Referendum, niente quorum
FABBRICO:
GLI ELETTORI DEL PD SONO PIU’ A SINISTRA DELLA
LORO CLASSE POLITICA
di
Vito Feninno*
Referendum - giugno
2009 -
Il referendum è fallito. Sconfitto il
bipartitismo. Sconfitto il progetto politico di
consegnare il Paese ad un padrone. Il popolo
italiano difende la democrazia. E
rivendica il diritto ad essere rappresentato e
non comandato. I quesiti elettorali non superano
la soglia del 50% dei voti. L'affluenza si è
fermata al 23,4%. La scelta politica di affidare
la sconfitta referendaria all'astensionismo ha
avuto ragione.
La stragrande maggioranza del popolo italiano in
maniera trasversale con la diserzione elettorale
ha voluto manifestare il suo attaccamento ai
valori della Carta Costituzionale. La legge
elettorale definita "porcata" dal ministro che
la partorì, è senz'altro un impianto di
selezione della rappresentanza politica da
affossare e da cambiare. La legge che usciva dal
requisito referendario peggiorava in senso
antidemocratico il diritto di qualsiasi
minoranza ad avere rappresentatività politica
all'interno delle istituzioni.
Con il fallimento del referendum l'ipotesi
bipartitica, già rifiutata con il voto alle
Europee, adesso viene seppellita dall'astensione
sul referendum. Una democrazia pone la sua
stessa validità ad esistere, come miglior
strumento
per articolare la convivenza civile, se rispetta
il diritto delle minoranze ad
esprimersi
e far contare politicamente la voce dell'intero
corpo elettorale. Altrimenti - e il referendum
introduceva questo rischio - si passa da un
regime democratico a un regime di “dittatura-della-maggioranza”.
Un'altra legge elettorale va fatta (come
andava fatta già con il governo Prodi, ma che
non si fece!).
Se siamo in regime democratico allora occorre
conseguentemente fare una legge
elettorale di tipo proporzionale in modo
che milioni di voti "minoritari" abbiano
la stessa dignità (stesso valore) dei
voti "maggioritari":la
Costituzione infatti prevede che il voto sia
uguale per tutti e non che un voto sia più
pesante di altri per via del premio o che sia
azzerato per via dello sbarramento. Solo con una
tale modalità
elettorale possiamo affermare di vivere in un
Paese davvero democratico rispettoso della
sovranità popolare sancita dalla
Costituzione,
di cui troppi si riempiono la bocca a vanvera.
A Fabbrico la lista Rifondazione
Comunista e Verdi (che aveva invitato
all’astensione) vince la sfida contro il Partito
Democratico e PDL che avevano invitato gli
elettori a recarsi alle urne e a votare sì.
Una caduta di circa 23 punti percentuali tra il
60,85% raccolto dal PD alle
amministrative del 6/7 giugno e il 37%
dei votanti
(comprensivi di quelli del PDL)
al referendum del 21/22 giugno. A distanza di
solo 15 giorni la popolazione “democratica” di
Fabbrico non si è riconosciuta nell’indicazione
di voto del “suo” partito e ha sonoramente
mortificato le aspettative di
un ceto politico
che puntava ad una semplificazione dell’offerta
politica avviata. L’autosufficienza e il
bipartitismo su cui puntava il PD escono
sconfitti dal voto referendario nazionale e
locale. Nella lotta al capitalismo, questa
“battaglia di posizione”, di difesa della
Costituzione, Fabbrico dimostra di non aver
perduto i suoi valori di paese antifascista, a
dimostrazione che gli elettori del partito
democratico sono più a sinistra della loro
classe dirigente. E questo dato politico, sul
piano locale, premia la validità della presenza
della lista Rifondazione Comunista e Verdi per
Fabbrico.
*coord. rifondazione fabbrico
Fabbrico 24 giugno 2009
|