Contro il fascismo aziendalistico e contro
l'esproprio dei diritti di cittadinanza.
FISCHIA IL VENTO?
Editoriale
di Vito Feninno
Contro il fascismo
aziendalistico e l’esproprio dei diritti di cittadinanza.
‘E’
l’ora dei sacrifici’. Non solo in Italia. Ma in tutta Europa. Cioè in tutti
i paesi industrialmente
avanzati,
capitalisticamente maturi. La borghesia europea, il padronato, approfitta
della crisi
economica per distruggere quello che resta
dello stato sociale e dei diritti dei lavoratori.
La
crisi, per sovrapproduzione delle merci, l’hanno fatta pagare
al
proletariato, agli operai, con i licenziamenti e con la cassa integrazione
(pagata dagli operai)
per contenere i costi di produzione. La ripresa la
fanno pagare ai dipendenti pubblici, illusi dal riformismo di un crescente e
costante avanzamento nella scala sociale. E tagliando migliaia di posti di
lavoro nella pubblica amministrazione e prolungando le pensioni alle donne.
In
campo a contrastare queste politiche borghesi, reazionarie, di ‘lacrime e
sangue’, non ci sono forze politiche e organizzazioni sindacali capaci di
sfidare la ‘dittatura del capitale’
opponendo un progetto di un mondo ‘nuovo’, senza più sfruttati, che per
poter comprare i beni prodotti, devono ricorrere al credito al consumo,
indebitandosi con le banche.
Questo
massacro sociale oggi è possibile perché i partiti cosiddetti di
centrosinistra, che stanno all’opposizione del partito-padronale del PdL,
presenti in parlamento sono prigionieri di una logica ‘riformista’: una
ideologia destinata alla sconfitta, perché come dimostrano i fatti il
capitalismo non è riformabile e che non esiste un capitalismo ‘sostenibile’,
in cui le popolazioni progrediscono e la ricchezza prodotta riduce la
forbice tra ricchi e poveri.
Molte
delle personalità politiche sia nazionali che locali, corrotti
dall’ideologia del capitalismo sostenibile (i cosiddetti democratici,
riformisti o i ‘sinistri’ alla Vendola – funamboli politici che hanno
decretato la fine della lotta di classe) sono state accecate dall’uomo in
‘maglioncino blu’ quando comparve sulla scena del capitalismo italiano, l’Ad
di Fiat Auto, Sergio Marchionne: applaudendo al capitalista ‘illuminato’ al
capitalista socialdemocratico. L’abruzzese che, alla prima occasione,
licenzia i lavoratori di Termini Imerese e che strangola gli operai di
Pamigliano D’Arco con il modello di produzione Toyotista: lavoro servile
senza diritti. E’ bastata una crisi finanziaria, divenuta economica,
industriale, sociale, democratica ed infine Istituzionale per smascherare il
vero volto dei padroni, che è e rimane sempre lo stesso: licenziamenti,
cassa integrazione, mobilità; e da ultimo il RICATTO occupazionale:
“ti faccio lavorare se mi ‘vendi’ non la tua forza-lavoro ma la tua dignità
di uomo, accettando (con referendum) di farti schiavo”.
Quindi,
non più libertà di impresa già costituzionalmente sancita, ma libertà ai
padroni, come valore assoluto, di poter disporre della vita delle persone,
che per stare in fabbrica alla catena dovranno rinunciare al diritto alla
sicurezza, alla salute e allo sciopero (‘unico strumento per tentare di
mettersi alla pari del padrone’) e accettare un modello di organizzazione
del lavoro toyotista (schiavo della produzione) come i lavoratori cinesi,
messicani, brasiliani, polacchi di Tychy o come i lavoratori americani della
Chrysler, l’America di mister Obama,
che hanno dovuto rinunciare a tutto (al diritto di sciopero e
ai fondi pensione, messi nel capitale industriale) se volevano continuare a
lavorare.
E così, oggi,
quei diritti scritti col sangue vengono ‘fascistamente’ depotenziati:
difesa della dignità della persona, i diritti di cittadinanza quali il
diritto al lavoro, il diritto alla pensione, il diritto alla sicurezza
sociale, il diritto all’istruzione, il diritto alla salute. Diritti
conquistati nel corso del novecento frutto della gloriosa storia del
movimento operaio che con le sue lotte contro le logiche del capitale aveva
concorso a scrivere nella Carta Costituzionale e nello Statuto dei
Lavoratori.
Di
fronte alla debolezza della cosiddetta ‘sinistra’ e dei partiti di
(finta)opposizione, da sempre collaterali al potere; di fronte ai sindacati
sempre più divenuti di destra, CISL UIL, sempre più concertativi, mosche
cocchiere dei padroni e degli interessi confindustriali più che difensori
della classe che dovrebbero rappresentare, è vitale uscire dal silenzio,
dalle ambiguità, dai balbettii (del PD e della CGIL!!) che equivalgono alla
complicità e dichiarare di stare apertamente dalla parte di chi ancora lotta
strenuamente per difendere la dignità della persona e di stare con gli
operai di Pomigliano d’Arco (NA) e della loro organizzazione, la
FIOM. Riportando sulla scena politica il PROTAGONISMO OPERAIO.
Mai come oggi, l’umanità ha avuto a disposizione saperi e
tecnologie per trasformare il mondo in meglio e liberare l’uomo dallo
sfruttamento. Ma intanto come non condividere le preoccupazioni dei
lavoratori di Mirafiori che in solidarietà con i lavoratori partenopei hanno
scioperato esprimendo tutta la loro rabbia: “stiamo tornando indietro al
tempo degli schiavi. È questo quello che propongono ai giovani. E per i
sindacati che firmano, gli operai devono capire che le tessere devono essere
strappate, perché è l’unico messaggio che comprendono”.
E’ dall’84 che il vento gira a destra.
Cancellando la
scala mobile
con
l’intesa dei socialisti
della
Cgil
della
Cisl
e della
Uil.
Ma pensare di cancellare il conflitto di classe è solo
un’illusione:
la contraddizione tra profitto e salario, come dimostra la storia, è
insanabile.
Per non tornare ai tempi degli schiavi,e perché il vento giri
a sinistra, forse è giunta l’ora di iniziare una nuova resistenza e
intonare:
FISCHIA IL VENTO…infuria la bufera scarpe rotte eppur bisogna andar….
SE NON CI
RIBELLIAMO ADESSO, IL FUTURO E’ GIA’ ALLE NOSTRE SPALLE
Con rispetto di me, e di tutti
per il PRC,
Vito Feninno
Rocchetta Sant’Antonio luglio 2010
(Per rifondazione comunista, Vito Feninno)
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