Appendice 8

Venezuela. Golpe e controgolpe, torna Chavez

di Giuseppe Sacco
14 Aprile 2002

 

 

http://www.enel.it/magazine/emporion/arretrati/08-2002/sacco.htm

Uno "scontro tra due gruppi divisi dal più antico odio sociale che sia mai esistito in Venezuela, quello che all'epoca coloniale e durante la lotta per l'indipendenza andava sotto il nome di odio de castas y colores". Così la crisi venezuelana di metà aprile è stata definita da Tal Cual, un settimanale di Caracas assai poco favorevole al governo di Hugo Chavez. Il trionfale ritorno al potere del primo presidente di sangue indio del Venezuela, che era stato democraticamente eletto due anni fa, ha infatti mostrato quanto le tensioni sociali del paese fossero state sottovalutate, non solo dai capi del complotto, ma anche da alcuni governi esteri. Anzi, l'errore più grave lo ha commesso la Spagna , che - più sensibile alle proprie nostalgie imperiali che alle sue responsabilità comunitarie - si era affrettata, senza dir nulla ai partners europei, ad inviare segnali di amicizia al regime golpista. Per colpa di una presidenza che tradisce tutti i limiti di un paese arrivato tardi alla scelta comunitaria, l'Europa ha così sprecato un'eccellente occasione di presenza autonoma, in un continente che sete di idee politiche.

La popolarità di Chavez, il cui ritorno è stato praticamente imposto dalla discesa in piazza della popolazione delle baraccopoli di Caracas, non è infatti fondata solo sul fatto di aver stravinto regolari elezioni, ma soprattutto di aver varato la cosiddetta ley de tierras, approvata nel novembre 2000, in un pacchetto di quarantanove leggi diverse di riforma, il cosiddetto Plan Bolivar. Egli ha così avviato una vera riforma agraria, tendente a correggere lo squilibrio nella distribuzione della ricchezza. Oggi, l'1% dei venezuelani detiene il 46% delle terre, mentre l'85% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Ciò ha portato al conflitto aperto tra i proprietari terrieri, di origine ispano-coloniale e gli assegnatari, in gran parte sottoproletari indios, il cui reddito è al di sotto dei due dollari al giorno. Alcuni sindacalisti e funzionari della riforma sono stati assassinati, mentre la stampa internazionale non ha lesinato le critiche al governo per la violazione dei diritti della proprietà privata.

Tra i nemici di Chavez non ci sono però solo i grandi proprietari e gli allevatori, ma anche i sindacati dei lavoratori protetti, in particolare i più privilegiati di tutti, quelli del settore petrolifero. Questa categoria non vede di buon occhio la decisione di trasferire parte dei profitti della società petrolifera di Stato PDVSA al bilancio pubblico, per finanziare i programmi sociali e di alfabetizzazione, e per la stessa riforma agraria. Un caso classico di scontro tra lavoratori garantiti e disoccupati senza speranza. Per di più, sotto la presidenza Chavez, il Venezuela - unico paese non islamico dell'Opec - è diventato il più attivo sostenitore della linea tendente a tenere alto il prezzo del petrolio. I progetti di riforma sono infatti realizzabili solo se il greggio viene venduto ad almeno 18 dollari il barile. E poi, le visite di Chavez a Castro, a Gheddafi e persino a Saddam Hussein, hanno provocato proteste e polemiche. Gli oppositori interni hanno così trovato un orecchio attento a Washington, dove la "sinistra" tradizionale e i sindacati dei lavoratori "garantiti" si erano recati qualche settimana fa, assieme ad una delegazione degli industriali e degli allevatori, per sostenere il ricorso presentato dai proprietari terrieri all'Organizzazione degli Stati Americani. E lo hanno fatto quando alcuni militari isolati avevano già incominciato a "pronunciare" in pubblico la loro opposizione al Presidente Chavez.

La crisi prevista è dunque venuta, e il presidente costituzionalmente eletto ne è uscito vittorioso. Ma le masse sottoproletarie ed indie scese in piazza hanno avuto un'occasione di prendere coscienza della loro forza. Nel giro di due giorni, tra golpe tentato e ritorno alla legalità, qualcosa di serio potrebbe insomma essere cambiato in Venezuela: in un quadro in cui anche nel vicino Perù un indio è giunto alla testa dello Stato, mentre nel vicino Brasile il movimento dei Sem Terra - i senza terra - si è spinto sino ad occupare una proprietà della famiglia del Presidente Cardoso, i sottoproletari di Caracas potrebbero aver appreso quella che, secondo Hanna Arendt, è la principale lezione della Rivoluzione Francese: "Anche la povertà può costituire una forza politica di prim'ordine".

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Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni