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Bach: Grosse Orgelwerke - Ivan Ronda




Bach - Grosse Orgelwerke
Organista: Ivan Ronda
Organo della Domkirche di Arlesheim (Svizzera)
Fugatto Records - 2CD - FUG037 - 2012

Il lettore attento che segue le nostre pagine si sarà accorto che già in passato (in questa pagina) abbiamo recensito un disco con lo stesso titolo e dello stesso interprete. Non ci siamo sbagliati; in effetti anche noi ci siamo abbastanza stupiti di questa curiosa combinazione, la cui motivazione -secondo noi- è che il doppio CD che recensiamo oggi altro non sia che la continuazione di un percorso bachiano iniziato con il disco precedente e che prosegue in un'ottica di approfondimento e di ampliamento anche per ciò che riguarda gli aspetti più strettamente filologici, anche sulle tracce di grandi produzioni discografiche del passato di cui l'organista fa tesoro ed esperienza per fornirci una sua visione dell'opera del Kantor di Lipsia. Ed una prima tappa di questo percorso di approfondimento consiste nella scelta dello strumento, il famoso Silbermann 1761 della Domkirche di Arlesheim, utilizzato in passato da diversi grandi interpreti per le loro incisioni discografiche. Su questo strumento, infatti, hanno inciso, per citarne solo alcuni, Karl Richter (Sei concerti per organo di Bach), René Saorgin (parte dell'integrale di Buxtehude) e Lionel Rogg (integrale bachiana). E' indubbio che Ivan Ronda, con questa scelta, dopo aver utilizzato uno strumento italiano moderno per la sua prima incisione, ha inteso fare un salto qualitativo strumentale misurandosi con un organo di spessore e valenza filologica molto più aderente ai canoni bachiani più attuali. Non sappiamo se ci saranno ulteriori performances bachiane di questo interprete (ma ce lo auguriamo veramente di cuore) ma se egli vorrà proseguire questo discorso è lecito supporre (e sperare) che le future scelte strumentali vedano protagonisti organi di diversa estrazione e scuola, non fosse altro che per testimoniare che la musica del Genio di Eisenach trascende tempo, spazio, barriere stilistiche e steccati filologici che spesso, purtroppo, invece di esaltarla la costringono entro limiti che non le appartengono ed a cui essa non appartiene.
Indubbiamente in questo doppio disco Ivan Ronda si riappropria dello spirito più profondo della musica bachiana trasportandola da un organo con trazione elettronica, combinazioni computerizzate e quant'altro, ad un integrale meccanico e "storico" senza fare una piega e, soprattutto, senza nulla concedere a molti di quei discorsi che da qualche decennio a questa parte ritengono che sia lo strumento e "fare" la musica e non viceversa.
In questa incisione ci vengono presentate diverse pagine bachiane scelte tra quelle più rappresentative della produzione organistica di Bach. Anche sotto questo punto di vista, Ronda prosegue il discorso iniziato in precedenza andando a scegliere diversi "punti di forza" del repertorio, aprendo con la Toccata e Fuga BWV 565 e proseguendo con tre concerti (BWV 596, BWV 593 e BWV 592), la sesta Triosonata BWV 530, la Pastorale BWV 590, le Partite su Sei gegrusset BWV 768, due Corali (BWV 659 e BWV 721) e quattro degli otto Piccoli Preludi e Fughe (BWV 553, BWV 556, BWV 559 e BWV 560). Riguardo a questi ultimi quattro brani, curiosamente abbiamo constatato una perfetta assonanza con le nostre preferenze personali; in effetti -molto tempo fa, quando ancora muovevamo i primi passi nel mondo dell'organo- avevamo iniziato la scoperta della musica bachiana studiando proprio questi quattro preludi e fughe, che a nostro parere sono i migliori della raccolta ed i più meritevoli di essere proposti anche in un ambito concertistico.
E' significativo come in questo repertorio siano presenti solamente due corali. A parte le integrali più o meno prestigiose, Ivan Ronda segue qui le orme di Karl Richter e di altri grandi interpreti, che privilegiavano l'interpretazione delle grandi opere libere rispetto all'aspetto più propriamente "liturgico", dimostrando di preferire le caratteristiche più spiccatamente "musicali" rispetto all'ispirazione religiosa. Personalmente riteniamo che i Corali siano la parte più genuina e profonda della produzione di Johann Sebastian Bach, così come pensiamo, parimenti, che nell'ambito di una scelta di carattere propedeutico (come ci pare sia questa produzione) siano le opere libere che meglio possono rappresentare la figura di quello che fu, e rimane, il più grande musicista di tutti i tempi.
L'organo utilizzato per questa incisione, come abbiamo detto, è uno dei migliori della produzione di Silbermann e non per nulla è tra gli organi preferiti di tutti gli organisti che prima o poi desiderano misurarsi con la musica di Bach "in corpore vili", utilizzando cioè uno strumento che meglio aderisca alle caratteristiche strumentali di quell'epoca. Di carattere tardobarocco e con foniche squisitamente franco-allemande, esso dispone di 36 registri nominali, pari a 47 reali, disposti su tre tastiere e pedaliera di 27 note. Originariamente costruito con 20 registri nominali (24 reali), nel corso del tempo è stato ampliato ed infine restaurato nel 2005 da Kern, che ne ha preservato (e valorizzato) le caratteristiche originali. Si tratta senza alcun dubbio di uno strumento splendido, che coniugava già in origine le tipicità foniche germaniche con l'estetica barocca francese e che si dimostra assolutamente perfetto per l'interpretazione del repertorio barocco in generale e bachiano in particolare. Ivan Ronda lo utilizza con una sapienza nel dosaggio delle varie timbriche che ricorda da vicino -anche qui- le incisioni storiche di Richter e che -lungi dall'uso ed abuso del "Volles Werk"- riesce a sottolineare in modo splendido tutte le sfumature più profonde dell'architettura contrappuntistica, dimostrando (come avevamo già sottolineato in occasione della precedente recensione)una lettura veramente attenta ed approfondita della partitura ed un approccio all'estetica bachiana degna dei migliori interpreti.
Non rimarcheremo qui la brillante carriera artistica di Ivan Ronda, che abbiamo già sottolineato in passato su queste pagine; ci limiteremo a sottolineare ancora quanto sia apprezzabile -e gradevole- il suo modo di proporre la musica di Bach, che troppo spesso ci viene propinata in salse tanto diverse quanto improbabili. La visione di Ronda è accurata, approfondita, molto meditata e basata su di una scuola tanto rigorosa quanto solida che gli consente di cogliere -e di rendere- non solo l'aspetto più emozionale di questi brani, ma anche la perfetta architettura formale e lo "spirito" che la anima. A tutto questo egli aggiunge anche una cplendida capacità di "vestire" questa musica con le sonorità più appropriate e più adatte a renderla, se possibile, ancora più interessante, bella ed accattivante non solo per chi -come noi- l'abbia ascoltata migliaia di volte in tutti i modi possibili, ma anche per chi vi si approccia per le prime volte.
La qualità tecnica di questa incisione (le registrazioni sono state effettuate nel Luglio dello scorso anno 2012) è pressochè perfetta sia sotto il punto di vista della presa del suono che della resa delle foniche dello strumento. Ricordando le incisioni bachiane effettuate in passato su questo organo, possiamo constatare che è stata effettuata una scelta ponderata tra la presa di suono assai asciutta e presente dell'integrale di Rogg e la valorizzazione più marcata dell'"ambiente" utilizzata dalla Archiv per le incisioni di Richter. Riteniamo che la scelta effettuata dalla Fugatto per questa incisione sia effettivamente migliorativa sia per sottolineare le caratteristiche foniche dell'organo che per rendere al meglio le caratteristiche musicali del repertorio presentato.
In attesa di un auspicabile terzo round bachiano di Ronda su qualche altro pregevole strumento, riteniamo che questo disco -come il precedente- abbia tutte le caratteristiche per essere un punto fermo nella discoteca organistica di tutti gli appassionati e presenti diversi aspetti di assoluto interesse per tutti.



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