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Organi elettronici (Terza parte)




Abbiamo trattato nelle scorse puntate gli organi elettromeccanici e quelli elettronici. In questa puntata tratteremo gli organi campionati con suoni digitali. In parole molto semplici, ciò significa che mentre gli organi di cui abbiamo parlato in precedenza utilizzavano suoni prodotti da circuiti elettrici e/o elettronici, quelli cosidetti "campionati" utilizzano suoni registrati che vengono poi riprodotti. In questo modo è possibile, oggi, per un organista che possieda uno di questi strumenti, ottenere suoni che non "assomigliano" a quelli di un vero organo a canne, ma "sono" i suoni registrati di un vero organo a canne. Ovviamente il discorso non è così semplice; la materia è molto tecnica, vastissima ed investe molteplici aspetti della fisica acustica, dell'elettronica e dell'informatica. Noi cercheremo qui di dare un quadro essenziale di questo argomento.
Il primo passo verso l'invenzione (e la successiva realizzazione) di questo tipo di strumenti è stato il passaggio, avvenuto all'inizio degli Anni Ottanta del secolo scorso, dall'elettronica analogica a quella digitale.
Nell'elettronica analogica vengono trattati valori di corrente elettrica misurati costantemente nel tempo cioè "in continuo", tenendo presente che con questo termine si intende lo scorrere del tempo senza soluzione di continuità, cioè per ogni "istante" di tempo, considerando per istante un periodo di tempo che si può restringere all'infinito. Nell'elettronica digitale, invece, il valore della corrente può avere solo due valori: 0 (zero, quando nel circuito non passa corrente) ed 1 (uno, quando nel circuito passa la corrente). Questi due valori, poi, non vengono misurati "in continuo", bensì in modo cosidetto "discreto", cioè ogni ben determinati intervalli di tempo (ad esempio, ogni 10 millisecondi).
Come si vede, sono due metodi radicalmente differenti, sia come impostazione che come attuazione, di trattare segnali elettrici ed apparentemente non si vede come sia possibile applicare il sistema digitale ad un suono che, come ben si sa, è una successione in continuo di valori espressi in Hertz (per la frequenza) ed in deciBel (per l'intensità).
La soluzione del problema, in linea teorica, è abbastanza facile. Si analizza un'onda sonora ad intervalli regolari di tempo (decine di migliaia di volte al secondo) e si registrano i relativi valori di frequenza ed intensità. Questi valori (acquisiti in formato numerico decimale) vengono quindi trasformati, tramite appositi algoritmi matematici, in numeri binari (cioè successioni di zero ed uno) che possono a questo punto essere trattati (registrati e modificati) da apparecchiature informatiche (a partire da un normale computer casalingo fino alle più moderne e sofisticatissime sound station).
Tutto questo oggi ognuno di noi lo può fare in modo assai banale. E' sufficiente collegare un microfono al nostro computer e, utilizzando uno dei tanti programmi a disposizione, registrare un suono. Con questa semplicissima operazione, noi facciamo fare al nostro computer un sacco di cose. Vediamole di seguito.
Il nostro microfono raccoglie il suono e lo trasferisce all'interno della scheda audio del nostro computer. Qui il suono viene raccolto da un apposito circuito, denominato Convertitore A/D (convertitore Analogico-Digitale) che provvede a "scansionare" l'onda sonora secondo determinati intervalli di tempo, ricavandone i relativi valori di frequenza e di intensità. Lo stesso circuito provvede poi a trasformare questi valori decimali in numeri binari, cioè serie di uno e zero.
E' importante, a questo punto, approfondire come vengono eseguite queste operazioni, soprattutto per ciò che riguarda la prima parte, cioè le modalità di raccolta dei dati.
Su alcuni CD audio di normale commercializzazione, talvolta si può trovare l'indicazione della cosidetta "frequenza di campionamento" e questo valore viene abitualmente indicato in 44.100 Hz. Cosa significa questo?
Per capirlo bisogna rifarsi al Teorema di Nyquist. Harry Nyquist era un fisico statunitense di origini svedesi, nato nel 1889 e morto nel 1976, che nel 1949 enunciò un teorema (in seguito approfondito da altri fisici) secondo il quale la frequenza di campionamento (cioè il numero di volte al secondo in cui si prelevano i valori di un'onda sonora) per ottenere un risultato che non presenti perdite di informazione -e quindi perdite di qualità del suono stesso- deve essere ALMENO il doppio della frequenza massima che si deve campionare. Se noi teniamo conto del fatto che l'orecchio umano può apprezzare frequenze che vanno da un minimo di 20-22 Hz fino ad un massimo di 20.000-22.000 Hz, ecco spiegato il motivo per cui la frequenza normalmente adottata per il campionamento dei suoni è il doppio della frequenza massima udibile dall'orecchio umano.
Sempre sulle copertine di alcuni CD audio noi possiamo trovare anche indicazioni tipo "campionamento a 16 bit" oppure "a 24 bit" o, spesso, anche "a 32 bit". Questa indicazione ci fa sapere con quale accuratezza vengono acquisiti i valori, e questo è molto importante soprattutto per ciò che riguarda l'intensità (deciBel) del suono. Non ci addentreremo qui nelle particolarità della numerazione binaria; ci servirà solo ricordare che le apparecchiature digitali trattano solo numeri binari (le successioni di zero e uno di cui abbiamo parlato prima). Ognuno di questi valori (zero ed uno) viene denominato "bit". I numeri binari possono essere rappresentati con successioni di gruppi di quattro, otto, sedici, trentadue e sessantaquattro bits. E' intuitivo che più il numero digitale è lungo e più accurata è la precisione di quel numero. Di conseguenza è evidente che se il valore di intensità del suono viene "convertito" in un numero binario più lungo la sua accuratezza e precisione è decisamente maggiore. Il normale valore di conversione è di 16 bits, ma oggi diverse case discografiche adottano anche valori più alti, e questo consente di ottenere un'intensità di suono molto più fedele ed aderente all'originale.
 Sinusoide digitalizzata Una cosa assai interessante è che anche i normali computers casalinghi odierni consentono di "scegliere" tra diversi valori di campionamento sia della frequenza che dell'intensità dei suoni. Solo a titolo di esempio, possiamo dire che se si sceglie una frequenza di campionamento di 8.000 Hz avremo una qualità di suono molto vicina a quella di un normale apparecchio telefonico, se si sceglie una frequenza di 11.025 Hz si avrà una qualità di tipo radiofonico mentre con 22.050 Hz la qualità sarà molto simile ai dischi vinile del secolo scorso.
Nell'immagine a fianco possiamo vedere graficamente i risultati di queste operazioni. La linea rossa rappresenta la sinusoide del suono analogico mentre le zone verdi rappresentano le varie sezioni di campionamento digitale della stessa. Per ognuna di queste zone vengono rilevati i valori di frequenza e di intensità. E' importante notare come con questo metodo, pur ottenendo una rappresentazione digitale molto aderente a quella analogica, rimangono delle piccole aree (segnate in giallo e blu) di errore. E' altrettanto importante notare che queste zone di errore rimangono presenti anche se si aumenta la frequenza di campionamento (la quadratura matematica del cerchio è, notoriamente, impossibile) e questo è il motivo principale per cui, nonostante quello che viene spesso affermato, la qualità di un suono digitale, anche se accuratissimamente campionato, non potrà mai essere uguale a quella di un suono analogico.
I valori binari ottenuti dopo queste operazioni (che, ricordiamo, vengono svolte dal circuito convertitore analogico-digitale) possono poi essere trattati dal computer o dall'apparecchiatura digitale. Possono essere registrati sul disco rigido o su un supporto esterno (Cd, chiave USB, hard-disk esterno, ecc.) oppure, tramite appositi programmi, possono essere modificati, arricchiti di effetti, distorti, aggiustati, combinati, sovrapposti e tante altre cose che ognuno di noi può fare agevolmente anche sul computer di casa.
 Sinusoide digitalizzata Per poterli poi ascoltare tramite un normale apparecchio di amplificazione, questi segnali vengono immessi in un circuito (convertitore digitale-analogico) che effettua le operazioni inverse e li trasforma in un'onda sonora. E' ovvio che, per i motivi che abbiamo esposto prima al riguardo degli errori che si verificano nella fase di digitalizzazione, l'onda sonora che viene ricostruita non può essere perfettamente uguale a quella originale e, pertanto, rimane sempre una percentuale di perdita di qualità del suono che, anche se spesso non viene percepita dall'orecchio umano, per quanto riguarda il suono dell'organo influisce sugli armonici e, soprattutto quando si assommano i suoni di diversi registri, in particolare nel campo delle mutazioni composte, il risultato non è soddisfacente a causa della scarsa presenza, appunto, degli armonici. Nell'immagine a fianco possiamo vedere (linea nera) la sinusoide che risulta dalla ricostruzione digitale del campionamento ed è evidente che non risulta perfettamente uguale a quella originale (linea rossa). Ovviamente, queste ricostruzioni grafiche sono solamente esplicative e non hanno alcuna pretesa di dimostrazione scientifica, tenendo anche conto che il suono di uno strumento musicale NON è una sinusoide pura, ma è arricchita da tutti gli armonici, cosa che ne complica decisamente il procedimento di campionamento, codifica e decodifica. Inoltre, i circuiti decodificatori sono dotati di appositi algoritmi matematici che riducono l'ampiezza degli errori entro parametri comunemente accettabili e, nella maggior parte dei casi, non percepibili dall'orecchio umano.
A questo punto abbiamo visto come si ottengono i cosidetti "suoni campionati", che per brevità vengono chiamati "campioni". Per l'organo, in particolare, si tratta di registrare il suono dei vari registri canna per canna, eventualmente trattarlo per renderlo più accurato e, infine, fare in modo che possa essere suonato per un periodo di tempo più lungo rispetto alla sua durata. I campioni, infatti, hanno una durata che solitamente varia dai pochi secondi al minuto ed è ovvio che se, ad esempio, noi dobbiamo suonare una nota di pedale che dura di più dobbiamo fare in modo che il campione suoni più a lungo della sua durata. Per fare questo si utilizzano programmi appositi che creano un cosidetto "loop", che consente di ottenere questo risultato e consentire che un campione riesca a suonare teoricamente all'infinito e, praticamente, per tutto il tempo in cui si tiene premuto un tasto.
Dopo questa abbondante (pur se molto approssimativa) introduzione sui suoni campionati, possiamo passare a vedere come essi possono essere utilizzati. Ma di questo parleremo nella prossima puntata, dove vedremo anche, per sommi capi, la cosidetta "interfaccia MIDI", che è il componente fondamentale che ci permette di utilizzare nel migliore dei modi questi suoni non solo negli organi "campionati" ma, anche, con i nostri computers casalinghi.



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