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Keith Jarrett - Spheres




Keith Jarrett - Spheres
Organista: Keith Jarrett
Dreifaltigskeitsorgel dell' Abbazia Benedettina di Ottobeuren
CD - DDD - ECM 827 463-2 - 1976-1985

Gli appassionati di musica Jazz conoscono bene Keith Jarrett, eclettico e poliedrico musicista che prima di "mettersi in proprio", ha fatto parte dei più famosi gruppi degli anni 60-70. L'evoluzione artistica di questo singolare personaggio lo ha poi portato ad intraprendere percorsi musicali alternativi, in qualche caso con buoni risultati (Variazioni Goldberg, Clavicembalo ben Temperato ecc.), in altri casi con risultati decisamente deludenti. Il disco che recensiamo oggi appartiene a questi ultimi.
Nel 1976 Keith Jarrett decide di dedicare una serie di improvvisazioni all'organo. Detto e fatto, per la sua performance non si accontenta di scegliere un organo qualsiasi, ma va a scegliere l'organo maggiore della Basilica Benedettina di Ottobeuren, quel magnifico quattro tastiere costruito da Riepp verso la metà del 1700, di cui abbiamo già parlato su queste pagine e sul quale il grande Karl Richter aveva effettuato diverse registrazioni bachiane audio e video solo cinque anni prima. Non si sa come, al Nostro viene concesso di utilizzare questo strumento per l'incisione di questo suo disco, che una volta sul mercato si rivela un flop notevole.
Ascoltando questo disco ci rendiamo conto di quanto improvvide si rivelino, talvolta, le manie di grandezza di taluni personaggi che non hanno ben presenti i loro limiti al di fuori del loro campo specifico. In definitiva: Jarrett è un genio della musica jazz, ma quando abbandona il piano elettrico per dedicarsi alla musica organistica fa cadere molte delle buone opinioni che gli ascoltatori si sono fatte di lui.
In breve: brani fastidiosamente pesanti, prolissi, privi di dinamica, povertà di movimento armonico, poche idee organistiche, notevole ignoranza dell'arte della registrazione, lunghi tratti di staticità formale... Insomma, un mezzo disastro che non viene arginato neppure cercando di considerare queste improvvisazioni come musica sperimentale, poichè le poche idee musicali di tal genere che Jarrett talora riesce a far trapelare dalle sue costruzioni sonore si rivelano, purtroppo, imitazioni di cose già realizzate nel decennio precedente dai vari Zacher, Szathmary, Yun, Zemzaris ed altri che, a differenza sua, l'organo lo conoscevano bene.
"Spheres" si compone di quattro brani abbastanza lunghi il cui ascolto mette a notevole prova anche coloro che, come chi scrive, hanno un buon allenamento in fatto di musica sperimentale e/o elettronica. Ogni brano è caratterizzato da una diversa tecnica esecutiva (di tipo fondamentalmente jazzistico) e da una costruzione di tipo ciclico che da sola non è però sufficiente a fornire unitarietà formale all'intera opera che, così com'è, appare come una serie di brani scombinati.
Presumiamo che siano proprio queste caratteristiche di staticità fonica il "fil rouge" che dovrebbe dare, nelle intenzioni di Jarrett, l'unitarietà all'opera, ma il risultato non è certamente dei migliori.
Al termine dell'ascolto, si fa strada la convinzione che il tutto non sia altro che un capriccio che Jarrett ha voluto soddisfare.
L'organo, comunque, ne esce benissimo, assecondando ogni desiderio dell'organista e mettendone, purtroppo, spietatamente in luce tutti i difetti; Jarrett in effetti, a nostro parere, difetta di tecnica organistica, di idee musicali veramente originali, di cultura organistica ed organaria e, soprattutto, difetti di mentalità. A Jarrett manca infatti, secondo noi, la mentalità "organistica", e questo lo penalizza molto.
Non ci sentiamo di consigliare questo disco se non per poter ascoltare uno dei più grandi e famosi organi storici europei sotto una luce assolutamente diversa da quella a cui siamo abituati.

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