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Inaugurazione nuovo organo a Breno

di Giulio Pedretti




 Organo di Breno
Venerdì 20 settembre 2002 è una data da ricordare per chi si occupa di organistiche cose, perchè qui nella dimenticata Vallecamonica, piena di begli organi ottocenteschi, ma priva di strumenti su cui eseguire la letteratura organistica barocca, dopo oltre un secolo di letargo è stata inaugurata una nuova opera, interamente meccanica, nella chiesa secondaria di San Valentino in Breno.
Lo strumento, dono munifico ed intelligente di un Vescovo qui in pensione, è l'opera prima di Luca Chiminelli, che sino ad ora si era cimentato (con esiti alterni) "solamente" nel restauro di organi d'epoca. L'organo è posto in un altare laterale, ha due manuali di 56 tasti e la pedaliera dritta e piana di 30 pedali; 13 registri al primo manuale, 9 al secondo e 4 al pedale. Ai manuali le ance sono divise in Bassi e Soprani per favorire l'esecuzione di musica Iberica (ed anche italiana ottocentesca, aggiungo io). Meccanica sospesa e due tremoli. Somieri a tiro.
Frutto di qualche anno di lavoro e di molti ripensamenti, ha avuto il primo battesimo del fuoco con una serie di concerti davvero sensazionale per la zona: Lorenzo Ghielmi, Alessio Corti, Liuwe Tamminga (ed orchestra), oltre che il giovane Davide Pozzi che si è esibito in Una Missa cum Organo di carattere rigorosamente teutonico. Tutte le esibizioni, raccolte nel fazzoletto di otto giorni, sono state eseguite a chiesa stracolma; non meno di 4/500 persone attente ed in buona parte competenti. Per l'occasione è stato pubblicato un bel fascicolo di circa 50 pagine in cui l'organo viene erronemente ed a più riprese accreditato di 1430 canne contro 1284 effettive.
Questa la nuda descrizione dei fatti; ora le sensazioni.
Tutti conoscono Lorenzo Ghielmi per cui non ci si stupirà se affermo che ha suonato magnificamente, interpretando al meglio (e con sensibilità italiana) lo spirito dello strumento ed arrivando alle soglie del sublime con "An Wasserflussen Babylon" BWV 653. Fra l'altro, evidentemente aduso alle bizze ed alle caratteristiche del suo Ahrend, non ha nemmeno richiesto il registrante, facendo con grande lievità tutto in casa. Se l'inaugurazione fosse iniziata e finita con Ghielmi, ora sarei qui a gridare al nuovo Silbermann.
Alessio Corti non era in serata, non deve ovviamente dimostrare niente a nessuno, di lui dirò solamente che ha patito una specie di capogiro o sbandamento vertiginoso (per altro condiviso anche dal sottoscritto) all'entrata del cornetto, evidentemente troppo voluminoso, durante l'esecuzione di "Herr Jesu Christ, dich zu uns wend" BWV 709, e più non si è ripreso, finendo il robusto programma col consumato (quasi logoro, nell'occasione) mestiere che sarebbe sciocco disconoscergli. Probabilmente ha patito più di altri la presenza della panca fissa sia in verticale che in orizzontale (!) e di una pedaliera non perfettamente scorrevole e fuori misura.
Liuwe Tamminga, con l'orchestra di strumentisti del Teatro alla scala ha presentato un programmone probabilmente non ben calibrato nella durata; ha suonato adeguatamente ma, spingendosi verso Frescobaldi, sul gioco dei principali e delle frazioni di ripieno ha rivelato inaspettatamente una emissione del tutto sgradevole in alcuni accordi. Bruttissimo effetto che non attribuirei tanto ad errori d'accordatura o d'intonazione ma proprio all'inadeguatezza di un simile strumento per la letteratura Frescobaldiana e rinascimentale in genere.
Nulla da dire su Davide Pozzi e la sua Missa cum Organo. Qualcosa da dire sui celebranti che evidentemente si sono trovati a disagio con una struttura rituale che non gli era propria (qualcuno avrebbe dovuto spiegar loro che l'organo è parte integrante della celebrazione e non una elegante appendice. Ma queste sono probabilmente solo ubbìe di chi scrive).
Da semplice spettatore dico che lo strumento si presenta esteticamente assai pregevole, piccole opere di completamento vanno assolutamente operate, come ad esempio una grigliatura sopra le varie campate che altrimenti fanno sembrare la bella e solida cassa un armadio semivuoto, e soprattutto una panca con le opportune regolazioni. L'acustica è pressochè perfetta in ogni angolo della chiesa, con l'eccezione della fascia frontale allo strumento, dove si raggiunge l'insopportabilità.
Nelle dotte relazioni introduttive tenute dai vari papaveri dei carrozzoni pubblici delegati alla tutela (!) del patrimonio organario, si sottolinea più volte che siamo di fronte ad una realizzazione che si pone nell'alveo della più pura tradizione italiana, anzi lombarda (e quando si dice questo lo sprovveduto spettatore pensa agli Antegnati, allo sfortunato GB Facchetti, al Mejarini, alla sterminata e negletta stirpe dei Bossi, Lingiardi, Carrera, ai raffinati Cadei e persino ai Serassi che pure hanno un ruolo non facilmente perdonabile nel deragliamento della cultura organaria italiana).
Direi che è ora di smetterla con questi minuetti retorici, anzi l'ora è suonata da almeno mezzo secolo, inutilmente. Nessuno vieta di costruire copie "in stile" o ispirarsi liberamente a scuole di grandissima tradizione; ciò che mi irrita è che anche il più francese degli organi costruiti in Italia venga costantemente contrabbandato come "erede della fulgida scuola italiana".
Per tornare a noi, il ripieno del Chiminelli, come quello di altri organi della specie, è in realtà un mixtur a file separate; lo strumento è in gran parte ispirato alla scuola tedesca, ed infatti rende al meglio nell'esecuzione della letteratura barocca; anzi le canne sono dichiaratamente ispirate (specie le ance) alla scuola tedesca, e forse acquistate anche in Germania.
Concludo l'esame auditivo notando che il controfagotto al pedale, che è "bastardo" dal La in giù, da questa stessa nota quasi scompare o comunque perde la tipica tonalità del registro, denotando la necessità di una ripassata all'intonazione (lo stesso registro presente nel pregevolissimo Mascioni del Seminario di Brescia non lascia intendere in alcun modo il passaggio dalla tuba normale a quella accorciata). Mancano un po' di sonorità gentili; è uno strumento dalla voce "grossa" e stentorea, che piace nell'organo pleno ma disturba nei soli; la sesquialtera dovrebbe essere rivista perchè non adeguata. La scelta inoltre dei somieri a tiro, per quanto non criticabile, la dice lunga sulla effettiva volontà di realizzare un organo italiano.
Non ho mai terminato questi appunti perchè dopo l'ottima settimana di musica mi sono davvero chiesto come dovrebbe essere un organo per essere definito inequivocabilmente italiano, e se ancora esista una caratteristica che faccia immediatamente individuare uno strumento come appartenente alla nostra miglior scuola.
La mattina in cui a Torino, nella cattedrale di San Giovanni Battista, si celebrarono le esequie dell'Avvocato Agnelli transitavo davanti al televisore e dovetti letteralmente fermarmi ad ascoltare il canto elegante ed armonioso dell'organo, impegnato in un corale di Bach. La consultazione dei testi confermò che quella era la voce di un Giacomo Vegezzi Bossi, 1874, due tastiere, interamente meccanico, di oltre 3500 canne, magistralmente restaurato e completato dalla famiglia Piccinelli nel 1974.
Questo strumento, che possedendo registri ad ancia di 16' al manuale ed il ripieno di 6 file al pedale può essere classificato "grande organo" per l'epoca, si è poi dimostrato in grado di interpretare al meglio tutto il programma della non lieta ricorrenza, ed il ripieno era un vero ripieno, e la sesquialtera la vera, magnifica, speziata sesquialtera dei Bossi e non un'altra terza.
Termino con una domanda non retorica: perchè quando si vuole davvero costruire un organo italiano (sempre ammesso che si voglia davvero costruirlo come tale, e la denominazione non sia la solita italica foglia di fico) non ci si appressa umilmente a questi strumenti, ispirandovisi per dimensionamento, intonazione, materiali? Perchè andare per il mondo a cercare quello che abbiamo, ed a profusione, in casa?
In effetti i nostri organi ottocenteschi rappresentano, eccessi a parte, il massimo fulgore della nostra scuola che, se ottusi custodi della tradizione consentissero, ad esempio, di completare un pedale ridotto, rappresenterebbero vere, versatili e complete macchine da musica con pochi riscontri in altre scuole.
Forse un sogno.


Prima Tastiera

Principale 8
Ottava 4
Decimaquinta
Decimanona
Vigesimaseconda
Vigesimasesta-nona
Flauto 8
Flauto in VIII
Flauto in XII
Voce Umana
Sesquialtera
Tromba Bassi
Tromba Soprani
Seconda Tastiera

Bordone 8
Principale 4
Ottava 2
Decimanona
Vigesimaseconda
Terza
Flauto in XII
Oboe 8 Bassi
Oboe 8 Soprani
Pedale

Subbasso 16
Ottava 8
Violone 8
Fagotto 16


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