La Madonna del cardellino (1507 c.)
Olio su tavola; cm
107x77. Firenze, Galleria degli Uffizi
Racconta Vasari: «Ebbe anco Raffaello
amicizia grandissima con Loreno Nasi, al quale avendo preso donna
in que' giorni, dipinse un quadro, nel quale fece fra le gambe
alla Nostra Donna un Putto, al quale san Giovannino tutto lieto
porge un uccello con molta festa e piacere l'uno e l'altro [...].
Ma capito poi male quest'opera l'anno 1548 a dì 17 novembre,
quando la casa di Lorenzo insieme con quelle ornatissime e belle
degl'eredi di Marco del Nero, per uno smottamento del monte di
San Giorgio rovinarono insieme con altre case vicine. Nondimeno,
ritrovati i pezzi d'essa fra i calcinacci [...] furono da
Battista, figliulo di esso Lorenzo [...] fatti rimettere insieme
in quel miglior modo che si potette».
Per questo motivo, la celeberrima tavola con la Madonna del
cardellino è estremamente danneggiata, finita in ben diciassette
pezzi, ma lascia intuire di quale splendore dovesse essere quando
era integra. L'opera, realizzata per celebrare le nozze di
Lorenzo Nasi, ricco mercante dei panni di lana provenienti dalle
Fiandre iscritto all'arte di Calimala (dal nome della strada
fiorentina dove era il fondaco mercantile), inaugura lo schema
piramidale d'ispirazione leonardesca che Raffaello perfezionerà
attraverso la Madonna del prato e La bella giardiniera, ma
soprattutto ha uno stretto rapporto formale con la Madonna di
Bruges che Michelangelo ha appena ultimato. Tuttavia, l'occasione
dello sposalizio con Sandra di Matteo di Giovanni Canigiani,
impone all'urbiante d'infondere nella scena maggioer giocosità
ed allegria di quanta non sia presente nell'opera
michelangiolesca, anche se resta presente il motivo del Bambino
accolto nell'alveo della Vergine. Nonostante questa
spensieratezza, Raffaello non trascura alcuni importanti
riferimenti simbolici: il fatto che la Madonna legga, l'assimila
inevitabilmente alla "sedes Sapientiae" (la sede della
Sapienza) e il gioco innocente con il cardellino rimanda all'idea
dell'anima (questo rappresenta il piccolo volatile) salvata dalla
parola e dal gesto del Cristo. Non vi è, come in Leonardo,
l'inquietante analisi della natura, il senso cosmico di essa
rappresentato nel breva spazio di un quadro; non vi è il
tentativo di «capire», al di là dell'apparenza l'essenza delle
cose. Il rapporto fra le persone è un rapporto di affetti
semplici e familiari e la natura circostante è il luogo amico e
piacevole ove esse vivono. Il chiaroscuro leonardesco si
trasforma in una velatura, che riveste l'intera superficie del
quadro attenuandone i contorni e dando grazia ai volumi. In
quest'opera c'è anche una monumentalità che si va accentuando
negli ultimi anni del periodo fiorentino. E' un riflesso
dell'intenso plasticismo di Michelangelo.