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La Musique d'Orgue Italienne - Vol. XII
Bossi-Manari




La Musique d'Orgue Italienne - Vol. XII - Bossi-Manari
Organista: Domenico Severin
CD-DTS - Syrius - SYR 141395

Dopo il disco dedicato ad Oreste Ravanello, recensito qualche tempo fa, ritorniamo ad occuparci di Domenico Severin, brillante e notevolissimo interprete, ormai stabilitosi alla consolle dell'organo della Cattedrale di Meaux, ove è titolare, il quale oggi ci propone un'altra vera e propria "chicca" organistica dedicata a due grandi nomi dell'organo moderno italiano, Marco Enrico Bossi e Raffaele Manari, utilizzando un "grande" strumento italiano, il maestoso Tamburini 1948 della Cattedrale di Messina, che dall'alto delle sue cinque tastiere e centosettanta registri ripartiti in cinque corpi d'organo, è senz'altro uno dei più grandi strumenti europei di carattere "sinfonico-eclettico" e che qui, diciamo noi, si prende diverse e sonore rivincite nei confronti di tutte quelle teorie che da diversi decenni, grazie soprattutto ad una scientifica operazione di discredito e di "damnatio memoriae" da parte dei nuovi "santoni" del neoclassicismo organario a tutti i costi, tendono (e molto spesso purtroppo riescono) a penalizzare gravemente un periodo dell'organaria nostrana, relegandolo nella "zona buia" della storia dell'organo italico.
Dobbiamo perciò dire, prima di addentrarci nell'analisi del disco, che abbiamo veramente goduto ascoltando -dopo molta astinenza- splendidi Concerti Viole, delicatissime Voci ed Armonie Eteree, spettacolari Unde Maris, Violoni, Armoniche, Corni d'Orchestra ed ancie a fortissima pressione (c'è anche una Tuba di 16 piedi che funziona a 600 mm.!) in un repertorio che non solo le richiede, ma -oseremmo dire- le esige.
Di Marco Enrico Bossi l'interprete ci offre lo splendido trittico dei Momenti Francescani, penultima delle opere organistiche di quello che può essere considerato il "padre" della moderna musica organistica italiana. Domenico Severin ci propone queste tre meditazioni musicali in una lettura veramente interessante, che scava profondamente nella partitura per cogliere e cavar fuori l'ispirazione quasi metafisica che sta alla base di questi tre grandi affreschi, sottolineandone l'essenza profondamente mistica, la caratteristica di serena rappresentazione di una fede forte e radicata ed il sentimento di trascendente dolcezza che attraversa tutta l'opera quasi come un'idea, un filo conduttore che ci porta verso l'Assoluto e l'infinito.
Severin qui ci mette tutta la sua sensibilità musicale, splendidamente coadiuvato dall'organo, che con le sue mille e mille sfaccettature timbriche diventa un'orchestra celestiale, ora grandiosa, ora ammantata di serena religiosità, sempre vibrante e capace di affascinare e stupire l'ascoltatore.
La seconda parte del disco ci propone l'opera organistica di un altro grande dell'organo italiano, Raffaele Manari, solitamente conosciuto per il suo Studio da concerto sulla Salve Regina. Domenico Severin ce lo presenta qui per quello che in effetti è stato: uno dei più grandi compositori di musica organistica italiana a cavallo tra l'Ottocento ed il Novecento, splendido testimone di una scuola organistica che del tardo-sinfonismo post-romantico (soprattutto francese) faceva tesoro per innestarvi tutti quei caratteri di ispirazione, melodiosità e musicalità prettamente italiani che hanno reso il nostro Primo Novecento organistico un periodo ricchissimo e fecondo di splendide composizioni. Nè dobbiamo dimenticare che Manari fu uno dei promtori della famosa Adunanza organistica di Trento del 1930, nella quale si attuò una delle maggiori operazioni di rivalorizzazione e salvaguardia della tradizione organistica italiana, che era stata abbondantemente depauperata dei suoi contenuti nei quarant'anni precedenti, caratterizzati dalla cosidetta "Riforma".
Di ciò fanno testimonianza i brani qui rappresentati. Oltre al già citato Studio Sinfonico sulla Salve Regina, in cui il virtuosismo della parte del Pedale raggiunge vette di assoluta eccellenza, possiamo ascoltare una splendida ingterpretazione "in corpore vili" della Fantasia Siciliana, che Manari aveva composto (ed eseguito di persona) per l'inaugurazione del primo organo della Cattedrale di Messina, realizzato su suo progetto nel 1930 da Tamburini. Questo strumento, che già allora contava cinque tastiere e circa centotrenta registri, fu poi distrutto dalle bombe alleate durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ed è in questa Fantasia, che costituisce un mirabile esempio di rappresentazione pittorico-musicale-organistica, che troviamo la "summa" dell'arte compositiva di Manari, che vedeva in un organo spiccatamente orchestrale ma saldamente fondato sui principi dell'organaria classica italiana, lo strumento ideale per la realizzazione di un discorso ben caratterizzato da stilemi tardosinfonici altamente virtuosistici (alla Dupré, per intenderci) uniti ad una visione strutturale di tipo fortemente "orchestrale", in cui l'aspetto descrittivo diventa essenziale.
Gli altri due brani di Manari, la Leggenda e lo Scherzo, magistralmente interpretati, ribadiscono ulteriormente la grandezza di questo compositore, assolutamente maiuscolo, che purtroppo, a causa di quella "damnatio memoriae" che è stata fatta calare sul periodo organistico ed organario in cui egli visse ed operò, non viene quasi più ricordato dagli organisti italiani di oggi i quali, anche se non lo sanno, devono anche e soprattutto a lui la ricchezza del bagaglio musicale che hanno ricevuto in eredità.
Domenico Severin è, come sempre, maiuscolo nelle sue interpretazioni. Egli si dimostra, come anche nel precedente disco dedicato alla musica di Oreste Ravanello, appassionato e profondissimo conoscitore di un periodo musicale ed organistico caratterizzato da forti pulsioni sinfonico-orchestrali, che egli coglie alla perfezione, senza esaltarle e senza sopirle, applicandole alle sue interpretazioni nel modo più adatto e rispondente alla filosofia di quei tempi, proponendoci brani splendidamente caratterizzati ed inquadrati alla perfezione nelle loro idee ispiratrici. A tutto questo, egli aggiunge una tecnica di altissimo livello, una spiccatissima capacità di registrazione ed uno spirito di approccio alle partiture che riesce a cogliere in modo profondo e particolare lo spirito dei brani, il tutto per un'intepretazione veramente bella ed interessante.
Dell'organo abbiamo già accennato. Aggiungeremo solo che questo strumento, nonostante la sua mole ed il suo grande numero di registri orchestrali, non tradisce in alcun modo i principi di spiccata impostazione "italiana" che Manari aveva previsto nel 1930 per il primo organo e che Vignanelli (allievo di Manari), ha poi ripreso nel 1948 per la progettazione del secondo organo. Questo fattore è molto ben presente in questa registrazione nella quale, anche quando viene azionato il "Tutti" (ed è veramente potente!) le sonorità della piramide maschile dei registri di Principale (il "Ripieno", per capirci) sono sempre e comunque prevalenti e preminenti rispetto alle altre famiglie di registri, anche rispetto alle Ancie, che qui sono veramente ben rappresentate e potenti ma che rimangono "a servizio" del Ripieno, che è e resta il fulcro di tutto l'organo.
Tecnicamente, infine, una particolarità curiosa ed interessante. Questa incisione viene presentata in un cofanetto contenente due CD. Uno di questi è un normale Cd Audio stereofonico a due canali, che si può riprodurre nei comuni lettori di Cd Audio. Il secondo, invece, è un Cd audio a cinque canali che utilizza il sistema DSR (Direct Soundfield Recording) e che deve essere utilizzato esclusivamente con un lettore multicanale, del tipo di quelli utilizzati per i sistemi "home cinema" o "home teather". In questo caso la spazialità dell'incisione, effettuata con cinque postazioni di microfoni differenti, viene riprodotta nel modo più fedele possibile.
Ovviamente la presa di suono, effettuata con tale sistema, è veramente perfetta ed accuratissima e ricalca quasi alla perfezione la notevolissima differenziazione dei piani sonori di questo strumento veramente complesso e difficilissimo da registrare per via della grande distanza e della posizione dei vari corpi sonori. Inutile dire che si va dal pianissimo appena sussurrato al Tutti più maestoso (con tanto di 64 piedi acustico al pedale) senza che le dinamiche facciano una piega. Il tutto per una produzione che riteniamo veramente eccellente e che consigliamo molto volentieri ai nostri amici lettori.



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