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              REFERENDUM 21 GIUGNO 2009

 

 

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FABBRICO: GLI ELETTORI DEL PD SONO PIU’ A SINISTRA DELLA LORO CLASSE POLITICA

 *    di  Vito Feninno*

Referendum - giugno 2009 - Il referendum è fallito. Sconfitto il bipartitismo. Sconfitto il progetto politico di consegnare il Paese ad un padrone. Il popolo italiano difende la democrazia. E rivendica il diritto ad essere rappresentato e non comandato. I quesiti elettorali non superano la soglia del 50% dei voti. L'affluenza si è fermata al 23,4%. La scelta politica di affidare la sconfitta referendaria all'astensionismo ha avuto ragione.

La stragrande maggioranza del popolo italiano in maniera trasversale con la diserzione elettorale ha voluto manifestare il suo attaccamento ai valori della Carta Costituzionale. La legge elettorale definita "porcata" dal ministro che la partorì, è senz'altro un impianto di selezione della rappresentanza politica da affossare e da cambiare. La legge che usciva dal requisito referendario peggiorava in senso antidemocratico il diritto di qualsiasi minoranza ad avere rappresentatività politica all'interno delle istituzioni.

Con il fallimento del referendum l'ipotesi bipartitica, già rifiutata con il voto alle Europee, adesso viene seppellita dall'astensione sul referendum. Una democrazia pone la sua stessa validità ad esistere, come miglior strumento per articolare la convivenza civile, se rispetta il diritto delle minoranze ad esprimersi e far contare politicamente la voce dell'intero corpo elettorale. Altrimenti - e il referendum introduceva questo rischio - si passa da un regime democratico a un regime di “dittatura-della-maggioranza”. Un'altra legge elettorale va fatta (come andava fatta già con il governo Prodi, ma che non si fece!).

Se siamo in regime democratico allora occorre conseguentemente fare una legge elettorale di tipo proporzionale in modo che milioni di voti "minoritari" abbiano la stessa dignità (stesso valore) dei voti "maggioritari":la Costituzione infatti prevede che il voto sia uguale per tutti e non che un voto sia più pesante di altri per via del premio o che sia azzerato per via dello sbarramento. Solo con una tale modalità elettorale possiamo affermare di vivere in un Paese davvero democratico rispettoso della sovranità popolare sancita dalla Costituzione, di cui troppi si riempiono la bocca a vanvera.

A Fabbrico la lista Rifondazione Comunista e Verdi (che aveva invitato all’astensione) vince la sfida contro il Partito Democratico e PDL che avevano  invitato gli elettori a recarsi alle urne e a  votare sì.  Una caduta di circa 23 punti percentuali tra il 60,85% raccolto dal PD alle amministrative del 6/7 giugno e il 37% dei votanti (comprensivi di quelli del PDL) al referendum del 21/22 giugno. A distanza di solo 15 giorni la popolazione “democratica” di Fabbrico non si è riconosciuta nell’indicazione di voto del “suo” partito e ha sonoramente mortificato le aspettative di un ceto politico che puntava ad una semplificazione dell’offerta politica avviata. L’autosufficienza e il bipartitismo su cui puntava il PD escono sconfitti dal voto referendario nazionale e locale. Nella lotta al capitalismo, questa “battaglia di posizione”, di difesa della Costituzione, Fabbrico dimostra di non aver perduto i suoi valori di paese antifascista, a dimostrazione che gli elettori del partito democratico sono più a sinistra della loro classe dirigente. E questo dato politico, sul piano locale, premia la validità della presenza della lista Rifondazione Comunista e Verdi per Fabbrico.

*coord. rifondazione fabbrico

 

Fabbrico 24 giugno 2009

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