II - Il golpe e i media

8 - I giornalisti di el Nacional, "basta manipolazioni"

 

Dopo il golpe i toni restano tanto tesi che il sindacato di el Nacional - il maggiore quotidiano del paese - il 10 giugno 2002 diffonde un documento in cui esprime tutto il suo disagio per le insostenibili pressioni a schierarsi politicamente. Impossibile sottrarsi: o da una parte o dall'altra.

 

NIENTE PIU' MANIPOLAZIONI O SCONTRI
Caracas, 10 giugno 2002

L' azienda del giornale El Nacional ha censurato questo comunicato e i lavoratori se ne sono assunta la responsabilità per far sapere alla gente la posizione del sindacato. La società sta attualmente affrontando una crisi fondata su odio e manipolazione, che ci viene imposta dal volere di leader e organizzazioni, una situazione che poco a poco ci ha condotti a scontri ed intolleranze a tutti i livelli e che può condurre a danni ancora più grandi. Quale rappresentante dei lavoratori del più importante mezzo di stampa del Paese, il nostro sindacato sente una profonda responsabilità di fronte a tutti i recenti avvenimenti, e riteniamo importante annunciare che non permetteremo più di essere usati come una bandiera politica o come strumento di scontri . Vogliamo mettere in chiaro che non concordiamo né concorderemo mai con marce politiche aggressive, ostruzionismi sul lavoro e scioperi per fini politici.

Non approviamo visioni delle notizie distorte ed intolleranti, e non siamo preparati ad accettare che sedicenti leader e organizzazioni ci rappresentino, ci guidino e ci manipolino pretenziosamente con i loro ostruzionismi e scioperi, quando hanno ripetutamente negato ai lavoratori il legittimo diritto allo sciopero per benefici di lavoro e hanno fallito nel reagire ai licenziamenti di lavoratori che esercitavano il diritto ad una libera attività sindacale e a negoziati di contrattazione collettiva allo scopo di migliorare le condizioni di lavoro.

Niente più manipolazioni dei lavoratori del settore dei media che ci rendano responsabili di indirizzi editoriali. I proprietari dei media devono accettare il fatto che essi costituiscono un potere nella società, e per questo motivo hanno una responsabilità sociale, non soltanto nei confronti della forza lavoro, ma anche della società venezuelana. Devono capire ed accettare che i loro lavoratori fanno solo il loro mestiere e non lavorano ad un progetto politico. Se le imprese o i proprietari dei media appoggiano o simpatizzano per uno dei poli o gruppi che si disputano il potere politico in Venezuela, noi chiediamo che chiariscano che è una posizione dei datori di lavoro e non dei lavoratori.

Ai proprietari dei mezzi di stampa e radiotelevisione, e ai membri dei consigli di amministrazione: assumetevi le vostre responsabilità ed usate il vostro potere in modo positivo per creare correnti di opinione , comportamenti ed atteggiamenti nella società nel suo complesso. Se davvero volete dialogo e risanamento, assumete un ruolo guida perché tutti possano beneficiarne ed intervenire correttamente per raggiungere una pace sociale.

Ai lavoratori della stampa e radiotelevisione: alziamo la nostra voce per il diritto di essere ascoltati e per far sapere alla gente ciò che realmente sentiamo. Siamo responsabili per ciò che accade come qualunque altro venezuelano. Dobbiamo prendere una posizione. Siamo la vera maggioranza di cui questi cosiddetti leader pretendono senza ragione di avere il supporto. Loro ci hanno portati a questo scontro.

La maggioranza reale di questo paese vuole soltanto pace, non ostruzionismi al lavoro, non guerre, non colpi di stato.

Noi vogliamo lavorare. Questo è ciò che davvero vuole la maggioranza, e noi operatori dei mezzi di comunicazione svolgiamo un ruolo importante nel convogliare questo messaggio sincero ed ottimista.

Niente più manipolazioni o scontri.

Proponiamo che il ruolo sociale dei media, l'etica dei giornalisti, le relazioni e gli obblighi dei contratti di lavoro imposte ai giornalisti divengano argomenti di dibattito fra l'azienda e i lavoratori per raggiungere un'armonia negli ambienti dei mezzi di comunicazione e nella società in generale, un dibattito che deve essere intrapreso lontano dal fuoco della militanza politica. Dobbiamo essere realmente convinti che il nostro futuro individuale e collettivo è in gioco e che ciascun individuo e organizzazione deve assumersi una parte di riflessione per agire positivamente.

Non permetteremo di essere manipolati ancora. Non permetteremo di essere usati come un' immagine di menzogne per propagare la disinformazione. Mai più. E ' stato reso ampiamente evidente dalla disastrosa immagine di quei giorni di disinformazione, durante i quali la maggioranza degli impiegati, reporter e giornalisti ha rischiato la vita soltanto perché i proprietari dei media e i membri del consiglio di amministrazione decidessero di non pubblicare niente e nascondere così al pubblico i gravi avvenimenti che stavano accadendo nelle strade, mentre i principali canali TV trasmettevano vecchi film come se niente stesse accadendo. Dobbiamo tutti riconoscere quei giorni di confusione, tensioni, interessi ed errori con coraggio e fare ammenda con profonda sincerità . Niente più manipolazioni.

Noi lavoratori dichiariamo fermamente e responsabilmente che non accetteremo più tali comportamenti.

Siamo tutti responsabili per ciò che è avvenuto in aprile, responsabili per non aver voluto dialogare, per non essere stati tolleranti, e per non aver dato accesso ai microfoni, alle telecamere e ai registratori a tutte le voci di una Nazione pluralista. Siamo tutti responsabili per aver accettato passivamente le decisioni editoriali, anche se limitavano il diritto ad una informazione veritiera. Non può esserci dialogo e conciliazione nel paese, fintanto che i media continuano a simulare scontri nella società. Invece di scuse, situazioni che crescono e decrescono, noi tutti dobbiamo cominciare un dialogo serio che ci permetta di avvicinarci e che crei un consenso nel quale posizioni differenti e chiare nella società siano rispettate, un dialogo fondato sulla democrazia e non su colpi di stato, cospirazioni e scontri. L'impegno e la responsabilità devono iniziare ora e dobbiamo tutti contribuire ad un cambiamento pacifico e sincero.

Da Bollettino di Narco News ( www.narconews.com/venezuelamedia1.html - Traduzione a cura di Giacomo Guatteri)

Il documento non viene pubblicato. È una voce che non riesce a farsi sentire in maniera decisa, ma viene sovrastata dai gridi di guerra. I giornalisti sono pienamente coscienti di essere in una tenaglia.

"Il presidente sta da una parte e i padroni dei media dall' altra". "E noi giornalisti stiamo in mezzo, completamente indifesi, esposti ad attacchi da entrambe le parti", raccontano alcuni giornalisti a un ricercatore del Cpj, Sauro Gonzalez Rodriguez, nel luglio 2002 (Appendice 13), qualche mese dopo il golpe.

"Schiacciati fra la retorica incendiaria del presidente Chavez e il ruolo politico attivo dei proprietari e dei direttori dei media, i giornalisti si sentono vittime di attacchi da parte della popolazione". "Ogni volta che scendo in strada, tolgo immediatamente di mezzo le mie credenziali stampa e le nascondo". Anche i giornalisti dei media statali si sentono delle vittime. "È molto rischioso per un giornalista mantenere l'equilibrio, perché rischi di essere considerato un traditore da entrambe le parti, convinte che il ruolo di un giornalista sia di essere un politico, che il giornale sia un revolver e che i giornalisti siano i proiettili".

La situazione precipita: di lì a poco verrà compilata quella che Britto ha chiamato la "lista nera" di almeno 500 fra giornalisti e commentatori epurati o censurati dai magnati della stampa e della tv.

"Le prime vittime di questo modello di confisca della sfera politica da parte di alcuni proprietari dei media - rileva il docente - sono gli stessi comunicatori, che alcuni editori proscrivono, censurano. Si scatena così una purga ideologica che nei primi mesi del 2003 integra una lista nera di 500 comunicatori, columnist e artisti licenziati o colpiti da veto. Una frazione di proprietari dei medi proibisce ogni dissidenza e blocca di fatto la libertà di espressione e creazione.

Con questa doppia tattica opera un apparato mediatico che auspica e applaude la soppressione dei poteri pubblici costituzionali, la destituzione di tutti i funzionari eletti, il sabotaggio della principale industria del Venezuela, il disconoscimeto della volontà sovrana espressa nel suffragio, l' odio etnico e la guerra civile e instaura la censura.

Come ben rileva Augusto Hernandez: "Il 12 aprile 2002 al paese venne imposto il bavaglio. I media privati non protestarono né prima, né durante, né dopo. Ma applaudirono" ( Una buena ley mordacha, Ultimas Noticias, 1-6-03, p. 31).

In questo modo alcuni investitori - molti dei quali stranieri - pensano che comprare un mezzo di informazione significa acquisire un attore politico, e che possederlo significa confiscare il politico con l' obbiettivo di appropriarsi le riserve di idrocarburi più grandi dell' emisfero a favore di una potenza egemonica straniera. Ma, come esempio al mondo, noi venezuelani abbiamo saputo mostrare che il suo potere ha un limite nella volontà sovrana".

(...)

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Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni