Stanza di Eliodoro
Papa Leone Magno ferma Attila
Affresco. Roma, Palazzo Vaticano, Stanza di Eliodoro.

«Ed Elohim parlò a Noè dicendo: "Esci dall'arca tu e tua moglie ed i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te [...] siano fecondi e si moltiplichino sulla terra"». E' verosimilmente a queste parole che s'ispira la scena rappresentata nella volta, giusto al di sopra dell'incontro di Attila e Leone Magno. Ma in realtà il senso dell'accostamento è assai più ampio: Dio salcva sempre i giusti. Successe nella notte dei tempi, quando, distruggendo tutto ciò che poteva esservi di malvagio sulla terra, Jahveh aveva rispiarmato il castigo all'unico giusto che abitava il mondo, Noè. Di nuovo era successo quando le orde selvagge di Attila erano venute a terrorizzare l'Europa e si erano fermate soltanto dinanzi alla Croce di Cristo. Erano tornate indietro, così, senza apparente spiegazione. Già, senza motivo per chi non crede, ma per chi sa vedere la mano di Dio che agita i fili della Storia, appariva chiarissimo che Attila si doveva essere fermato di fronte al giusto per eccellenza, il pontefice; esattamente come l'ira di Jahveh si era placata davanti alla purezza di spirito di Noè. Non per nulla nella visione raffaellesca sono Pietro e Paolo, con la spada, a ricacciare indietro quel sovrano sbucato fuori come un demonio dalle steppe dell'Oriente. Comunque, si sa, l'incontro era avvenuto davvero nel 452, ma sulle rive del Mincio e non sullo sfondo di una Roma immersa nelle brume di un tramonto mentre un incendio divampa a Monte Mario. Il cambio di scenario è di per sè già sufficinte per insinuare il fondato sosptto che, come nel caso degli altri dipinti, la scelta di un episodio così lontano nel tempo debba avere un significato ben più attuale. La critica infatti ha spiegato che la vicenda storica vuole alludere al definitivo ritiro delle truppe francesi dai territori romagnoli e lombardi, per la quale il pontefice si era recato in pellegrinaggio a San Pietro in Vincoli nel giugno del 1512, in segno di ringraziamento.
Ideato sicuramente per Giulio II , l'affresco però deve essere stato ultimato dopo la sua morte, dal momento che il volto del papa viene sostituito con quello di Leone X, rendendo, paradossalmente, ancora più calzante l'episodio. In questo senso può essere interessante confrontare l'affresco con la copia del perduto modello del primo progetto che mostra la figura di Leone Magno "interpretata" da Giulio II che se ne sta ancora una volta assiso sulla portantino. La versione finale, invece, lo mostra fra due cardinali, verosimilmente Alfonso Petrucci senese (a sinistra) e Sigismondo Gonzaga. L'atteggiamento del gruppo che entra a cavllo si ispira probabilmente alla cosiddetta "presa di possesso" del papa, ovverosia quella cerimonia che vedeva la città in festa attraversatadal corteo pontificio che in pompa magna andava aprendere possesso delle basiliche della città ed in particolare di San Giovanni in Laterano, sede del vescovo di Roma.