organista, dotato di una notevolissima tecnica e di una musicalità molto raffinata, che gli consentivano di esprimersi ai massimi livelli sia come interprete che come improvvisatore (rimangono, a questo proposito, diverse testimonianze di quando, nel suo periodo veneziano, egli era solito "battagliare" con Perosi alla consolle dei due organi "battenti" della Basilica di San Marco, instaurando vere e proprie competizioni musicali alle quali assistevano con estremo interesse non solo un folto pubblico, ma anche l'allora Patriarca di Venezia, quel Cardinal Giuseppe Sarto che diventerà Pontefice col nome di Pio X e che sarà l'autore del famoso "Motu Proprio" (denominato, dal suo incipit, come "Tra le sollecitudini") sulla Musica Sacra che sta ancora oggi alla base delle normative (purtroppo sempre meno rispettate) che dovrebbero disciplinare l'utilizzo della Musica nei Sacri Offici).
 Oreste Ravanello - Metodo per Organo Ma oltre alle sue capacità tecniche e musicali, Ravanello era anche un ricercatore ed un attento analizzatore della storia della musica; in quell'apoca, infatti, si stava sviluppando a livello europeo un grande movimento di studio, recupero ed analisi delle musiche degli antichi maestri. Sotto questo punto di vista, Oreste Ravanello dedicò moltissime delle sue energie allo studio della polifonia classica (notevole è la sua opera di analisi su tutta la produzione vocale di Palestrina), all'approfondimento del Canto Gregoriano ed alle nuove possibilità di rivalorizzazione dello stesso nell'ambito liturgico in concomitanza con l'utilizzo dell'organo ed alla musica organistica dei grandi maestri del passato, il tutto in quell'ottica, propria e fondamentale dedl Movimento Ceciliano, che vede nella tradizione classica la più solida base per lo sviluppo di una musica sacra e liturgica veramente adeguata alle necessità di una Chiesa che si stava aprendo ad una nuova era e che solo nel suo passato e nella sua tradizione avrebbe potuto trovare nuova ispirazione e nuova vitalità. L'importanza di questo aspetto di Oreste Ravanello lo si può vedere ben chiaramente non solo nelle due opere propedeutiche di cui abbiamo parlato in apertura, ma anche nella sua assidua opera svolta come insegnante, nei suoi scritti teorici e nella sua attività di redattore, per tre anni, della pubblicazione "Il repertorio pratico dell'organista liturgico". E, ovviamente, dall'opera da lui svolta nell'ambito della Commissione per il Rinnovamento del Canto Sacro che il Card. Sarto istituì a Venezia.
Ma Oreste Ravanello non fu solo organista e studioso, ma anche validissimo compositore ed organologo di grande fama. La sua produzione musicale, a tutt'oggi pressochè sconosciuta, comprende una Cantata, ventisette Messe (da una a sei voci con accompagnamento di organo, strumenti vari ed anche orchestra), svariati brani per formazioni strumentali, quartetto d'archi ed orchestra, due Requiem, diversi Motetti vocali, brani per organo e strumenti vari ed un notevole numero di brani per solo organo. In questo campo, è molto interessante constatare come la sua produzione per questo strumento spazi dalle raccolte di pezzi "facili" (eseguibili anche all'Armonio) fino a brani da grande concerto, in una specie di percorso graduale e propedeutico che accompagna l'organista dall'inizio dei suoi studi fino alla completa maturità artistica. Nella sua produzione organistica sono fondamentali due aspetti: il primo è il grande utilizzo, sia come ispirazione che come materiale tematico, dei temi gregoriani; il secondo è una spiccata predilezione per una scrittura solidamente contrappuntistica classica che al tempo stesso si integra magnificamente con gli stilemi espressivi di quel particolare tardoromanticismo -esclusivamente italico- che, sebbene abbondantemente snobbato dalla filologia attuale, a nostro modesto parere ha rappresentato uno dei più alti momenti del nostro organo.
Come organologo, Ravanello fu uno dei più stimati ed apprezzati studiosi della tecnica, della fonica e dell'estetica organaria italiana. Anche qui ritroviamo intatti i principi della Riforma Ceciliana, secondo la quale il moderno organo italiano deve recuperare, valorizzare e fondarsi sulle base della tradizione classica per riassumere un'identità precisa e ben definita, disponibile ed aperta ai contributi delle scuole organarie degli altri Paesi senza però mai consentire che possano diventare preponderanti. Egli fu infatti un apprezzatissimo ideatore e progettista di nuovi organi, così come spesso veniva chiamato per collaudi e per consulenze su restauri e rifacimenti. A testimonianza di quanto egli tenesse anche a questo aspetto della sua attività, è interessante vedere come, alla pagina 4 del già citato Metodo per Organo, egli ci presenti la disposizione fonica e le caratteristiche tecniche di due organi (entrambi con due tastiere e pedaliera), il primo realizzato da Trice-Anelli per la Basilica di San Marco di Venezia ed il secondo realizzato per la chiesa di S.Simeone, sempre in Venezia, entrambi in rigorosissimo stile ceciliano e da lui presentati come "organi tipo", rispettivamente per il servizio liturgico e per lo studio.
In somma, come si può constatare, Oreste Ravanello è stato, senza alcun dubbio, uno dei padri dell'organo italiano contemporaneo e se la sua opera e la sua attività non hanno avuto, per sua precisa scelta, i fasti ed i successi del concertismo sulle più prestigiose ribalte internazionali, ciò nulla toglie alla straordinaria importanza che egli ancora oggi riveste nella storia musicale italiana del primo Novecento e, soprattutto, nella storia della musica sacra e liturgica della Chiesa Cattolica, musica che egli, insieme a tanti altri grandi musicisti di quel periodo, seppe rifondare, spogliandola di tutti gli orpelli che nei decenni precedenti le avevano travisato le sembianze, riconducendola alle sue più genuine ed antiche origini e fornendole nuove capacità, spunti ed ispirazione per una rinascita ed una nuova evoluzione in piena sintonia con i tempi nuovi che si affacciavano allora sulla ribalta della Storia e della Chiesa stessa. Ma nei decenni seguenti furono proprio dapprima la Storia con le sue tragedie ed in seguito la Chiesa stessa, con le sue smànie di modernismo a tutti i costi, a vanificare e tradire la sua opera (e quella di tutti coloro che con lui operarono) relegando questo splendido periodo musicale italiano nell'angolo delle anticaglie. Di questo non possiamo che rammaricarci profondamente ma, come diceva il mai dimenticato maestro Alberto Manzi nelle trasmissioni televisive con cui risollevò nel secondo dopoguerra l'Italia dall'analfabetismo e dall'ignoranza, "Non è mai troppo tardi" per rimediare.



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