Logo Arretrati

Racconto: I due cadaveri di Westminster - Prima parte




Vi ricordate i Romanzi d'Appendice delle riviste di qualche decennio fa?.... Bene, noi non ci faremo mancare neppure quello.
A parte gli scherzi, personalmente sono sempre stato appassionato del Romanzo Poliziesco 'classico' e tra i miei preferiti, oltre a Poe, Leroux, Simenon e Dard, ho sempre prediletto l'opera di Sir Arthur Conan Doyle. In tale contesto, ho potuto notare, non senza rammarico, che mentre l'organo è protagonista in diverse opere (ad esempio ne "Il Fantasma dell'Opera" di Leroux, nel "Ventimila Leghe sotto i mari" di Verne, in "Siamo logici, perdiana!" di Dard, in un film della fortunata serie della "Pantera Rosa" e, addirittura, in un intero episodio delle "Inchieste dell'Ispettore Derrick"), nell'opera di Conan Doyle l'organo non compare mai.
Dall'alto della mia megalomania, quindi, ho pensato di colmare questa gravissima lacuna e così, alcuni anni or sono, ho scritto il racconto che segue e che va preso per un'esercitazione letteraria
"alla maniera di .....", in cui ho reso l'organo protagonista di una vicenda abbastanza intricata in cui il ritrovamento di due cadaveri darà modo a Sherlock Holmes ed al Dottor Watson di dare prova della loro abilità.
Il racconto, ovviamente, si snoderà attraverso alcune puntate, che spero abbiate piacere di leggere e che mi auguro sia di vostro gradimento. Buona lettura!


Era la mattina di Natale del 1872. Holmes aveva da poco terminato di consumare la colazione ed aveva tratto la pipa dalla caminiera, iniziando come al solito a caricarla, rimanendo in piedi di fronte alla finestra. Io mi ero portato il "Trattato sulla Moderna Chirurgia" di Simondsen e mi ero accomodato sulla poltrona accanto al fuoco.
Erano passati diversi minuti, durante i quali il silenzio era stato rotto solo dal crepitare dei ceppi nel camino, quando la voce di Holmes mi fece abbandonare la lettura.
- Credo proprio, caro Watson, che trascorreremo una giornata movimentata.
Mi volsi a guardarlo.
- Che cosa glielo fa pensare, Holmes?
- Lo deduco, semplicemente -rispose- dall'aspetto di quello scaccino che, se non mi sbaglio di grosso, si sta dirigendo verso il nostro uscio.
Mi avvicinai alla finestra e, nella strada, vidi una persona che avanzava nella gelida mattinata. Era un uomo di mezza età, di bassa statura, goffo nei movimenti, imbacuccato in un pastrano grigio che gli arrivava alle caviglie. Le mani affondate nelle tasche, il capo chino e la schiena curva, a causa del passo dondolante, lo facevano sembrare un pinguino saltellante sulla neve.
- Ho dedotto che si tratta di uno scaccino -disse Holmes in risposta al mio sguardo interrogativo- poichè solo tali persone presentano quella curiosa caratteristica nel correre, abituati come sono a camminare lentamente strascicando i piedi. E poi, noterà anche lei che il pastrano che indossa deve essere di almeno due misure più grande; probabilmente se lo è fatto prestare da qualcuno, e quel qualcuno non può essere che un religioso, visto il taglio e la fattura dell'indumento. Che cerchi proprio noi è ovvio: gli scaccini non vanno di certo in giro la mattina del giorno di Natale, quando i loro compiti li dovrebbero assorbire completamente.
Mentre Holmes parlava, l'ometto si era avvicinato e, dopo avere dato una rapida occhiata agli usci delle case, si era diretto decisamente verso la nostra abitazione. Un istante dopo il suono del campanello risuonava nell'andito.
- Bene, Watson -sorrise Holmes, sprofondandosi nella sua poltrona- Vediamo che cosa ci porta questo signore.
Un attimo dopo, il buffo personaggio era nella stanza e con gesto imbarazzato si toglieva il copricapo di lana grezza marrone che gli scendeva sulle orecchie.
- Il signor Holmes? - chiese con voce affannata mentre il suo sguardo si posava alternativamente su di noi.
- Per prima cosa si accomodi su quella poltrona accanto al fuoco -interloquì amabilmente Holmes- e si riscaldi un poco; dopodichè potrà dirci quale grave fatto l'ha condotta fino a noi.
- Non posso fermarmi a lungo, signor Holmes -disse l'ometto, tradendo una viva agitazione- Ho promesso all'Abate che sarei stato di ritorno al più presto. D'altra parte -soggiunse- gli ho dovuto promettere che non sarei ritornato senza di lei.
Holmes guardò l'ometto rimanendo in silenzio.
- Signor Holmes -riprese l'ometto agitandosi- Lei deve aiutarci! E' terribile, capisce? Non era mai successa una cosa simile! E' terribile!
- Cosa è dunque successo di così grave nella vostra chiesa? - lo interruppe Holmes, aspirando una boccata dalla sua pipa.
- Un morto! Un cadavere, signor Holmes! Nel giardino dell'Abbazia! -fece l'ometto quasi urlando.
Holmes lo guardò per qualche attimo attentamente, poi rimase pensoso traendo boccate di fumo dalla sua pipa. Dopo alcuni istanti, mentre l'ometto ci lanciava occhiate interrogative, si trasse dalla poltrona.
- Caro Watson, credo proprio che sarà opportuno fare venire una vettura. Accompagneremo il nostro amico e vedremo cosa potremo fare per lui. A proposito -disse, rivolgendosi all'ometto- di quale chiesa si tratta?
- L'Abbazia di Westminster, signor Holmes!

Qualche minuto dopo eravamo in viaggio, Holmes, l'ometto ed io, su di una vettura diretta alla volta di Westminster. Holmes, come al suo solito, rimaneva sprofondato in silenzio sul sedile, fumando la pipa a piccole boccate. L'ometto guardava inquieto ora Holmes, ora me, e la sua agitazione era sempre più evidente.
Giungemmo infine a Westminster. Licenziata la vettura, ci avviammo verso l'Abbazia preceduti dall'ometto, che faceva strada con il suo curioso passo saltellante. Arrivati all'ingresso laterale, invece di entrare nella chiesa, l'ometto ci fece passare attraverso uno stretto cancello ed arrivammo in un piccolo giardino adiacente l'abside e su cui si affacciava, dall'altro lato, un fabbricato basso e lungo. Qui, accanto ad un fagotto di stracci steso al suolo, battevano i piedi per il freddo due persone, che ci si fecero incontro non appena ci videro. Uno di loro era alto, magro, anziano, con i capelli bianchi e dal portamento austero; dedussi che doveva essere l'Abate. L'altro era più giovane ma più grasso, rubicondo, con le gote accese dal freddo; era vestito in modo semplice ma elegante ed il suo sguardo era particolarmente vivo ed attento. Quest'ultimo si rivelò essere il Rettore del Seminario, il fabbricato basso le cui finestre si affacciavano sul giardino.
- Signor Holmes -ci accolse calorosamente il Rettore- è una fortuna per noi che sia venuto. Non sappiamo proprio che cosa fare. Ci consigli lei, perchè non riusciamo a capire più nulla.
Holmes si diresse verso il mucchio di stracci e si chinò ad esaminarlo. Scoprendolo, ci si presentò uno spettacolo orribile. Si trattava del cadavere di un uomo ancora abbastanza giovane, le cui fattezze erano state orribilmente contraffatte dai colpi. Tutto il viso era martoriato e tumefatto, le orbite erano gonfie e bluastre, gli zigomi spaccati come da colpi di mazza.
Holmes scoperse tutto il corpo. Le braccia erano disarticolate in più punti e presentavano diverse fratture. Solo le gambe erano state risparmiate dai colpi dell'assassino, che aveva infierito brutalmente anche sul tronco.
- Perbacco, Watson, pare che questo signore sia stato ucciso con una furia degna del peggior assassino! Come è arrivato fino qui?
L'Abate si fece avanti.
- E' stato il Reverendo Abbott, qui presente, a trovare il corpo stamane alle cinque e mezza, quando ha attraversato il giardino per recarsi in Abbazia a recitare il Mattutino.
- Per la verità non l'ho neppure visto -intervenne il Rettore- Era molto buio e nonostante avessi con me la lanterna, quasi mi ci sono inciampato. Non appena mi sono accorto di che cosa si trattava ho avvertito l'Abate, che è sceso subito.
- Avete tocato il corpo in questo periodo di tempo?
- No, signor Holmes, l'abbiamo solo coperto con questo drappo, in attesa che arrivaste voi.
- perfetto! Vediamo allora di saperne un pochino di più!
Detto questo, Holmes si gettò a terra ed iniziò a percorrere carponi il vialetto coperto di ghiaia che conduceva al cancello, osservando, prorompendo talora in esclamazioni, in uno di quegli impeti che lo coglievano quando un caso sollecitava appieno la sua attenzione.
Dopo avere esaminato il vialetto, stessa cura dedicò alle aiuole, in particolare a quella dove era stato ritrovato il cadavere. Quindi, sotto gli sguardi incuriositi dell'Abate e del rettore, esaminò con attenzione il cancello ed il muro dell'Abbazia nel punto più vicino al cadavere.
Dopo avere infine rivolto una rapida occhiata alle grandi vetrate dell'abside della chiesa, Holmes, con aria soddisfatta, si rivolse al rettore.
- Suppongo che il cancello sia rimasto aperto anche questa notte, vero?
- E' esatto, signor Holmes. Da qualche tempo la serratura si è guastata e siamo in attesa di ripararla. Alla sera ci limitiamo ad accostare il cancello. D'altra parte, poche persone sono a conoscenza di questo ingresso e del fatto che la serratura non funziona. Una volta accostato, poi, il cancello sembra chiuso.
- bene, signori -concluse Holmes stropicciandosi le mani- E' certo che questo signore non è arrivato fin qui da solo, ed è altrettanto evidente che chi l'ha portato qui sapeva che il cancello era aperto. Caro Watson, a questo punto penso proprio che potremmo tornare alla nostra casa, dove la signora Hudson ci ha preparato un formidabile tacchino natalizio. Per intanto, signori, sarà bene chiamare la Polizia, che provvederà a dare un nome al nostro sfortunato amico.
Ci avviammo verso l'uscita, ma proprio mentre stavamo per varcare il cancello, un chierico, uscito correndo dall'Abbazia, si precipitò verso l'Abate.
- Signor Abate...Presto, correte! Hanno ritrovato un cadavere in chiesa!
L'Abate impallidì, per quanto gli era ancora possibile.
- Dove l'avete trovato?
- Sulla scala dell'organo. E' il signor Shilton, l'organista.

(1 - Continua)



Torna all'Indice Varie e Curiosità
Torna all'Indice Categorie


Copyright "La Pagina dell'Organo" - 1996-2010