Appendice 23

La libertà di espressione in Venezuela
Una dittatura mediatica
Ley de Responsabilidad Social : in cerca di una società più impegnata... con se stessa

di Morelis Gonzalo Vega
4 agosto de 2003

 

Parlare di responsabilità sociale in questo paese in ebollizione non è facile, senza dubbio, ma non per questo è meno urgente la sua presenza nell' agenda quotidiana dei venezuelano e non solo delle istituzioni politiche e dei comunicatori.

In questa atmosfera in cui viviamo quotidianamente e a cui, è chiaro, ci è difficile abituarci, il tema della libertà di espressione e quello ad esso correlato, il diritto all' informazione, è uno dei temi più discussi e più analizzati da parte dei diversi attori sociali.

Il diritto all' informazione ha smesso di essere un bene individuale per diventare un bene sociale, trasformando il suo carattere di diritto umano individuale in quello di diritto politico-democratico che si esercita democraticamente, collettivamente (...). Il diritto all' informazione, spiega il sociologo cileno Hugo Osorio nella rivista Contribuciones (2,1998), è una necessità sociale, una esigenza degli individui di una collettività. Senza questo diritto "tutta la struttura istituzionale democratico-informativa si ...... e cede il passo alla sfiducia e alle voci, che sono la degradazione dell'informazione".

In questo paese i media hanno smesso di essere dei mediatori per trasformarsi in attori, in modo che diventa necessario - anche per la salute mentale della società - invertire questa situazione e fare in modo che i mezzi di comunicazione di massa tornino al ruolo per cui furono creati. Le Legge di responsabilità civile in radio e tv ha come suoi obbiettivi contribuire al ristabilimento di questo ruolo originario dei media, e di questo parliamo in questo articolo.

Questa discussione, appena cominciata, ha portato il Venezuela nell' occhio del ciclone (in realtà è iniziata dopo il fallimento del golpe dell' aprile 2002) perché essa spinge tutti, soprattutto in questi tempi di globalizzazione, ad affrontare un confronto essenziale e non più eludibile, tra i diritti democratici di base e la dittatura mediatica, come ha perfettamente denunciato il cancelliere Charderton, davanti all' OSA, in Cile, il 9 giugno 2003, mettendo il "dito nella piaga" di una discussione che fino ad ora è stata dimenticata negli scenari internazionali. Da qui la reazione che ha generato.

Non poter contare su una pluralità di media divergenti - puntualizza il ricercatore cileno Osorio - che riflettano tutta la società, può condurre non solo a una visione parziale di essa, ma anche alla possibilità di "produrre il silenzio" e, ancora peggio, alla possibilità che, frutto di una cospirazione o meno, si "faccia il silenzio" su determinate questioni, su dimensioni essenziali della vita umana.

Come si vedrà, non ci può essere una descrizione migliore dei fatti che accadero nell' aprile 2002 (che poi si ripetono con una certa frequenza) e che tanto duramente ha denunciato Andrès Izarra, autore di El Observator , di RCTV, che abbandonò la trasmissione dicendo che era impossibile resistere al "terribile stress emozionale" che gli aveva provocato la pretesa di osservare il silenzio su quello che stava succedendo nelle strade. Da allora ha lanciato allarmi contro il rischio che rappresenta per la democrazia il fatto che i media decidano di abbandonare il giornalismo, di "fare silenzio".

E' di tale importanza la libertà di espressione e il diritto all' informazione che nell' accordo firmato recentemente dal governo nazionale e dall' opposizione, sotto l' auspicio dell' OSA, del Centro Carter e del PNUD (Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo), uno degli impegni messi per iscrittoè stata la necessità che i mezzi di informazione "informino i cittadini, sulle opzioni politiche, con un senso di equità e di imparzialità". Per questo, di fronte ai tanti media che hanno distorto il proprio ruolo nella società venezuelana, il ministro degli esteri Roy Chaderton ha denunciato nel corso della 33/a Assemblea generale dell' OEA, già citata, che i media hanno usurpato in Venezuela gli spazi abbandonati dai partiti politici tradizionali, cacciati dal potere per via democratica e, in nome di un interesse privato, si crea la notizia, si manipola e si deforma l' informazione disegnando una realtà virtuale che occulta e censura la realtà reale.

 

IN CERCA DEL FUTURO

Nel paese tutta la regolamentazione vigente sulla responsabilità e il funzionamento della radio e della televisione si ispira a una legge che risale al 1940, quando nel paese non c' era ancora la televisione, e si tratta di regolamenti parziali che trattano la materia in modo frammentario - rileva l' Osservatorio globale dei media (OGM) nel suo ultimo documento del giugno 2003.

Sessanta anni dopo, nel 2002, CONATEL (*) diffonde all' opinione pubblica il progetto di legge sulla "Responsabilità sociale nei servizi di divulgazione audiovisiva e sonora". L' idea era di fare in modo che il Venezuela analizzasse il progetto, lo discutesse e si impegnasse nella sua redazione finale. L' idea è di coniugare lo sviluppo di questo settore così importante con i nuovi scenari tecnologici, legali e comunicazionali, adeguandoli alla nostra realtà e alle nostre possibilità.

La domanda obbligata è perché siano passati tanti anni, tanti decenni, prima che il paese ricominciasse a discuterne. La riposta la dà il ministro degli esteri nel discorso citato prima. "In Venezuela esiste una dittatura mediatica. In passato i media ricattavano il settore politico ed esercitavano pressioni insopportabili per raggiungere i loro obbiettivi. Qualsiasi obiezione era punita con la distruzione morale o il silenzio" e ricorda - anche senza farne il nome - come il presidente Herrera Campins per aver vietato 20 anni fa la pubblicità su sigarette e liquori fu xondannato sa quello che il diritto romano chiama la morte civile. "Semplicemente non esisteva, non esiste e non esisterà. Non viene intervistato, citato né invitato".

Ma torniamo alla legge. Dopo un intenso processo di discussione in tutto il Venezuela, comprese le Università, è stato elaborato il progetto di "Legge sulla responsabilità sociale nelle radio e nelle televisioni", che è stato portato, per una prima discussione nel Parlamento nazionale, nel gennaio 2003. Da quella è venuta fuori una seconda versione fatta di 36 articoli (quella precedente ne aveva 150!)che attende l' approvazione definitiva.

Uno degli obbiettivi fondamentali di questa legge è di contribuire alla "trasformazione democratica del paese e realizzare i principi stabiliti dalla Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela", in particolare quelli relativi all' esercizio pieno del diritto alla libertà di espressione, a una informazione e a una comunicazione libera e pluralista.

In più, essa prevede una serie di norme dirette a garantire l' attuazione concreta di questi diritti, democratizzando le relazioni tra i cittadini e gli addetti alla produzione di servizi di divulgazione creando spazi per la partecipazione collettiva, prevedendo le relative responsabilità, promuovendo la produzione nazionale, la produzione nazionale indipendente, così come viene segnalato dalla stesura della Premessa.

 

QUALE DEMOCRAZIA?

Ma di quale democrazia parla questa proposta? Della democrazia partecipativa prevista dalla Costituzione, in cui la vita umana in tutti i suoi aspetti si basa nei valori etici della convivenza, nell' esercizio pieno ed effettivo dei diritti umani e sul pluralismo politico.

Per realizzare velocemente una democrazia di questa natura e la messa in pratica del diritto alla libera espressione e alla libera informazione, è necessaria l' esistenza di una rete articolata di radio e di televisioni pubbliche di carattere non governativo, di Radio e Tv comunitarie e alternative, di Radio e Tv private e commerciali e di Radio e Tv statali. Questa legge cerca di contribuire a questa missione, con l' idea che lo Stato, insieme alla società, "si assuma la propria responsabilità con l' educazione alla ricezione dei messaggi mediatici".

Uno dei paletti fondamentali di questo progetto di legge è la concezione che l' informazione, la comunicazione e la cultura "benché siano sfere differenziate, costituiscono un insieme indipendente. Non c' è cultura senza comunicazione, né comunicazione senza informazione. In conseguenza, dalla qualità dell' informazione dipende in gran parte la qualità della comunicazione, la cultura, l' immaginario e i valori di una società", così come sottolinea il progetto di Legge originale. Una spazio pubblico - aggiunge il documento - che si basa su una informazione e una comunicazione settoriale, manipolata e diretta solo a garantire la difesa degli interessi di un settore della società, qualunque sia questo settore, non è una società realmente democratica.

 

QUALE COMUNICAZIONE?

E di quale comunicazione stiamo parlando? Di quella che, come sostengono diverse discipline, è una dimensione essenziale della vita personale, della società e della cultura, quella che rende possibile una struttura sociale e ne è la struttura. Per questo deve essere chiaro - puntualizzano gli analisti colombiani Doris Reniz e Carlos Delgado - che "non è la società che crea la comunicazione, ma è la comunicazione che consente il processo di messa in comune, genera strutture di convivenza le quali creano la comunità".

Per tutte queste ragioni la Legge di responsabilità sociale esige la partecipazione attiva e il controllo della cittadinanza a/di tutto il processo di produzione, distribuzione, circolazione e consumo dei messaggi mediatici. Per realizzare tutto questo la legge prevede la figura del produttore indipendente nazionale e i Comitati degli utenti come forme specifiche di partecipazione cittadina.

Allo stesso modo, questa legge probisce la censura preventiva ma impone la responsabilità degli autori così come il diritto di replica a ogni cittadino che ritiene di essere stato ferito nei suoi diritti come una forma per garantire la libertà di espressione e il diritto all' informazione, visto che esse sono le facce di una stessa moneta. Tutto questo non solo è prescritto dalla Costituzione bolivariana, dalla LOPNA (Ley Orgánica de Protección al Niño y Adolescente) e dalla Legge sull' educazione, ma anche nel citato Patto di San José* (* La Convenzione americana sui diritti dell' uomo), sottoscritto dal Venezuela.

Questa Legge sviluppa poi un Fondo di Responsabilità che ha come suo principale scopo stimolare progetti nell' ambito della produzione nazionale audiovisiva, progetti pedagici ed educativi e studi nel campo delle comunicazioni. Allo stesso modo garantisce a tutti gli utenti una informazione generale e anticipata sulla programmazione, cosa che permetterà ai genitori o a chi li sostituisce di selezionare il tipo di programmi a cui i suoi figli potranno assistere.

La libertà di espressione e il diritto all' informazione devono essere esercitati assumendosi le responsabilità relative al pieno esercizio della qualità di cittadini, sottolineano Reniz e Delgado, aggiungendo che il diritto alla comunicazione - il quale ingloba quelli all' espressione e alla comunicazione e altri ancora - presuppone anche il rafforzamento di una cultura della partecipazione attraverso cui il cittadino comune possa essere in grado di trasformarsi in un agente attivo dei processi comunicativi.

 

UN LUNGO DIBATTITO

La proposta di legge è stata oggetto di una feroce campagna contraria da parte dei mezzi di comunicazione privati, che hanno diffuso interpretazioni e propaganda volutamente settoriali e decontestualizzate dalle vere intenzioni della Legge, definendola "Legge bavaglio"*: cosa che rende difficile lo sviluppo di un dibattito serio e informato da parte della comunità venezuelana e di quella internazionale, dal momento che tale definizione presuppone un giudizio altamente negativo e ingiustamente squalificante. Comunque, al di là di questi fatti la proposta è stata ampiamente discussa, in un dibattito che non si è ancora concluso e che, sicuramente, durerà ancora parecchio.

Di fronte a questa realtà, l' Osservatorio venezuelano sui Media (OGM-Venezuela) ha diffuso nel giugno 2003 un documento in cui rileva che questo progetto "viene presentato come un atto illegale che coarta la libertà di espressione, ma si dimenticano assolutamente i principi che ne sono alla base e gli articoli che ne condensano il quadro giuridico nazionale e internazionale. Così come non si cita, specificamente, quali sono gli articoli che andrebbero contro le garanzie costituzionali".

(* Fra le varie posizioni contrarie alla Legge cfr. Las tres patrañas de la ley mordaza, di Carlos Eduardo Ruiz, Domingo, 15 de junio de 2003 - http://www.analitica.com/va/politica/opinion/6193753.asp)

In Venezuela esiste un' ampia libertà di espressione, che neanche i più accesi nemici del governo possono negare, ma, in cambio, non è possibile dire la stessa cosa del diritto all' informazione. Siamo costantemente sottomessi alla manipolazione delle informazioni, al punto che - come segnalava il ministro ? nel suo intervento all' OSA -

che i media non solo si sono dedicati a stimolare un colpo di stato, ma a promuovere il razzismo nel paese "presentando queste aberrazioni come un qualcosa di assurdo, che un pubblico non alterato avrebbe respinto con orrore". Di fronte a questa realtà, il cancelliere chiede: "Perché in altri paesi è possibile aprire dibattiti sulle norme nel campo dei media mentre in Venezuela, per proteggere il pubblico, specialmente i bambini, dalla predicazione dell' odio sociale, dalla violenza dalla propaganda di guerra e dalla pornografia?".

In America latina e nel resto del mondo, così come segnala Yessie Chacon, ex direttore nazionale di CONATEL e oggi neoministro dell' informazione e della comunicazione, esistonbo norme simili che cercano di regolarizzare l' attività dei media garantendo la libertà di espressione e il diritto all' informazione, anche se, senza dubbio, non ci sono state le connotazioni accese che abbiamo registrato in Venezuela, dato il clima politico in cui viviamo.

E' per questo che il cancelliere ha chiesto angustiato all' OEA: "Per favore ditemi qual è il potere divino che ci impedirebbe di poter nominare qualche proprietario di giornali o qualche giornalista senza essere accusati di essere nemici della libertà di espressione, senza correre il rischio di diventare vittime di golpe mediatici".

 

Una riflessione finale

Se dunque nel nostro paese la libertà di espressione non è limitata, non possiamo dire lo stesso del diritto all' informazione, un diritto che è violentato quotidianamente, cosa che questa Legge di responsabilità civile cerca di ridurre al minimo, introducendo doveri e diritti sia dei professionisti che degli utenti, nella misura in cui, come chiarisce l' esposizione degli obbiettivi della legge, i servizi audiovisivi - come la radio e la televisione - sono dei pilastri fondamentali di una società democratica e una cultura dei diritti umani.

Queste ultime ragioni sono più che sufficienti affinché, al pari del diritto alla comunicazione possiamo invocare anche il diritto ad avere degli spazi di silenzio, come afferma lo studioso argentino Miguel Rodriguez, non tanto per isolarci - che pure ha il suo valore - ma per avere uno spazio per la riflessione e la creazione, senza cui non si può avere comunicazione integrale, visto che nel rumore che assorda non ci può essere comunicazione.

E' precisamente questo rumore assordante quello che mantiene molti venezuelani sotto un mare di oppressioni e di manipolazioni (...). Come esempio di tutto questo possiamo ricordare che, nei mesi di gennaio e febbraio, durante lo sciopero petrolifero, stando a quanto hanno segnalato varie fonti ufficiali, i canali commerciali hanno mandato in onda ogni giorno circa 700 spot propagandistici che incitavano al golpe, al regicidio, alla violenza e all' odio, senza nessun tipo di cautela né di rispetto per i loro spettatori.

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Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni