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Racconto: I due cadaveri di Westminster - Sesta parte




Riassunto delle puntate precedenti.

La mattina di Natale, Sherlock Holmes ed il Dr. Watson vengono chiamati a Westminster, dove nel cortile dell'Abbazia è stato ritrovato il cadavere di uno sconosciuto. Holmes effettua le prime indagini ma mentre sta per tornare a casa, viene avvisato che è stato trovato un altro cadavere all'interno della chiesa. Si tratta dell' organista. Holmes svolge i primi accertamenti all'interno dell'Abbazia e visita l'organo, dove fa la conoscenza di un altro organista, il burbero Preston. Dopo le prime indagini e nonnostante le apparenze, Holmes scopre che entrambi i cadaveri sono state vittime di un assassino. Nonostante il disinteresse dell'Ispettore Lestrade, Holmes prosegue le sue indagini e ben presto riesce ad individuare i responsabili. Con Lestrade ed il Dottor Watson si reca quindi presso la fabbrica di organi di Henry Willis ed inizia ad interrogare un giovane operaio, Albert Murdock.


Parlando, Holmes misurava a grandi passi la stanza, mentre il giovane Murdock non smetteva di fissarlo, rimanendo in piedi.
- Nel tentativo di non essere sorpresi da Shilton -proseguì Holmes- avete cercato un rifugio e penso che sia stato proprio lei, Murdock, ad avere la brillante idea di scegliere come nascondiglio la camera dei mantici. Ottima idea, veramente! A nessuno sarebbe venuto in mente di venirvi a cercare proprio lì. L'unico errore, fatale, è stato il non avere pensato che l'inopportuno visitatore avrebbe messo in moto proprio il motore dell'organo, e con esso tutto il meccanismo dei mantici.
- Quando lei, dal suo nascondiglio, ha sentito che Shilton si accingeva ad accendere il motore, ha subito pensato alle conseguenze, e si è tratto sulla scaletta; Olson, poveraccio, non sapendo cosa sarebbe accaduto, è rimasto fermo sotto i mantici, ed è stata la sua fine. Messo in moto il motore, Olson è rimasto intrappolato tra le leve e le aste dei mantici; la sbarra a gomiti si è abbattuta ripetutamente sul suo corpo, riducendolo come è stato poi trovato. Dopo un attimo di panico, causato dalle urla di Olson e dal fatto di vederla uscire dalla botola, Shilton spense il motore, ma troppo tardi per Olson, che era già cadavere.
- Tra lei e Shilton è poi scoppiata una discussione. Non so precisamente cosa vi siate detti, ma è certo che lei ha cercato di convincerlo a tacere e a darle una mano per portare via il cadavere di Olson. Shilton, nonostante la sua amicizia per lei, deve avere avuto paura ed ha minacciato di rivolgersi alla Polizia; probabilmente si è avviato verso la scala. Allora lei, in un impeto di collera, lo ha raggiunto e malmenato; Shilton ha tentato di difendersi ma lei lo ha gettato sulla scala; il poveretto è rotolato ed ha battuto con violenza la nuca, rimanendo ucciso.
- A quel punto, con due cadaveri tra i piedi, la sua prima preoccupazione è stata quella di salvare il salvabile. E' andato a prendere il corpo di Olson e lo ha tratto dalla camera dei mantici. Così facendo ha lasciato alcune tracce facendo strisciare il cadavere sulle assi impolverate della scala e si è dimenticato là sotto la lanterna cieca che Olson aveva portato con sè e che io ho poi ritrovato la mattina seguente, completamente consumata ed ancora calda, unitamente alle tracce di sangue e di capelli rimasti sull'asta di ferro dei mantici. Si è poi caricato sulle spalle il corpo e lo ha portato giù, fino alla porta dell'Abbazia; nel trambusto si è anche dimenticato di spegnere la fiaccola della scala dell'organo.
- Uscito fuori, ha richiuso la porta dell'Abbazia ma a quel punto le si è presentato il problema di fare sparire il corpo nel più breve tempo possibile, giacchè sarebbe stato preda di una ronda. Così, trovandosi accanto al cancello e sapendolo aperto, ha pensato bene di andarlo a deporre là dentro. Non ne sono sicuro, ma penso proprio che in questa decisione abbia avuto una piccola parte anche il desiderio di vendetta nei confronti del Rettorre Abbott, che vedeva di cattivo occhio la sua amicizia con Shilton e che già alcune volte aveva trovato da ridire sulle sue visite alla camera dell'organista.
- Tutto qui. -concluse Holmes- Lei se ne è andato tranquillamente a riposare e senza dire nulla a nessuno ha continuato la sua vita di sempre, fino ad oggi.
- Allora, Murdock, -lo apostrofò infine Holmes guardandolo fisso negli occhi- Cosa ne dice di questa storia? Come vede, è tutto molto chiaro.
Il ragazzo rimase a fissare Holmes per alcuni istanti poi, sorridendo, rispose. - Certo, questa è una bella storia. Ma non mi pare che abbiate alcuna prova che la confermi. Quindi -riprese con fare altezzoso- avete perso il vostro tempo e ne avete fatto perdere a me. Addio.
E si avviò deciso verso la porta.
- Un momento, un momento! -lo interruppe Holmes, traendo un pacchetto dalla borsa che aveva portato con se- Lei ha perfettamente ragione; non abbiamo prove. Ma, se non le dispiace, vorrei togliermi la curiosità di confrontare le impronte lasciate nel giardino dell'Abbazia, di cui ho qui con me un calco, con le sue scarpe. Suppongo non le dispiacerà, signor Murdock!
Questi si era voltato edf aveva guardato fisso Holmes, con odio. Poi, con un balzo, si lanciò verso la porta che dava sulla strada. Willis, che era nei pressi dell'uscio, gli si parò innanzi e cercò di trattenerlo, ma Murdock lo colpì con un calcio, gettandolo a terra e lanciandosi nuovamente verso la porta. Il contrattempo aveva però consentito ad Holmes di essergli addosso e di trascinarlo a terra. Tra i due si accese una furibonda collutazione, a cui Lestrade pose fine sferrando un poderoso calcio alla testa di Murdock, tramortendolo.
- Bene, signori -fece Holmes- rialzandosi e riassettandosi l'abito- Il caso è chiuso.

Sulla carrozza che ci riportava a Baker Street, Holmes rimase silenzioso, senza più accennare al caso appena concluso. Ma, pur avendo compreso tutto l'evolversi della situazione, mi era comunque rimasto un dubbio che volli fargli presente.
- La soluzione del caso è stata brillantissima, Holmes -dissi- ma se lei non avesse fatto un calco delle impronte. Murdock ci avrebbe giocati.
Holmes scoppiò a ridere.
- Ma io non ho fatto alcun calco, mio caro Watson! Debbo confessarle che ho commesso questa imperdonabile trascuratezza la mattina di Natale, quando ci siamo recati insieme a Westminster, complice il trambusto causato dal ritrovamento di Shilton. Quando, l'indomani, sono ritornato sul posto, era ormai troppo tardi e le impronte erano state cancellate dai ripetuti passaggi di persone. Nonostante ciò, la mia inchiesta mi ha permesso di arrivare ugualmente all'assassino. Certo, ho rischiato di vedere sfumare tutto il mio lavoro, soprattutto per il fatto che le probabilità che Murdock calzasse le stesse scarpe della notte di Natale erano pochissime. Ho bluffato, e mi è andata bene.
- Ma allora..... - intervenni- in quel pacco.....
Holmes trasse dalla borsa il pacchetto che poco prima aveva inchiodato Murdock alle sue responsabilità, tolse la carta che lo avvolgeva e ne trasse un normale mattone da costruzione.
- La prova del delitto, Watson! -esclamò, ridendo di gusto- Ora possiamo proprio dire di avere posto un altro mattone sul mai ultimato edificio della Giustizia!

(6 - Fine)



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